Fanciulle ed egregi signori, vi avviso che Artemisia89 metterà in rete a momenti una spin-off intitolata "Il Velo" che guarda in maniera introspettiva la relazione di Tom e Cloe, proprio nella situazione in cui si trovano ora. A un passo dal Paradiso...e a uno dall'Inferno. Leggete, mi raccomando, perchè merita davvero! Questo capitolo è stato scritto da Axia, molto tempo fa. E' praticamente perfetto nella sua mescolanza di dolore e disperazione cieca, che non lascia più spazio a speranza. Io stessa ne sono rimasta commossa, quando lo lessi per la prima volta. E' fondamentale per tutta la fiction e una mazzata per lo spirito. Sebbene non l'abbia scritto io, lo dedico ad Axia. Meravigliosa per come scrive, brava anche quando è cattiva. Buona lettura.
La folla degli studenti di
Hogwarts quel diciannove aprile si aprì come il Mar Rosso, al passaggio della
dea che si era abbassata a camminare fra loro comuni mortali.
Occhiate
adoranti e innamorate dai maschi, invidia e ammirazione dalle
studentesse.
Lady Lucilla del casato dei Lancaster attraversò le arcate del
giardino avvolta in un leggero mantello dall'interno a stampa damascata, su un
abito color lavanda, apparentemente impalpabile come una piuma.
I lunghi
capelli bruni ondeggiavano come animati di vita propria, i lineamenti
squisitamente perfetti serrati in una maschera che anche il più esperto
osservatore avrebbe giudicato d'indifferenza.
Eppure nell'anima di Lady
Lucilla si agitava qualcosa.
In lei si annidava il serpente del sospetto,
della collera, della frustrazione.
Sentimenti che da tempo non provava.
Da
anni.
Era incredibile. Sentimenti che aveva provato da ragazzina, una misera
mezzodemone, ora che era un essere tanto potente si rigettavano su di lei quasi
triplicati.
A cosa serviva essere tanto potenti e immortali se era riuscita a
fallire nel compito che anche la più misera donna mortale sapeva portare a
termine con dignità e onore?
Il compito di madre...si, lei aveva
miseramente fallito.
La sua forza, la sua conoscenza, la sua
grandezza...non erano state sufficienti.
Per sei lunghi anni aveva taciuto,
covando dentro la paura che la promessa fatta a un bambino undicenne un giorno
le si sarebbe rivoltata contro. E ora quella paura aveva preso forma nella
durezza dell'anima di un ragazzo che si estraniava dalla vita ogni giorno di
più.
Quanta determinazione in un singolo piccolo e mortale essere
umano.
Cosa portava a fare la disperazione.
Cosa portava a fare l'onore,
il coraggio, la riconoscenza.
Solo gli umani conoscevano il sacrificio per
simili concetti.
Lo pensò di nuovo quando sulla soglia della sala riunioni
della Torre Oscura vide Harry Potter sgattaiolare da sotto la tavola, gattonando
per afferrare il piccolo Lucas che scorrazzava in giro con le mani tutte sporche
di cioccolata.
Il bambino sopravvissuto.
Così tanto colpito duramente
dalla vita...ma sempre in piedi.
- Ciao Lucilla.- Harry le sorrise
dolcemente, afferrando suo figlio per il bordo del maglioncino che
indossava.
- Ciao.- salutò, chiudendosi la porta alle spalle - Tutto
bene?-
- Abbastanza.- replicò Potter, sedendo Lucas sulla tavola e pulendogli
il faccino sporco con un fazzoletto umido - A parte Jeremy e Lucas che hanno
imparato a svitare i barattoli, gli studenti di sotto che si accusano fra loro
di essere affiliati di Voldemort e Malfoy che s'è preso la febbre direi che va
tutto bene.- per poi aggiungere - Ah, dimenticavo...Draco ha fatto qualcosa alla
fede di Herm e adesso lei non riesce più a togliersela. Inoltre credo che tuo
figlio abbia finalmente gettato alle ortiche il suo riserbo e si sia tolto la
cintura di castità. Ammesso che t'interessi.-
Lucilla evitò di pensare anche
solo per un momento a ciò che significava quella frase e si guardò attorno.
-
Parlando di Tom...dov'è?-
- Con Cloe spero.- ghignò Potter, sistemando Lucas
nel box con Glory e Faith, che giocava con delle formine di stoffa magica, che
squittivano quando la piccola le mordeva per farsi i dentini - Altrimenti a
studiare a Grifondoro. Come mai non sei venuta al colloquio, a proposito?-
-
Non ero in vena.- rispose, incupendosi di colpo e tornando alla porta - Devo
parlare con lui, ci vediamo più tardi.-
La demone aveva già abbassato la
maniglia che il bambino sopravvissuto la richiamò.
I fianchi poggiati alla
tavola, le braccia incrociate.
E quegli occhi verdi che non subivano inganni
che la fissavano attenti.
- E' da un pezzo che non parli con me, Lucilla.- le
disse a bassa voce - Tu hai qualcosa che non va. E Tristan è preoccupato.-
-
Problemi vecchi.- rispose, senza guardarlo in faccia - Posso risolverli da
sola.-
- Sicura?-
No. No, Harry, aiutami!
-
Certo.- e abbozzò un sorriso spento - Ci vediamo a cena Harry. Grazie.-
-
Figurati.- e le lanciò un bacio con due dita, mentre lei spariva oltre la
soglia.
Una volta sul pianerottolo si appoggiò alla balaustra a chiocciola
della scala...cominciando a sentire il cuore batterle nel petto. Stava
battendo...per la prima volta dopo quasi diciotto anni.
L'ultima volta era
stato Tristan a farglielo battere...ma d'amore, di passione.
Ora invece il
suo cuore di demone sembrava spaccarsi in due per un sentimento ben lontano da
tutto ciò.
Cercò di ricomporsi, scostandosi le magnifiche chiome dalle spalle
e tornata al primo piano, ricordò vagamente la posizione della Torre di
Grifondoro.
La Signora Grassa non le fece storie per farla passare, visto che
Silente fin dai primi attacchi aveva confidato agli Auror le parole d'ordine, in
caso di problemi e superata la soglia, Lucilla rimase immobile a osservare di
primo acchito lo stupendo e caldo arredamento del nascondiglio dei
grifoni.
La gelida alterigia dell'arredamento di Serpeverde ora cozzava nei
suoi ricordi con ciò che le stavano trasmettendo gli arazzi rossi e oro della
torre.
E il vociare...non aveva mai sentito voci così allegre nella tetra e
silenziosa Serpeverde.
- Lady Lancaster!-
Lucilla abbassò improvvisamente
il viso per trovarsi sotto al naso un gruppetto di minuscole bimbette del primo
anno.
Il richiamo delle matricole servì per attirare l'attenzione di tutto il
dormitorio, tanto che i maschi avevano già la mascella a terra quando arrivò
Degona, felicissima.
- Mamma!- tubò, raggiungendola - Ciao mamma! Che bello
che sei venuta finalmente!-
La piccola fece un rapido giro di presentazioni
delle sue compagne di stanza, da Isabella Prentice che era la sua amica del
cuore, alla povera Tilde Graham che aveva rischiato di passarsi il pomeriggio
nel bagno per colpa di quel deficiente di Damon, e infine la magrissima Leah
Lang.
La demone non si ricordava già più un solo nome quando a darle il colpo
di grazia arrivarono quei pervertiti del settimo anno, tutti gli amici di Tom
per capirci, compresi quei porci di Martin, Bruce e Sedwigh che non avevano mai
fatto mistero neanche a Riddle di quanto Lady Lancaster fosse l'angelo, o in
questo caso il demone, dei loro sogni.
- Come mai qua mamma?- chiese Degona
sorridente, quando la folla si fu un po' separata.
- Devo vedere Tom.-
rispose Lucilla dolcemente, carezzandole la testolina - E' in camera sua?-
-
Ehm...si, credo di si. L'ho visto arrivare alle tre e mezza. Credo abbia da
studiare, quei poveretti del M.A.G.O. stanno un po' perdendo il contatto con la
realtà credo. Aspetta...- e si volse oltre sua madre, ridacchiando - Ciao Cloe!
Hai visto per caso Tom in giro?-
La King sbadigliò. Bofonchiando un ciao le
raggiunse per poi ricordarsi che Lucilla nonostante tutto era la madre di Tom.
Ebbe la decenza di arrossire vagamente, tanto che la Lancaster se ne accorse,
piegando appena la bocca.
Ma tu guarda, allora Harry aveva ragione.
- Tom
è stato un po' in Sala Duelli.- rispose la biondina - Poi mi ha detto che
tornava a studiare Sineologia. Che succede Lucilla, guai?-
- Per il momento
ancora no, ma devo parlarci un attimo. Potete portarmi in camera sua? Qua non mi
so rigirare.-
- Ma certo, vieni!-
Salendo nel dormitorio maschile, la
Lancaster ebbe modo di fare un tuffo nel passato. Vide scope da quidditch che
svolazzavano impunemente, pozioni fumanti abbandonate, libri accatastati,
confusione, portacenere pieni, vestiti che saltellavano sul pavimento...un
delirio.
Una volta davanti alla porta del Caposcuola di Grifondoro, Lucilla
sentì che il suo cuore aveva raggiunto livelli critici.
Batteva troppo forte.
Le stava combinando qualcosa al metabolismo che non era sicura di riuscire a
controllare...e probabilmente sarebbe svenuta se, entrando e trovando la stanza
totalmente deserta, non avesse agguantato una poltrona per appoggiarvisi di
peso.
- Mamma ma cos'hai? Non stai bene?- le chiese Degona preoccupata,
tenendola per un braccio.
- Va tutto bene.- balbettò la demone, inspirando a
fondo - Qua Tom non c'è...-
- Già. Che strano. Adesso te lo cerco io.- e la
King socchiuse le palpebre, iniziando la sua dura ricerca.
Del tutto
vana.
Perché Lucilla si avvide della Polvere Volante sparsa sul pavimento,
davanti al camino spento.
E Degona trovò una lettera accartocciata, proprio
sul letto di Riddle.
- Mamma...- la piccola Mckay al solo tocco della lettera
avvertì una sensazione bruttissima - Mamma, questa è una lettera del
Ministero...non capisco...- e la porse di volata alla demone - Ma cosa
dice?-
Cosa diceva?
Fine.
Ecco cosa diceva.
-
Ragazze...correte a chiamare Harry. E tutti quanti gli altri. Che mi raggiungano
immediatamente al Ministero della Magia, nei sotterranei del Wizengamot.
SUBITO!- urlò, al colmo della disperazione.
Guardò rapidamente l'ora.
Le
quattro in punto.
E Tom aveva truccato il suo camino durante l'anno, affinché
avesse potuto funzionare con la Polvere.
Era tutto programmato.
E lei
rimase lì con quella lettera fra le mani mentre Cloe sentiva che ogni traccia di
sangue le stava defluendo dal viso. Tom non era a Hogwarts.
Non c'era più. Da
nessuna parte.
Londra, gli inviolabili sotterranei Ministero della
Magia di Gran Bretagna.
Tanti maghi incappucciati sedevano sugli alti pulpiti
del Wizengamot, Consiglio Supremo dei Maghi.
Le immense porte della Sala del
Giudizio erano chiuse, sigillate, e su di esse regnava un silenzio che su Londra
invece non regnava. Battuta da una pioggia torrenziale, la capitale sembrava
sottoposta all'ira divina.
E per le strade, sui tetti, sulle case, perfino
fra i pochi coraggiosi, era calato un buio torbido, come se fosse stata notte
fonda. Ma di questo il Ministro Orloff e i saggi del Wizengamot non se ne
curavano.
Trenta e più maghi che guardavano dall'alto verso il basso un
diciassettenne che per loro era solo rovina.
Un diciassettenne che in quel
momento, bagnato di pioggia e con gli occhi bluastri bassi, sembrava attendere
senza paura. Probabilmente neanche lo consideravano un essere umano...eppure lui
restava immobile.
Thomas Maximilian Riddle attendeva.
Nel buio di quei
sotterranei, la sua mente era sgombra da ogni ricordo.
Gelida e piatta, la
fiamma nel suo cuore sembrava immobile come i suoi sensi.
Né ricordi, né
affetti, né dolori e passioni.
Niente testimoniava la voce nel suo cuore che
gli urlava di scappare da lì seduta stante.
Eppure non accennò a muovere
nemmeno un dito.
Seduto sulla poltrona del Condannato, davanti a lui si
ergeva un piccolo leggio di ebano elaborato finemente.
Sopra di esso...la sua
vita, nero su bianco.
Un contratto. Stipulato col sangue e la sua
libertà.
- Bene, Thomas Maximilian Riddle.-
Orloff scese dal bancone,
facendo cenno a tre maghi dal volto interamente coperto di entrare da una
minuscola porticina laterale - Ora devi controfirmare il giuramento.-
- Come
ben sai...- fece la voce leziosa di Dolores Umbridge - Sarai sottoposto a quel
giuramento per tutta la vita. Una volta che avrai firmato non potrai più
sottrarti. Lo capisci questo, vero?-
- Capisco.- fu la laconica risposta di
Tom.
- E' bene che tu sappia a cosa vai incontro, ragazzo.- disse un altro
anziano, che il ragazzo non riconobbe - Se firmi quel contratto, sarai segregato
fino alla tua morte nel luogo che tu stesso hai scelto.-
- Ne sono
consapevole.-
- Non potrai mai più uscire.- continuò la Umbridge, come se si
deliziasse nel rammentarglielo - Resterai a Cameron Manor, nella casa di quel
demone di stirpe, finché il tuo ultimo fiato non ti abbandonerà. Com'è stipulato
dal contratto, la tua prigionia è data dalla condotta che in futuro potresti
avere, causa dei rapporti avuti fra te e tuo padre, Tom Riddle,
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.-
- Non è dal Wizengamot condannare
qualcuno per "qualcosa che si potrebbe commettere in futuro".- sibilò un'anziana
donna, seduta in fondo - Dovremmo pensarci bene, Dolores.-
- Ma mia cara
Amelia, è il ragazzo stesso ad accettare la sua pena.- rispose la Umbridge tutta
untuosa.
- Non siamo qua per discutere ancora.- s'intromise frettolosamente
Orloff, con voce stranamente incolore che Tom, da quando lo conosceva, non gli
aveva mai sentito. Il Ministro pareva quasi fissare il vuoto, lo sguardo
spento...come se non fosse felice di avergli finalmente messo le mani
addosso.
Accantonò quei pensieri, del tutto inutili in quel momento.
- La
Sigillazione avrà luogo il giorno stesso in cui lascerai Hogwarts, Thomas
Maximilian Riddle.- continuò Orloff e con un altro gesto i tre uomini si prima
depositarono su un altro leggio appena apparso un grosso cofanetto di legno,
intarsiato in maniera lineare, sobria.
- Qui il simbolo della tua prigionia.-
il Ministro levò il coperto con dita leggere e agitando la bacchetta sollevò in
aria per la prima volta ciò che per Tom, negli anni, sarebbe stato un compagno
silenzioso e discreto. Quanto mai odiato.
Un semplice cerchio di platino, un
girocollo piatto, senza alcuna pietra.
- Il giorno in cui lascerai Hogwarts
dovrai indossarlo. Con questo noi sapremo sempre dove ti trovi. E t'impedirà
anche di uscire da Cameron Manor, così come nessun umano potrà mai più
entrarci.- continuò Orloff, con voce impastata, quasi nasale - Il collare è
stato fatto col capello che mi hai consegnato mesi fa, ora per concludere il
lavoro degli Artimagi dovrai darmi una goccia del tuo
sangue.-
Sangue. Impuro e traditore. E allora stesso
tempo così limpido e sacro.
Sangue di Mangiamorte. Sangue dei
Black.
Sangue che avrebbe dovuto essere sparso alla sua nascita.
Tom,
come una marionetta, si alzò in piedi.
Prese fra le dita il coltellino che
uno dei maghi incappucciati gli porse e senza un lamento si punse leggermente il
polpastrello dell'indice destro con la punta della lama.
Orloff spinse sotto
di lui il girocollo di platino e quando la goccia di sangue scivolò sul prezioso
metallo, un bagliore accecante invase completamente la stanza
sotterranea.
Tutti chiusero gli occhi all'istante, feriti da quella luce
quasi ultraterrena.
Ma non Tom.
Rimase a fissare quella
mutazione...quell'orribile, eterna mutazione.
Il suo sangue scivolò dentro al
metallo, vi si fuse...e in quel medesimo attimo di perdizione, il platino
divenne incandescente. La sua liscia e perfetta superficie cominciò a
incresparsi, su di essa comparvero tante squame...e da esse, il girocollo prese
la forma di un serpente.
Coda e testa di unirono a richiudere il collare in
una pietra sanguigna, un rubino nero che riluceva maligna come quel giorno
dannatamente infausto.
Quando terminò la mutazione, il collare si depositò
fra le dita esili di Riddle.
E per sempre, proprio come lo sentì quel giorno
sulla pelle, quel collare sarebbe rimasto freddo, di ghiaccio.
A ricordargli
sempre perché era stato creato.
Vicino alla testa del serpente, marchiate a fuoco, tre
lettere.
T.M.R.
A ricordargli sempre chi
fosse, la sua maledizione, il suo tormento.
- Ora firma.-
Tom sollevò il
volto.
Una luce lontana negli occhi, che rischiava di spegnersi.
Con la
piuma d'oca fra le dita, la punta ferma sulla carta, pensò a tutto quello che
stava cedendo.
Tutto ciò a cui rinunciava.
E a tutto ciò che gli era già
stato dato in quegli anni. Anni in cui lui, da Cameron Manor, non sarebbe mai
dovuto uscire.
Aveva un debito. Ecco perché se n'era andato da Cameron
Manor.
Per onorare degnamente un debito che lui e la sua famiglia avevano
contratto con Harry Potter e il mondo.
Era venuto il momento di ripagarlo nel
miglior modo possibile.
E quando la porta chiusa della Sala del Giudizio
venne spalancata a forza da decine di maghi e Auror, purtroppo per Harry Potter
e Draco Malfoy era tardi.
Troppo tardi.
La piuma era appena stata
riposta.
E l'inchiostro aveva impresso indelebilmente il nome del
condannato.
Tom si volse appena di tre quarti, osservando il caos che si era
provocato.
Orloff e tutto il Wizengamot era balzato in piedi, strillando
all'oltraggio.
Harry e Draco invece erano fermi sulla soglia, mentre i loro
amici strillavano.
Si fissarono.
- Voi...Voi!- Lucilla dei Lancaster si
agitò come una furia, facendosi largo fino ad arrivare a pochi metri dai volti
cinerei del Wizengamot - Voi non avevate alcun diritto!-
- E' maggiorenne
Lady Lancaster!- sbraitò la Umbridge.
- Quando tutto questo è cominciato
ancora non lo era!-
Nessuno aveva mai sentito urlare in questo modo Lucilla.
E nessuno ebbe più la sfortuna di farlo, fortunatamente.
Eppure quel giorno
la demone, fuori di sé come mai lo era stata, sembrava pronta ad uccidere
chiunque.
Chiunque.
- Quel contratto non è valido.- sibilò con gli occhi
bianchi che scintillavano - Non è valido!-
- Il signor Riddle ha firmato,
milady.- sindacò Orloff.
- L'avete tratto con l'inganno!- sbraitò Ron -
Ministro, gli avvocati verranno a sapere di questo!-
- Non vorrete farci
causa!- gracchiò la Umbridge sconvolta e sdegnata.
- Oh, lei stia zitta!-
gridò anche Hermione, correndo verso il leggio e afferrando quel
contratto.
Lo lesse e lo rilesse, alzando ripetitivamente gli occhi dorati su
Tom...e quando terminò, il cuore della Grifoncina si era fatto pesante come una
roccia.
- Mio Dio...Tom ma cos'hai fatto?-
- Ha fatto la scelta giusta!-
berciò Alfred Sawyer, SottoSegretario di Orloff - Il ragazzo è un
pericolo!-
- Pericolo per chi?- replicò Lucilla senza abbassare tono di voce
- Sciogliete immediatamente questo maledetto contratto se non volete che di voi
non rimanga nemmeno la cenere!-
- Ci sta minacciando?!- urlò allora la
Umbridge - Lei non è più nemmeno mezza umana, cara Lady Lancaster! Non sono
affari suoi!-
- Io sono la madre!- la voce sepolcrale di Lucilla invase la
Sala come un veleno - Mi dia solo una ragione...una soltanto! E vi farò a pezzi
tutti quanti con sommo piacere!-
- Lucilla adesso basta.-
Gli Auror si
zittirono di colpo.
Tom aveva rimesso a posto il collare, richiudendo il
cofanetto.
Non osava neanche guadarli, né Lucilla né i suoi padrini né i suoi
parenti.
- Ho firmato di mia volontà. Tornerò a casa di Caesar, non appena
finita la scuola. Così ho deciso.-
- In catene.- sibilò lei, facendolo
tremare - In catene, ecco come tornerai da Caesar! Non potrai mai più uscire!
Non uscirai mai più da Cameron Manor! Era questo che volevi?! Eh? Era
questo?!-
- Sapevi come la pensavo.- sussurrò a bassa voce - Lo sapevi da
tempo.-
- Ma non avrei mai pensato che mi avresti fatto tutto questo alle
spalle!-
La voce improvvisamente ridotta a un sussurro e il tono di chi sta
per scoppiare il lacrime ebbero il potere di farlo sentire un verme.
Qual era
in quel momento.
- Mi dispiace Lucilla.-
- LE SCUSE NON BASTANO!- esplose,
facendo tremare l'intero Ministero.
- Ora basta milady!- scattò Orloff,
sfidando il suicidio - Abbiamo la firma del ragazzo, il patto è concluso!-
-
Invece c'è ancora una cosa in sospeso.-
Harry Potter, che fino a quel momento
era rimasto immobile e in silenzio accanto a Draco Malfoy, in quel momento
avanzò lentamente verso gli alti loggioni del Wizengamot.
Orloff si fece
immediatamente indietro, tanto più che Duncan Gillespie non sembrò volerlo
richiamare.
- Cosa vuoi fare Potter?- chiese il Ministro con una nota ansiosa
nella voce.
- Non ti puoi opporre Potter!- sentenziò la Umbridge.
- Il
contratto è legale, signor Potter.- fece ossequiosamente anche Sawyer.
-
TACETE!-
Come prima Lucilla, ora anche la voce del bambino sopravvissuto
invase interamente la Sala del Giudizio.
E per la prima volta da quando lo
conosceva, Tom ebbe paura di lui.
Paura vera.
La stessa che provava di
fronte a Grimaldentis.
Gli occhi smeraldini di Harry si fecero quasi neri,
quando si posarono su di lui.
Rabbia, tradimento. Odio.
Si, Harry lo
stava odiando.
Il suo cuore si spaccò in due, ma quando lo sentì
rivolgersi al Wizengamot Tom Riddle capì cos'era la vera paura.
Perché quel
giorno, quel diciannove aprile, l'eroe, la leggenda, cessò di esistere.
-
Scendete immediatamente da quei banchi, non siete degni neanche di camminare
sulla terra dei babbani!- ringhiò l'Auror fra i denti, mentre un tuono terribile
arrivò a scuotere perfino quelle pareti sotterranee.
- Potter cosa credi di
fare?!- si agitò la Umbridge.
Harry neanche la stette a sentire.
Portò lo
sguardo sul Ministro. La sua cicatrice bruciava.
Ma sarebbe stata l'ultima
volta, si disse. L'ultima.
Ormai non aveva più niente per cui
lottare.
Draco, sapendo ciò che sarebbe successo, chiuse gli occhi. E
attese.
L'inevitabile.
Addio Harry Potter, addio eroe dei
maghi.
- Io gliel'avevo detto.- Harry fissò Orloff senza più battere
ciglio - Io gliel'avevo detto che se solo avesse osato guardare Tom in maniera
che non mi sarebbe piaciuta avrei scatenato una guerra tale che non se la
sarebbe mai scordata. Io l'avevo avvisata...- il tono calò pericolosamente,
diventando un sibilo di rettile - E lei se n'è fregato.-
- Non vorrai
sfidarci!- sbottò il Ministro.
- No.- Harry rise amaramente, gelando tutti,
scuotendo la testa - No...ormai non avete più niente per cui valga la pena
lottare. Ecco Ministro. Ecco la mia guerra.-
Con un solo gesto, Harry Potter
portò disperazione.
Come alla sua nascita aveva portato speranza.
Con la
mano risalì al cuore. E si strappò il distintivo da Auror dal petto.
- Ma
cosa...- Orloff sbarrò gli occhi, come Ron, Hermione e tutti gli altri - Potter
cosa credi di fare!?-
Il bambino sopravvissuto non rispose.
Con lentezza
estrema, fissò Tom. Rimase a guardarlo a tremare, a guardarlo indifeso.
E
senza mai staccare gli occhi da quelli di Riddle, come estrema punizione, iniziò
a parlare.
- De mea ars magica...renuntio!-
Il tempo
rallentò.
Tom sgranò gli occhi, fra i più vicini a Harry chi sentì le sue
parole non riuscì nemmeno a capire...che era reale.
Un breve lampo verde
cominciò a percorrere il corpo del bambino sopravvissuto, mentre questo
continuava a parlare.
Implacabile.
- Ego de mea potestas
magica...renuntio!-
- No!- Tom si corse ad aggrapparsi a lui,
immergendosi in quel bagliore verde - Harry no! Non farlo!
- Eiero ars
magica.- proseguì senza sentire strilla, suppliche, isterismi -
Proditor sum. De mea ars magica...RENUNTIO!-
In
quell'istante si scatenò su tutta Londra la più grossa scossa sotterranea che la
capitale avrebbe ricordato per molti anni avvenire. Tutti nella Sala del
Giudizio vennero sbalzati indietro da una luce evanescente, dal riverbero
perlaceo. E quando tornò il buio e la calma, Harry Potter era sempre davanti a
loro.
Ma qualcosa in lui, nel suo essere, non sarebbe più stato come
prima.
- No...- alitò Tom, rimettendosi in piedi - Oddio...no...-
Potter
non lo degnò di uno sguardo. Piegò appena gli angoli della bocca versi Orloff e
il Wizengamot, poi estrasse la bacchetta dal mantello. L'agitò appena...e non
accadde assolutamente nulla.
- Harry Potter il babbano.- disse, con un tono
carezzevole quanto assassino - Ecco la mia guerra Ministro. Dovrà combatterla
senza la sua bandiera. Il bambino sopravvissuto ha appena dato le sue
dimissioni. Se le goda. E ora questa non mi serve più.-
Detto quello spaccò
la sua bacchetta in due parti.
Determinando così la fine di quella leggenda
che era nata ventisette anni prima.
Harry Potter uscì dal Ministero della
Magia, scortato da silenzio, d'annichilimento.
La speranza se n'era
appena andata.
Con l'anima a pezzi, Tom Riddle uscì per le strade di
Londra.
Bagnato fradicio, con la pioggia che sembrava colpirlo più impietosa
di quanto già non fosse stato punito a sufficienza, si guardò attorno,
cercandolo disperatamente.
E poi eccolo.
Camminava a testa bassa, ma era
lui.
- Harry!- urlò, cominciando a rincorrerlo - Harry! Ti prego aspettami!
Harry ti prego!-
Ogni passo diventò una frustata, ogni respiro una boccata di
fiele.
E quando l'afferrò per il braccio, Harry si scansò con forza.
-
Vattene.-
- Harry ti prego, dobbiamo parlare!-
- Parlare?!- l'urlo
riecheggiò ugualmente, anche sotto quel temporale - Parlare?! Ora vuoi parlare?
Hai parlato con me quando hai deciso di sparire dalla mia vita? No! Non me ne
hai mai fatto parola! Mai, in sette dannatissimi anni!-
- Non c'era altro da
fare...- Riddle cercò di fermarlo ancora, ottenendo una rude spinta all'indietro
- Harry ti prego! Solo se me ne vado per sempre questa guerra avrà mai fine! Lo
sai benissimo anche tu! Finché io sarò vivo i Mangiamorte avranno sempre
qualcuno dietro a cui schierarsi!-
Potter sembrò restare zitto solo per un
secondo, perché si rigirò come una furia.
Come un animale in gabbia.
-
Allora perché non ti sei ammazzato?- gli strillò, freddandolo - Perché non ti
sei ammazzato?! Dimmelo!-
- Harry...per favore...-
- Non t'azzardare a
parlarmi così.- gli sibilò pieno d'odio - Non t'azzardare a supplicarmi, a
guardarmi in quel modo! Hai fatto tutto da solo, complimenti Tom. Adesso
arrangiati e pensa da solo alle conseguenze!-
- Va bene...puoi odiarmi...-
gli sussurrò, con gli occhi vitrei - Ma tu...tu non puoi aver rinunciato ai tuoi
poteri. Tu sei un mago! Tu sei la speranza di questa gente! Non puoi mollare
tutto per colpa mia! NON PUOI ODIARMI TANTO DA VOLERMI PUNIRE COSì!-
- Oh,
sottovaluti il mio rancore.- un ghigno feroce stravolse il volto sereno e buono
che era sempre appartenuto al bambino sopravvissuto - Sei entrato nella mia vita
a forza, me l'hai sconvolta e ora hai l'arroganza di venirmi a dire che cosa
devo fare? Tu...- le sue mani si artigliarono, come per serrarlo alla gola - Tu
devi starmi lontano, hai capito bene?! Ormai tu hai scelto la tua strada, io la
mia. Niente più debiti fratello, niente più Mangiamorte da uccidere o gente da
proteggere! In fondo c'era solo questo fra noi, no?- lo sfidò, mentre Tom
sentiva una lacrima scivolargli sulla gota - Un patto! Solo questo. Bene! Ora è
concluso! Com'è finita qua fra noi stanotte, Tom Riddle!-
E se ne andò così,
sotto la pioggia.
Le gambe si rifiutavano di muoversi.
Perfino il suo
cuore sembrava rifiutarsi di battere ancora.
Ma non fu solo per molto.
-
Sei solo un maledetto bugiardo!-
Un violento ceffone lo riportò per un attimo
alla realtà, poi una scarica di deboli pugni arrivò a colpirgli il torace, la
testa e il volto, mentre lui non cercava nemmeno di proteggersi.
Tanto lo
strazio nella grida di Cloe King, che sotto quel temporale sembrava diventata lo
spettro di se stessa.
- Mi hai detto bugie per tutto questo tempo! Non hai
fatto altro che mentirmi! Anche la scorsa notte!-
La sua voce era come il
suono di vetri rotti.
Perché anche lei era appena andata in mezzi.
E anche
se le lacrime le impedivano di vedere, anche se non c'era una cellula in lei che
non avesse voluto morire di fronte ciò che aveva visto e sentito, di fronte alla
sua vita che si era sgretolata, riusciva ancora a trovare la forza di colpire.
Di lottare. Di urlare.
- Ti odio Tom! Ti odio!- e rimase schiacciata a lui,
singhiozzando atrocemente, scuotendo la testa.
Ti odio.
Ti
odio.
Per sempre.
Quando sollevò gli occhi, vide Beatrix e
Damon.
Gli occhi sbarrati della vampira si schiusero solo per un istante,
quando Cloe si staccò da lui per correre via.
- Per tutto questo tempo...per
tutti questi anni...- la Diurna scosse appena la testa - Ogni volta che
parlavamo del futuro...tu mi mentivi...-
Non rispose. Era fin troppo evidente
la risposta.
- Sarebbe stato meglio non averti mai conosciuto.- mormorò Trix,
dandogli le spalle e correndo via a sua volta.
L'ultimo che vide fu
Damon.
E dal Legimors non giunse una sola parola. Né sprezzo né odio.
Ma
la coltellata nel petto non avrebbe potuto fare più male ormai.
Damon gli
dette le spalle e sparì.
Lasciandolo solo, come sarebbe stato da quel momento
in avanti.
Draco Lucius Malfoy camminò sotto la pioggia senza curarsi
della sua febbre.
West Gold Lake.
Era tornato alla casa sul lago dei
Potter quella notte.
La casa in cui lui e Harry avevano vissuto i primi anni
insieme.
Dalla sponda del lago poteva vedere accesa solo la luce del
portico.
Si Smaterializzò davanti al cottage, ricordando ogni cosa. Ogni
momento...del passato.
Un passato che aveva creduto sereno, nonostante tutto.
Fino a quella notte.
- Come hai fatto ad arrivare qui?- mormorò il biondo,
afferrando una sedia a sedendosi sotto al patio.
Harry Potter era seduto
sulla balaustra che dava sul lago, una gamba ripiegata, del whisky incendiario
fra le dita tremanti. Una sigaretta fra le labbra.
- Passaporta?- continuò
Draco.
Harry non rispose.
Fissava la pioggia cadere ritmica a pelo
dell'acqua, al tramonto.
Lì a West Gold Lake il cielo era più chiaro. Il
tenue rossore del sole calante si mescolava alla tempesta.
- Dove ho
sbagliato?-
Malfoy lo vide passarsi le dita sotto gli occhi. Rimase il
silenzio.
- Dove cazzo ho sbagliato Draco?- dette un tiro nervoso alla
sigaretta, con un singhiozzo bloccato in gola - Mi sono mai lamentato? Gli ho
mai fatto capire in un qualche modo che fosse colpa sua? Non ho fatto abbastanza
per capirlo, lo trattavo come tratto suo padre...non lo so...- e lo fissò
angosciato, così diverso dalla persona ricolma di collera che era stata fino a
poco prima - Dimmelo. Dove ho sbagliato con lui Draco?-
Malfoy si alzò
lentamente, barcollando a causa della febbre.
Si appoggiò alla balaustra di
peso, coi palmi rigidi, osservando il cielo.
Il cerchio rossastro del sole
che si tuffava nel pelo del lago.
- Ti ricordi il mostriciattolo quando è
arrivato?-
Harry chiuse gli occhi, stremato.
Oh, se ricordava.
Così
odiato all'inizio. Quella presenza scomoda, il figlio della sua vendetta.
E
ora...così tanto amato. Impossibile separarsene.
- Credo che...- iniziò
Draco, inspirando forte - Credo che Tom abbia deciso in che posto stare. Forse
può aver perdonato la sua leggerezza nell'essere venuto a vivere con noi. Ma non
credo abbia mai perdonato se stesso, per essere quello che è. Non perdona il suo
sangue, né ciò che suo padre ci ha fatto.-
- Gliel'avevo detto mille
volte...mille.- sussurrò Potter, pulendosi di nuovo rabbiosamente gli zigomi
umidi di lacrime - Non ha mai capito niente! Niente! E io...nemmeno.- aggiunse,
ridendo amaramente, tanto da farsi male - Cristo...è dal primo anno che medita
di Sigillarsi...per me, per noi. E io non ho mai capito un accidente.-
-
Credi che invece io avessi mai sospettato qualcosa?- Malfoy scosse il capo, i
crini biondi che scivolarono sui suoi occhi d'argento pallido - Siamo due idioti
Harry. Del piccolo non abbiamo mai capito nulla.-
- Non ho fatto
abbastanza...tutti questi anni non sono valsi a niente!- ringhiò, dando un
calcio alla balaustra.
Per un lungo istante si avvertì fra i due solo la
pioggia, il suo ticchettare sul tetto rosso del cottage.
Tom se ne
andava.
Per sempre.
Sarebbe stato Sigillato, messo in prigione.
In una
prigione dorata. Ma pur sempre una prigione.
E non sarebbe più potuto uscire.
Né loro avrebbero più potuto entrare a Cameron Manor.
Un mese e mezzo. E
sarebbe finito tutto.
Il bambino che avevano trovato addormentato davanti
alla porta di casa, in un giubbotto blu, a dormire su una valigia. Con una
lettera in mano.
Venuto chissà da dove.
L'ultimo piccolo Black.
I suoi
sorrisi dapprima timidi, il suo parlare gentile, composto.
Quei grandi occhi
blu sempre a chiedere scusa di tutto, anche della sua stessa vita.
Harry si
chiuse una mano sul viso, emettendo un gemito lacerante quando capì che non
l'avrebbe più sentito andare a sbattere da qualche parte.
Presto i cerotti
di Tom sarebbero spariti da casa, perché non ce ne sarebbe più stato
bisogno.
Quei maledetti cerotti...
Sempre in mezzo, che Tom lasciava
ovunque.
Dei semplice cerotti azzurri...
Ora lo stavano piegando in
due.
Così com'era arrivato, ora Tom se ne sarebbe andato via. Per
sempre.
Gli aveva promesso che l'avrebbe sempre protetto...ma non era
riuscito a proteggerlo dalle insidie della vita.
Da quelle stesse che il
destino gli aveva piazzato sul cammino.
Aveva fallito.
Aveva fallito tutto
con Tom.
- Ho fatto solo un gran casino.- alitò, tenendosi la mano sugli
occhi - Cristo Malfoy, dovevi ammazzarmi anni fa quando ne avevi
l'occasione!-
Draco spostò il peso dalla balaustra, rimettendosi
faticosamente in piedi.
Il casino l'avevano fatto in due.
Una delle cose
più importanti della loro vita...e ora l'avevano persa insieme.
Harry aveva
ragione, pensò, mentre qualcosa lo spingeva ad avvicinarsi a lui.
Quei
maledetti cerotti...non ci sarebbero più stati.
Presto sarebbero
scomparsi.
- Se lo dici a qualcuno ti ammazzo davvero, Sfregiato.-
Draco
Malfoy inspirò forte, la vista annebbiata dalla febbre, atterrito dal freddo, ma
passò ugualmente un braccio attorno al collo del bambino sopravvissuto,
poggiando una guancia sui suoi capelli.
Quel bambino comparso quasi otto anni prima aveva fatto da collante per loro.
Colla. Che li aveva tenuti uniti, contro tutto.
Come un cerotto su una ferita aperta, bruciante.
Ma ora il triangolo si preparava a sfasciarsi, a sciogliersi.
Si, Thomas Maximilian Riddle se ne andava.
E un pezzo delle loro vite insieme a lui.
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