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Autore: Kysa    09/05/2007    9 recensioni
Terza parte della saga, signori e signore. La battaglia fra Harry Potter e i Mangiamorte subisce nuove mutazioni con l'entrata in scena di personaggi ambigui che minacciano la nuova vita del bambino sopravvissuto, mentre il giovane Tom Riddle, ormai al suo ultimo anno a Hogwarts, rischia di rovinare la sua esistenza per colpa del suo passato. Ancora Harry Potter e i suoi compagni nell'ennesima guerra, in uno sfondo di amori e tragici avvenimenti. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Fanciulle ed egregi signori, vi avviso che Artemisia89 metterà in rete a momenti una spin-off intitolata "Il Velo" che guarda in maniera introspettiva la relazione di Tom e Cloe, proprio nella situazione in cui si trovano ora. A un passo dal Paradiso...e a uno dall'Inferno. Leggete, mi raccomando, perchè merita davvero!
Questo capitolo è stato scritto da Axia, molto tempo fa. E' praticamente perfetto nella sua mescolanza di dolore e disperazione cieca, che non lascia più spazio a speranza. Io stessa ne sono rimasta commossa, quando lo lessi per la prima volta. E' fondamentale per tutta la fiction e una mazzata per lo spirito. Sebbene non l'abbia scritto io, lo dedico ad Axia.
Meravigliosa per come scrive, brava anche quando è cattiva.
Buona lettura.


 

 

 







La folla degli studenti di Hogwarts quel diciannove aprile si aprì come il Mar Rosso, al passaggio della dea che si era abbassata a camminare fra loro comuni mortali.
Occhiate adoranti e innamorate dai maschi, invidia e ammirazione dalle studentesse.
Lady Lucilla del casato dei Lancaster attraversò le arcate del giardino avvolta in un leggero mantello dall'interno a stampa damascata, su un abito color lavanda, apparentemente impalpabile come una piuma.
I lunghi capelli bruni ondeggiavano come animati di vita propria, i lineamenti squisitamente perfetti serrati in una maschera che anche il più esperto osservatore avrebbe giudicato d'indifferenza.
Eppure nell'anima di Lady Lucilla si agitava qualcosa.
In lei si annidava il serpente del sospetto, della collera, della frustrazione.
Sentimenti che da tempo non provava.
Da anni.
Era incredibile. Sentimenti che aveva provato da ragazzina, una misera mezzodemone, ora che era un essere tanto potente si rigettavano su di lei quasi triplicati.
A cosa serviva essere tanto potenti e immortali se era riuscita a fallire nel compito che anche la più misera donna mortale sapeva portare a termine con dignità e onore?
Il compito di madre...si, lei aveva miseramente fallito.
La sua forza, la sua conoscenza, la sua grandezza...non erano state sufficienti.
Per sei lunghi anni aveva taciuto, covando dentro la paura che la promessa fatta a un bambino undicenne un giorno le si sarebbe rivoltata contro. E ora quella paura aveva preso forma nella durezza dell'anima di un ragazzo che si estraniava dalla vita ogni giorno di più.
Quanta determinazione in un singolo piccolo e mortale essere umano.
Cosa portava a fare la disperazione.
Cosa portava a fare l'onore, il coraggio, la riconoscenza.
Solo gli umani conoscevano il sacrificio per simili concetti.
Lo pensò di nuovo quando sulla soglia della sala riunioni della Torre Oscura vide Harry Potter sgattaiolare da sotto la tavola, gattonando per afferrare il piccolo Lucas che scorrazzava in giro con le mani tutte sporche di cioccolata.
Il bambino sopravvissuto.
Così tanto colpito duramente dalla vita...ma sempre in piedi.
- Ciao Lucilla.- Harry le sorrise dolcemente, afferrando suo figlio per il bordo del maglioncino che indossava.
- Ciao.- salutò, chiudendosi la porta alle spalle - Tutto bene?-
- Abbastanza.- replicò Potter, sedendo Lucas sulla tavola e pulendogli il faccino sporco con un fazzoletto umido - A parte Jeremy e Lucas che hanno imparato a svitare i barattoli, gli studenti di sotto che si accusano fra loro di essere affiliati di Voldemort e Malfoy che s'è preso la febbre direi che va tutto bene.- per poi aggiungere - Ah, dimenticavo...Draco ha fatto qualcosa alla fede di Herm e adesso lei non riesce più a togliersela. Inoltre credo che tuo figlio abbia finalmente gettato alle ortiche il suo riserbo e si sia tolto la cintura di castità. Ammesso che t'interessi.-
Lucilla evitò di pensare anche solo per un momento a ciò che significava quella frase e si guardò attorno.
- Parlando di Tom...dov'è?-
- Con Cloe spero.- ghignò Potter, sistemando Lucas nel box con Glory e Faith, che giocava con delle formine di stoffa magica, che squittivano quando la piccola le mordeva per farsi i dentini - Altrimenti a studiare a Grifondoro. Come mai non sei venuta al colloquio, a proposito?-
- Non ero in vena.- rispose, incupendosi di colpo e tornando alla porta - Devo parlare con lui, ci vediamo più tardi.-
La demone aveva già abbassato la maniglia che il bambino sopravvissuto la richiamò.
I fianchi poggiati alla tavola, le braccia incrociate.
E quegli occhi verdi che non subivano inganni che la fissavano attenti.
- E' da un pezzo che non parli con me, Lucilla.- le disse a bassa voce - Tu hai qualcosa che non va. E Tristan è preoccupato.-
- Problemi vecchi.- rispose, senza guardarlo in faccia - Posso risolverli da sola.-
- Sicura?-
No. No, Harry, aiutami!
- Certo.- e abbozzò un sorriso spento - Ci vediamo a cena Harry. Grazie.-
- Figurati.- e le lanciò un bacio con due dita, mentre lei spariva oltre la soglia.
Una volta sul pianerottolo si appoggiò alla balaustra a chiocciola della scala...cominciando a sentire il cuore batterle nel petto. Stava battendo...per la prima volta dopo quasi diciotto anni.
L'ultima volta era stato Tristan a farglielo battere...ma d'amore, di passione.
Ora invece il suo cuore di demone sembrava spaccarsi in due per un sentimento ben lontano da tutto ciò.
Cercò di ricomporsi, scostandosi le magnifiche chiome dalle spalle e tornata al primo piano, ricordò vagamente la posizione della Torre di Grifondoro.
La Signora Grassa non le fece storie per farla passare, visto che Silente fin dai primi attacchi aveva confidato agli Auror le parole d'ordine, in caso di problemi e superata la soglia, Lucilla rimase immobile a osservare di primo acchito lo stupendo e caldo arredamento del nascondiglio dei grifoni.
La gelida alterigia dell'arredamento di Serpeverde ora cozzava nei suoi ricordi con ciò che le stavano trasmettendo gli arazzi rossi e oro della torre.
E il vociare...non aveva mai sentito voci così allegre nella tetra e silenziosa Serpeverde.
- Lady Lancaster!-
Lucilla abbassò improvvisamente il viso per trovarsi sotto al naso un gruppetto di minuscole bimbette del primo anno.
Il richiamo delle matricole servì per attirare l'attenzione di tutto il dormitorio, tanto che i maschi avevano già la mascella a terra quando arrivò Degona, felicissima.
- Mamma!- tubò, raggiungendola - Ciao mamma! Che bello che sei venuta finalmente!-
La piccola fece un rapido giro di presentazioni delle sue compagne di stanza, da Isabella Prentice che era la sua amica del cuore, alla povera Tilde Graham che aveva rischiato di passarsi il pomeriggio nel bagno per colpa di quel deficiente di Damon, e infine la magrissima Leah Lang.
La demone non si ricordava già più un solo nome quando a darle il colpo di grazia arrivarono quei pervertiti del settimo anno, tutti gli amici di Tom per capirci, compresi quei porci di Martin, Bruce e Sedwigh che non avevano mai fatto mistero neanche a Riddle di quanto Lady Lancaster fosse l'angelo, o in questo caso il demone, dei loro sogni.
- Come mai qua mamma?- chiese Degona sorridente, quando la folla si fu un po' separata.
- Devo vedere Tom.- rispose Lucilla dolcemente, carezzandole la testolina - E' in camera sua?-
- Ehm...si, credo di si. L'ho visto arrivare alle tre e mezza. Credo abbia da studiare, quei poveretti del M.A.G.O. stanno un po' perdendo il contatto con la realtà credo. Aspetta...- e si volse oltre sua madre, ridacchiando - Ciao Cloe! Hai visto per caso Tom in giro?-
La King sbadigliò. Bofonchiando un ciao le raggiunse per poi ricordarsi che Lucilla nonostante tutto era la madre di Tom. Ebbe la decenza di arrossire vagamente, tanto che la Lancaster se ne accorse, piegando appena la bocca.
Ma tu guarda, allora Harry aveva ragione.
- Tom è stato un po' in Sala Duelli.- rispose la biondina - Poi mi ha detto che tornava a studiare Sineologia. Che succede Lucilla, guai?-
- Per il momento ancora no, ma devo parlarci un attimo. Potete portarmi in camera sua? Qua non mi so rigirare.-
- Ma certo, vieni!-
Salendo nel dormitorio maschile, la Lancaster ebbe modo di fare un tuffo nel passato. Vide scope da quidditch che svolazzavano impunemente, pozioni fumanti abbandonate, libri accatastati, confusione, portacenere pieni, vestiti che saltellavano sul pavimento...un delirio.
Una volta davanti alla porta del Caposcuola di Grifondoro, Lucilla sentì che il suo cuore aveva raggiunto livelli critici.
Batteva troppo forte. Le stava combinando qualcosa al metabolismo che non era sicura di riuscire a controllare...e probabilmente sarebbe svenuta se, entrando e trovando la stanza totalmente deserta, non avesse agguantato una poltrona per appoggiarvisi di peso.
- Mamma ma cos'hai? Non stai bene?- le chiese Degona preoccupata, tenendola per un braccio.
- Va tutto bene.- balbettò la demone, inspirando a fondo - Qua Tom non c'è...-
- Già. Che strano. Adesso te lo cerco io.- e la King socchiuse le palpebre, iniziando la sua dura ricerca.
Del tutto vana.
Perché Lucilla si avvide della Polvere Volante sparsa sul pavimento, davanti al camino spento.
E Degona trovò una lettera accartocciata, proprio sul letto di Riddle.
- Mamma...- la piccola Mckay al solo tocco della lettera avvertì una sensazione bruttissima - Mamma, questa è una lettera del Ministero...non capisco...- e la porse di volata alla demone - Ma cosa dice?-
Cosa diceva?
Fine.
Ecco cosa diceva.
- Ragazze...correte a chiamare Harry. E tutti quanti gli altri. Che mi raggiungano immediatamente al Ministero della Magia, nei sotterranei del Wizengamot. SUBITO!- urlò, al colmo della disperazione.
Guardò rapidamente l'ora.
Le quattro in punto.
E Tom aveva truccato il suo camino durante l'anno, affinché avesse potuto funzionare con la Polvere.
Era tutto programmato.
E lei rimase lì con quella lettera fra le mani mentre Cloe sentiva che ogni traccia di sangue le stava defluendo dal viso. Tom non era a Hogwarts.
Non c'era più. Da nessuna parte.


Londra, gli inviolabili sotterranei Ministero della Magia di Gran Bretagna.
Tanti maghi incappucciati sedevano sugli alti pulpiti del Wizengamot, Consiglio Supremo dei Maghi.
Le immense porte della Sala del Giudizio erano chiuse, sigillate, e su di esse regnava un silenzio che su Londra invece non regnava. Battuta da una pioggia torrenziale, la capitale sembrava sottoposta all'ira divina.
E per le strade, sui tetti, sulle case, perfino fra i pochi coraggiosi, era calato un buio torbido, come se fosse stata notte fonda. Ma di questo il Ministro Orloff e i saggi del Wizengamot non se ne curavano.
Trenta e più maghi che guardavano dall'alto verso il basso un diciassettenne che per loro era solo rovina.
Un diciassettenne che in quel momento, bagnato di pioggia e con gli occhi bluastri bassi, sembrava attendere senza paura. Probabilmente neanche lo consideravano un essere umano...eppure lui restava immobile.
Thomas Maximilian Riddle attendeva.
Nel buio di quei sotterranei, la sua mente era sgombra da ogni ricordo.
Gelida e piatta, la fiamma nel suo cuore sembrava immobile come i suoi sensi.
Né ricordi, né affetti, né dolori e passioni.
Niente testimoniava la voce nel suo cuore che gli urlava di scappare da lì seduta stante.
Eppure non accennò a muovere nemmeno un dito.
Seduto sulla poltrona del Condannato, davanti a lui si ergeva un piccolo leggio di ebano elaborato finemente.
Sopra di esso...la sua vita, nero su bianco.
Un contratto. Stipulato col sangue e la sua libertà.
- Bene, Thomas Maximilian Riddle.-
Orloff scese dal bancone, facendo cenno a tre maghi dal volto interamente coperto di entrare da una minuscola porticina laterale - Ora devi controfirmare il giuramento.-
- Come ben sai...- fece la voce leziosa di Dolores Umbridge - Sarai sottoposto a quel giuramento per tutta la vita. Una volta che avrai firmato non potrai più sottrarti. Lo capisci questo, vero?-
- Capisco.- fu la laconica risposta di Tom.
- E' bene che tu sappia a cosa vai incontro, ragazzo.- disse un altro anziano, che il ragazzo non riconobbe - Se firmi quel contratto, sarai segregato fino alla tua morte nel luogo che tu stesso hai scelto.-
- Ne sono consapevole.-
- Non potrai mai più uscire.- continuò la Umbridge, come se si deliziasse nel rammentarglielo - Resterai a Cameron Manor, nella casa di quel demone di stirpe, finché il tuo ultimo fiato non ti abbandonerà. Com'è stipulato dal contratto, la tua prigionia è data dalla condotta che in futuro potresti avere, causa dei rapporti avuti fra te e tuo padre, Tom Riddle, Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.-
- Non è dal Wizengamot condannare qualcuno per "qualcosa che si potrebbe commettere in futuro".- sibilò un'anziana donna, seduta in fondo - Dovremmo pensarci bene, Dolores.-
- Ma mia cara Amelia, è il ragazzo stesso ad accettare la sua pena.- rispose la Umbridge tutta untuosa.
- Non siamo qua per discutere ancora.- s'intromise frettolosamente Orloff, con voce stranamente incolore che Tom, da quando lo conosceva, non gli aveva mai sentito. Il Ministro pareva quasi fissare il vuoto, lo sguardo spento...come se non fosse felice di avergli finalmente messo le mani addosso.
Accantonò quei pensieri, del tutto inutili in quel momento.
- La Sigillazione avrà luogo il giorno stesso in cui lascerai Hogwarts, Thomas Maximilian Riddle.- continuò Orloff e con un altro gesto i tre uomini si prima depositarono su un altro leggio appena apparso un grosso cofanetto di legno, intarsiato in maniera lineare, sobria.
- Qui il simbolo della tua prigionia.- il Ministro levò il coperto con dita leggere e agitando la bacchetta sollevò in aria per la prima volta ciò che per Tom, negli anni, sarebbe stato un compagno silenzioso e discreto. Quanto mai odiato.
Un semplice cerchio di platino, un girocollo piatto, senza alcuna pietra.
- Il giorno in cui lascerai Hogwarts dovrai indossarlo. Con questo noi sapremo sempre dove ti trovi. E t'impedirà anche di uscire da Cameron Manor, così come nessun umano potrà mai più entrarci.- continuò Orloff, con voce impastata, quasi nasale - Il collare è stato fatto col capello che mi hai consegnato mesi fa, ora per concludere il lavoro degli Artimagi dovrai darmi una goccia del tuo sangue.-
Sangue. Impuro e traditore. E allora stesso tempo così limpido e sacro.
Sangue di Mangiamorte. Sangue dei Black.
Sangue che avrebbe dovuto essere sparso alla sua nascita.
Tom, come una marionetta, si alzò in piedi.
Prese fra le dita il coltellino che uno dei maghi incappucciati gli porse e senza un lamento si punse leggermente il polpastrello dell'indice destro con la punta della lama.
Orloff spinse sotto di lui il girocollo di platino e quando la goccia di sangue scivolò sul prezioso metallo, un bagliore accecante invase completamente la stanza sotterranea.
Tutti chiusero gli occhi all'istante, feriti da quella luce quasi ultraterrena.
Ma non Tom.
Rimase a fissare quella mutazione...quell'orribile, eterna mutazione.
Il suo sangue scivolò dentro al metallo, vi si fuse...e in quel medesimo attimo di perdizione, il platino divenne incandescente. La sua liscia e perfetta superficie cominciò a incresparsi, su di essa comparvero tante squame...e da esse, il girocollo prese la forma di un serpente.
Coda e testa di unirono a richiudere il collare in una pietra sanguigna, un rubino nero che riluceva maligna come quel giorno dannatamente infausto.
Quando terminò la mutazione, il collare si depositò fra le dita esili di Riddle.
E per sempre, proprio come lo sentì quel giorno sulla pelle, quel collare sarebbe rimasto freddo, di ghiaccio.
A ricordargli sempre perché era stato creato.
Vicino alla testa del serpente, marchiate a fuoco, tre lettere.


                                                                                  T.M.R.

A ricordargli sempre chi fosse, la sua maledizione, il suo tormento.
- Ora firma.-
Tom sollevò il volto.
Una luce lontana negli occhi, che rischiava di spegnersi.
Con la piuma d'oca fra le dita, la punta ferma sulla carta, pensò a tutto quello che stava cedendo.
Tutto ciò a cui rinunciava.
E a tutto ciò che gli era già stato dato in quegli anni. Anni in cui lui, da Cameron Manor, non sarebbe mai dovuto uscire.
Aveva un debito. Ecco perché se n'era andato da Cameron Manor.
Per onorare degnamente un debito che lui e la sua famiglia avevano contratto con Harry Potter e il mondo.
Era venuto il momento di ripagarlo nel miglior modo possibile.
E quando la porta chiusa della Sala del Giudizio venne spalancata a forza da decine di maghi e Auror, purtroppo per Harry Potter e Draco Malfoy era tardi.
Troppo tardi.
La piuma era appena stata riposta.
E l'inchiostro aveva impresso indelebilmente il nome del condannato.
Tom si volse appena di tre quarti, osservando il caos che si era provocato.
Orloff e tutto il Wizengamot era balzato in piedi, strillando all'oltraggio.
Harry e Draco invece erano fermi sulla soglia, mentre i loro amici strillavano.
Si fissarono.
- Voi...Voi!- Lucilla dei Lancaster si agitò come una furia, facendosi largo fino ad arrivare a pochi metri dai volti cinerei del Wizengamot - Voi non avevate alcun diritto!-
- E' maggiorenne Lady Lancaster!- sbraitò la Umbridge.
- Quando tutto questo è cominciato ancora non lo era!-
Nessuno aveva mai sentito urlare in questo modo Lucilla. E nessuno ebbe più la sfortuna di farlo, fortunatamente.
Eppure quel giorno la demone, fuori di sé come mai lo era stata, sembrava pronta ad uccidere chiunque.
Chiunque.
- Quel contratto non è valido.- sibilò con gli occhi bianchi che scintillavano - Non è valido!-
- Il signor Riddle ha firmato, milady.- sindacò Orloff.
- L'avete tratto con l'inganno!- sbraitò Ron - Ministro, gli avvocati verranno a sapere di questo!-
- Non vorrete farci causa!- gracchiò la Umbridge sconvolta e sdegnata.
- Oh, lei stia zitta!- gridò anche Hermione, correndo verso il leggio e afferrando quel contratto.
Lo lesse e lo rilesse, alzando ripetitivamente gli occhi dorati su Tom...e quando terminò, il cuore della Grifoncina si era fatto pesante come una roccia.
- Mio Dio...Tom ma cos'hai fatto?-
- Ha fatto la scelta giusta!- berciò Alfred Sawyer, SottoSegretario di Orloff - Il ragazzo è un pericolo!-
- Pericolo per chi?- replicò Lucilla senza abbassare tono di voce - Sciogliete immediatamente questo maledetto contratto se non volete che di voi non rimanga nemmeno la cenere!-
- Ci sta minacciando?!- urlò allora la Umbridge - Lei non è più nemmeno mezza umana, cara Lady Lancaster! Non sono affari suoi!-
- Io sono la madre!- la voce sepolcrale di Lucilla invase la Sala come un veleno - Mi dia solo una ragione...una soltanto! E vi farò a pezzi tutti quanti con sommo piacere!-
- Lucilla adesso basta.-
Gli Auror si zittirono di colpo.
Tom aveva rimesso a posto il collare, richiudendo il cofanetto.
Non osava neanche guadarli, né Lucilla né i suoi padrini né i suoi parenti.
- Ho firmato di mia volontà. Tornerò a casa di Caesar, non appena finita la scuola. Così ho deciso.-
- In catene.- sibilò lei, facendolo tremare - In catene, ecco come tornerai da Caesar! Non potrai mai più uscire! Non uscirai mai più da Cameron Manor! Era questo che volevi?! Eh? Era questo?!-
- Sapevi come la pensavo.- sussurrò a bassa voce - Lo sapevi da tempo.-
- Ma non avrei mai pensato che mi avresti fatto tutto questo alle spalle!-
La voce improvvisamente ridotta a un sussurro e il tono di chi sta per scoppiare il lacrime ebbero il potere di farlo sentire un verme.
Qual era in quel momento.
- Mi dispiace Lucilla.-
- LE SCUSE NON BASTANO!- esplose, facendo tremare l'intero Ministero.
- Ora basta milady!- scattò Orloff, sfidando il suicidio - Abbiamo la firma del ragazzo, il patto è concluso!-
- Invece c'è ancora una cosa in sospeso.-
Harry Potter, che fino a quel momento era rimasto immobile e in silenzio accanto a Draco Malfoy, in quel momento avanzò lentamente verso gli alti loggioni del Wizengamot.
Orloff si fece immediatamente indietro, tanto più che Duncan Gillespie non sembrò volerlo richiamare.
- Cosa vuoi fare Potter?- chiese il Ministro con una nota ansiosa nella voce.
- Non ti puoi opporre Potter!- sentenziò la Umbridge.
- Il contratto è legale, signor Potter.- fece ossequiosamente anche Sawyer.
- TACETE!-
Come prima Lucilla, ora anche la voce del bambino sopravvissuto invase interamente la Sala del Giudizio.
E per la prima volta da quando lo conosceva, Tom ebbe paura di lui.
Paura vera.
La stessa che provava di fronte a Grimaldentis.
Gli occhi smeraldini di Harry si fecero quasi neri, quando si posarono su di lui.
Rabbia, tradimento. Odio.
Si, Harry lo stava odiando.
Il suo cuore si spaccò in due, ma quando lo sentì rivolgersi al Wizengamot Tom Riddle capì cos'era la vera paura.
Perché quel giorno, quel diciannove aprile, l'eroe, la leggenda, cessò di esistere.
- Scendete immediatamente da quei banchi, non siete degni neanche di camminare sulla terra dei babbani!- ringhiò l'Auror fra i denti, mentre un tuono terribile arrivò a scuotere perfino quelle pareti sotterranee.
- Potter cosa credi di fare?!- si agitò la Umbridge.
Harry neanche la stette a sentire.
Portò lo sguardo sul Ministro. La sua cicatrice bruciava.
Ma sarebbe stata l'ultima volta, si disse. L'ultima.
Ormai non aveva più niente per cui lottare.
Draco, sapendo ciò che sarebbe successo, chiuse gli occhi. E attese.
L'inevitabile.
Addio Harry Potter, addio eroe dei maghi.
- Io gliel'avevo detto.- Harry fissò Orloff senza più battere ciglio - Io gliel'avevo detto che se solo avesse osato guardare Tom in maniera che non mi sarebbe piaciuta avrei scatenato una guerra tale che non se la sarebbe mai scordata. Io l'avevo avvisata...- il tono calò pericolosamente, diventando un sibilo di rettile - E lei se n'è fregato.-
- Non vorrai sfidarci!- sbottò il Ministro.
- No.- Harry rise amaramente, gelando tutti, scuotendo la testa - No...ormai non avete più niente per cui valga la pena lottare. Ecco Ministro. Ecco la mia guerra.-
Con un solo gesto, Harry Potter portò disperazione.
Come alla sua nascita aveva portato speranza.
Con la mano risalì al cuore. E si strappò il distintivo da Auror dal petto.
- Ma cosa...- Orloff sbarrò gli occhi, come Ron, Hermione e tutti gli altri - Potter cosa credi di fare!?-
Il bambino sopravvissuto non rispose.
Con lentezza estrema, fissò Tom. Rimase a guardarlo a tremare, a guardarlo indifeso.
E senza mai staccare gli occhi da quelli di Riddle, come estrema punizione, iniziò a parlare.
- De mea ars magica...renuntio!-
Il tempo rallentò.
Tom sgranò gli occhi, fra i più vicini a Harry chi sentì le sue parole non riuscì nemmeno a capire...che era reale.
Un breve lampo verde cominciò a percorrere il corpo del bambino sopravvissuto, mentre questo continuava a parlare.
Implacabile.
- Ego de mea potestas magica...renuntio!-
- No!- Tom si corse ad aggrapparsi a lui, immergendosi in quel bagliore verde - Harry no! Non farlo!
- Eiero ars magica.- proseguì senza sentire strilla, suppliche, isterismi - Proditor sum. De mea ars magica...RENUNTIO!-
In quell'istante si scatenò su tutta Londra la più grossa scossa sotterranea che la capitale avrebbe ricordato per molti anni avvenire. Tutti nella Sala del Giudizio vennero sbalzati indietro da una luce evanescente, dal riverbero perlaceo. E quando tornò il buio e la calma, Harry Potter era sempre davanti a loro.
Ma qualcosa in lui, nel suo essere, non sarebbe più stato come prima.
- No...- alitò Tom, rimettendosi in piedi - Oddio...no...-
Potter non lo degnò di uno sguardo. Piegò appena gli angoli della bocca versi Orloff e il Wizengamot, poi estrasse la bacchetta dal mantello. L'agitò appena...e non accadde assolutamente nulla.
- Harry Potter il babbano.- disse, con un tono carezzevole quanto assassino - Ecco la mia guerra Ministro. Dovrà combatterla senza la sua bandiera. Il bambino sopravvissuto ha appena dato le sue dimissioni. Se le goda. E ora questa non mi serve più.-
Detto quello spaccò la sua bacchetta in due parti.
Determinando così la fine di quella leggenda che era nata ventisette anni prima.
Harry Potter uscì dal Ministero della Magia, scortato da silenzio, d'annichilimento.
La speranza se n'era appena andata.

Con l'anima a pezzi, Tom Riddle uscì per le strade di Londra.
Bagnato fradicio, con la pioggia che sembrava colpirlo più impietosa di quanto già non fosse stato punito a sufficienza, si guardò attorno, cercandolo disperatamente.
E poi eccolo.
Camminava a testa bassa, ma era lui.
- Harry!- urlò, cominciando a rincorrerlo - Harry! Ti prego aspettami! Harry ti prego!-
Ogni passo diventò una frustata, ogni respiro una boccata di fiele.
E quando l'afferrò per il braccio, Harry si scansò con forza.
- Vattene.-
- Harry ti prego, dobbiamo parlare!-
- Parlare?!- l'urlo riecheggiò ugualmente, anche sotto quel temporale - Parlare?! Ora vuoi parlare? Hai parlato con me quando hai deciso di sparire dalla mia vita? No! Non me ne hai mai fatto parola! Mai, in sette dannatissimi anni!-
- Non c'era altro da fare...- Riddle cercò di fermarlo ancora, ottenendo una rude spinta all'indietro - Harry ti prego! Solo se me ne vado per sempre questa guerra avrà mai fine! Lo sai benissimo anche tu! Finché io sarò vivo i Mangiamorte avranno sempre qualcuno dietro a cui schierarsi!-
Potter sembrò restare zitto solo per un secondo, perché si rigirò come una furia.
Come un animale in gabbia.
- Allora perché non ti sei ammazzato?- gli strillò, freddandolo - Perché non ti sei ammazzato?! Dimmelo!-
- Harry...per favore...-
- Non t'azzardare a parlarmi così.- gli sibilò pieno d'odio - Non t'azzardare a supplicarmi, a guardarmi in quel modo! Hai fatto tutto da solo, complimenti Tom. Adesso arrangiati e pensa da solo alle conseguenze!-
- Va bene...puoi odiarmi...- gli sussurrò, con gli occhi vitrei - Ma tu...tu non puoi aver rinunciato ai tuoi poteri. Tu sei un mago! Tu sei la speranza di questa gente! Non puoi mollare tutto per colpa mia! NON PUOI ODIARMI TANTO DA VOLERMI PUNIRE COSì!-
- Oh, sottovaluti il mio rancore.- un ghigno feroce stravolse il volto sereno e buono che era sempre appartenuto al bambino sopravvissuto - Sei entrato nella mia vita a forza, me l'hai sconvolta e ora hai l'arroganza di venirmi a dire che cosa devo fare? Tu...- le sue mani si artigliarono, come per serrarlo alla gola - Tu devi starmi lontano, hai capito bene?! Ormai tu hai scelto la tua strada, io la mia. Niente più debiti fratello, niente più Mangiamorte da uccidere o gente da proteggere! In fondo c'era solo questo fra noi, no?- lo sfidò, mentre Tom sentiva una lacrima scivolargli sulla gota - Un patto! Solo questo. Bene! Ora è concluso! Com'è finita qua fra noi stanotte, Tom Riddle!-
E se ne andò così, sotto la pioggia.
Le gambe si rifiutavano di muoversi.
Perfino il suo cuore sembrava rifiutarsi di battere ancora.
Ma non fu solo per molto.
- Sei solo un maledetto bugiardo!-
Un violento ceffone lo riportò per un attimo alla realtà, poi una scarica di deboli pugni arrivò a colpirgli il torace, la testa e il volto, mentre lui non cercava nemmeno di proteggersi.
Tanto lo strazio nella grida di Cloe King, che sotto quel temporale sembrava diventata lo spettro di se stessa.
- Mi hai detto bugie per tutto questo tempo! Non hai fatto altro che mentirmi! Anche la scorsa notte!-
La sua voce era come il suono di vetri rotti.
Perché anche lei era appena andata in mezzi.
E anche se le lacrime le impedivano di vedere, anche se non c'era una cellula in lei che non avesse voluto morire di fronte ciò che aveva visto e sentito, di fronte alla sua vita che si era sgretolata, riusciva ancora a trovare la forza di colpire. Di lottare. Di urlare.
- Ti odio Tom! Ti odio!- e rimase schiacciata a lui, singhiozzando atrocemente, scuotendo la testa.
Ti odio.
Ti odio.
Per sempre.
Quando sollevò gli occhi, vide Beatrix e Damon.
Gli occhi sbarrati della vampira si schiusero solo per un istante, quando Cloe si staccò da lui per correre via.
- Per tutto questo tempo...per tutti questi anni...- la Diurna scosse appena la testa - Ogni volta che parlavamo del futuro...tu mi mentivi...-
Non rispose. Era fin troppo evidente la risposta.
- Sarebbe stato meglio non averti mai conosciuto.- mormorò Trix, dandogli le spalle e correndo via a sua volta.
L'ultimo che vide fu Damon.
E dal Legimors non giunse una sola parola. Né sprezzo né odio.
Ma la coltellata nel petto non avrebbe potuto fare più male ormai.
Damon gli dette le spalle e sparì.
Lasciandolo solo, come sarebbe stato da quel momento in avanti.


Draco Lucius Malfoy camminò sotto la pioggia senza curarsi della sua febbre.
West Gold Lake.
Era tornato alla casa sul lago dei Potter quella notte.
La casa in cui lui e Harry avevano vissuto i primi anni insieme.
Dalla sponda del lago poteva vedere accesa solo la luce del portico.
Si Smaterializzò davanti al cottage, ricordando ogni cosa. Ogni momento...del passato.
Un passato che aveva creduto sereno, nonostante tutto. Fino a quella notte.
- Come hai fatto ad arrivare qui?- mormorò il biondo, afferrando una sedia a sedendosi sotto al patio.
Harry Potter era seduto sulla balaustra che dava sul lago, una gamba ripiegata, del whisky incendiario fra le dita tremanti. Una sigaretta fra le labbra.
- Passaporta?- continuò Draco.
Harry non rispose.
Fissava la pioggia cadere ritmica a pelo dell'acqua, al tramonto.
Lì a West Gold Lake il cielo era più chiaro. Il tenue rossore del sole calante si mescolava alla tempesta.
- Dove ho sbagliato?-
Malfoy lo vide passarsi le dita sotto gli occhi. Rimase il silenzio.
- Dove cazzo ho sbagliato Draco?- dette un tiro nervoso alla sigaretta, con un singhiozzo bloccato in gola - Mi sono mai lamentato? Gli ho mai fatto capire in un qualche modo che fosse colpa sua? Non ho fatto abbastanza per capirlo, lo trattavo come tratto suo padre...non lo so...- e lo fissò angosciato, così diverso dalla persona ricolma di collera che era stata fino a poco prima - Dimmelo. Dove ho sbagliato con lui Draco?-
Malfoy si alzò lentamente, barcollando a causa della febbre.
Si appoggiò alla balaustra di peso, coi palmi rigidi, osservando il cielo.
Il cerchio rossastro del sole che si tuffava nel pelo del lago.
- Ti ricordi il mostriciattolo quando è arrivato?-
Harry chiuse gli occhi, stremato.
Oh, se ricordava.
Così odiato all'inizio. Quella presenza scomoda, il figlio della sua vendetta.
E ora...così tanto amato. Impossibile separarsene.
- Credo che...- iniziò Draco, inspirando forte - Credo che Tom abbia deciso in che posto stare. Forse può aver perdonato la sua leggerezza nell'essere venuto a vivere con noi. Ma non credo abbia mai perdonato se stesso, per essere quello che è. Non perdona il suo sangue, né ciò che suo padre ci ha fatto.-
- Gliel'avevo detto mille volte...mille.- sussurrò Potter, pulendosi di nuovo rabbiosamente gli zigomi umidi di lacrime - Non ha mai capito niente! Niente! E io...nemmeno.- aggiunse, ridendo amaramente, tanto da farsi male - Cristo...è dal primo anno che medita di Sigillarsi...per me, per noi. E io non ho mai capito un accidente.-
- Credi che invece io avessi mai sospettato qualcosa?- Malfoy scosse il capo, i crini biondi che scivolarono sui suoi occhi d'argento pallido - Siamo due idioti Harry. Del piccolo non abbiamo mai capito nulla.-
- Non ho fatto abbastanza...tutti questi anni non sono valsi a niente!- ringhiò, dando un calcio alla balaustra.
Per un lungo istante si avvertì fra i due solo la pioggia, il suo ticchettare sul tetto rosso del cottage.
Tom se ne andava.
Per sempre.
Sarebbe stato Sigillato, messo in prigione.
In una prigione dorata. Ma pur sempre una prigione.
E non sarebbe più potuto uscire. Né loro avrebbero più potuto entrare a Cameron Manor.
Un mese e mezzo. E sarebbe finito tutto.
Il bambino che avevano trovato addormentato davanti alla porta di casa, in un giubbotto blu, a dormire su una valigia. Con una lettera in mano.
Venuto chissà da dove.
L'ultimo piccolo Black.
I suoi sorrisi dapprima timidi, il suo parlare gentile, composto.
Quei grandi occhi blu sempre a chiedere scusa di tutto, anche della sua stessa vita.
Harry si chiuse una mano sul viso, emettendo un gemito lacerante quando capì che non l'avrebbe più sentito andare a sbattere da qualche parte.
Presto i cerotti di Tom sarebbero spariti da casa, perché non ce ne sarebbe più stato bisogno.
Quei maledetti cerotti...
Sempre in mezzo, che Tom lasciava ovunque.
Dei semplice cerotti azzurri...
Ora lo stavano piegando in due.
Così com'era arrivato, ora Tom se ne sarebbe andato via. Per sempre.
Gli aveva promesso che l'avrebbe sempre protetto...ma non era riuscito a proteggerlo dalle insidie della vita.
Da quelle stesse che il destino gli aveva piazzato sul cammino.
Aveva fallito.
Aveva fallito tutto con Tom.
- Ho fatto solo un gran casino.- alitò, tenendosi la mano sugli occhi - Cristo Malfoy, dovevi ammazzarmi anni fa quando ne avevi l'occasione!-
Draco spostò il peso dalla balaustra, rimettendosi faticosamente in piedi.
Il casino l'avevano fatto in due.
Una delle cose più importanti della loro vita...e ora l'avevano persa insieme.
Harry aveva ragione, pensò, mentre qualcosa lo spingeva ad avvicinarsi a lui.
Quei maledetti cerotti...non ci sarebbero più stati.
Presto sarebbero scomparsi.
- Se lo dici a qualcuno ti ammazzo davvero, Sfregiato.-
Draco Malfoy inspirò forte, la vista annebbiata dalla febbre, atterrito dal freddo, ma passò ugualmente un braccio attorno al collo del bambino sopravvissuto, poggiando una guancia sui suoi capelli.

 

 

Quel bambino comparso quasi otto anni prima aveva fatto da collante per loro.
Colla. Che li aveva tenuti uniti, contro tutto.
Come un cerotto su una ferita aperta, bruciante.

Ma ora il triangolo si preparava a sfasciarsi, a sciogliersi.
Si, Thomas Maximilian Riddle se ne andava.
E un pezzo delle loro vite insieme a lui.

 

 

 

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