Spuntino
Genere: Introspettivo
Personaggi: Piton e Lupin
Era: Harry a Hogwarts
Cioccolata (Astry)
I suoi occhi nerissimi si
posarono su quel piccolo piatto e sulla profumatissima tavoletta nera che
spiccava tentatrice sulla porcellana finemente decorata.
-Cioccolata! –
Il viso del mago si contrasse in una smorfia disgustata: un sorriso
malinconico, il suo maledetto sorriso, era apparso
improvvisamente nella mente di Piton.
Remus Lupin, quello sciocco dispensatore di cioccolata, era tornato a Hogwarts
per tormentarlo, e per giunta era riuscito a strappargli il posto che agognava.
Si guardò intorno, la Sala Grande era deserta.
Fece un passo avanti, quel piccolo dolcetto era davvero invitante, perché non
approfittare?
Si chinò sul piatto e, con due dita, quasi con timore, staccò da un angolo un
minuscolo pezzetto di dolce e se lo portò lentamente alle labbra.
Era davvero deliziosa.
Chiuse gli occhi, una sensazione di pace e di benessere lo
invase.
Possibile che uno come lui potesse ancora provare
piacere per qualcosa? Ne aveva ancora il diritto?
Si guardò la punta delle dita, erano sporche di cioccolata; le sue labbra si
piegarono appena in una smorfia, mentre si imponeva di resistere alla
tentazione di compiere il gesto banale di leccarsi le dita.
No, non sarebbe stato da lui, per Silente, per Lupin e per qualunque altro
uomo, sarebbe stata la cosa più naturale del mondo, ma non per Severus Piton.
Sembrava quasi che, negandosi questi piccoli piaceri,
volesse in qualche modo impedirsi di vivere appieno.
Senza neanche pensarci si lasciò cadere sulla panca di legno dove, ogni giorno,
decine di studenti prendevano posto in attesa di
gustare l’ultima prelibatezza creata per loro dagli Elfi domestici. Si portò la
mano in tasca, non quella sporca di cioccolata che continuava a tenere col
palmo rivolto verso il proprio viso, contemplando le prove inequivocabili del
suo piccolo misfatto, ma l’altra, quella ancora pulita e “innocente”. Afferrò
tra pieghe del mantello una pergamena sgualcita, sulla quale brillava un
sigillo aperto di un rosso sgargiante. La srotolò stentatamente con una sola mano
per non sporcarla di dolciume, e restò a contemplare la scrittura minuta che la
riempiva completamente.
Quante inutili parole, pensò.
Silente, evidentemente, aveva sentito il bisogno di sprecarne parecchie per
giustificare la sua scelta. Forse credeva che un fiume d’inchiostro sarebbe
bastato a portarsi via la sua rabbia e la sua
delusione. Si sbagliava.
Le dita si strinsero rabbiosamente sul foglio.
Avrebbe potuto semplicemente parlargliene di persona, eppure aveva
scelto questo modo più distaccato: un filo continuo tracciato con una
grafia elegante, per spiegare perché, l’uomo che odiava, ora si trovava dietro
la cattedra che lui aveva sempre desiderato.
Meccanicamente la sua mano tornò sul piccolo piatto, un altro
pezzetto di cioccolata si spezzò tra le dita sottili.
“Hogwarts ha bisogno di te Severus”, gli aveva ripetuto fino alla nausea il
vecchio mago.
“Non possiamo rischiare che la maledizione possa allontanarti dalla scuola”.
Certo, lo sapeva, aveva giurato di fare tutto ciò che era in suo potere per
rendere Hogwarts un posto sicuro. Si era ritrovato persino a fare da angelo
custode a quel piccolo impiastro di Potter.
Si portò quella piccola briciola di piacere alle
labbra, quasi a voler contrastare, con il suo sapore dolce, l’amara delusione
che aveva provato.
I suoi occhi continuavano a muoversi lentamente seguendo il filo di quelle
parole, “Remus sarà un ottimo insegnante”.
La pergamena scricchiolò pericolosamente fra le dita del mago fin quasi a
strapparsi, mentre le sue pupille nerissime erano come risucchiate da quelle
frasi che ormai conosceva a memoria
“Sono certo che saprai lasciare da parte i vecchi rancori e accettare di
collaborare con lui”.
No, questa volta Silente si sbagliava, si sbagliava di
grosso. Aveva messo un lupo dentro una scuola, come poteva essere stato così
folle.
I denti stridettero in modo sgradevole, ma, immediatamente,
il dolcetto liberò il suo aroma dietro le labbra contratte del mago,
domando, almeno in parte, le fiamme della sua collera.
Severus allungò di nuovo il braccio sul piatto, questa volta con rabbia. Un
altro pezzo della profumata tavoletta cedette alla pressione delle sue dita con
un sonoro schiocco.
Scosse il capo: Silente stava commettendo un grosso errore, se ne sarebbe reso
conto molto presto, il vecchio pazzo doveva solo augurarsi che la sua
sconsideratezza non costasse delle vite.
- Severus! – Il mago bruno sussultò, la sua mano scivolò
nella tasca del mantello, nascondendo la pergamena agli occhi del nuovo
arrivato.
- Lupin! – grugnì gelido.
L’altro si avvicinò, fermandosi esattamente alle spalle di Piton. Il professore
di Pozioni era praticamente pietrificato sul suo sgabello, con la schiena
innaturalmente diritta, una mano in tasca stretta attorno alla lettera del
preside, e l’altra sul tavolo chiusa a pugno per
nascondere le macchie di cioccolata che imbrattavano allegramente i suoi
polpastrelli.
Lupin si sporse da sopra la spalla dell’altro fissando il poco di dolce che
restava nel piatto.
- Vedo che hai approfittato del mio spuntino Severus,
niente funziona meglio della cioccolata per riacquistare il buon umore, non
trovi? –
- Questo lo credono gli sciocchi. – gli angoli della
sua bocca si sollevarono lentamente a formare qualcosa che somigliava ad un
ghigno minaccioso, mentre gli occhi neri dardeggiarono in quelli grigi
dell’altro quasi a volerne forare le pupille.
- Tu, invece, non hai tardato molto a metterti a tuo agio qui dentro, vero
Lupin? – La sua voce era mortalmente bassa.
- Non dovresti lasciare le tue cose in giro, questa sala non è la tua cucina.-
Si alzò lentamente fronteggiando l’altro mago, - ora, se non ti dispiace… -
- Beh, sì, in effetti mi dispiace, mi dispiace questo
tuo atteggiamento. – Rispose Remus, incrociando le braccia in un atteggiamento
di sfida.
- Io mi preoccupo solo dell’incolumità dei ragazzi di questa scuola, ma questo
è un problema che non ti sei mai posto. –
- Credi che non mi stia a cuore il loro benessere? O ne fai una questione personale? -
- Quello che ti sta a cuore non mi riguarda affatto,
Lupin, ma se qualcuno perderà la vita a causa della tua sconsideratezza, non ti
basterà un po’ di cioccolata per dimenticare i tuoi problemi. –
- Tu ne sai qualcosa, non è così? –
Gli occhi del mago bruno scintillarono pericolosamente.
Lupin si morse il labbro, forse si era spinto troppo oltre, non voleva ferirlo.
Trattenne il fiato, mentre aspettava la reazione di Piton.
Per un attimo, ebbe l’impressione che l’aria si fosse
congelata intorno a loro come se fosse diventata solida. Il mago dai
capelli neri, abbassò la testa senza, però, distogliere lo sguardo dagli occhi
grigi del suo interlocutore, uno sguardo che faceva paura.
Lupin fece istintivamente un passo indietro: al di là di
quelle iridi scure aveva visto l’inferno.
- Sì, io lo so. – Disse, semplicemente l’altro, ma qualcosa nella sua voce fece
rabbrividire il nuovo Professore di difesa, mentre un pensiero agghiacciante
s’insinuava nel suo cervello: se James non l’avesse fermato, quell’inferno sarebbe stato anche il suo.
Lupin rimase muto a fissare il suo ex compagno di scuola che, voltandogli le
spalle, infilò rapidamente il grande portone della
sala.
Per un attimo il mantello si gonfiò come una vela tra le ante della porta per
poi sparire col suo proprietario lasciando l’altro mago a contemplare
pensieroso il corridoio deserto.