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Autore: Nana Kudo    29/10/2012    9 recensioni
Un sogno. È cominciato tutto così: come un sogno.
Ma poi qualcosa è cambiata, gli ingranaggi di quel orologio chiamato destino hanno deciso di andare avanti a muoversi lo stesso senza prendere minimamente in considerazione l'idea di ritornare indietro all'ora esatta. No. Hanno deciso di non farlo.
Ed ora l'unica cosa che posso fare io invece, per far sì che quel filo rosso che mi lega ancora a tutto ciò che non voglio assolutamente perdere, Ran, e ciò che ancora voglio ottenere, non si spezzi, è cercare in tutti i modi un raggio di luce in questo buio che vuole sembrare perenne, cercare in tutti i modi i Corvi e riuscire finalmente a liberare il cielo dalle loro piume scure e tetre.
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OAV 9. The stranger of ten years afters.
Abbiamo creduto tutti che fosse solo un sogno. Ma in realtà ci sbagliavamo.
Perché? Per saperlo non vi rimane altro che leggere.
Genere: Introspettivo, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heiji Hattori, Kogoro Mori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo, Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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….. Mi stringo il cuore, e con quel poco ossigeno che mi rimane, le sussurro ciò che da anni voglio dirle ormai “Scusami… Ran”…..
 
Felicità..
Che significato ha questa parola nel nostro mondo? Che significato ha di albergare tranquillamente nelle nostre vite, nei nostri pensieri, nei nostri sogni e desideri quando in realtà non è altro che un’illusione? Un’emozione che rimane elusiva, che, come un pesce fuor d’acqua e appena pescato, non si può afferrare e tenere salda e stretta tra le tue mani, impedendole di scappare e lasciarti di nuovo povero, lasciandoti per un periodo di tempo –che a volte può diventare eternità- privo di autostima, della voglia di combattere, di rialzarti e di riprovare a raggiungere di nuovo la vetta di quella montagna conosciuta a noi con il nome di desiderio, di sogno?
Che senso ha? Che senso ha davvero la felicità? Perché ci tiene così tanto ad illuderci? Perché per una volta non si fa afferrare da qualcuno? Perché si diverte ad affiancarsi al dolore e all’odio facendoci soffrire così tanto quanto soffro io ora, in questo preciso istante? Perché si diverte tanto? Perché? Perché è così ostinata sul restare un’emozione elusiva?
Penso, ancora in ginocchio, in mezzo a quel corridoio spettatore del mio sfogo, della mia scoperta e della mia riconciliazione –se così si può definire- con Ran; fino a quando l’ennesima fitta non sorpassa veloce come un fulmine il mio cuore lasciando in esso un’altra cicatrice ancora più profonda delle precedenti, facendomi sentire come se stesse cominciando a sanguinare e ad impregnare tutto il mio corpo e la mia anima di sangue, quando in realtà so benissimo che questo dolore è fisico, sì, ma non del tutto.
Dolore. Spasmi. Fitte.
Le uniche sensazioni che sovrane regnano nel mio corpo che minuto per minuto sta divenendo sempre più debole. Che ormai ha perso qualsiasi suo senso.
Che ormai non sente più nulla se non i miei gemiti, un mio urlo strozzato o bloccato ancor prima di poter solcare la soglia della cavità orale, morendomi così in gola ma infondendomi lo stesso quella sofferenza contenuta in esso per tutto il mio corpo.
Che ormai non riesce nemmeno più a vedere, se non i pavimenti ed i muri che intorno a me continuano a girare ad una velocità allucinante, se non delle larghe chiazze nere in contrasto con delle sfumature colorate in sottofondo.
Che ormai non riesce nemmeno più a muoversi, impedendomi così di alzarmi e, con una scusa, lasciare qui Ran per andarmi a rifugiare in un posto lontano da tutti e da tutto, dove le mie urla non possano arrivare ai timpani di nessuno se non ai miei, o anche semplicemente un qualsiasi posto che possa impedirle di scoprire la verità nel peggiore dei modi, di vedere Shinichi –l’uomo che ama- trasformarsi e regredire in Conan –il suo fratellino-.
Ma a quanto pare è inutile esasperarsi. A quanto pare il dolore si sta divertendo talmente tanto da non riuscire nemmeno a provare un lieve senso di pietà, di compassione dinanzi alla mia immagine inginocchiata e dolorante sul freddo e duro pavimento di questo hotel.
Provo a non pensarci e vado ad asciugarmi con il dorso della mano sinistra quelle infinite gocce di sudore che mi ricoprono la fronte, che me la bagnano così come bagnano quei pochi ciuffi corvini che mi ricadono ribelli su di essa; per poi riportarla alla vita di Ran nel momento esatto in cui è lei, con un morbido e profumato fazzoletto di stoffa, ad asciugarmela.
Chiudo gli occhi.
Non so perché ancora non sia tornato Conan, perché il dolore è così insistente e caparbio da non capire che in un certo senso i suoi metodi di farmi soffrire sono quasi inutili. Ma so che comunque, per il momento, e per ancora un periodo di tempo a me non specificato, sono e sarò Shinichi, solo Shinichi. E a me sta bene così, in un certo senso.
Il fazzoletto, che ricopre la sua calda ma al contempo delicata mano scende fino alla mia guancia, asciugandola via un movimento che a me pare più una carezza.
Sorrido, per quanto mi possa essere possibile con tutto questo dolore a lacerarmi anima e cuore; per poi lasciarmi sfuggire un urlo strozzato all’arrivo di un’altra fitta.
Stringo forte il tessuto della mia camicia proprio sul petto, in alto a sinistra, sul cuore, con la mano destra, stropicciandola ulteriormente ma non ci do molto a caso.
Per qualche istante cala copioso il silenzio in questa piccola area, per poi voltarci momentaneamente le spalle appena un’altra fitta mi colpisce il muscolo cardiaco; portandomi a far forza con i denti sulle mie stesse labbra, inducendole a sanguinare, pur di non farmi scappare un altro urlo e farla preoccupare.
Mi accascio di più a terra,fino a quando una dolce e melodiosa voce non sorpassa il suono o rumore che il mio dolore emana.
“Scusa per cosa, Shinichi?” mi chiede Ran, con un sorriso estremamente dolce ad illuminarle il viso, spezzando finalmente il silenzio di poco fa.
Con gran fatica, provo ad aprire –anche se di poco- un occhio, facendo cadere una goccia di sudore che stava accovacciata sulle mie ciglia, facendola involontariamente frantumare al contatto con il gelido pavimento.
Ricambio il suo sorriso, sempre con non poca fatica, per poi ricogliere un po’ d’ossigeno e rispondere alla sua domanda.
“Scusa… per tutto”
Lei mi guarda dapprima un po’ confusa, per poi scuotere il capo facendomi intendere che non c’è bisogno di scusarsi, abbozzando un sorriso dal sapore dolce quanto malinconico al tempo stesso, e continuando ad asciugarmi il sudore dal viso con il suo –ormai completamente bagnato- fazzoletto bianco.
“Si invece che c’è n’è bisogno” replico, prima che un’altra fitta possa di nuovo colpirmi. Una fitta che riporta a galla tutti quei ricordi che io stesso mi ero impegnato a sopprimere e a nascondere in quei piccoli spazzi vuoti nel mio cervello, pur di non soffrire ulteriormente…
 
“Scusa Ran, va avanti tu intanto!”
“Aspetta!”*

 
“Mi ha di nuovo lasciata sola…” inizio a vedere delle gocce cristalline crearsi agli angoli dei suoi occhi socchiusi, mentre con amarezza, abbassa lentamente lo sguardo. Mi sento in colpa.
“Ran… Ran-neechan... c’è un’altra cosa…”  provo a dirle, in modo da tirarle su il morale in qualche modo, utilizzando quel mio ormai solito quanto odioso tono infantile.“Shinichi mi ha pregato di dirti che-”
“No! Non voglio sentirlo! Tanto è un bugiardo” mi precede alzando la voce, coprendosi entrambe le orecchie con le mani in modo da non sentirmi, mentre lacrime salate iniziano a rigarle il viso. “Giuro che ormai non ne posso più di tutte le sue scuse”**
 
 “Calmarmi? Ma non lo capisci? Tu sei un detective, no? Se ti definisci tale, allora perché non provi a capire cosa c’è nel mio cuore?! Baka!”***
 
“Non accendere le luci. Non voglio che tu veda le mie lacrime, Conan-kun”****
 
“Shinichi mi ha pregato di dirti… che un giorno, lui starà al tuo fianco per sempre, al costo della vita. Per questo motivo, devi aspettarlo. Vuole che tu l’aspetti con fiducia Ran, lui ritornerà, l’ha giurato”**
 
“Io ne sono certa… ho aspettato dieci anni. Sono certa che posso aspettarne ancora altri dieci”****
 
Continuo ad ansimare, sotto le dolci carezze di Ran. Sì, di motivi per scusarmi ce ne ho, e anche tanti.
Provo a muovere le gambe ma mi rendo conto che ormai è inutile, muscoli volontari o meno, ormai non rispondono più ai miei comandi. Quindi tanto vale cominciare a spiegarle tutto d’adesso, o almeno ci provo fino a quando non inizio a regredire veramente.
Sposto una mano dalla sua vita fino a raggiungere la sua mano appoggiata ancora sulla mia guancia. Trema. La stringo e le porto entrambe così, sulla mia gamba, mentre posso iniziare ad intravedere un lieve rossore andarle a sfumare le gote.
“Shinichi che sta-” prova a chiedermi, ma io non la lascio nemmeno finire che spedito e ancora dolorante per l’ennesima fitta che mi ha colpito, inizio a prepararmi una base prima di dirle tutta la verità, aiutandomi con tutti quei ricordi che giusto un momento fa sono riaffiorati nella mia mente.
“Ran, scusa se quella sera al Tropical Land ti ho lasciata da sola. Scusa se me ne sono improvvisamente andato. Scusa se non mi sono fatto più vedere e sentire, o se quando accadeva era solo per qualche minuto o raramente. Scusa per averti fatto promesse su promesse senza mai mantenerle, però. Scusa per averti fatta soffrire, per averti fatta piangere per tutti questi anni durante la mia assenza e scusa p-per….” Sotto il suo sguardo confuso ma al contempo preoccupato per il mio imminente dolore, abbasso il capo, lasciando che i miei occhi divenuti di una tonalità blu spento, vengano coperti dalla mia frangia bagnata; non posso dirglielo guardandola negli occhi, non ci riesco. Lascio che un’altra fitta mi colpisca, facendomi soffrire come ho fatto soffrire lei per tutti questi anni; per poi stringere di più la sua mano e completare la frase di prima.
“Scusa per… per averti mentito. Ma era per il tuo bene, non volevo che ti accadesse qualcosa Ran. Scusa”
Cade il silenzio.
Niente, anche le mie fitte sembrano essersi bloccate per un attimo. La sua mano calda, che prima stava poggiata delicatamente sulla mia gamba, incrociata con la mia, inizia pian piano ad allontanarsi da essa, infondendole così un improvviso senso di gelo, provocandomi così una nuova fitta.
“Mentito…?” sussurra, con un filo di confusione e insicurezza nella sua voce. “Mentito, hai detto?” mi chiede conferma, sorreggendo il mio viso grazie alle sue dita e avvicinando pericolosamente il suo, che scontrandosi quasi con il mio inizia a prendere una colorazione sul rosso acceso. Nonostante tutto, però, lei rimane nella stessa posizione, senza muoversi di un centimetro, con sguardo serio ed interrogatorio che si rispecchia come un tramonto sul mare nei miei occhi blu, facendo diventare paonazzo anche il sottoscritto.
La guardo, è così determinata… era da tempo che non la vedevo così, che non la vedevo sicura e naturale. Sorrido. In parte è grazie a me se lei è tornata la Ran di una volta. O forse è la situazione?
Mi lascio sfuggire un gemito all’ennesima lama che mi trapassa il petto, per poi raccogliere un po’ di coraggio e risponderle, annuendo semplicemente e fissando quei suoi occhi, così profondi che riescono a comunicare tutte le sue emozione come fossero un libro aperto al mio cospetto.
Un momento d’esitazione. Molto probabilmente di confusione totale, glielo si può leggere guardandola.
Stringo di più la mia camicia, quasi incarnando le mie unghie dentro di essa e di conseguenza della mia stessa pelle: le fitte iniziano a divenire più forti, mi recano più dolore di prima. Sta succedendo.
Le sfumature e le chiazze che prima intravedevo, ora iniziano ad ingrandirsi e ad essere più indiscrete, provocandomi al contempo un mal di testa tremendo.
Il cuore inizia a stringersi e a rigonfiarsi in modo sovrannaturale, mozzandomi il respiro e provocandomi più sudorazione di poco fa.
 Mi fa male… tutto.
No… non proprio adesso…
E a completare l’opera, una voce che mi ricorda che i miei problemi, ed il mio dolore più grande, devono ancora arrivare: Ran.
La sento come se fosse lontana. La vedo con svariate sfumature dal color seppia e nero. E non riesco più nemmeno a sentire la sua mano, così calda e delicata…
“Shinichi… Shinichi!” è lontana… ma così penetrante che i miei timpani la scandiscono perfettamente, in tutta la sua preoccupazione. Preoccupazione, già… non sarà il massimo vedermi svenire e tra poco urlare, mentre il mio corpo comincerà a regredire in uno più piccolo, in quello di un liceale.
“Shinichi! Shinichi che intendi con mentito? Quando mi hai mentito? Shinichi rispondi! Che ti succede?! Shinichi!”
Shinichi
L’ultima cosa che sento, prima che una figura poco chiara alla mia vista appaia alle sue spalle. Prima che lei svenga cadendo così tra le mie braccia. Prima che un urlo esca finalmente dalla mia gola riempiendo quel silenzio creatosi in questo come negli altri corridoi. Prima che anch’io perdessi conoscenza e tutto intorno a me sparisse nel momento in cui le mie palpebre si serrano, facendomi precipitare nel buio totale, di nuovo.
 
                                                                                        ***
 
Alcool.
Storco un po’ il naso, infastidito.
Alcool.
È fortissimo. Mi chiedo da dove possa arrivare tutto quest’odore di alcool, così penetrante e intenso che s’inonda con una facilità incredibile nelle mie narici, e che a momenti mi manda in tilt il cervello. È fortissimo, sì.
Ma non è l’unica cosa che sento. Ce n'è una che pian piano comincia ad affiancarlo, all’alcool: il fumo.
Anch’esso, è fortissimo, tanto da alimentare uno stimolo di tosse in me, che però non viene mai concretizzato. Chi l’ha causato non era da solo, deduco, almeno che non si sia fumato una decina –o anche di più, volendo- di sigarette.
Storco di più il naso, disgustato, sta volta. Questo posto è letteralmente uno schifo. L’alcool e il fumo lo rendono tale.
Continuo ad imprecare contro il fumatore e il bevitore che ha portato i miei neuroni alla confusione totale, fino a quando delle voci non iniziano a sfiorarmi i timpani.
“Ba-ba-ba-baka! Io non ho mai detto questo!”
“Se se, come no! A momenti ti dispiacevi e deprimevi solo perché quel cretino se n’è andato all’improvviso!”
Le sento lontane, ma comunque abbastanza alte da poter giungere ai miei timpani delicati, al momento protetti da una specie di barriera sottile ma resistente che impedisce a qualsiasi suono o rumore di oltrepassarla. Sembra stiano urlando, i due appartenenti delle voci, o meglio, forse stanno proprio litigando.
 “Ma sei cretino?! È ovvio che mi dispiaccia! La mia migliore amica ne è innamorata da anni! Secondo te come avrei dovuto reagire?!”
“Cretino a chi?!”
In un certo senso, mi suonano famigliari… molto, famigliari… mi sembra di averle già sentite, e anche spesso..
“A te, a te! E a chi sennò?”
“Ah ma sentila! Qui l’unica cretina sei tu che sbavi dietro ad ogni ragazzo che vedi! E poi sarei io il cretino, tsè!”
Silenzio.
Per un attimo non sento più niente, se non uno strano suono che sembrano essere singhiozzi, da parte di lei. Forse inizio a capire che sta succedendo.
“Scusa, ho esagerato” una voce che, sicuramente, appartiene a lui. Sembra amareggiata, e il tono è molto più basso rispetto a prima.
“La sai una cosa, Heiji? Fottiti!” risponde, o meglio, sbotta l’altra, con la voce impastata dai singhiozzi e che, dopo nemmeno un minuto, esce dalla stanza in modo abbastanza brusco, sbattendo la porta alle sue spalle e provocando un tonfo incredibile.
Ora capisco chi sono: Hattori e Toyama; e a giudicare dall’odore nauseante di alcool e fumo che alberga in questa stanza, deduco siamo all’agenzia Mouri o a casa, nella camera che condivido assieme a Kogoro; e che i due di cui stanno parlando e di cui quel tonno è geloso siamo proprio io e Ran.
Ran…
Già, chissà dov’è adesso, e cosa ne sarà di noi ora che mi ha visto trasformare. Se mi odierà, se mi perdonerà, se non vorrà più vedermi..
In un certo senso, ho paura. Ho paura di aprire gli occhi, ora, e scontrarmi con la realtà. D’assistere alla materializzazione di un altro mio incubo senza poter farci niente, e alla mia vita e felicità che vanno a pezzi, frantumandosi come uno specchio in mille e più schegge.
Chiudo le mani in pugni, mentre stringo forte tra di esse le lenzuola che mi ricoprono fino a metà petto, cercando di allietare un po’ la tensione, l’ansia e la paura che lentamente mi hanno scalfito l’anima.
Già.. ho paura… ho paura che tutto diventi solo un vago e lontano ricordo, e che lei non mi voglia più vedere. Ecco di cosa ho paura, di perdere tutto e rimanere povero, senza nemmeno più quel sentimento che spinge ogni essere umano a cercare di afferrare quella felicità che altro non è che un’illusione, un piccolo trucco ben costruito e progettato che solo alla fine si rivela essere tale.
Ma so che in fondo, non posso rimanere così per sempre, lo so benissimo; prima o poi dovrò uscire da questa piccola barriera che al momento mi protegge, smontandola mattone per mattone come fosse una costruzione, e scontrarmi con il mondo reale, scontrarmi in modo a me ancora ignoto con la realtà, lottare e rialzarmi ogni qualvolta mi capiterà di cadere.
In fondo, se ci sono riuscito per dieci anni, perché non dovrei riuscirci anche adesso?
E infondo, se ci riesce quel cretino di Hattori a farsi perdonare ogni volta da Toyama, allora perché non dovrei riuscirci anch’io?
A questo proposito, pensare all’umore del mio migliore amico mi viene spontaneo, naturale. Così, lentamente, provo a dischiudere gli occhi, con non poca fatica.
Ci tento più volte, ma ad ogni una sento le palpebre appesantirsi, oppure, vedo semplicemente una luce bianca e accecante colpirmi in pieno. Certo, non sono più abituato a tenerli aperti.
Inizio a sentire la voce di Hattori che, dopo aver probabilmente visto i miei vari tentativi di riaprire gli occhi, comincia a ripetere il mio nome, con una vena di gioia nella sua voce.
Sorrido lievemente, e con fatica, ma posso lo stesso sentire una risata fuoriuscire dalla sua cavità orale. Che sia stato privo di sensi per molto?
Incoraggiato dal mio migliore amico, strizzo un po’ le palpebre, per poi aprirle piano piano, socchiudendole appena quando un forte raggio di sole mi accarezzava. Sole… è vero, ormai siamo a metà aprile, manca poco al caldo, manca poco all’estate.
Poco dopo, sono finalmente riuscito ad aprire per bene gli occhi, e, prima di fare qualsiasi cosa, pongo una mano dinanzi ai miei occhi… già, è proprio quella di Conan…
Sospiro, rassegnato. In fondo i sintomi erano quelli; che mi aspettavo? Che ciò che è successo ieri fosse semplicemente un sogno? Che al mio risveglio mi ritrovassi nel mio vero corpo, come Shinichi?
Che illuso che sono.
Ormai dovrei averlo capito che il destino sembra non essere dalla mia parte, che si sta divertendo con me, non è una novità, infatti, le cose vanno avanti così da dieci anni.
Sospiro, rassegnato, di nuovo. Meglio non pensarci, tanto farlo non cambierà niente comunque.
Abbasso il braccio, liberando la mia vista da quell’ostacolo. Sposto lo sguardo un po’ in giro: avevo ragione, sono in camera mia, ecco perché l’odore di alcool. Posso anche notare che non sono nel mio futon ma nel letto di Oji-san, alto e dal materasso comodissimo –anche se comunque qualsiasi cosa è meglio che dormire per terra, su una sottospecie di materasso-, e accanto ad esso scorgo la figura di Hattori, seduto su una sedia al lato sinistro del letto, con braccia conserte e labbra incurvate in un sorriso raggiante.
“Buongiorno” azzarda, una volta che mi sia seduto sul letto. Lo guardo un po’ confuso, per poi accennare un sorriso.
“Come ci sono arrivato qui?” gli chiedo, mentre accompagnato da uno sbadiglio, mi strofino un po’ la manica della camicia sugli occhi ancora mezzi addormentati.
“Ieri sera, ad un certo punto Haibara è venuta a chiamarci e con una scusa, cercando di non farci vedere, abbiamo preso un taxi e vi abbiamo riportati a casa. Eravate entrambi svenuti, per questo non ricordi” mi risponde, mentre alzandosi si avvicina un po’ alla finestra per osservare un’insolita Beika silenziosa di mattina. E i mille petali di ciliegio che, come una cornice e delle decorazioni su un albero di Natale, la addobbano e la rendono ancora più bella di quello che già è.
Dalla mia postazione, osservo il suo cambiamento d’umore ogni qualvolta un piccolo petalo color confetto cade leggiadro dinanzi ai suoi occhi, che a quella vista, si assottigliano donando al suo viso un’espressione triste, malinconica e, se non erro, anche un po’ dispiaciuta; e la ragione, non può che essere quella.
“Le passerà” provo a rassicurarlo, mentre sudato e accaldato, mi sfilo la cravatta dal collo e sbottono con poca delicatezza alcuni bottoni della camicia, lasciandola un po’ aperta in modo da poter prendere più aria, e non sentirmi soffocare.
“Lo so” mi risponde, voltandosi nella mia direzione con un candido petalo tra le dita. Lo guarda con sguardo dolce, tanto da colpirmi ed intenerirmi; ma allo stesso tempo incuriosirmi.
“Allora perché hai questa faccia, soprattutto quando vedi un petalo di ciliegio?”
“Sai, a volte penso che non dovrei trattarla sempre così male. Forse ogni tanto un complimento o qualcosa di carino potrei dirglielo” sussurra appena, ma con un tono che arriva facilmente alle mie orecchie.
Lo guardo e non posso che sorridere.
“Hattori” lo richiamo, mentre lui si volta a guardarmi appena sente nominare il suo nome. “Parlagli di Kyoto, della bambina e che è lei il tuo primo amore, vedrai che cambierà idea” gli suggerisco, mentre un sorriso sincero torna ad albergare sul suo viso.
“Kudo, in realtà io-”
“A proposito, Ran dov’è?” lo batto sul tempo, alzandomi dal letto ed indossando le mie comode quanto calde pantofole ai piedi.
Lo vedo sbuffare, com’è solito a fare, mentre quella sua caratteristica espressione scocciata torna sul suo viso, mandando così via quella dolce e gentile di poco fa.
“È nella sua stanza, fino a poco fa dormiva ancora”
“Grazie Hattori” gli intimo, avvicinandomi alla porta. “Ah, magari va a riconciliarti con Kazuha, già che siete soli…” gli suggerisco, mentre il suo viso viene istantaneamente colorato di un rosso acceso.
“T-Torna a farti gli affari tuoi, moccioso!” sbotta, con una faccia che lo rende solamente ridicolo e un tono di voce che dovrebbe essere incavolato, quando in realtà, alle mie orecchie, suona in tutt’altro modo.
“E va bene, e va bene” provo a calmarlo, mentre le risate escono da sé dalla mia bocca, senza neanche darmi possibilità d fermarle. Mi spinge fino a fuori a stanza, per poi sbattermi la porta in faccia proprio come la sua fidanzata ha fatto poco fa con lui.
Tsè, tanto con o senza il suo aiuto da lì già ci stavo uscendo, quindi.
 
                                                                                             ***
 
Lentamente, faccio pressione sulla maniglia della porta, emanando quel tipico scricchiolio che le porte producono aprendosi. Quando è ancora socchiusa, butto un po’ lo sguardo in giro, per assicurarmi che non ci sia nessuno, e soprattutto, che ci sia lei; e con mia grande felicità, noto fin da subito che la stanza è completamente vuota, non c’è anima viva, e che Ran, giace addormentata sul suo letto.
“Ran…” sussurro, mentre un sorriso colmo di gioia illumina di poco il mio viso ormai sopraffatto dal dolore e dalla tristezza.
Senza far rumore, o almeno, provandoci, entro in questo piccolo spazio di paradiso, alimentato solo dal suo respiro e dal suo profumo dall’aroma così dolce e delicato, chiudendomi la porta alle mie spalle, sempre cercando di non destarla dai suoi sogni.
Sposto ancora un po’ lo sguardo in giro. Per qualche strano motivo, la sua camera mi trasmette sempre delle sensazioni strane: sembra un misto di dolcezza e malinconia, ma non so perché mi capita sempre e solo chiudendomi tra queste mura. Forse sono solo le emozioni che prova più spesso nella vita… per colpa mia.
Scuoto la testa al solo pensiero, cercando di allontanarlo da essa, riuscendoci.
Lentamente, avanzo verso il suo letto, fino a raggiungerlo e riuscire finalmente ad osservarla da vicino, in tutta la sua bellezza.
Mi siedo accanto a lei, sul bordo del letto, in modo da poterle stare vicino, e da poter constatare che sta bene. Sospiro, sollevato, tornando poi a donarle tutta la mia attenzione, sfruttando quest’occasione dato che non so quale sarà la sua reazione una volta aperti gli occhi, se mi vorrà ancora accanto o meno.
Già, chissà..
La sento russare e rido, distraendomi così dai miei pensieri; mentre con una mano vado a scostarle i capelli dal viso, liberandole la fronte e scoprendole gran parte di esso da quei piccoli fili color castano scuro che la scurivano, mostrandola perfetta ai miei occhi, senza niente a nasconderla.
È così bella quando dorme, m’infonde tenerezza con quel suo viso coronato da un’aria indifesa e ai miei occhi, da bambina. Forse è proprio per questo che Oji-san la reputa ancora tale, nonostante abbia ventisette anni, ormai.
Le accarezzo dolcemente la guancia, come lei ha fatto qualche ora fa con me, quando dolorante e in mezzo al corridoio di un albergo, lei è rimasta al mio fianco per tranquillizzarmi senza mai lasciarmi solo, nemmeno per un attimo.
Socchiudo gli occhi.
Sono fortunato ad avere un’amica come lei, è vero.
“E te ne sono grato, Ran. Grazie per non lasciarmi mai, qualsiasi cosa accada… grazie” le sussurro all’orecchio, per poi scoccarle un semplice bacio sulla guancia, in segno di gratitudine, dando così occasione alle mie, invece, di arrossarsi al solo sfioro, per poi contagiare tutto il resto del viso al contatto con la sua delicata e soffice pelle.
“Oh ma che scena sdolcinata, Romeo. Mi fai venire la nausea soltanto guardandoti” una voce femminile proveniente da dietro le mie spalle, e che nel giro di pochi secondi, mi fa colorare il viso di una tonalità porpora tanta la vergogna.
“H-Haibara?” chiedo con voce tremante, sperando con tutto me stesso non sia Toyama, Eri o mia madre.
“Sì. Sei fortunato Kudo, pensa se fosse stato tuo suocero a beccarti” ironizza, sedendosi sul lato del letto opposto al mio, in modo da potermi vedere in faccia.
Se mi avesse beccato mio suocero? Di certo a quest’ora l’ambulanza sarebbe già vicina ed io già all’altro mondo, questo è poco ma sicuro. Aspetta…
“SUOCERO?!” sbotto, sempre più rosso di prima. La scienziata di fronte a me si limita ad annuire, facendomi leggermente innervosire ricordandomi quell’oca di Sonoko, per poi rivolgermi uno sguardo talmente serio da riuscire a mutare anche il mio.
“Quarantotto ore” comincia, solo dopo essersi assicurata che Ran stesse ancora dormendo. “L’antidoto è durato solo quarantotto ore, significa che la dose dell’Assenzio affiancata dal resto degli ingredienti era o troppa o troppo poca”
“Dovremmo provare un po’ tutte le dosi, giusto?” le chiedo, sapendo già la risposta, e, ovviamente, sapendo già che acconsentirò.
“Esatto” mi risponde, tirando fuori un piccolo pezzo di carta un po’ rovinato per via dell’acqua e di alcuni buchi qua e là. “Sappiamo che una dose di settantacinque ml circa, aggiunta al vecchio antidoto, ti fa restare nel tuo corpo per quarantotto ore, quindi dovremmo provare ad aggiungere e diminuire di poco la dose ad ogni antidoto, e vedere ciò che ne uscirà fuori. Ovviamente sarai tu stesso a provarli, te la senti?”
“Sì” rispondo sicuro, per poi spostare nuovamente il mio sguardo su Ran, rimanendo così in silenzio per qualche istante. “Sei stata tu a portarci qui, non è così?” le chiedo, mentre nella mia mente riaffiora quel vago ricordo di una figura alle spalle di Ran, mentre lei mi cadeva addosso senza sensi. Allora lei non mi ha visto…
Annuisce semplicemente, mentre con occhi socchiusi osserva la mia mano mentre accarezza i morbidi capelli della mia amica d’infanzia.
“Come hai fatto a trovarci?”
“Dopo più di mezz’ora che non tornavi più dal bagno ho cominciato a preoccuparmi e così sono venuta a cercarti un po’ per tutti i piani ed i corridoi dell’albergo; poi da un invitato avevo sentito parlare di un detective famosissimo di cui non faccio il nome, che stava risolvendo un caso al piano dove si svolgeva la festa allestita appositamente per i poliziotti”risponde seccata, fulminandomi con il solo sguardo, facendomi rabbrividire.
“Ah ecco… riguardo quello…” provo a scusarmi, azzardando una risata nervosa e cominciando a sudare freddo al pensiero di aver infranto la promessa fatta a lei giusto poche ore prima. Che m’invento ora? Continuo a ridere come il cretino, spostando pure un braccio dietro la testa grattandola, come sono solito fare in certe situazioni; e –per mia fortuna- lei deve aver captato il senso di tutto ciò e lascia correre, limitandosi ad un sospiro di rassegnazione.
“Comunque” riprende parola, alzandosi e avvicinandosi alla scrivania alle mie spalle, e prendendo tra le mani un piccolo oggetto che, data la lontananza, non riesco bene a riconoscere. “Non sono stata io la prima a trovarvi, qualcun altro è stato più veloce di me” riferisce, con voce stranamente naturale e lo sguardo attratto da quel piccolo oggetto che gira tra le sue dita.
“Non sei stata te?” domando, un po’ spaesato e con voce che lo trasmette a lei benissimo, in modo più che chiaro.
“No, non sono stata io” ribadisce, spostandosi una ciocca ramata dietro un orecchio e voltandosi in mia direzione, poggiandosi di poco alla scrivania di Ran, ma solo dopo aver rimesso al proprio posto l’oggetto che poco prima aveva attirato talmente tanto la sua attenzione.
“E.. e chi allora?” le chiedo nuovamente, confuso e curioso allo stesso tempo. Anche se la risposta alla mia domanda, sicuramente, non è delle migliori, non è proprio ciò che mi aspettavo.
“Vermouth”
“Cosa?!” urlo, shockato, scordandomi della donna che al mio fianco dorme ancora.
“Sì, quando sono arrivata nel corridoio l’ho vista colpire Ran in modo da farle perdere i sensi e, quando si è voltata, mi ha vista anche lei e ho potuto notare che era travestita”
“Cosa?! E allora come fai ad essere sicura che fosse lei se non hai visto il suo vero volto?!” le chiedo, sempre più confuso di prima.
“Semplice, prima di andare via…”
 
“Gin, Vodka e Bourbon saranno qui a momenti, porta a casa Angel e Silver Bullet in fretta se non vuoi che li trovino loro, e che tu faccia una brutta fine… Sherry”
 
“Non ci voleva una laurea a capire che era Vermouth” conclude con tono ed espressione scocciata, mentre le sue labbra s’incurvano in una smorfia annoiata.
“Bourbon… saranno andati lì per sistemare Yamamoto…” penso a bassa voce, ricordandomi del caso di cui mi stavo occupando fino a quando non ho scoperto che il vero colpevole era proprio lei.
“Perché? Che doveva fare Bourbon?” mi domanda curiosa, alimentando di più questo gioco di domande e risposte a cui io stesso ho dato inizio. La guardo serio, mentre con le dita vado a strofinarmi il mento in modo da ragionare meglio, per poi darle risposta qualche secondo più tardi, spiegandole ciò che ho scoperto investigando con Hattori.
“Quel caso a cui stavo indagando ieri sera” incomincio, spostando lo sguardo fuori dalla finestra ed osservare anch’io quel caldo sole che risplende su di noi, decorato da tanti piccoli puntini rosa che rendono questo cielo uno dei dipinti più belli che la natura ci può donare. “Ho scoperto che alla fine è stata proprio Vermouth ad uccidere la vittima”
“Ah..” si limita a rispondermi, spostando anche lei lo sguardo nella mia stessa direzione.
“A proposito, come si è concluso? Il caso intendo”
“Quando stavamo andando via, ho visto Jodie e Sera avvicinarsi agli agenti. Credo ci abbiano pensato loro”
“Jodie?! Intendi Jodie Starling?”
Annuisce.
“Quindi..” la incito a spiegarmi meglio il tutto. Sono sicuro che lei ha scoperto qualcos’altro, ed infatti, la conferma alla mia impressione la ricevo dopo nemmeno un minuto.
“C’era anche l’FBI ieri alla festa, oltre Sera e Hondou”
“Allora avevi ragione” rifletto ad alta voce. “Sotto quella festa c’era davvero qualcosa di strano, oppure non si spiegherebbe la presenza degli Uomini in Nero, dell’FBI, di Sera e di Hondou”
“Infatti” sussurra, per poi avvicinarsi di più all’unica finestra che illumina questa stanza.
“Dovremmo incontrarla”
“Chi?” mi chiede, confusa, ma senza darlo molto a notare.
“Vermouth” rispondo come se niente fosse, tornando ad accarezzare il viso di Ran, la mia Ran,che a quanto pare non mi ha visto trasformare. Beh, meglio così. Semmai dovesse scoprire la verità voglio che lo faccia in modo diverso,voglio essere io stesso a dirglielo, e non delle fitte.
“MA SEI IMPAZZITO?!”
“No, perché?”
“Ti sembra una cosa normale volersi incontrare con una criminale? E poi come pensi di trovarla?!” sbotta, cercando di nascondere la paura che il solo nome di quel liquore italiano le infonde.
“Non lo so” le dico a bassa voce, per poi zittirla quando le palpebre della donna che amo iniziano ad aprirsi, segno che si sta svegliando.
Sposto la mia mano dal suo candido viso, in fondo sono Conan, in questo momento, risulterebbe strano trovare un liceale in certi atteggiamenti con una donna più grande di lui di dieci anni.
Con un po’ di fatica, e dopo qualche minuto, riesce finalmente ad aprire completamente gli occhi, facendo nascere così in me un sorriso, sincero, ma che si trasforma in terrore dopo che lei mi cinge in un abbraccio e sussurra qualcosa che alle mie orecchie –come quelle di Haibara- arriva come il suono che un disco rotto provoca, come il rumore che un vetro infranto crea alla rottura, facendomi sbarrare gli occhi.
“Shinichi… allora stai bene”




* Ep. 001, file 001
** Ep. 193 (in italia 208), file 260
*** Ep. 621, file 752
**** OAV 9

Nana's Corner:
M-Minna Konnichiwa... *si nasconde*
Lo so, lo so, dire che sono in ritardo è dir poco. Mi dispiace >.<
Solo che venerdì scorso ho avuto l'influenza, mi è passata e proprio dalla serie "sei sfigata", giovedì mattina (questo) mi è ritornata -.-"
E nonostante abbia provato a scriverlo con tutto di febbre, l'avrò riscritto minimo quindici volte ^^"
Quindi... Gommen nasai per il ritardo °>.<° *inchino giapponese*
Cmq, com'è il chap? Lo so che molti di voi mi odieranno per ciò che ho fatto a Kudo nello scorso, ma vi posso spiegare xD 
In teoria il momento ShinxRan, quello vero e proprio, l'ho già pronto e accadrà tra molti chap, solo che se li facevo anche solo baciare nello scorso, avrei così dovuto riscrivere QUEL chap, quindi sono dovuta rimanere un po' in linea con quello, mi dispiace ^^"
Però dai, in questo una sottospecie di bacio c'è stato, no? ;)
Cmq, a quanto pare è stata Vermouth a "salvare" il nostro metantei, ve l'aspettavate? E il fatto che alla festa ci sono anche FBI, Hondou e Sera? E Bourbon, Gin e Vodka? Ah, a questo proposito, credo che più avanti ci saranno spoiler su cose che sono accadute nel manga come la vera identità di Bourbon, chi è Subaru Okiya e poi boh, in teoria io le manga scan non le leggo neanche causa: non ne ho il tempo ^^" Se ho scoperto queste cose e perchè mi sono girata tutta DetectiveConanWorldWiki e senza farlo apposta mi sono spoilerata xD Me baka ^^"
Hattori geloso di Kudo? xD E il finale??? Spero il chap vi sia piaciuto :S
Ok, la smetto con quest'interrogatorio e passo al metantei corner, va xD

Metantei Corner:
Primo: Che ci facevano MIB, FBI, Sera e Hondou a quell'albergo?
Secondo: Come farà Shinichi a contattare Vermouth?
Terzo: Secondo voi, Ran ha scoperto la verità?

Ed ora passiamo ai ringraziamenti.
Grazie di cuore a Shana17, _Vevi, Hoshi Kudo, KeynBlack, shinichi e ran amore, Pan17 ed aoko_90 per aver recensito lo scorso chap. Arigatou gozaimasu!! *^*
Grazie mille anche a ciccio fino e Mocciosa Malfoy per aver inserito la storia nelle seguite.
E grazie mille anche a chi legge solamente. 
A R I G A T O U!!!!!!!!!! 
Chiedo ancora scusa per il mio ritardo e spero mi perdonerete :')
Ora vi lascio (Nd tutti: finalmente!), ci vediamo al prossimo chap!
Grazie ancora per aver letto!!

XXX,
Nana Kudo

Ps. ah, una curiosità. Ma voi il mio nick come lo leggete?? No, perchè siccome una mia amica l'ha letto sbagliato volevo dirvi che in Nana, l'ultima "a" è accentata, solo che non si scrive. ^^


   
 
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