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Autore: AnnabelleTheGhost    01/11/2012    3 recensioni
In una pianura isolata del Nord California si trova il collegio della Luna Nuova, visto come riformatorio dai genitori dei "ragazzi cattivi" o come scuola d'élite per i ricconi.
In realtà la scuola nasconde nel lato Ovest una cinquantina di ragazzi fuori dal comune, dai poteri demoniaci, e l'unico scopo per gli umani sarà essere lo spuntino dei demoni.
Dal capitolo 6:
"Tutto nella sua vita era cambiato, capovolto irreversibilmente. Niente era stato prima approvato da Albert: al destino non era mai importata la sua opinione. Aveva sempre cercato di stare in piedi in qualsiasi situazione ma poi era crollato e non era più riuscito ad alzarsi.
Albert aveva perso la speranza."
Genere: Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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3. Pipistrelli senza ali

 

A Haruki Mitsuwa piace questo elemento.
Haruki schiacciò il polpastrello dell’indice sulla manina con il pollice in su e il suo iPhone vibrò in risposta. Premette il tasto centrale, notò che era un banale messaggio della sua compagnia telefonica e tornò su Facebook. Fece scorrere il dito sullo schermo per dare  un’occhiata generale alla home. Solo link su cantanti o barzellette, tipo Qual è il colmo per uno scheletro? 
Ma andiamo! Sanno tutti che è non avere fegato. Che battuta scontata!, pensò Haruki e sbuffò per aver perso secondi del suo tempo per quella stupida battuta.
Si dondolò un po’ per la noia e andò sulla pagina del suo profilo. Notò che la foto non era stata aggiornata da dieci giorni. Uscì da Facebook e aprì la fotocamera. Sorrise compiaciuta, pensando che nessuno dei suoi amici avrebbe avuto una foto fantastica come la sua e in una posizione così bizzarra.
Infatti, Haruki era appesa al soffito.
Le gambe erano incrociate su una trave molto spessa e lei ciondolava, i capelli attratti dalla forza di gravità e un iPhone in mano. Per lei non era affatto complicato o faticoso rimanere in quella posizione. Il sangue le andava al cervello e la faceva sentire meglio e più concentrata. Riusciva a trovare una sorta di pace in quella buffa posizione, che si era abituata a mantenere fin da quando era una bambina.
«Bella foto!» si disse compiaciuta e rimirandosi sullo schermo. «La posto subito. Chissà l’effetto che farà!»
«HARUKI!»
Era l’inconfondibile urlo di sua madre, che entrò nella stanza. Sbattè la porta talmente forte contro il muro, che ciò provocò una vibrazione, ed essa si propagò fino alla trave sulla quale era appesa Haruki. Un piede si spostò di poco, ma abbastanza da perdere la presa e cadere sul pavimento con un tonfo.
«Quante volte ti avrò detto che devi smetterla di appollaiarti in quel modo?»
«Mmm… Un milione o giù di lì?» sbuffò Haruki, esaminando il suo costoso telefono per controllare che non avesse subito danni.
«È una posizione ridicola e umiliante, perciò, piantala!»
«Non faccio niente di male!» bofonchiò dopo essersi accertata che era tutto okay. Per l’iPhone, non per la sua colonna vertebrale.
«Sì, se credi che il tuo gesto sia in qualche modo spiritoso».
«Andiamo! Non dire che non mi trovi divertente quando faccio il pipistrello!» disse, estendendo il lato sinistro delle labbra in un sorriso e indicando con gli occhi il suo “trespolo”.
«Per niente» replicò secca la madre, incrociando le braccia.
«Dài! Vampiri… pipistrelli…» la aiutò Haruki, aiutandosi con le mani e indicando a sinistra per “vampiri” e a destra per “pipistrelli”.
«Sì, avevo capito, Haruki. E non siamo pipistrelli!» Fulminò l’iPhone con lo sguardo. «E i vampiri non vanno su Facelook tutto il tempo!» sbottò e le prese il telefono dalle mani.
«Mammamammamamma! Non puoi togliermi l’iPhone!» si lamentò, tendendo le mani per riavere il suo gioiellino. «Facebook mi serve!»
«Perché dovrebbe servirti Facelook se non per farti andare in pappa il cervello?»
«È Facebook, mamma. Non Facelook». Iniziò a tirare la gonna del genitore. «Anche Mark lo utilizza, mio cugino! E suo fratello! E suo zio! E suo nipote!»
«Per te è una droga. Devi smetterla!»
«Non è vero!» Alzò le mani per continuare a tirare la gonna.
«Ah sì?» La donna rigirò il telefono tra le mani, toccò lo schermo e apparve la foto di sua figlia a testa in giù. «E questa foto cos’è?»
«Una cosa simpatica?» tentò con un sorrisetto.
«Sai, la gente non si appende normalmente al soffitto. Non credi che per questo tuo stupido capriccio ci faresti esporre troppo?»
«Ma che dici? Chi vuoi che veda questa foto?»
Sua madre fece scorrere orizzontalmente il dito sullo schermo e ricomparve la finestra di Facebook. Alzò un sopracciglio. «Settecentoventotto persone, forse?» Girò il telefono verso la figlia, per mostrarle il numero accanto al nome di “amici”.
Haruki ci rimase di sasso. E la sorpresa si aggiunse allo shock. «Da quando sai utilizzare un touch?»
«Papà mi ha dato qualche lezione, così so come poterti punire».
La ragazza sbarrò gli occhi, fece scorrere la gamba destra dietro il bacino e si alzò in piedi. «Punire? Di che? Non ho fatto niente!» si lamentò con occhi imploranti.
«Sembri in tutto e per tutto un’umana». Storse la bocca in segno di disapprovazione.
«Non è vero. E tu lo sai!»
«Dici sul serio? So che un mese fa hai tentato di addentrati in un campo di gigli da sola con un umano. Sai quanto poteva essere pericoloso per te?»
«Avevo fame!» biascicò e, chinando la testa, distratta, si tastò con l’indice i canini.
«Gigli, Haruki, gigli! Come hai fatto a non pensarci?» sbraitò, mentre una ciocca di capelli neri si allontanava dal ciuffo sull’occhio sinistro. Il ciuffo non aveva ragioni estetiche, bensì doveva nascondere la cicatrice che le attraversava la fronte. Era enorme e frastagliata, ma i capelli la coprivano sempre e quando la figlia riusciva a intravedere quell’occhio le venivano i brividi. La palpebra mobile aveva solchi profondi come se la pelle fosse stata ustionata dal fuoco e la pupilla era completamente bianca. Sua madre non le aveva mai voluto dire cosa le era capitato.
«Me… me ne ero dimenticata» farfugliò Haruki, ancora un po’ inquieta per essere riuscita a vedere cosa c’era sotto il ciuffo.
«Dimenticato? Un vampiro non dimentica mai di stare lontano dai gigli!» La presa sull’iPhone divenne più forte.
Haruki tese le mani, implorante. «Perfavoreperfavore, sta’ attenta al telefono!»
«MA HAI SENTITO QUELLO CHE HO DETTO, O NO?» gridò la madre. «Non devi dipendere da quello stupido mondo umano!»
«Mi serve» piagnucolò e strizzò gli occhi per non cedere alle lacrime come una scema.
«Per renderti più chiaro il concetto puoi dire addio a questo telefono!» Prima che la figlia riuscisse a toglierle di mano il cellulare, sua madre rafforzò la stretta. E non ebbe intenzione di smettere.
Il rumore di metallo piegato, vetri infranti e chip fracassati riempì la stanza, mentre Haruki osservava attonita la scena. L’iPhone, ridotto come una lattina di Coca cola ammaccata, giaceva nella mano di sua madre, che lo lasciò cadere a terra.

«Forse così la smetterai…» disse, e si voltò verso la porta.
La tristezza in Haruki si trasformò in disperazione e uno strano meccanismo si mise in moto dentro di lei. I muscoli le bruciavano, il cuore pompava più forte e i denti le dolevano, mentre un’inconscia rabbia si impadroniva di lei. I suoi istinti da vampira si risvegliarono e balzò verso sua madre. Ma lei non si fece sorprendere.
Girò di novanta gradi e afferrò il polso di Haruki con entrambe le mani, interrompendo quello scatto fulmineo, e la scagliò contro la parete. La ragazza si afflosciò a terra, la faccia le faceva malissimo – forse il naso si era perfino rotto, e respirava a fatica.
«Se ti comportassi così di tanto in tanto, mi renderesti fiera. Sarebbe un peccato sprecare le tue potenzialità». E, rimuginando, la madre uscì dalla stanza, accostando la porta.
Haruki si portò le mani sul viso e si tastò il naso: non c’erano danni o, se ci fossero stati, erano già guariti. Quella nuova e strana sensazione scemò in lei, facendola tornare come prima.
Si alzò in piedi e guardò con tristezza quello che in passato era il suo telefono, il suo gioiello… Forse era la cosa a cui teneva di più.
Si avvicinò lentamente alla scrivania, vi salì sopra e con dei balzi ben calcolati da anni, ritornò sulla trave. Ma non aveva voglia di appendersi a pipistrello dopo quello che era accaduto, perciò si rintanò nel punto in cui la trave si collega alla parete, al buio. Con le gambe incrociate, cercò di aderire il più possibile alla parete; era quasi impossibile vederla. Chiuse gli occhi e rimase lì per un bel po’ per sbollire e stemperare tutti i sentimenti negativi che provava.
Quando riaprì gli occhi, a mezzanotte passata, si sentiva meglio, come se avesse bevuto un influsso di camomilla. Scese dalla trave ed uscì dalla stanza. Prese le scale e andò al piano di sotto, fino alla cucina. Lì c’era sua madre, della quale poteva solo vedere i capelli sulle spalle; il padre, che si rigirava una tazza tra le mani, e il suo fratellino, che si divertiva a mordicchiare delle vecchie bambole che appartenevano ad Haruki. Erano tutti seduti intorno al tavolo, tranne sua madre, che era seduta dall’altro capo, nel senso contrario.
I normali vampiri non avevano una cucina: possedevano diverse stanze per poter accogliere gli ospiti e una moltitudine di camere da letto, con bare, se gli ospiti si fossero fermati. La loro, però, non era una famiglia normale. La bisnonna paterna di Haruki si era innamorata di un umano e il figlio che nacque era un vampiro, ma con caratteristiche umane: non bruciava al sole, poteva avere una vita diurna, si nutriva ed aveva un arco di vita più limitato. Il patrimonio genetico umano di generazione all’altra era andato diluendosi ma Haruki aveva alcuni tratti che non la rendevano un vampiro al cento per cento. Doveva consumare almeno un pasto umano al giorno, era tollerante al sole ma in via piuttosto limitata, e preferiva dormire su un letto morbido piuttosto che nel legno di una bara.
Erano state queste piccole cose ad averla fatta integrare nel mondo umano. In genere i vampiri stanno nella loro comunità e interagiscono con gli umani solo per nutrirsi, ma ciò comporta anche diverse difficoltà a mescolarsi nel mondo degli uomini e sono costretti a isolarsi.
Haruki possedeva capacità particolari che le permettevano di mimetizzarsi tra i ragazzi del mondo esterno. Non andava a scuola – i suoi genitori gliel’avevano proibito – ma frequentava corsi pomeridiani che le permettevano di conoscere gente non appartenente al suo mondo.
Haruki era molto simile a suo padre, non solo per questa influenza “umana” ma per i vizi, i capelli castani, e le espressioni del viso. Ryuu, invece, era identico a sua madre: più vampiresco della sorella, capelli neri come la notte e bellissimi lineamenti facciali.
La madre si girò e notò la presenza di Haruki in cucina. «Ce ne hai messo di tempo!»
Haruki non rispose. Prese un respiro profondo e si sedette al capotavola opposto alla madre. Sentì l’odore di ciambelle dalla credenza, la salsa che bolliva sul fuoco, l’odore di borotalco di cui erano impregnate le sue bambole, gelsomino sulla camicia di suo padre e una fragranza allettante dalla tazza di lui. Non riuscì a trattenere lo sguardo che scoccò a suo padre e lui, capendo, le cedette la tazza. La spostò col dorso della mano verso sua figlia e lei, quando se la vide davanti, la portò alle labbra, così che la sete le passò del tutto.
«Papà ed io abbiamo parlato di quello che è successo…» iniziò la madre.
Haruki terminò di bere e posò il bicchiere. Aveva tentato di dimenticare ciò che era successo poche ore prima e lei glielo rispiattellava davanti, come per esserne fiera… La fulminò con lo sguardo.
«Mi dispiace, tesoro, ma siamo giunti a una conclusione…» disse suo padre, posando la mano sinistra su quella della figlia. Le loro temperature erano identiche ma comunque Haruki sentì come se la stesse riscaldando.
«Averti fatto integrare nel mondo degli umani è stata una scelta sbagliata fin dall’inizio».
Haruki non le fece neanche terminare la frase. «Non è vero. Mi trovo bene e così ho imparato a mischiarmi tra di loro e cacciarli senza problemi. Non è sempre stato questo che mi dicevi?»
«Sì, era una buona idea, ma dopo che avevi imparato, dovevamo darci un taglio, farti tornare nel nostro mondo, farti conoscere altri vampiri non appartenenti alla nostra famiglia. Saresti già in età da marito, sai?»
Haruki finse una risata sarcastica. «Età da marito? Sveglia, siamo nel ventunesimo secolo e la gente non si sposa più a diciassette anni!»
«Nella società umana forse sì, ma non c’è alcuna regola da noi che impone un limite d’età per il matrimonio». Sua madre girò la sedia per poter parlare faccia a faccia con la figlia. Le sopracciglia si piegarono verso il basso. «Visto? Sei così… così abituata al mondo umano che non riesci neanche a distinguerlo dalla nostra realtà!» Pronunciò con disprezzo la parola “abituata”.
«La mamma vuole prendere una decisione drastica…» aggiunse il padre a malincuore.
«Ti manderemo al collegio della Luna Nuova. Lì imparerai tutto ciò che c’è da sapere».
La mano sotto quella del padre si immobilizzò, insieme all’altra, e i muscoli del volto di Haruki non riuscirono a muoversi. L’udito era l’unico senso funzionante al cento per cento, perché ricordò alla perfezione la risata di Ryuu e la sua cantilena: «Haruki è fregata! Haruki va al collegio!», e la bambola che teneva tra le mani si spezzò in due, come lei.

Nota dell'autrice: ecco il terzo capitolo! Era pronto già da un po' ma non ho avuto modo di postarlo. Ieri sera, quando mi ero decisa ad aggiungere questo capitolo, il mio computer se ne è andato all'altro mondo! Mio padre, però, è riuscito a farlo tornare in vita stamattina, ma ha cambiato sistema operativo e per ora sto impazzendo per capirci qualcosa. Non so se con FreeFileViewer posso scrivere. Sono comunque certa che posso visualizzare i documenti perciò le cose già scritte sono salve...
Tornando al capitolo, sono passata dal punto di vista dei "figli della terra rossa" alias "demoni". Dato che sto ancora introducendo questo mondo sto andando sul leggero e mi è piaciuto iniziare con un po' d'umorismo. Insomma, una vampira Facebook-dipendente, che si appende al soffitto, l'avete mai vista? Come avrete intuito dai nomi, la famiglia Mitsuwa ha origini orientali. Tutti i membri di questa sono ben definiti nella mia fantasia, ma per farveli vedere dovrei postare un disegno perché non hanno il volto di attori o cose del genere... Tranne per Haruki, che ha il prestavolto di una ragazza nipponica molto bella. Clicca qui se vuoi vederne una foto.
Se qualcosa di questo capitolo non vi è chiara, potete dirmelo nella recensione perché può darsi che alcuni punti non siano stati trattati sufficientemente bene...
Nel quarto capitolo torneremo al punto di vista umano e ritroveremo una nostra "vecchia conoscienza". Ne ho scritto una sola pagina finora. Se riesco a continuarlo, per domani sera sarà già pubblicato su EFP, se no proverò ad arrangiarmi in altri modi...

  
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