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Autore: Bea_chan    17/05/2007    3 recensioni
Essere Mangiamorte non è sempre una scelta voluta, anche se molto spesso ci si fa l’abitudine. E caso vuole che, alle volte, accade qualcosa che rende decisamente vantaggiosa questa condizione. Perché, dopo tutto, pur se Mangiamorte, si è prima di tutto un Uomo e, come tale, vittima di Tentazioni… E quale migliore soddisfazione se non quella di schiavizzare un Passato dal quale si è sempre tentato di fuggire?
In una spirale di intrigo e sensualità, si perderanno le menti di un Mangiamorte e una Auror, rompendo quel labile confine che si ha tra l’esser Schiavo e Padrone, Vittima o Carnefice. Anche se il Mondo, al di fuori del loro labirinto di Giochi di Ruolo, sta braccando entrambi…
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Atto II
One More Night



Correva a perdifiato attraverso i campi della periferia della Londra babbana, per risparmiare strada e giungere più velocemente alla sua meta.
Chioma rosso fiamma, onde sinuose lungo la schiena. Respiro affannoso, membra affaticate e bacchetta alla mano, mai troppa prudenza in quelle notti silenziose.
Cambiò direzione all’improvviso, inoltrandosi in un campo di grano, le bionde e flessuose spighe piegate dalla sua camminata decisa. Poteva riconoscere, in lontananza, le scure sagome delle case di Londra.
Finestre sbarrate, paura che serpeggiava incontrollata nei vicoli, bussando alle persiane. Anelito lieve di un’inquietudine diffusa, incomprensibile ai babbani. Ma comunque terribile.
Non riusciva ancora a capire come potessero essere giunti a quel punto, davanti a sé vedeva solo un vicolo cieco. Nessuna via d’uscita.
Voce affranta, volto teso e lineamenti incisi di latente furore, mentre egli riferiva alla famiglia l’accaduto, tra le verdi fiamme del caminetto.
Aumentò l’andatura, mormorando incantesimi per scostare le spighe più resistenti, graffiavano la pelle delle gambe, una gonna indossata rapidamente sopra la sottoveste.
Sapeva di non essere necessaria, sapeva che la sua presenza avrebbe, forse, acuito un già immenso dolore. Ma non poteva essere esclusa da quella situazione, non voleva. Suo fratello, Harry, avevano bisogno di lei, di qualcuno che fosse estraneo da quel mondo di sofferenza.
Fragile spalla su cui piangere, occhi azzurri pieni di compassione, di sentita partecipazione per la sua mancanza. Si, perché anche a lei era stata portata via.
In fondo a quella dorata distesa di grano, scorse finalmente l’ombra del palazzo ove abitavano suo fratello e gli altri. Non c’era alcuna luce ad illuminare la casa, ogni appartamento buio e silenzioso.
Buio, per chi non vuol guardare. Silenzio, per chi non vuol sentire.
Piombò nel vicolo parallelo allo squallido condominio, cercando un’entrata che non fosse troppo in vista. Non era prudente attirare l’attenzione, da quelle parti. Un sommesso miagolio giungeva da alcuni bidoni, accatastati contro il muro di rossi mattoni.
Si guardò attorno, valutando la stato delle sue condizioni. Forse, poteva arrischiarsi ad entrare dal portone principale, dopotutto le strade erano deserte.. L’istinto di sopravvivenza negava l’uscita, in quelle calde ore notturne dimenticate da Dio, ma sempre care al demonio.
Demoni dai neri mantelli e dalle maschere d’argento, senza scrupoli nel trascinarti all’Inferno, con la sola colpa di essere considerato dissimile, indegno.
Corse alla porta d’ingresso, legno scuro e rovinato. Battè due colpi precisi, convinta che qualcuno l’udisse e la facesse entrare. Vana speranza.
”Ehi, c’è nessuno?” urlò, ribussando e attendendo una risposta. Che non arrivò.
Aggrottò le sopracciglia, inquieta. Come mai nessuno nei tre appartamenti..?
Arretrò, alzando lo sguardo e cercando di intravedere segni di vita dalle finestre. Concentrò la sua attenzione su quella del terzo ed ultimo piano, la loro casa.
Vetro opaco e rovinato, impossibile capire se chi era al di là d’esso vedeva ma non voleva fosse visto.
Ma lei doveva, doveva entrare..
Sospirò, una punta d’amarezza in quel respiro.
Non aveva ancora passato l’esame di Smaterializzazione e non poteva rischiare d’essere scambiata per una Mangiamorte. Ciascun uso di questa pratica, infatti, doveva prima essere regolarizzato ed approvato dal Ministero o dagli Auror e, se non si aveva il permesso, l’azzardo poteva costarti caro. E certo, ella non voleva essere inseguita da una torma di Auror del corpo scelto solo per uno stupido malinteso…
Estrasse la bacchetta, sferzandola nell’aria e puntandola in un fluido gesto contro il portone.
Di certo, Ron spiegherà tutto agli Auror..
Reducto!
Un lampo rosso fuoco sgorgò impetuoso dalla lignea bacchetta, abbattendosi violento contro il portone e provocando un’immane esplosione, che rimbombò nell’intricato dedalo di vicoli circostanti.
Il miagolio del felino si interruppe, spaventato, e la bestiolina fuggì in un tonfo metallico, sparendo rapida nei campi circostanti.
La giovane scavalcò ciò che restava del portone, cauta, controllando ogni movimento sospetto.
Atrio deserto, la scalinata in rovina saliva contorcendosi all’ultimo piano, ma non un rumore aleggiava in tutto il palazzo, sembrava abbandonato e lasciato in tutta fretta.
Avanzò ancora, la bacchetta stretta in pugno, poggiando il piede sul primo gradino, pestando la scolorita moquette rosso scuro.
C’era decisamente troppo silenzio ed ella sapeva che non era mai un buon segno..
Narra chi sopravvive che un grande silenzio pervada l’aria che precede la catastrofe.
Ella sentì alle spalle un inquietante tintinnio, seguito da una voce impastata e una colorita imprecazione. Non era sola, in quel palazzo.
Salì le scale, rapida e silenziosa, nascondendosi al primo piano, spiando da dietro il muro crepato colui che era appena giunto nell’atrio devastato.
Sguardo guardingo, impetuoso battito del cuore nel piccolo petto, pallide mani ad artigliare la parete ove aveva trovato rifugio. Labbra serrate, schiena scossa da tremiti incontrollati, gelide serpi di ghiaccio.
”Che cazzo è successo qua…?”
La giovane trattenne il fiato, fissando la nera sagoma di un Mangiamorte aggirarsi, instabile, tra le macerie. Ella s’appoggiò di schiena, passandosi una mano sul volto. Era in trappola, era chiaro che in quel dannato condominio non era rimasto nessuno, nemmeno Harry e Ron.
Che cos’altro poteva essere successo..?
Pensieri cupi, bambina impaurita da ciò che non aveva mai visto ed ora, con crudele chiarezza, le si manifestava chiaro d’innanzi agli occhi. Senza sapere come uscirne indenne.
Dal piano di sotto udì, con orrore, un rumore attutito. Sembrava che quell’uomo…la stesse fiutando. E rimase immobile, poggiata alla parete, la bacchetta stretta al seno con due mani, incapace di muoversi.
Ginevra Weasley non aveva mai nemmeno considerato l’ipotesi di trovarsi essa stessa nella catastrofe della quale raccontavano sciocchi proverbi.
L’inizio della fine..
In uno schiocco, un uomo alto e magro si materializzò davanti a lei, sovrastandola.
La fissò attentamente attraverso la maschera, mentre un lento sogghigno si dipingeva pigramente sulle labbra, scoprendo i denti giallastri.
”Buonasera, bambolina..” cominciò, estraendo la bacchetta da una manica della scura veste “Cosa ci fa una signorina come te in giro a quest’ora e, per di più, tutta sola?”
Occhi bui, spenti e vacui, segno che l’Oscuro Sire l’aveva già svuotato della sua volontà. Vuoto involucro di carne ed ossa, senza che lo spirto vitale albergasse in esso.
Ginny si addossò maggiormente al muro, puntando la bacchetta davanti a sé, meno di una spanna dal viso incappucciato dell’uomo, la mano che tremava visibilmente ma lo sguardo fiero e combattivo.
”Stai indietro, se non vuoi finire Schiantato”
Il Mangiamorte proruppe in una risata di crudele divertimento, l’ampio petto scosso dai singulti.
”Sei audace, per una mocciosetta..”
La ragazza cacciò un gridolino spaventato quando l’uomo poggiò violentemente le mani ai lati della sua testa, bloccandole ogni via di fuga.
”Vediamo quanto sei coraggiosa” sibilò, uno scintillio di follia che ora illuminava l’iride scura.
Sudore, alcool in quel fiato bollente, ove affogare le proprie ire e le proprie ansie, segno che, se lasciate a sé stesse, le marionette di Voldemort sapevano solo farsi del male.
Ginny sussultò, spaventata, quando avvertì la mano dell’uomo salire lasciva lungo la sua coscia, scostando la sottile stoffa della sottoveste sotto la gonna. Perse ogni capacità di ragionare.
Se in pericolo, la mente umana s’affida all’istinto, perché l’esser preda è atavico istinto d’animale ed esso non possiede altra ragione che quella di sopravvivere.
”S…Stupeficium!!” strillò, scagliando l’incantesimo alla cieca, mancando per un soffio l’uomo, che tuttavia arretrò, leggermente sorpreso. Poi tornò a sogghignare malignamente.
”Peccato..”
Ginny ne approfittò per correre via, ma venne afferrata per i lunghi capelli rossi dal Mangiamorte. Ella cacciò un grido di dolore, portandosi una mano all’attaccatura della rossa chioma, la bacchetta che rotolò via, giù dalle scale.
L’uomo fece schioccare la lingua in segno di diniego.
”Non si fa così..” il tono era capriccioso e indolente “Se non stai ferma mi costringi a farti del male”
La giovane non si diede per vinta, girandosi e sferrandogli un rabbioso calcio sullo stinco. L’uomo si ritrasse in un ringhio di dolore, lasciandole i capelli.
Ancora riprovò a scappare..
Imperio!
La sensazione che qualcosa cancelli via, in un colpo di spugna, ogni preoccupazione, ogni pensiero, lasciando solo quel dolce e fluttuante nulla.
Ginny si rilassò, l’azzurro sguardo spento e privo di vita, tinto di un pigmento più chiaro, pupilla annegata in un celeste mare di desolazione.
Girati, girati e vieni verso di me..
Quella calda voce era così…*bella*, sembrava che ogni parola grondasse miele e vaniglia. Come poteva disobbedirle..?
Camminò con passo lieve verso la sagoma dell’uomo davanti a lei, anche l’afa opprimente di quella maledetta notte estiva sembrava essere scomparsa.
Dolce oblio dal quale non svegliarsi più, unico modo per dimenticare che, forse, qualcuno aveva davvero bisogno di lei.
”Ecco, vedi che sai come si fa..?”
Qualcosa la costrinse ad annuire, mentre una parte di lei urlava, sentendo le viscide mani dell’uomo poggiate sui suoi fianchi. Urlava, ma non riusciva a sentirsi.
Stupeficium!
Un coro di voci ruggì l’incantesimo, e cinque fasci di luce scarlatta centrarono il Mangiamorte, che fu spinto via dall’impeto contro il muro, aggiungendo crepe a quelle già presenti in esso.
Ginevra ripiombò bruscamente nella realtà. Focalizzò a fatica l’insieme di figure che invadevano il suo campo visivo, ma non riuscì ad identificarle.
Le girò la testa e cadde al suolo, spossata.
Prima di perdere i sensi, udì una dolce nenia, sussurrata da una figura china sopra di lei.
Dormi e sogna, Ginevra Weasley. Il tuo contributo, per il momento, non è necessario.


*

Can I meet you, alone
Another night and I'll see you
Another night and I'll be you

My Chemical Romance, I Never Told You What I Do For A Living




Entrò dopo di lei, chiudendosi la porta alle spalle.
L’aveva fatta sfilare d’innanzi agli altri Mangiamorte, ostentazione del proprio bottino di guerra, conquistato con fatica dagli altri ma affidato a chi più la meritava.
Si concesse un sogghigno sprezzante.
Solamente a lui era concessa.
Ella era ancora incatenata, mentre si guardava intorno, quasi curiosa, esaminando i dettagli di quella stanza, la tana del serpente.
Spaziosa, fredda, libri e ancora libri. Un immenso letto a baldacchino, ove tende di damasco verde scuro cadevano pesanti; lenzuola di seta, candide, chissà quanta lussuria impregnava la delicata stoffa.
Lo sentì alle spalle, un brivido le corse rapido su per la schiena, mentre le scostava i folti ricci sulla spalla sinistra, chinandosi a sfiorarle la nuca con le labbra.
Carezza di raso, sensuale brama in quella bocca maliziosa.
Si staccò da lei in un sorrisino, avvertendo il suo timore e compiacendosene. Si diresse alla finestra, aprendola in un ampio gesto, concedendo alla tenue brezza della notte ormai inoltrata di soffiare in quella camera. Poi si voltò, poggiando i fianchi al davanzale, fissandola a braccia conserte.
Occhi grigi, quasi trasparenti alla tenue luce che bagnava le sue spalle, ancora quel ghigno indisponente sul volto. Palese provocazione.
La giovane rimase rigida e immobile, i piedi scalzi sul bianco tappeto posto di fronte all’elaborato caminetto. Lo scrutò di rimando, le sopracciglia aggrottate.
”Sei davvero l’essere più infimo della terra…”
”Detto da te, lo prendo come un complimento, Granger” ribattè pigramente il ragazzo, senza staccare quelle iridi plumbee dalle sue “Ciò nonostante..”
Si avvicinò a lei, lentamente, fronteggiandola con aria di scherno
”..non mi sembra che tu ti sia tirata indietro, o sbaglio?” concluse, inarcando un sopracciglio con ironia.
Hermione non rispose, limitandosi a guardarlo furiosa e indignata.
Se l’orgoglio era davvero peccato, ella meritava di bruciare all’inferno.
”Se tu credi…se credi che..” ma la risata tintinnante del giovane l’interruppe. Tacque, irritata.
”Non mi sembri nella posizione di dettare condizioni, mezzosangue” sussurrò, la voce si sentì appena nell’argentino fracasso che proveniva da fuori.
Quanto aveva desiderato poter zittire quella creatura così indisponente, annullarsi nel suo sguardo altezzoso senza timore di ciò che quelle labbra sferzanti avrebbero potuto pronunciare.
Sfilò la bacchetta dalla tasca interna del nero mantello. La puntò, in un movimento fluido, sulle manette che bloccavano la sua *prigionera*, liberandola all’istante.
Hermione si massaggiò i polsi doloranti, evitando quello sguardo penetrante.
Bramosia tra loro, quasi tangibile nel tiepido calore della stanza, minacciava di impossessarsi fulminea della carne del giovane d’innanzi a lei.
”Non ti aspettare un grazie, visto e considerato che non ho nemmeno capito cosa ti spinge a..” le parole le morirono in gola. Silenzio.
Perché pronunciare il loro accordo equivarrebbe ad autentificarlo.
Egli comprese, ma non aggiunse altro.
Le diede le spalle, rivolgendosi al letto. Si tolse con calma la veste, rimanendo in maniche di camicia, poggiandola poi sullo schienale intagliato di una sedia a fianco del baldacchino, subito seguita dalla maschera argento.
Argenteo bagliore nel soffice buio della camera, tutto quello in cui credere e per il quale vale la pena di esistere.
Si sedette pesantemente sul materasso, chino in avanti, le mani intrecciate davanti a sé.
Aria rassegnata di chi non sa cos’altro fare.
La ragazza passò il peso da una gamba all’altra, abbracciandosi e avvertendo ogni graffio della cute sotto i polpastrelli. Cos’era quella sensazione che le attanagliava le viscere…?
Disagio.
La fiera Hermione Jane Granger si era trovata preda di questa sgradevole percezione pochissime volte, nella sua vita. Quasi mai.
Malinconiche reminescenze di liti con colui che le aveva chiaramente manifestato *qualcosa*, forzati silenzi, amare parole in bocca ma che, nonostante tutto, non volevano essere pronunciate.
Si rifiutò di associare simile senso all’affascinante ma tetro giovane che, al momento, condivideva con lei l’aria della camera. Del resto, rimaneva pur sempre Draco Lucius Malfoy.
Dopo un tempo che le sembrò eterno, egli alzò gli occhi, intercettando il suo sguardo. Quelle iridi tempestose erano risolute, nel pronunciare le parole ch’ella aveva tanto temuto.
”Vieni qui..”
Hermione s’irrigidì, mentre d’un tratto il caldo della stanza diventava gelo incandescente, la stessa ardente scintilla che danzava nell’espressione di Malfoy.
Scosse la testa, rimanendo ferma sulle sue posizioni, a poco meno di tre metri dal giovane.
Questo sogghignò, alzandosi.
”No..?”
Senza avere il tempo di accorgersene, ella si trovò le mani del Mangiamorte attorno alla vita, in un stretta ferrea e leggermente irosa. Ricambiò l’occhiata, le braccia ostinatamente lungo i fianchi.
”Mi sembrava di essere stato chiaro, Granger..” soffiò Malfoy, socchiudendo le iridi grigie e avvicinando il volto al suo “Quale parte del nostro patto non ti è chiara?”
La giovane esibì un’espressione di disprezzo sui delicati lineamenti.
La fierezza che non voleva abbandonare quegli occhi bui, il divampante rogo dell’orgoglio bruciava perpetuo in lei.
”Il fatto che tu voglia macchiare il tuo purissimo sangue con il mio, Malfoy” disse sostenuta.
Il biondo sogghignò, stringendosela addosso con fare possessivo. Posò le labbra sulla pelle tiepida del collo, nell’incavo della spalla, appena coperta dalla spallina di una sottoveste lacera.
Non c’era posto, nella residenza dell’Oscuro Sire, nemmeno per le vesti bluastre degli Auror, arse con l’odio e dall’ odio dai Mangiamorte stessi.
La prese in braccio, irrequieto, poggiandola sulle bianche lenzuola del letto. Ella rimase ferma, osservandolo mentre si sbottonava la camicia.
Pelle marmorea che poteva quasi gareggiare con la candida purezza della stoffa, muscoli tonici appena accennati sotto il tessuto.
Egli si accomodò, davanti a lei, senza mai staccare lo sguardo dal suo. La prese per i fianchi, sistemandosela in grembo, facendo scivolare le di lei gambe attorno al suo bacino.
La bocca si arcuò appena mentre studiava le sue reazioni.
”Non ho mai detto di voler mischiare il mio sangue al tuo” sibilò dolcemente, percependo la sua resistenza “Sarebbe un errore troppo grande per la mia progenie..”
Uno sbaglio. Solamente un segno nocivo sulla reputazione. Come lo era, in fondo, anche per lei.
”Sei un bastardo, te l’ha mai detto nessuno..?” sussurrò rabbiosa la giovane, mentre Malfoy le prendeva, fermo, i polsi piagati dalle catene e se li passava dietro la nuca, a cingergli il collo.
Tornò a posarle le mani sui fianchi, una stretta tuttavia leggera, quasi diffidente; il sorrisetto di superiorità persisteva ancora.
”Mi spiace infrangere i tuoi sogni, Granger” la voce strascicata era carica d’ironia “niente di personale..”
Labbra morbide sopra le sue, sigillo rovente di brama repressa negli anni, adesso infinità incipiente, travolgente.
Ella tentò di sottrarsi, lottando con l’ultimo brandello di dignità che l’era rimasta. Tuttavia…
Seta scabrosa tra le sue braccia, languida ed esperta carezza di labbra sottili ma piene e ben disegnate.
Chiuse gli occhi, succube di quella strana debolezza che l’aveva pervasa non appena Malfoy aveva cominciato a baciarla, con quella dolce rudezza, prendendo e basta, senza affrontare il rischio che può comportare una richiesta.
Ricambiò timidamente e lo sentì sogghignare sulla sua bocca, mentre si piegava e si stendeva sopra di lei, ancora aggrappata al suo collo, le palpebre serrate sugli occhi, quasi temendo ch’egli se ne potesse andare.
”Tranquilla” sussurrò lui, sibillino, la bocca nei suoi capelli, mentre la mano sinistra vagava rapida sulle spalline dell’abito, scostandole “Per adesso, non vado da nessuna parte..”
Sospiri e sussurri, fremiti dei grilli nel buio giardino, mentre egli s’annullava in lei, mutando l’impossibilità con un unico, tacito accordo.
Per quella notte, avrebbero entrambi fatto un’eccezione.


*


These eyes have had too much to drink again tonight
Black skies, we'll douse ourselves in high explosive light

My Chemical Romance, Burn Me in Black




Incedeva con passo deciso per le vie di Notturn Alley.
Malfamato quartiere del peccato, roccaforte per eccellenza delle fazioni appartenenti a Colui che Non Deve Essere Nominato.
Il largo cappuccio del mantello blu calcato sul capo, mano destra stretta alla bacchetta nascosta nella tasca, mentre si guardava intorno circospetto.
Parecchi maghi si tenevano prudentemente alla larga, guardandolo passare con una smorfia d’ira sul volto.
Timore e repulsione per ciò che esso rappresentava insieme al suo stemma d’argento, ricamato sulla divisa. Pura fibra del suo orgoglioso essere.
Ronald Weasley bazzicava abbastanza spesso il sobborgo di Notturn Alley. Gli Auror bisognavano di informatori e solo in periferia si potevano trovare notizie affidabili.
Chi, per whisky o denaro, dimenticava la fedeltà giurata all’Oscuro Sire per un’ora di fugace ebbrezza.
Era sicuro che, in quella calda notte d’agosto, avrebbe trovato il solo che poteva rivelargli chi aveva partecipato alla retata di quella sera.
Strinse il pugno serrato attorno al legno, voltando bruscamente in un vicolo secondario.
Ancora le sue urla a lacerargli l’anima.
Si bloccò d’innanzi alla porta di un pub, scrutando la scolorita insegna. Trasse un respiro profondo, prima di entrare.
Caldo soffocante, risate ed euforia gratuita, perdizione che solo l’alcool può donare.
Il silenzio che si era impossessato dell’aria, alla vista della sagoma ammantata sulla soglia, venne soppiantato quasi subito da borbottii contrariati e sibili malevoli, mormorati o affogati in un boccale.
Ron, incurante, studiò l’ambiente circostante, resistendo all’impulso di levarsi il mantello.
Mai mostrare debolezza alcuna nel covo dell’avversario.
Individuò colui che cercava svaccato al bancone, riverso in avanti e intento a borbottare *qualcosa* all’indirizzo del barista.
Zigzagò tra i tavolini traballanti, giungendo proprio alle spalle dell’uomo.
”Buonasera, Minus..” parlò, cercando di tenere un tono di voce neutra.
Soffici nubi ad occultare la tempesta incipiente.
Peter Minus sobbalzò bruscamente e con lui il bicchiere che stringeva nella mano sinistra. Ron osservò, quasi affascinato, la birra scivolare dolcemente giù dal mobile, gocciolando sullo sporco pavimento.
Liquido ambrato che avrebbe volentieri sorbito per dimenticare. Perché a *lui* non era permesso mostrarsi debole, ma che, in questo momento, era l’unica cosa che desiderava.
Senza accorgersene, si ritrovò a fissare un paio di occhi acquosi e trepidanti.
Un viscido sorriso accolse la sua espressione intransigente.
”Ron!” squittì l’uomo “Il mio…padroncino preferito”
Il giovane inarcò un sopracciglio, sedendosi sullo sgabello.
”Credevo che l’unico Padrone, per te, fosse Colui che Non Deve Essere Nominato”
Ancora non riusciva a pronunciare il nome di Voldemort.
Infantile timore saldamente radicato nella sua mente, in fondo quel ragazzo fiero ed impulsivo non era cambiato poi così tanto.
Minus sorrise nervosamente, evitando lo sguardo celeste dell’Auror.
”Non ho scordato i dodici anni che passai con la tua famiglia..”
”Io preferirei tanto dimenticare, invece” ribattè, fissando il profilo aguzzo dell’uomo “Ma non sono venuto qua per fare conversazione..”
Il Mangiamorte bevve un generoso sorso dal boccale, soffocando un singhiozzo. Proruppe in una sciocca risatina, leccandosi la bianca schiuma della bevanda dalle labbra.
”E cosa ti serve, dunque?”
”Un’informazione..”
”Un’informazione, dici…?” altra risatina, corredata dall’ennesimo singhiozzo “Ammettilo, il tuo adorato Crosta sa esserti di grande aiuto” gongolò, finendo il contenuto del bicchiere con una sorsata sola.
Ron si rabbuiò, astenendosi dall’esprimere commenti di sorta.
Ribrezzo al ricordo che uno dei Suoi servi aveva condiviso i momenti di dodici, lunghi anni della vita della sua famiglia.
Estrasse dalla tasca interna del mantello color zaffiro un sacchetto tintinnante, posandolo sul bancone, sotto gli sguardi ora attenti di tutto il pub.
La mano d’argento di Codaliscia arraffò, con gesto rapace, il sacchetto di galeoni, che sparì rapidamente nei recessi della scura veste. Poi, per la seconda volta, fissò il ragazzo.
”Che vuoi sapere?”
”Chi ha organizzato l’agguato di questa notte agli Auror”
L’uomo sembrò disorientato dalla domanda.
”L’agguato..?”
”Si, quello dove i vostri hanno catturato metà della Quinta Divisione di Auror” incalzò Ron, cominciando a perdere la calma che si era imposto.
Solamente lui e pochi altri erano scampati, mentre Harry si era recato con altri a controllare un’altra zona.
Come avevano potuto non accorgersi della trappola…?
Minus scosse la testa.
”Non sapevo che ci fosse in programma un’imboscata, spiacente” rispose, l’ansia facilmente percepibile nel tono della voce sottile. Fece per alzarsi, ma la mano di Ron lo trattenne fermamente per la spalla, inducendolo a restare seduto.
”Ti conviene parlare, se non vuoi fare una visitina al Quartier Generale..” soffiò, con voce minacciosa, l’Auror, la parvenza di autocontrollo sembrava sparita completamente.
Come l’altero Leone della sua vecchia casa, in procinto di balzar sulla preda e consumare la rabbia e l’impotenza che lo avvelenavano.
Fischi d’incitamento e di scherno dagli uomini nella taverna, ché tutti amavano mettere alla gogna uno dei servi di Voldemort.
Egoismo e ipocrisia, morbo ormai diffuso tra la popolazione magica. Testa e sguardo bassi.
Peter trasse un sospiro tremulo, riaccomodandosi sullo sgabello.
”Forse…qualcosa ti so dire” cominciò in tono sommesso, facendo drizzare le orecchie al giovane “Però non è nulla di certo…”
Ronald annuì, una labile scintilla di speranza nelle iridi azzurre.
Codaliscia intrecciò le mani, carezzandosi frenetico la destra ed evitando lo sguardo indagatore dell’auror.
Mano d’argento, dono del Suo Signore per la folle fedeltà con la quale l’aveva servito.
”Ho sentito che il Signore Oscuro ne parlava con alcuni la notte scorsa..” sussurrò, cercando di non farsi udire da orecchie indiscrete “Diceva qualcosa riguardo ad un cimitero”
”Quello ad ovest della London Tower” finì il ragazzo per lui, incalzando “E dunque?”
”Beh..” l’uomo sembrò prendere tempo “Non ho capito bene, ma sembrava che volesse organizzare una Cerimonia per investire nuovi Mangiamorte..”
”Cerimonia?”
”…ma che gli Auror, in qualche modo, ne fossero già venuti a conoscenza” continuò Minus, ignorando l’interruzione “E così, ha detto che poteva sfruttare la cosa”
Ron rifletté attentamente sulla parole del Mangiamorte, rivivendo nella sua mente ogni momento di quella dannata trappola.
Coraggio e determinazione nei *suoi* occhi scuri, mentre la guardava, chi è pronto a vendere cara la pelle.
Un pugno si contrasse involontariamente sul bancone.
Urla, urla ancora il mio nome, questa volta ti prometto non invano.
Digrignò i denti, ignorando il nervosismo dell’uomo seduto al suo fianco.
Hermione…
”Chi ha partecipato?”
”Non…”
”Parla!” intimò, cupa determinazione nella voce arrochita.
Codaliscia scosse la testa, frenetico.
”Giuro che non lo so, Weasley, sono stati decisi questa notte e io…”
”E tu eri già uscito a sbatterti via con qualche puttana in un bar, vero?” ringhiò Ron, alzandosi di botto e fissandolo con disgusto.
L’uomo rifuggì la sua occhiata, troppo intimorito per mostrarsi sdegnato alle sue parole.
Che tanto menzognere, in fondo, non erano.
L’Auror sospirò, il cappuccio era sempre calcato saldamente sulla folta criniera rossa.
”Se questo è tutto quello che hai da dirmi, il nostro è stato un discorso inutile” mormorò, voltandogli e le spalle e avviandosi alla porta del locale.
Spalancò la porta e se la sbatté, subito dopo, alle spalle, tornando a respirare la calda aria della notte.
Rade stelle in quella nottata senza luna.
E mentre si allontanava da Notturn Alley, Ronald Weasley aveva una sola, nuova e brutale certezza.
Che la strada per arrivare a lei dava su un buio vicolo cieco.


…To be continued…


*
Rieccoci qua, carissime!
Ebbene sì, l'ispirazione per questo capitolo è arrivata come un fiume in piena.. Indi, perchè non accontentarla?
Bene, passiamo ai ringraziamenti ^^

Dolceamara: grazie mille, troppo gentile :D Io metto impegno in ogni cosa, forse anche troppo.. Sono contenta ti sia piaciuto e vedrai, la trama si delineerà presto u.u Anche se ho in mente più degli Episodi per questa fanfiction, voglio provare un'impostazione nuova.. Vediamo, per il momento parete gradire ^^ Besos ^.-

White_Tifa: ehilà, che piacere vederti anche da queste parti xD! Visto, ho aggiornato anche "Filo Rosso", ero in vena... :P Contenuti profondi, beh.. Credo che in fanfic seria siano necessarie le giuste sfaccettature psicologiche, indi mi adeguo ^^ E grazie mille *__* Bye ^*^

Joey_Ms_86: ma grazie anche a te xD! Aggiornato, visto ^^? Sayounara!

Merryluna: eheh.. Direi che si è capito cosa aveva in mente ^.^ E grazie per essere passata xD!

Cobwy23: Oh, ma ghassie cara *__* Mi lusinga sapere che il nome stesso sia una garanzia, addirittura ^//^? Così arrossisco e comincio a montarmi la testa.. u.u Dunque! Intensa, ottima definizione. Anche mentre la scrivo, mi sento inebriata dalle situazioni, come un tuffo in un qualcosa di denso.. Credo sia piuttosto angst, anche se cerco di controllarmi ò.ò E anch'io adoro i My Chemical Romance, miei tesssori *_* Spero di non aver deluso le aspettative :P Baci ^.-

Erin: riecco anche te, che piacere xD! Visto, ce l'ho fatta u_u; *esultanza generale* Au Revoir, grazie ancora ^^

  
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