NOTE: Pensavate di esservi liberati di
me,
ammettetelo. Mi spiace deludervi, miei cari: sono tornata ancora una
volta,
l’ultima. Alcuni di voi me l’hanno chiesto ed io ho
voluto accontentarli,
sicché eccovi servito il settimo capitolo
–ambientato, come recita il titolo,
quindici anni dopo.
Buona lettura, ci si
risente a fine capitolo per i ringraziamenti!
“Papàààààà!”
L’urlo belluino, a stento
definibile umano, venne udito fino a Buckingham Palace e dintorni. La
porta del
bagno venne aperta dall’interno e poi sbattuta con una tale
violenza da far
tremare le pareti dell’intero appartamento; ne emerse
un’adolescente bionda e
visibilmente fuori di sé.
“Papà!”
sbraitò
nuovamente, e raggiunse a grandi passi la cucina adibita a laboratorio
dove
Sherlock era intento ad esaminare vetrini.
“Sì,
Irene?” replicò
impassibile senza distogliere lo sguardo dal microscopio.
“Non trovo più
l’eyeliner, nel mio beautycase non
c’è” spiegò bruscamente.
“Non è che l’hai di
nuovo preso in prestito a mia insaputa per analizzarne la composizione
chimica?”
Il padre si decise a
voltarsi verso di lei con un’espressione di innocente
sorpresa dipinta in
volto. “Mi dichiaro non colpevole, Vostro Onore”
alzò le mani in segno di resa.
“Prova a chiedere a tuo fratello, potrebbe rivelarsi un
testimone chiave”.
Irene rifletté qualche
istante sull’affermazione del detective. Poi, con rinnovata
ferocia, fece
dietrofront e si diresse verso la camera che condividevano i suoi due
fratelli.
“Boswell!” ululò.
Sherlock si rimise al
lavoro, non riuscendo a trattenere un ghigno compiaciuto. In quel
mentre John
varcò la soglia della cucina, il cardigan abbottonato mezzo
storto e gli occhi
ancora gonfi di sonno.
“Che ha da urlare nostra
figlia alle sette e mezza del mattino?” sbadigliò.
“Non trova il suo
eyeliner”.
“Oh- aspetta, non
è che
glielo hai sgraffignato tu?” si mise sull’attenti.
“Incredibile come Irene
ti assomigli” constatò, divertito.
John preferì ignorarlo.
“Dio non voglia che
l’abbia preso Boswell, allora”.
Silenzio.
“Ce l’ho io,
l’eyeliner
di nostra figlia” confessò (prevedibilmente) lui,
estraendo dalla tasca della
vestaglia il corpo del reato. “Avrà il mio
permesso di truccarsi per andare a
scuola quando avrà compiuto diciotto anni, non
prima” disse in tono definitivo.
“Ci avrei
scommesso”
sospirò l’altro. “Lei lo sa?”
“Fossi scemo. Le ho
suggerito di chiedere a Boswell”.
“Ma perché, se
è
innocente? Ti sei dimenticato che l’ultima volta che si sono
accapigliati a
pagarne le conseguenze è stato il servizio da tè
regalatoci da Mycroft per il
matrimonio?” si mise le mani nei capelli.
“Fidati John, Boswell si
sa difendere benissimo. Lo conosco, siamo due gocce
d’acqua”.
“Ah beh, adesso
sì che mi sento
rassicurato”.
I tre fratelli
Watson-Holmes entrarono nel vagone della metropolitana, che a
quell’ora era
stipata di lavoratori e studenti come loro. Gli altri passeggeri si
fecero da
parte per lasciarli passare, abbagliati dalla bellezza tipicamente
anglosassone
e al tempo stesso quasi esotica dei ragazzi.
Boswell era sicuramente
quello che attirava più sguardi, con la sua altezza
esagerata, gli occhi così
azzurri e penetranti, la massa di riccioli scuri e la pelle chiarissima
esaltati
dalla stoffa blu marine del blazer della divisa. Era la copia vivente
di
Sherlock e ne aveva ereditato anche la mente analitica. Irene era
altrettanto
avvenente: lunghi capelli biondi e delicatamente ricci, gli stessi
enormi occhi
blu cupo di Harriet e una bocca sensuale, con l’arco di
Cupido prominente.
Sembrava una novella Isotta, ma non bisognava farsi ingannare dalle
apparenze;
tanto aggraziata era la sua figura, tanto lei era d’indole
agguerrita e
volitiva. Hamish si considerava il meno appariscente dei tre. Lui e
John si
somigliavano parecchio. Erano entrambi non troppo alti, di ossatura
robusta,
chioma liscia e color del grano, labbra sottili. Gli occhi ed il naso,
però,
erano indubbiamente quelli di Sherlock ed Hamish ringraziava le leggi
della
genetica per quell’eredità. Inoltre, particolare
non irrilevante, a differenza
dei suoi fratelli lui poteva vantare un carattere ragionevolmente
equilibrato e
una certa dose di sanità mentale che loro decisamente non
possedevano.
Tanto per cambiare, erano
impegnati a portare avanti una sterile polemica come ogni mattina da
quando,
cinque anni prima, avevano cominciato a prendere la metropolitana tutti
insieme
per recarsi alla stessa scuola privata.
“Bosie”, Irene
pronunciò
ad alta voce il diminutivo sapendo quanto l’altro lo
detestasse, “sono stufa di
ripetertelo: l’eyeliner è mio e non si
tocca”.
“Ancora con questa
storia? Non c’entro nulla, sorellina; scommetto cinquanta
sterline che l’ha
requisito papà. Non gli garba che sua figlia vada in giro
con gli occhi
truccati come quelli di un procione”.
“Come osi?”
tuonò lei. “Sei
solo invidioso perché io posso metterlo e tu no!”
“Invidioso, io? Ma se mi
sta mille volte meglio che a te” scoppiò a ridere.
La gente pigiata addosso
a loro iniziava ad osservarli come fossero animali dello zoo, o
più
probabilmente fenomeni da baraccone, pensò Hamish in preda
allo sconforto.
Decise di intervenire prima che la discussione degenerasse.
“Ragazzi, per favore,
datevi una calmata. Irene, modera il tono di voce e non lanciare accuse
senza
alcuna prova concreta. Bos, non stuzzicare nostra sorella; e in ogni
caso, che
tu le abbia fregato l’eyeliner o meno, ricorda che non
è igienico utilizzare
cosmetici già usati da altre persone, quindi se proprio non
puoi farne a meno
compratene uno nuovo tutto per te”.
I fratelli fecero tanto
d’occhi ma non fiatarono, accettando la ramanzina con aria
contrita. Hamish
tirò un sospiro di sollievo. Sapeva farsi ubbidire, lui. Che
avesse preso da
zia Harriet?
Arrivati a scuola
trovarono ad aspettarli davanti al portone d’ingresso le loro
cugine, Caroline
e Margaret.
Erano nate un anno dopo i
gemelli, sicché sin da piccoli i rispettivi genitori avevano
preso l’abitudine
di farli giocare tutti e cinque insieme. Ben presto Boswell aveva
disertato i
loro divertimenti puerili per appassionarsi al mestiere del
papà detective, ma
ciò non aveva intaccato l’amicizia ed il legame di
parentela che li univa. Entrambe
le sorelle avevano ereditato i lineamenti delicati di Lestrade ed i
capelli
rossi, fini e leggerissimi di Mycroft. Possedevano un fascino
tipicamente
inglese, cui andavano aggiunte una grande espansività, una
risata argentina e
una deliziosa spruzzata di lentiggini su naso e gote che le rendevano
istintivamente simpatiche.
“Ciao ragazzi”
li accolse
Margaret.
“Bos, niente eyeliner
oggi? Nemmeno un po’ di matita? Male: hai degli occhi
meravigliosi, dovresti
truccarli più spesso” Caroline
apostrofò il cugino.
“Che ti dicevo,
sorellina?”
sibilò lui.
“Taci, pallone
gonfiato”
mormorò a denti stretti Irene.
“Ma non si stancano mai
di battibeccare?” Margaret sorrise complice ad Hamish.
“Pensa a me che li devo
sopportare anche a casa” si finse esasperato.
“Credo sia il loro modo di
volersi bene, un po’ come babbo e zia Harriet. Il problema
è che a volte, più
che un fratello, mi sembra di essere la loro balia”.
“E’ quello che
dice papà
quando lavora ad un caso con zio Sherlock e zio John”
ridacchiò la ragazzina.
“Ma chi, zio Mycroft o
zio Greg?”
“Tutti e due, adesso che
ci penso”.
“Harry, amore”.
Il cellulare di Molly
aveva preso a squillare proprio mentre lei stava illustrando a Lestrade
quanto
fossero state fatali le ventotto coltellate inferte al cadavere steso
sul
tavolo autoptico.
“Sì, in
effetti dovrei
averne ancora per due ore abbondanti. Dopo devo fare un salto a
ginecologia ché
ho due ecografie in programma… Certo che sarò a
casa per il tè. Passi tu in
lavanderia a ritirare il mio giubbotto? Quello blu imbottito, esatto.
Grazie,
sei un tesoro. No, la spesa la facciamo domani, in frigo
c’è cibo sufficiente
per stasera. A-ah. Ok. Devo riattaccare, Greg ha bisogno dei dati di
un’autopsia; te lo saluto, contaci. A più tardi,
Harry. Ti amo anch’io. Ciao.
Ciao”.
Rivolse all’ispettore uno
sguardo imbarazzato. “Scusami, mi dimentico sempre di
impostare la modalità
silenziosa quando lavoro”.
“Non preoccuparti, non ho
fretta” la rassicurò lui. “Come sta la
mogliettina, a proposito?”
Molly ed Harriet erano
sposate da ormai dieci anni, ma si comportavano come se vivessero in
un’eterna
luna di miele. Litigavano molto raramente, si colmavano di premure, si
davano
appuntamento durante le rispettive pause pranzo e in generale andavano
d’amore
e d’accordo. Poco prima che Irene ed Hamish compissero il
primo anno di età
erano andate si erano trasferite in una casa a schiera non troppo
lontana dal
221B di Baker Street perché
Harriet ci teneva a vedere il
più possibile i suoi nipotini.
“Smania per andare in
pensione e dedicarsi a tempo pieno al giardinaggio e a
Gladstone” sorrise
Molly, riferendosi al cucciolo di bulldog che lei e sua moglie avevano
adottato
di recente.
“Deve trattarsi di una
sindrome che colpisce gli ultracinquantenni, sai? Mi sembra di sentire
Mycroft.
Persino lui continua a ripetere che ne ha abbastanza delle beghe e dei
complotti di corte e che preferisce stare a casa a sfornare biscotti
con Meg e
Carol”.
“Dobbiamo stare in
campana,
tra qualche anno la crisi di mezz’età
toccherà anche a noi”.
“Poveri i nostri ragazzi
che ci dovranno sopportare”.
Scoppiarono a ridere.
“Bos?”
“Uhm?”
“Scusami per stamattina.
Papà ha confessato”.
“Lo sospettavo. Mi devi
cinquanta sterline”.
“Bos”.
“Che
c’è?”
“Ti voglio
bene”.
“Anche io, stupidotta.
Fatti abbracciare”.
Non si può dire addio ad
una storia senza ringraziare per bene le persone che ti hanno
sostenuto. Un
bacio grandissimo alle 15 persone che hanno recensito (Sabry93,
Padmini,
NomenOmen, bbbgster, Naco, Grinpow, SofiaAmundsen, Taila, irelin,
Sevvina,
Meramadia94, Deeryl, Selenina, kiba91, BlackCobra ) e alle 8
che hanno
inserito ‘Possibilità’ tra le Preferite (Gemini_no_Aki,
Glass Heart,
isteria, NomenOmen, Sabry93, SofiaAmundsen, SweetBalckDream98, Taila).
Un
abbraccio stritolante a Court che
ha
voluto Ricordarla ed infine ai miei 27 lettori (Black Knight,
BlackCobra, BritishBooks,
dalsia, Deeryl, fliflai, Frida Rush, gimbox, HexRose, irelin, Isidar23,
Kei
Sagano, Madame Plague, Miku Mercury, Naco, NomenOmen, punk92, rora17,
Rumy,
Sabry93, Selvy, senny, Sevvina, Shinku Rozen Maiden, TAKeRu_ECHY,
violet79,
_LadySlytherin_).
Grazie di cuore a tutti.
Ci rivedremo, forse, con un’altra storia…
Bye bye!