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Autore: Il_Genio_del_Male    02/11/2012    7 recensioni
L'avventura dell'allegra famigliola Watson-Holmes continua.
[Sequel di 'Imprevisti']
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Harriet Watson, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Mpreg
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- Questa storia fa parte della serie ''We're not a couple'. 'Yes you are'.'
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NOTE: Pensavate di esservi liberati di me, ammettetelo. Mi spiace deludervi, miei cari: sono tornata ancora una volta, l’ultima. Alcuni di voi me l’hanno chiesto ed io ho voluto accontentarli, sicché eccovi servito il settimo capitolo –ambientato, come recita il titolo, quindici anni dopo.

Buona lettura, ci si risente a fine capitolo per i ringraziamenti!

 

 

 

 

 

“Papàààààà!”

L’urlo belluino, a stento definibile umano, venne udito fino a Buckingham Palace e dintorni. La porta del bagno venne aperta dall’interno e poi sbattuta con una tale violenza da far tremare le pareti dell’intero appartamento; ne emerse un’adolescente bionda e visibilmente fuori di sé.

“Papà!” sbraitò nuovamente, e raggiunse a grandi passi la cucina adibita a laboratorio dove Sherlock era intento ad esaminare vetrini.

“Sì, Irene?” replicò impassibile senza distogliere lo sguardo dal microscopio.

“Non trovo più l’eyeliner, nel mio beautycase non c’è” spiegò bruscamente. “Non è che l’hai di nuovo preso in prestito a mia insaputa per analizzarne la composizione chimica?”

Il padre si decise a voltarsi verso di lei con un’espressione di innocente sorpresa dipinta in volto. “Mi dichiaro non colpevole, Vostro Onore” alzò le mani in segno di resa. “Prova a chiedere a tuo fratello, potrebbe rivelarsi un testimone chiave”.

Irene rifletté qualche istante sull’affermazione del detective. Poi, con rinnovata ferocia, fece dietrofront e si diresse verso la camera che condividevano i suoi due fratelli. “Boswell!” ululò.

Sherlock si rimise al lavoro, non riuscendo a trattenere un ghigno compiaciuto. In quel mentre John varcò la soglia della cucina, il cardigan abbottonato mezzo storto e gli occhi ancora gonfi di sonno.

“Che ha da urlare nostra figlia alle sette e mezza del mattino?” sbadigliò.

“Non trova il suo eyeliner”.

“Oh- aspetta, non è che glielo hai sgraffignato tu?” si mise sull’attenti.

“Incredibile come Irene ti assomigli” constatò, divertito.

John preferì ignorarlo.

“Dio non voglia che l’abbia preso Boswell, allora”.

Silenzio.

“Ce l’ho io, l’eyeliner di nostra figlia” confessò (prevedibilmente) lui, estraendo dalla tasca della vestaglia il corpo del reato. “Avrà il mio permesso di truccarsi per andare a scuola quando avrà compiuto diciotto anni, non prima” disse in tono definitivo.

“Ci avrei scommesso” sospirò l’altro. “Lei lo sa?”

“Fossi scemo. Le ho suggerito di chiedere a Boswell”.

“Ma perché, se è innocente? Ti sei dimenticato che l’ultima volta che si sono accapigliati a pagarne le conseguenze è stato il servizio da tè regalatoci da Mycroft per il matrimonio?” si mise le mani nei capelli.

“Fidati John, Boswell si sa difendere benissimo. Lo conosco, siamo due gocce d’acqua”.

“Ah beh, adesso sì che mi sento rassicurato”.

 

 

I tre fratelli Watson-Holmes entrarono nel vagone della metropolitana, che a quell’ora era stipata di lavoratori e studenti come loro. Gli altri passeggeri si fecero da parte per lasciarli passare, abbagliati dalla bellezza tipicamente anglosassone e al tempo stesso quasi esotica dei ragazzi.

Boswell era sicuramente quello che attirava più sguardi, con la sua altezza esagerata, gli occhi così azzurri e penetranti, la massa di riccioli scuri e la pelle chiarissima esaltati dalla stoffa blu marine del blazer della divisa. Era la copia vivente di Sherlock e ne aveva ereditato anche la mente analitica. Irene era altrettanto avvenente: lunghi capelli biondi e delicatamente ricci, gli stessi enormi occhi blu cupo di Harriet e una bocca sensuale, con l’arco di Cupido prominente. Sembrava una novella Isotta, ma non bisognava farsi ingannare dalle apparenze; tanto aggraziata era la sua figura, tanto lei era d’indole agguerrita e volitiva. Hamish si considerava il meno appariscente dei tre. Lui e John si somigliavano parecchio. Erano entrambi non troppo alti, di ossatura robusta, chioma liscia e color del grano, labbra sottili. Gli occhi ed il naso, però, erano indubbiamente quelli di Sherlock ed Hamish ringraziava le leggi della genetica per quell’eredità. Inoltre, particolare non irrilevante, a differenza dei suoi fratelli lui poteva vantare un carattere ragionevolmente equilibrato e una certa dose di sanità mentale che loro decisamente non possedevano.

Tanto per cambiare, erano impegnati a portare avanti una sterile polemica come ogni mattina da quando, cinque anni prima, avevano cominciato a prendere la metropolitana tutti insieme per recarsi alla stessa scuola privata.

“Bosie”, Irene pronunciò ad alta voce il diminutivo sapendo quanto l’altro lo detestasse, “sono stufa di ripetertelo: l’eyeliner è mio e non si tocca”.

“Ancora con questa storia? Non c’entro nulla, sorellina; scommetto cinquanta sterline che l’ha requisito papà. Non gli garba che sua figlia vada in giro con gli occhi truccati come quelli di un procione”.

“Come osi?” tuonò lei. “Sei solo invidioso perché io posso metterlo e tu no!”

“Invidioso, io? Ma se mi sta mille volte meglio che a te” scoppiò a ridere.

La gente pigiata addosso a loro iniziava ad osservarli come fossero animali dello zoo, o più probabilmente fenomeni da baraccone, pensò Hamish in preda allo sconforto. Decise di intervenire prima che la discussione degenerasse.

“Ragazzi, per favore, datevi una calmata. Irene, modera il tono di voce e non lanciare accuse senza alcuna prova concreta. Bos, non stuzzicare nostra sorella; e in ogni caso, che tu le abbia fregato l’eyeliner o meno, ricorda che non è igienico utilizzare cosmetici già usati da altre persone, quindi se proprio non puoi farne a meno compratene uno nuovo tutto per te”.

I fratelli fecero tanto d’occhi ma non fiatarono, accettando la ramanzina con aria contrita. Hamish tirò un sospiro di sollievo. Sapeva farsi ubbidire, lui. Che avesse preso da zia Harriet?

 

 

Arrivati a scuola trovarono ad aspettarli davanti al portone d’ingresso le loro cugine, Caroline e Margaret.

Erano nate un anno dopo i gemelli, sicché sin da piccoli i rispettivi genitori avevano preso l’abitudine di farli giocare tutti e cinque insieme. Ben presto Boswell aveva disertato i loro divertimenti puerili per appassionarsi al mestiere del papà detective, ma ciò non aveva intaccato l’amicizia ed il legame di parentela che li univa. Entrambe le sorelle avevano ereditato i lineamenti delicati di Lestrade ed i capelli rossi, fini e leggerissimi di Mycroft. Possedevano un fascino tipicamente inglese, cui andavano aggiunte una grande espansività, una risata argentina e una deliziosa spruzzata di lentiggini su naso e gote che le rendevano istintivamente simpatiche.

“Ciao ragazzi” li accolse Margaret.

“Bos, niente eyeliner oggi? Nemmeno un po’ di matita? Male: hai degli occhi meravigliosi, dovresti truccarli più spesso” Caroline apostrofò il cugino.

“Che ti dicevo, sorellina?” sibilò lui.

“Taci, pallone gonfiato” mormorò a denti stretti Irene.

“Ma non si stancano mai di battibeccare?” Margaret sorrise complice ad Hamish.

“Pensa a me che li devo sopportare anche a casa” si finse esasperato. “Credo sia il loro modo di volersi bene, un po’ come babbo e zia Harriet. Il problema è che a volte, più che un fratello, mi sembra di essere la loro balia”.

“E’ quello che dice papà quando lavora ad un caso con zio Sherlock e zio John” ridacchiò la ragazzina.

“Ma chi, zio Mycroft o zio Greg?”

“Tutti e due, adesso che ci penso”.

 

 

“Harry, amore”.

Il cellulare di Molly aveva preso a squillare proprio mentre lei stava illustrando a Lestrade quanto fossero state fatali le ventotto coltellate inferte al cadavere steso sul tavolo autoptico.

“Sì, in effetti dovrei averne ancora per due ore abbondanti. Dopo devo fare un salto a ginecologia ché ho due ecografie in programma… Certo che sarò a casa per il tè. Passi tu in lavanderia a ritirare il mio giubbotto? Quello blu imbottito, esatto. Grazie, sei un tesoro. No, la spesa la facciamo domani, in frigo c’è cibo sufficiente per stasera. A-ah. Ok. Devo riattaccare, Greg ha bisogno dei dati di un’autopsia; te lo saluto, contaci. A più tardi, Harry. Ti amo anch’io. Ciao. Ciao”.

Rivolse all’ispettore uno sguardo imbarazzato. “Scusami, mi dimentico sempre di impostare la modalità silenziosa quando lavoro”.

“Non preoccuparti, non ho fretta” la rassicurò lui. “Come sta la mogliettina, a proposito?”

Molly ed Harriet erano sposate da ormai dieci anni, ma si comportavano come se vivessero in un’eterna luna di miele. Litigavano molto raramente, si colmavano di premure, si davano appuntamento durante le rispettive pause pranzo e in generale andavano d’amore e d’accordo. Poco prima che Irene ed Hamish compissero il primo anno di età erano andate si erano trasferite in una casa a schiera non troppo lontana dal 221B di Baker Street perché Harriet ci teneva a vedere il più possibile i suoi nipotini.

“Smania per andare in pensione e dedicarsi a tempo pieno al giardinaggio e a Gladstone” sorrise Molly, riferendosi al cucciolo di bulldog che lei e sua moglie avevano adottato di recente.

“Deve trattarsi di una sindrome che colpisce gli ultracinquantenni, sai? Mi sembra di sentire Mycroft. Persino lui continua a ripetere che ne ha abbastanza delle beghe e dei complotti di corte e che preferisce stare a casa a sfornare biscotti con Meg e Carol”.

“Dobbiamo stare in campana, tra qualche anno la crisi di mezz’età toccherà anche a noi”.

“Poveri i nostri ragazzi che ci dovranno sopportare”.

Scoppiarono a ridere.

 

 

“Bos?”

“Uhm?”

“Scusami per stamattina. Papà ha confessato”.

“Lo sospettavo. Mi devi cinquanta sterline”.

“Bos”.

“Che c’è?”

“Ti voglio bene”.

“Anche io, stupidotta. Fatti abbracciare”.

 

 

 

 

Non si può dire addio ad una storia senza ringraziare per bene le persone che ti hanno sostenuto. Un bacio grandissimo alle 15 persone che hanno recensito (Sabry93, Padmini, NomenOmen, bbbgster, Naco, Grinpow, SofiaAmundsen, Taila, irelin, Sevvina, Meramadia94, Deeryl, Selenina, kiba91, BlackCobra ) e alle 8 che hanno inserito ‘Possibilità’ tra le Preferite (Gemini_no_Aki, Glass Heart, isteria, NomenOmen, Sabry93, SofiaAmundsen, SweetBalckDream98, Taila). Un abbraccio stritolante a Court che ha voluto Ricordarla ed infine ai miei 27 lettori (Black Knight, BlackCobra, BritishBooks, dalsia, Deeryl, fliflai, Frida Rush, gimbox, HexRose, irelin, Isidar23, Kei Sagano, Madame Plague, Miku Mercury, Naco, NomenOmen, punk92, rora17, Rumy, Sabry93, Selvy, senny, Sevvina, Shinku Rozen Maiden, TAKeRu_ECHY, violet79, _LadySlytherin_).

Grazie di cuore a tutti. Ci rivedremo, forse, con un’altra storia…

Bye bye!

   
 
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