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Autore: TheSlayer    04/11/2012    2 recensioni
Rebecca è una ragazza viziata di Los Angeles. Ha vissuto per tutta la sua vita in un'enorme villa a Beverly Hills ed è abituata a fare tutto quello che vuole senza nessuna conseguenza.
Quando organizza l'ennesima festa, però, sua madre la scopre e ne ha abbastanza. Per punizione la spedisce a vivere a Londra da suo padre, dove dovrà passare un'estate completamente diversa dal solito e dove incontrerà due ragazzi che le faranno perdere la testa. In tre mesi Rebecca dovrà cambiare vita e prendere una decisione importante: chi sceglierà tra Zayn e Harry?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Another World'
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Another World

Capitolo 3 – Babysitting ain’t easy

 

“Rebecca!” Mi chiamò mio padre la mattina seguente. Mi sentivo come se mi fossi appena addormentata e, probabilmente, era così. Aprii gli occhi e lo trovai in camera mia, di fronte al mio letto, già vestito di tutto punto per andare al lavoro.
“Cosa c’è?” Chiesi.
“Svegliati, tra un’ora devi essere a casa dei Malik a fare la baby sitter.” Annunciò mio padre, dando un morso ad un croissant.
“Ma papà, sono le sette del mattino…” Protestai.
“I Malik escono presto. Forza, fuori dal letto. Anne ti spiegherà tutto mentre fai colazione, io devo andare al lavoro.”
 “Buona giornata, eh.” Dissi con sarcasmo. Mio padre si fermò un secondo sulla soglia della porta e mi sorrise.
“Grazie. Anche a te.” Rispose e poi uscì. Non aveva decisamente capito che in realtà, quello che intendevo era ‘vorrei che la tua giornata facesse schifo almeno quanto lo farà la mia’.
 
Scesi a fare colazione e trovai Harry e sua madre al tavolo della cucina. Nei loro piatti c’erano salsiccia, fagioli, bacon e altre schifezze.
“Non c’è nulla di sano?” Chiesi, sedendomi.
“Nell’armadietto ci sono dei cereali, se vuoi. Il latte è nel frigo.” Mi rispose Anne. Latte e cereali? Sempre meglio di salsiccia e fagioli alle sette del mattino. Cosa mangiavano a mezzogiorno, se quella era la loro colazione?
Mi alzai per prendere la scatola e la ciotola e mi risedetti di fianco ad Harry, cercando di ignorare il contenuto del suo piatto. Cercai di ignorare soprattutto Harry, a dire il vero.
“So che tuo padre non ha fatto in tempo a spiegarti come raggiungere la casa dei Malik.” Disse Anne.
“Esatto.” Risposi.
“Non è lontano da qui. Devi andare a prendere la metro a Notting Hill Gate e scendere due fermate dopo, a Shepherd’s Bush…” Cominciò a spiegare Anne. Mi guardai intorno, un po’ in imbarazzo. Lei dava per scontato che io sapessi come prendere la metro da sola e come trovare una casa?
“Non preoccuparti, mamma, la accompagno io oggi. Tanto è presto per andare in panetteria, faccio in tempo, così le spiego come si usa la metro e tutto.” Si offrì Harry. Lo guardai, sorpresa. Pensavo che non mi avrebbe mai più rivolto la parola dopo il modo in cui l’avevo trattato la sera prima. O almeno lo speravo.
“Grazie.” Dissi. Harry non rispose.
“Perfetto. Allora quando arriverai dai Malik, Tricia ti spiegherà tutto.” Mi disse Anne.
Finimmo tutti la colazione e tornai in camera mia per finire di prepararmi.
 
Quando tornai giù, Harry mi stava aspettando in soggiorno.
“Pronta?” Mi chiese. Annuii e lo seguii fuori dalla porta. Non disse una parola finché non arrivammo alla fermata della metro e mi spiegò che avrei avuto bisogno di una Oyster Card per caricare l’abbonamento. Mi aiutò a comprarne una e poi mi mostrò dove dovevo appoggiarla per fare aprire i tornelli.
“Shepherd’s Bush è a due fermate da qui. E’ veloce.” Mi disse quando salimmo sulla metro. “E’ inutile che ci sediamo.” Aggiunse quando vide che stavo andando a prendere un posto. Tornai indietro e lo seguii quando la metro si fermò. Tornammo in superficie e mi accompagnò davanti alla casa di questi Malik.
“E’ questa?” Chiesi.
“Sì. Ti ricordi come si torna a casa?” Mi domandò.
“Penso di sì.”
“In ogni caso, dammi il tuo telefono. Ti salvo il mio numero, così puoi chiamarmi se ti perdi.”
“Grazie.”
“A dopo.”
Guardai Harry allontanarsi e salii i tre scalini che mi separavano dalla porta d’ingresso della casa. Suonai il campanello ed attesi.
“Ciao, tu devi essere Rebecca, giusto?” Mi chiese una donna dopo aver aperto la porta. Annuii e mi fece entrare. “Piacere di conoscerti, io sono Tricia.” Aggiunse e mi porse la mano.
“Piacere.” Risposi, stringendola.
“Anne mi ha parlato molto bene di te.” Disse mentre mi faceva strada verso la cucina. Ci sedemmo al tavolo e cominciò a spiegarmi cosa avrei dovuto fare. “Waliyha ha dieci anni, mentre Safaa ne ha otto. Non dovrebbero darti nessun problema, sono bambine piuttosto indipendenti. Ho già preparato il pranzo ed è nel frigo, devi solo scaldarlo nel microonde a mezzogiorno. Ho preparato qualcosa anche per te, spero che ti piaccia il pollo con le patate.” Aggiunse. Facevo quasi fatica a seguirla e mi ero già dimenticata i nomi delle bambine.
“Sì, certo.” Risposi.
“Perfetto. Sul frigo ho attaccato un foglio con tutto quello che devi sapere. Ci sono tutti i numeri che puoi chiamare in caso di emergenza, le allergie delle bambine e i compiti che devono fare. Ti sarei davvero grata se le aiutassi.”
“Ok.”
“Zayn, il mio altro figlio, tornerà oggi pomeriggio dal lavoro.”
“Ok.” Ripetei, pensando che in quella famiglia amavano i nomi strani.
“Io devo scappare. Le bambine sono ancora a letto, dovrebbero svegliarsi tra mezz’oretta. La loro camera è la prima a destra, al piano di sopra.” Disse Tricia prima di uscire di casa. “Ricordati di guardare il foglio sul frigo se hai qualsiasi dubbio e grazie!” Aggiunse e chiuse la porta, lasciandomi sola in quella casa sconosciuta. Mi alzai e andai a leggere quello che aveva scritto sul foglio. C’era una lista infinita di numeri di telefono, compiti e medicine che dovevano prendere le bambine.
“Medicine?” Mormorai tra me e me. Non vedevo l’ora di fare la babysitter a due mostriciattoli e per giunta anche malati.
Tornai in soggiorno e mi abbandonai sul divano, dove cominciai a giocare con il mio iPhone. Tanto avevo ancora mezz’ora di libertà, no?
 
Ero nel bel mezzo di un’esaltante partita di Fruit Ninja con uno sconosciuto, quando dalle scale scesero le due bambine in pigiama, avvolte in due coperte di lana. Alzai lo sguardo dallo schermo del telefono e notai che non avevano una bella cera.
“Tu sei Rebecca?” Mi chiese quella che sembrava la più piccola. Lanciai un’occhiata alla partita e notai che il mio sfidante mi aveva stracciata. Beh, grazie tante, mocciose.
“In carne ed ossa.” Risposi.
“La mamma ci ha detto che ti avremmo trovata qui. Ci puoi aiutare a preparare la colazione?”
Bene, ero completamente spacciata. Non avevo mai nemmeno acceso un fornello. In Inghilterra avrebbero potuto arrestarmi per aver dato fuoco ad una casa durante il mio primo giorno di lavoro? Speravo di no. L’arancione della tuta da carcerato non mi avrebbe donato. Ma poi in Inghilterra usavano le stesse orribili tute dell’America? Beh, ero intenzionata a non scoprirlo. Abbandonai la partita a Fruit Ninja, immaginando gli insulti del mio avversario, per aver lasciato un match che stava vincendo, e mi avviai verso la cucina.
Mi guardai intorno, disorientata.
“Cosa mangiate di solito?” Chiesi, sperando che la risposta fosse ‘latte con i cereali’ e non ‘colazione inglese’.
“La mamma ci ha detto che sei americana. Ci fai i pancakes?” Mi chiese la più grande.
“Ehm, certo.” Risposi, cominciando ad aprire gli armadietti per trovare il preparato per pancakes. Nemmeno l’ombra.
“Sapete cosa?” Chiesi improvvisamente alle bimbe, che mi guardarono con gli occhioni sgranati. “Siete malate, non credo che i pancakes vi facciano bene. Perché non bevete una bella tazza di latte caldo con i cereali?” Chiesi, sperando che avessero in casa almeno una misera scatola di Froot Loops.
“Vogliamo i pancakes!” Urlò la bambina più piccola. La maledissi mentalmente e mi costrinsi a sorridere.
“Non ci sono gli ingredienti.” Le feci notare.
“Vai a comprarli.” Mi rispose quella più grande. Quelle due erano un’associazione per delinquere.
“D’accordo…” Dissi rassegnata e presi la giacca dal divano, dove l’avevo lasciata. Dovevo riuscire a trovare uno stupido supermercato nel quartiere. “Torno tra poco.” Dissi alle bambine e aprii la porta di casa.
“Scusa, tu non sei la babysitter?” Mi chiese un ragazzo.
“Ce l’ho scritto in faccia, per caso?” Ribattei piccata. Andavamo proprio bene. Se la gente cominciava a scambiarmi automaticamente per una babysitter voleva dire che avevo perso tutto lo ‘splendore’ di Beverly Hills.
“No, sono il fratello di Safaa e Waliyha.” Rispose il ragazzo. In effetti assomigliava alle bambine. Avevano gli occhi dello stesso color caramello, dal taglio a mandorla, e i capelli scuri. Solo che lui aveva un ciuffo biondo.
“Zayn. Sono Rebecca.” Dissi presentandomi, fiera di ricordarmi il nome che mi aveva detto sua madre prima di uscire.
“Sì, ma tu dove stavi andando?” Mi chiese sospettoso.
“A comprare il preparato per pancakes per le tue sorelle. A proposito, hai qualche sterlina?”
Vidi Zayn portarsi una mano alla fronte in un gesto sconsolato. Ok, forse chiedere soldi al primo incontro non era una cosa educata, ma si trattava delle sue sorelle!
“Tu stavi lasciando in casa da sole due bambine?” Mi chiese ancora.
“Me l’hanno chiesto loro.” Risposi infastidita.
“Non hai mai fatto la babysitter prima d’ora, vero?”
“E’ arrivato Capitan Ovvio…” Risposi e roteai gli occhi al cielo. “Quindi posso andare a comprare questo preparato per pancakes o no? Anzi, ora che sei qui potresti anche fare tu la colazione alle tue sorelle.”
“Va beh, sei fortunata perché il negozio di musica in cui lavoro oggi apre più tardi, quindi posso aiutarti.” Rispose Zayn. Salì i gradini che ci separavano ed entrò. “Almeno posso assicurarmi che non darai fuoco alla mia casa.” Aggiunse sottovoce.
“Ti ho sentito.” Lo rimproverai e lo seguii, squadrandolo. Non aveva di certo un brutto didietro. Anzi, era proprio carino. Lui, ovviamente, si girò e mi beccò mentre osservavo il suo sedere ed arrossì violentemente. Perfetto, era anche timido.
“Zayn!” Le bambine urlarono e gli corsero incontro. Lui le abbracciò entrambe e trasportò la più piccola in cucina, mentre l’altra lo seguì saltellando.
“Non abbiamo comprato il preparato.” Dissi entrando in cucina con loro.
“Non ce n’è bisogno, ci sono tutti gli ingredienti in casa.” Rispose aprendo il frigorifero e prendendo uova, latte e burro. Poi aprì un armadietto ed estrasse farina, lievito, zucchero e sale.
“Cosa devo fare?” Chiesi, sentendomi a disagio.
“Rompi le uova in quella terrina, per favore. E separa gli albumi dai tuorli.” Rispose come se fosse la cosa più naturale del mondo. Perché un ragazzo sapeva cucinare e io non avevo nemmeno la più pallida idea di che cosa stesse parlando?
Presi le uova e le trasportai vicino alla terrina senza romperne nessuno. Era già un grande passo per me.
“E’ rotto?” Mi chiese Zayn quando notò che ne stavo osservando uno con aria inquisitoria.
“Non ancora.” Risposi, meditando su come ucciderlo senza fare un casino colossale. L’uovo, non Zayn.
“Devi sbatterlo sul bordo della terrina.” Disse Waliyha, spuntandomi dietro e spaventandomi. Lasciai cadere l’uovo, che si schiantò sul pavimento, schizzando su tutti i mobili intorno.
“Merda!” Imprecai. Zayn mi guardò malissimo e mi coprii la bocca con una mano.
In quel momento entrò un cane – ma da dove era spuntato? – e cominciò a leccare il pavimento.
“No, no, no!” Zayn urlò e lo tirò indietro, prendendolo per il collare. Waliyha prese un pezzo di carta assorbente e pulì il disastro che avevo combinato. Quando mi girai di nuovo verso la terrina, scoprii con stupore che Safaa, la bambina di otto anni, aveva rotto e separato le uova con successo.
“Perfetto.” Mormorai, sentendomi completamente fuori posto. A Beverly Hills questi lavori li faceva la cuoca, non io. Io mangiavo il risultato ed esprimevo il mio giudizio.
“Non preoccuparti, non è successo nulla di grave.” Mi disse Zayn dopo un po’. “Però forse è meglio se ti siedi e aspetti che siano pronti?” Suggerì con un sorriso. Non potei fare a meno di notare quanto i suoi denti fossero bianchi e perfetti. Era ancora più carino quando sorrideva.
“Ok.” Risposi e mi lasciai cadere su una sedia. Il cane mi si avvicinò e mi appoggiò il muso su una gamba. Osservai Zayn e le sue sorelle cucinare e provai una punta di invidia. Ero figlia unica e non avevo mai fatto nulla di simile con la mia famiglia. Mia madre non aveva mai cucinato in tutta la sua vita.
“Eccoli qui!” Esclamò Zayn compiaciuto, presentando un piatto pieno di pancakes sul tavolo. Le bambine presero lo sciroppo d’acero e li inondarono. “Ne vuoi uno?” Mi chiese.
“No, grazie. Ho già fatto colazione.” Risposi, ripensando all’orrore che avevo provato guardando il piatto di Harry e sua madre quella mattina. Harry…
Sospirai e guardai Zayn che interagiva con le sue sorelle. Stava mettendo dei pancakes in più piatti e le stava aiutando a tagliare fettine di banane per decorarli.
“E questo è un pancake sorridente.” Disse e Safaa sorrise, soddisfatta.
“Sei tenero con le tue sorelle.” Mi sfuggì prima che potessi fermarmi. Zayn arrossì di nuovo e mi rivolse un timido sorriso.

   
 
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