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Autore: indiceindaco    07/11/2012    3 recensioni
Quando cala il sipario, ed il pubblico abbandona le poltroncine in velluto rosso, ed il brusio della gente si fa fioco, sempre più fioco, cosa succede dietro le quinte? Ad ormai quattro anni dall'uscita dell'ultimo libro, dall'ultima pagina voltata con emozione, aspettativa, malinconia, da quell'ultima frase che ha commosso tutti, nel bene e nel male. Il sipario è calato, il teatro è già stato ripulito, eppure no, non è finita qui.
Harry, Ron ed Hermione, ancora insieme si trovano ad affrontare la vita, quella vera, quella oltre le quinte di scena. E tanti cambiamenti si prospettano all'orizzonte. Scelte da prendere, scelte da rimandare, scelte in cui perdersi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry, Remus/Sirius, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo, Più contesti
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IX. Qualunque cosa accada

 

"Il proiettile corre e non sa se ammazzerà qualcuno o finirà nel nulla, 

ma intanto corre e nella sua corsa è già scritto 

se finirà a spappolare il cuore di un uomo o a scheggiare un muro qualunque.

Lo vede il destino?

Tutto è già scritto eppure niente si può leggere."

 

 A. Baricco

 

18.45, il tempo ticchettava inconsistente, sembrava non raggiungesse l'udito di Draco.

Era seduto, adesso, nella sua giacca da camera scura, le gambe accavallate.

Il suo sguardo perso nel bicchiere ambrato di Fire Whiskey, che oscillava docilmente, cullato dai movimenti della sua mano.

Il camino crepitava come fosse l'unico rumore concessogli.

Non sentì il rumore incerto dei passi, né l'esitare degli occhi sulle sue mani, non sentì il tremare delle labbra di Blaise, prima ancora che parlasse.

Il ragazzo si avvicinò, silenziosamente, fino ad accovacciarsi ad un lato della duchesse. Poggiò una mano sul bracciolo.

Ma ancora Draco non lo sentiva.

-Mi dispiace…

Nessuna reazione, nessun movimento, neppure un impercettibile cambiamento nel ritmo del respiro.

Blaise sapeva che quello significava ciò che s'era aspettato nel momento stesso in cui Narcissa aveva varcato la soglia di Malfoy Manor per l'ultima volta.

Draco non si sarebbe infuriato, non gli avrebbe lanciato contro maledizioni o oggetti contundenti, non avrebbe urlato.

-Penserai che sono un essere orribile, ad aver lasciato che la portassero via. Penserai che sono un amico spregevole, nemmeno degno di questo nome. Penserai che non dovrei essere qui, che non avrei mai dovuto esserci, ma vedi, Draco…Potrai urlarmi contro, potrai pestarmi a sangue, potrai anche non parlarmi mai più, ed io lo capirei. Capirei qualsiasi reazione da parte tua, la accetterei, e rimarrei. 

Ti ho ferito, deluso e tradito. Ma confido nel fatto che tu capisca, un giorno, che il mio agire era volto a non farti soffrire più di quanto tu non abbia già sofferto.- Blaise fece una pausa, mentre Draco poggiava il bicchiere ormai vuoto sul tavolino, poi riprese:

-Narcissa era malata, peggiorava di giorno in giorno, e stava trascinando anche te nel baratro. Hai sacrificato il tuo futuro per lei, e questo è ammirevole. Sei stato disposto a rinunciare ai tuoi progetti accettando una proposta assurda, solo per permetterle di rivedere Lucius, fra cinque anni. Ripeto, è ammirevole ma…è sbagliato. È malsano, Draco. Come malsana era l'aria che respiravi qui dentro. Io l'ho fatto per il tuo bene, nient'altro m'avrebbe spinto ad un'azione del genere. So che non è facile per te accettare il fatto che non sia più qui, so che ti sentirai tremendamente solo e so, anche se non me lo dici, che hai paura. Ed è per questo che resterò al tuo fianco, sempre, anche se mi caccerai. 

Draco lo guardò finalmente. Il mercurio tagliente, solido di mille lame ghiacciate.

Blaise tentò di definire quell'espressione, nella sua mente, ma senza successo.

Il silenzio annacquò i polmoni di entrambi, condensandosi in quello sguardo di tempesta mansueta, avrebbero potuto annegarci dentro se Draco non lo avesse trafitto:

-Non parlare di lei come se fosse morta. Volevo solo salutarla, Blaise. Salutare mia madre. L'unica persona al mondo che si sia mai curata davvero di me. Ma cosa puoi sapere tu, di cosa sia una madre?

Le parole velenose fecero tremare le labbra di Blaise, di nuovo.

Questo si alzò come un animale ferito, salvo poi accomodarsi sulla poltrona di fronte all'amico.

-Non è ferendo me che starai meglio. È vero, io ho perso mia madre quando ero ancora piccolo, tanto da non ricordarne la voce. Ma non per questo ignoro cosa sia l'amore di una madre. L'ho visto tante volte negli occhi di Narcissa, quando il suo sguardo si posava su di te. E non sai quante volte ti ho invidiato, per questo. Ma quello sguardo non c'era più, da tre mesi a questa parte, e tu non sembravi accorgertene. Hai continuato a far finta di niente, hai continuato ad essere il figlio che aveva bisogno di quello sguardo, anche quando lei aveva smesso di essere la madre sempre pronta a donartelo.

Io sono qui per aiutarti, Draco. Sei stato tu a concedermi di farlo, ho raccolto la tua debolezza e l'ho trasformata in forza, tante di quelle volte da non riuscire più a contarle. Sono stato la tua spalla, il tuo migliore amico, nonostante tutto. E ti ho sempre accettato, con i tuoi sbalzi d'umore, il tuo sarcasmo urticante e la tua noncuranza verso gli altri, anche verso di me. Ho sopportato il tuo orgoglio, i tuoi capricci ed i tuoi sberleffi, quando ancora eravamo bambini. Poi siamo cresciuti, ed ero ancora lì. Anche quando ti chiudevi a riccio e sbattevi la porta in faccia al mondo. Anche quando nessuno ti accettava, anche quando Lucius voleva cambiarti e ne soffrivi. 

Gli occhi di Draco tornarono ad essere ciechi, persi sul pavimento, viscosi. Le labbra di strinsero in una smorfia amara.

-Ed in cambio ho ricevuto l'affetto, la lealtà di un amico come ce ne sono pochi. In cambio mi è stato concesso di conoscere una persona straordinaria, che si nasconde dal mondo, ma che si è aperta a me. E ringrazio ogni giorno per questa tua concessione. Perché se non avessi avuto te, non so cos'avrei fatto. Guardami, Draco.- Blaise prese il mento dell'amico fra le mani, costringendolo a guardarlo negli occhi.

-Mio padre è in prigione, molto probabilmente nella cella accanto a quella di Lucius. Mia madre è morta, quando avevo cinque anni. Dei miei parenti nemmeno l'ombra. Se non ci fossi stato tu, anch'io mi sarei abbandonato a me stesso, avrei rinunciato ai miei sogni, alla vita. Invece tu, subito dopo il diploma, mi hai sbattuto sul tavolo un libro di test per Medimagia e mi hai risollevato. Ora tocca a me risollevarti, e ti prego di credermi quando ti dico che l'ho fatto per il tuo bene. Posso aver sbagliato, averti ferito, decidendo al tuo posto e non concedendoti di salutarla. Può essere sbagliato il modo, ma l'intenzione era sincera, buona e volta al vederti, una volta tanto, felice. Per cui, no…non me ne andrò, nemmeno se mi costringessi a farlo.

Draco chiuse gli occhi, mentre la mano di Blaise abbandonava il suo viso. Poi sospirò e la sua espressione si distese.

Quando dischiuse le palpebre Blaise era ancora lì a guardarlo, a sperare non si fosse infranto tutto fra loro, e Draco sapeva che sarebbe rimasto, a prescindere dalla durata dell'oscurità nei propri occhi grigi. Con un sorriso di gratitudine, tutta la rabbia ormai evaporata chissà dove, chinò il capo, come a voler nascondere quella commozione.

Blaise lo affiancò sulla duchesse, una mano sul suo ginocchio. 

-Vedrai che da adesso tutto andrà meglio.- disse, con un sorriso.

 

***

 

Harry diede un colpo di bacchetta al lavello, svogliato. Per tutta risposta quello gorgogliò sgangherato, lasciando scorrere l'acqua, nello stesso istante una spugna marrone si sollevò a mezz'aria e iniziò a sfregare le stoviglie.

Benedì mentalmente la signora Weasley per le lezioni estive di magia domestica.

Seduto al tavolo ascoltava assorto quell'insolita orchestra di tintinnii, spumeggi e sgocciolii, che avevano un che di magnetico ed ipnotico.

Ultimamente lasciava la mente in stand-by un po' troppo spesso per i suoi gusti, lui che era un abitué dei pruriti al cervello.

C'erano tanti interrogativi che fluttuavano e piroettavano di fronte a lui, ed Harry, mano sul mento e gomito scivolato sul legno screpolato del tavolo, non faceva che sbuffare e lasciare che si dissolvessero, come le bolle di sapone che s'innalzavano dal suo lavandino in quel momento.

Eppure qualcosa di pungente c'era, proprio lì, nella tempia sinistra.

Per sua sfortuna quel qualcosa aveva un nome ed un cognome. Ronzava e sibilava fastidioso, pur di farsi notare. D'altronde era sempre stato così dispettosamente presente:

Draco Malfoy.

Per l'esattezza le domande di Harry si limitavano a due, secondo una sua attenta analisi:

Uno, perché Malfoy avesse scelto di intraprendere la carriera da Auror. Due, cosa diavolo voleva da lui?

Per quanto ci rimuginasse sopra Harry non si risolveva a trovar risposta.

E dire che di cose a cui pensare ne aveva eccome! Avrebbe dovuto contattare Ginny, per parlarle un po', chiederle come se la stesse cavando tutta sola ad Hogwarts, raccontarle delle sue giornate. Avrebbe dovuto andar a trovare i Weasley, chiacchierare un po' con Ron, vedere Hermione per chiederle della sua serata con il migliore amico, sapere se fra quei due fosse finalmente scoccata la tanto attesa -da tutti, nessuno escluso- scintilla.

E invece? Bhe, invece se ne stava seduto al tavolo della cucina, in un Grimmauld Place che era ormai albergo a cinque stelle per gli acari, a rimuginare su Malfoy. Sulla totale mancanza di senso delle sue parole, azioni, espressioni. Sullo sconclusionato comportamento che aveva nei suoi confronti. Sul quell'essere lunatico fino alla nausea. Sull'essersi intrufolato nella sua vita senza aver neppure bussato, né -figuriamoci- aver chiesto il permesso. 

Su quei dannati occhi grigi che senza motivo avevano deciso di incollarsi ai suoi. E su quella risata che, a volersi concentrare solo un po', riusciva ancora a sentire.

Pensò alla sfida accettata: concedere un'intervista a quell'arpia smaltata della Parkinson. In quel momento non seppe neanche perché avesse detto di sì. Malfoy aveva la naturale capacità di scollegarlo alla razionalità. Era irrimediabilmente irritante.

Si grattò la testa con forza, quasi a voler scacciare quei pensieri che si arrotolavano su se stessi, senza motivo.

Poi suonarono alla porta.

 

***

 

-Mi piacerebbe recuperarlo un giorno…

Le labbra guizzarono su un sorriso timido.

-Giura che lo lascerai lì e non leggerai nemmeno una riga!

Lo sguardo aggrottato, tremendamente serio per quell'età.

-Giuro solennemente…

-Conosco perfettamente l'ultima parte, grazie. 

Un broncio infantile, che sapeva farlo impazzire.

I capelli corvini solleticarono le guance dell'altro, forse bambino, ma già cresciuto troppo in fretta.

-Lo lasceremo lì, il tuo prezioso diario. E tra dieci anni lo rileggeremo, insieme, d'accordo?

Gli occhi luminosi sulla tempesta.

-Dieci anni, allora.

-Dieci anni.- confermò la voce più forte fra le due.

Uno sciocco, poi un sospiro.

Leggero come la bruma di quella notte, quel bacio.

-Qualunque cosa accada?

-Qualunque cosa accada.

Si fanno promesse, guardandosi negli occhi, anche se si è troppo ciechi per indovinare il domani. 

Si giura per sempre, anche se è già passato.

 

***

 

Blaise agguantò il bicchiere, gli occhi che pizzicavano.

Per poco non si strozzava, e l'acqua fresca gli parve più che una benedizione.

-Ora ricordo perché, da quando non ci sono più gli elfi, non ho più cenato qui…- disse con un filo di voce.

Draco alzò gli occhi dal piatto, stizzito.

-"Resterò al tuo fianco"…- lo rimbeccò Draco, scimmiottando la sua voce. 

-Avrei dovuto specificare: non durante i pasti, se a cucinare sei tu.- disse Blaise tradendo il divertimento nella propria voce.

Draco lo guardò risentito. Se c'era una cosa che odiava era cucinare, ed essere criticato per l'odio che riusciva a infondere nelle costolette di maiale, lo irritava a dismisura.

-Potresti impugnare il mestolo tu qualche volta, eh, grande chef!- disse, infilzando le verdure, più che crude.

Blaise rise, con la sua voce profonda e scura.

-Oh, il mio migliore amico gay, specifico, che mi chiede di impugnare il mestolo…Cos'è una proposta indecente?

Draco sollevò il sopracciglio sinistro, poi gli tirò una mollica di pane, con sdegno.

-Oh, il mio migliore amico etero, specifico, che trova il doppiosenso ad ogni angolo…Salvo poi imbastire discorsetti strappalacrime da Tassorosso.- disse Draco mestamente.

Blaise sorrise, poi mandò giù un altro sorso d'acqua.

-Mi chiedo come tu possa essere un genio in pozioni e poi cucinare tali, salatissime, prelibatezze!- disse allontanando il piatto da sé.

-Magari sto solo cercando di avvelenarti…- rispose serio Draco.

Blaise scoppiò a ridere di nuovo.

-Ah, come sei poco credibile, signor Malfoy!

Anche Draco sorrise.

Era grato a Blaise, d'essere rimasto con lui quella sera, ovviamente non lo avrebbe detto neanche sotto tortura, s'intende. Cenare da solo lo avrebbe sconfortato, invece quell'aria leggera ed ilare che l'amico aveva saputo creare lo rincuorava. Forse più dei tanti pasti consumati con la madre sì, ma in silenzio. Era ormai quasi disabituato alla conversazione a tavola. Lui che durante i lauti pranzi e cene a scuola, si dilettava nell'ars oratoria, aveva preso ad evitare qualsiasi rumore. D'altronde persino il deglutire poteva disturbare l'appetito di Narcissa, nell'ultimo periodo, persino il tintinnare della forchetta contro la ceramica del piatto. Vero era che gli bastava alzare gli occhi, in quel silenzio irreale e innaturale, per sentirsi al sicuro.

Ora molte cose sarebbero state diverse. 

-No, sul serio, permalosone. Non sarà la migliore cena della mia vita ma non è di sicuro la peggiore cosa ch'io abbia mangiato. Quel ruolo spetta ai dolci che Pansy ci rifila quando è depressa.

Ancora uno scroscio di risa s'infranse su quelle mura aride di vita.

-Ti ringrazio, Blaise, per avermi concesso il secondo posto. Ne sono lusingato!- disse Draco, sgombrando il tavolo con un elegante colpo di bacchetta.

Blaise si alzò e raggiunto il camino, nel salotto antistante la sala da pranzo, lo alimentò con un piccolo ceppo di legno.

Nel frattempo, come era loro consuetudine, Draco riempì due bicchieri di cristallo di Whiskey. 

S'accomodarono sulle poltrone, ed entrambi ebbero come l'impressione d'esser sazi di quell'aria leggera e familiare, più che della magra cena.

-Dimmi un po', genio, come va al San Mungo?- chiese Draco, curioso.

Blaise, almeno quanto lui, era solito essere sfuggente. Non amava parlare di sé, tanto da non lasciar intendere praticamente nulla.

Molto meno impulsivo di lui, l'amico sapeva essere freddo e distaccato, ma allo stesso tempo si lasciava coinvolgere quando si rendeva conto della gravità della situazione.

Non che Draco l'avesse completamente perdonato, solo capiva quanto Blaise poteva essersi sentito minacciato da quel precario equilibro che l'amico aveva finito per ritagliarsi.

Si sentiva sempre più estromesso e Draco sospettava fosse lui stesso la causa di tutto. Non era da lui, e Blaise lo sapeva bene. 

Così Draco immaginava si fosse ristabilito un certo ordine nella loro amicizia, almeno così doveva pensarla Blaise, data la conversazione affabile appena avuta.

-Nulla di emozionante. Si lavora duro, i turni sono impossibili e a fine giornata, varcare la soglia del mio appartamento mi sembra un miracolo…- disse Blaise, sorseggiando il Whiskey. 

Draco alzò le spalle, aspettando un seguito che non sarebbe giunto.

-Ah, a proposito…- continuò Blaise, facendo presagire un brusco cambio d'argomento -Hai intenzione di rimanere qui?

La domanda, molto più che una casuale curiosità gettata lì, giunse a Draco come una secchiate d'acqua gelata.

I loro sguardi s'incontrarono, poi vagarono sulle fiamme.

Rimanere al Manor, valutò Draco, da solo. La sola presunta possibilità, solo un mese fa, lo avrebbe oppresso all'inverosimile.

Rendersi conto di quanto quella possibilità fosse ormai più che reale, quasi la potesse veder passeggiare fra le ampie stanze della tenuta, fu come una rovinosa caduta dalla scopa. 

Una casa così grande, per una cassa toracica minuscola al confronto, il fiato si smarrì nel petto.

Acqua nei polmoni, gli sembrò di non respirare da più di un'ora. Anzi, di non aver mai imparato a respirare.

Che stesse maturando una terribile agorafobia, mentre il suo cuore si riscopriva claustrofobico?

-Potresti trovare un appartamento, come ho fatto io…Risolveresti gran parte dei problemi finanziari.- continuò suadente Blaise, fissando l'enorme arazzo sul camino. 

La voce di Blaise sembrò sussurrargli un nuovo ritmo, così Draco placò il proprio respiro. Ossigeno nelle vene, finalmente. 

-Il ministero mi sta col fiato sul collo, credo avessero minacciato il pignoramento, se non avessi ceduto una percentuale delle mie risorse.- disse Draco più a se stesso che all'amico.

-Posso darti una mano. Magari il tizio che mi ha venduto l'appartamento ha qualche aggancio…- propose Blaise.

-Sì, è decisamente una buona idea.- si ritrovò a dire Draco, prima ancora che ci avesse seriamente pensato.

-Ottimo! Hai qualche preferenza in particolare? Per la zona della Londra Babbana, intendo.

Oh, troppe cose sarebbero state diverse. Ma Draco non voleva più sentirsi con le spalle al muro, era stanco di essere braccato quanto dal mondo, tanto più da se stesso.

Non seppe nemmeno come ma gli sfuggì dalle labbra:

-Whitechapel*

 

***

 

Hermione sedeva sul suo divano, la fronte aggrottata.

-Harry, siamo preoccupati per te.

Gli aveva detto, e lui sapeva bene che l'uso del pluralis maiestatis, da parte della sua migliore amica, non era mai una buona cosa.

Ora erano di fronte ed Herm parlava ininterrottamente da più di mezz'ora.

Gli aveva spiegato delle ansie della signora Weasley nel saperlo lontano e tutto solo in quella casa, di Ron che si sentiva un po' trascurato, di Ginny infuriata all'inverosimile per l'atteggiamento del suo presunto ragazzo. Mai come in quel momento Harry aveva desiderato di essere sotto il Mantello dell'Invisibilità, almeno Hermione avrebbe preso fiato, vedendolo sparire nel nulla.

Improbabile, avrebbe subito fiutato il trucco. 

-Ma mi stai a sentire?- sbottò all'improvviso.

-Sì, Herm…cioè…No, Herm.- disse Harry sfregandosi gli occhi dopo aver sollevato gli occhiali. -Io, sono solo stanco oggi è stata una…

-Oh no, caro mio! Non venirmi a raccontare di quanto tu possa essere stanco perché forse non mi hai guardata bene!- urlò la ragazza, gli occhi appannati da un pianto prepotente.

Harry fissò Hermione, come se la vedesse per la prima volta: le occhiaie scure premevano sotto gli occhi, il viso smunto e pallido, ad Harry sembrò persino dimagrita. Indossava ancora il camice del tirocinio, macchiato di chissà cosa in più punti, stringeva convulsamente la spilletta, gettandole sguardi ansiosi ogni due per tre. 

In un attimo gli fece tenerezza, pensando a quanto stesse lavorando sodo, dando tutta se stessa. Eppure era lì da lui, e stava seduta sul suo divano, con le gambe tremanti per la giornata passata a correre da un reparto all'altro, e stava lì per lui. Perché nonostante tutto aveva, ancora una volta, trovato il tempo anche per preoccuparsi di lui.

Harry si sentì profondamente egoista e meschino.

-Scusami Harry, è s-solo che…non dormo da più di ventiquattro ore. S-sono un po' nervosa e…- disse la ragazza, asciugando lacrime non ancora versate.

Le fu accanto, abbracciandola, come se fosse bastato. Sperò ardentemente potesse bastare.

-Herm, devi star tranquilla. Davvero. Io sto bene.- le disse tenendo le mani sulle sue spalle minute.

-Mi sto solo, ehm, ambientando. Sono cambiate tante cose, e non è facile abituarsi subito…Mi sto adattando. C'è bisogno di…pratica, ecco. Vedrai che risolverò con Ginny, basterà vedersi. E con Ron va tutto bene, davvero. Riusciremo a far combaciare gli orari e a passare un po' più di tempo insieme, ok? Te lo prometto.- disse come a rassicurarla.

Hermione lo abbracciò di nuovo.

-Oh, Harry, grazie, grazie, grazie!

Sentì che Hermione stava per commuoversi un'altra volta. Decisamente non sapeva come gestire i pianti isterici così la scostò bruscamente e le disse:

-Sì, Herm, sì. Non piangere però, ok?

Lei sorrise, annuendo.

-Merlino, mi sento così stupida! 

Harry le diede qualche pacca sulla spalla, certo che finalmente il peggio, per entrambi fosse passato.

Aveva cantato vittoria troppo presto.

-Harry, hai intenzione di rimanere a vivere qui? Tutto solo? Perché non vai a stare dai Weasley loro…- ripartì alla carica Hermione.

Harry si diede uno schiaffo mentale, per la frustrazione.

Voleva bene ai Weasley, li considerava la famiglia che non aveva mai avuto ma andare a vivere da loro? 

Sotto lo stesso tetto di Ginny e dei suoceri? La voce di Malfoy si intromise nella sua testa, in maniera insolita e agghiacciante.

-Herm, questa casa è casa mia. Sirius voleva venir a vivere qui con me, ricordi?- disse Harry, incrociando le braccia al petto.

Lo sguardo di Hermione si fece limpido, un'espressione sorpresa si dipinse sul suo volto.

-L'ha lasciata a me ed io rimarrò qui. Quindi la tua proposta è fuori discussione. 

Si sorprese della decisione nella sua voce, quasi quanto dell'annuire grave di Hermione.

-Ti capisco Harry. Hai perfettamente ragione, sarebbe disonorare il volere di Sirius. Sono stata sconsiderata a chiederti una cosa del genere. Ma vedi, saperti qui, da solo, non ci piace per niente! - rieccola con il pluralis, pensò Harry.

-Potresti organizzare qualcosa qui, ogni tanto, no? Che ne so, una serata settimanale, tutti insieme! Io, te e Ron, come ai vecchi tempi, che ne dici? E magari invitare qualche nostro collega.

La voce di Hermione era tra l'entusiasta e l'esaltato, gli ricordò vagamente lo stesso tono avuto al secondo anno, quando la ragazza aveva annunciato che la Polisucco era pronta.

-Certo, dovresti prima dar una sistemata e una ripulita, profonda aggiungerei. Poi potremmo inaugurare decentemente questa casa!

Harry sospirò, ormai afflitto, così pur di darle vinta almeno quella, e rassicurarla un po', disse:

-Mi sembra una buona idea, Herm. 

-Ottimo! Mi occupo io di tutto, Harry! Non devi preoccuparti di nulla!

Quante volte aveva sentito quelle frasi? E, lo sapeva bene, potevano solo annunciare guai in vista.

Hermione partì come un fiume in piena, esaltata dalla prospettiva dei preparativi. Harry scollegò il cervello più o meno quando la ragazza pronunciò la parola "festoni", no…forse un po' prima. Sì, alla parola "piatti colorati".

-Ti spiacerebbe se invitassimo anche Zabini, d'altronde lui e Malfoy stavano sempre insieme a scuola, no? Così né il mio collega, né il tuo partner si sentirebbero a disagio.

Improvvisamente l'attenzione di Harry fu calamitata di nuovo sulle parole di Hermione.

Zabini, certo. Malfoy…dannato Malfoy, sempre lui, costantemente lui.

-Invita un po' chi ti pare, Herm.- disse Harry, suonando un po' più scontroso del solito.

Herm, troppo febbricitante per accorgersene continuò a parlare di questo o quell'antipasto da poter servire, certo, con l'aiuto di Molly.

"Il tuo partner".

D'improvviso l'ansia s'impossessò di lui. 

-Hermione…- bloccò il torrente inarticolato su palloncini e altri obbrobri. -Vorrei chiederti un favore…

Herm ammutolì all'istante, guardandolo seria.

-Ho, per così dire, omesso di dire a Ginny che Malfoy è mio partner. Sai, per non preoccuparla senza motivo. 

Herm sorrise debolmente.

-Non dirò nulla, Harry. E dirò anche a Ron di non lasciarsi sfuggire nulla. Anche se non approvo.

Harry, per farla star buona, per evitare un mal di testa fulminante, le sorrise e disse:

-Allora, questa…- esitò, deglutendo: -Festa?

 

 

 

 

Note:

*Whitechapel, è un quartiere di Londra che dopo una piccola ricerca su google maps, rinomato motore di ricerca, è venuto fuori sotto la voce Grimmauld Place. Per chi fosse curioso, mi sono riferito alla lettera A, data dal motore di ricerca. Solo perché ho degli ottimi ricordi proprio in Whitechapel. :)

 

Detto questo, aggiornamento più che veloce, direi lampo.

Ho aumentato il carattere della storia, dato che ho riscontrato parecchi reclami a riguardo.

Risponderò alle recensioni fra poco.

Grazie per il vostro sostegno!

Alla prossima!

 

 

  
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