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Autore: Black Mariah    07/11/2012    5 recensioni
-Io...noi non possiamo...- gli disse non guardandolo, cercando di aggiustarsi alla meglio il vestito.
Gerard le si avvicinò di nuovo e cercò nuovamente di baciarla, non dandole ascolto.
-No, basta...davvero...Io non voglio...- disse lei allontanando il viso dal suo per non farsi corrompere nuovamente dalle sue labbra.
-Perchè?- disse quasi arrabbiato Gerard. Che le prendeva? Non poteva darsi di nuovo a lui e poi allontanarlo quando voleva lei.
-Perchè sono fidanzata, cazzo.- rispose Annie arrabbiata con se stessa -E non ho intenzione di tradire il mio ragazzo, nè tanto meno di essere la tua amante!- continuò ad alta voce.
"SEGUITO DI LIKE A FUCKIN' ROCKSTAR" (non è necessario leggere la prima storia)
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gerard Way, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Imaginary wedding gown
That you can't wear in front of me
A kiss goodbye, your twisted shell
As rice grains and roses fall at your feet

 
Le ultime note della canzone risuonarono nell’aria e lasciarono il pubblico con le braccia protese verso il palco e ancora un po’ frastornato per il baccano degli strumenti, in attesa dell’uscita di scena del gruppo femminile.
Annie, Liz, Christie, Cher e Sarah salutarono portandosi avanti sul palco e facendo un grande inchino alla folla, mandando baci e saluti a tutti.
Quella era la loro ultima tappa del Project. Avevano deciso così, per il quieto vivere di tutti, ma soprattutto per l’integrità del gruppo.  
Vari episodi nelle settimane precedenti avevano minato alla serenità della band, e tutte insieme, per evitare comportamenti spiacevoli, avevano deciso di dare un taglio a quell’estate di concerti e di riposarsi un po’ prima di iniziare il tour mondiale.
L’immagine di quella immensa folla si stampò indelebile nella mente di Annie. Ogni volta era come se fosse la prima. Era assurdo riuscire a dimenticare delle emozioni del genere, soprattutto quando dall’altra parte del palco c’erano migliaia di persone che urlavano il tuo nome.
Ritornarono in fila nel back stage, pronte a prendersi gli ultimi complimenti dallo staff tecnico e poi a ripartire per New York.
Cher con un cenno porse un asciugamano ad Annie, la quale ricambiò accennando un sorriso. Tra loro la situazione non si era del tutto spianata, ma stavano cercando di andare avanti.
La cantante si sentiva alquanto spossata, ma soprattutto sudata ed umidiccia. Cercò di asciugarsi alla meglio con il panno e poi si sfilò la maglietta extra large che portava. Aveva solo bisogno di dormire un po’.
Cher, assieme a Liz e a Christie, si accese una sigaretta, e tutte e tre le ragazze si rilassarono mettendosi sedute su delle sedie. Nel frattempo dei tecnici del suono facevano avanti e indietro con i loro strumenti musicali e con dei pezzi di batteria di Cher, che era stata completamente smontata per essere trasportata meglio.
Sarah porse un termos con del caffè ad Annie ed entrambe iniziarono a sorseggiare lentamente la bevanda, in attesa che le vivacizzasse un po’.
-Inizio ad avviarmi- disse qualche secondo dopo la cantante. –Non vorrei fare la fila per la doccia!- esclamò scherzando, prendendo le sue cose e incamminandosi verso il tour bus.
Le altre ragazze rimasero un po’ interdette, però acconsentirono. Erano consapevoli del fatto che in quell’ultimo periodo l’amica non era più la stessa, ma sorvolarono, sperando che prima o poi si riprendesse.
Quella situazione con Gerard la stava logorando. Gerard  stesso la stava logorando. Era stanca, era debole mentalmente e tutto quello che chiedeva era solo un po’ di tranquillità e serenità.
Era passata dall’essere paziente e dall’aspettare qualche sua reazione, al cercare di dimenticare tutta quella storia.
Il fatto che Gerard non avesse parlato ancora con Linsdey, malgrado fossero passate più di tre settimane da tutta quella faccenda, non aveva fatto altro che irritarla e scoraggiarla maggiormente.
A grandi passi la ragazza procedeva verso il tour bus delle Helenas, consapevole del fatto che finalmente, per la seconda volta, si sarebbe lasciata tutto alle spalle.
Era quasi arrivata davanti la piccola porta metallica, ma un rumore la distrasse e girandosi, scorse una figura inaspettata, a cui in quel momento non avrebbe voluto tener testa.
Linsdey era di fronte a lei, con un’espressione indispettita sul viso. La stava guardando letteralmente in cagnesco.
Annie capì quale fosse la probabile ragione di quell’espressione: non aveva potuto scegliere momento peggiore.
Sperò che tutto quello che stava per succedere da lì a dieci secondi, si consumasse prima dell’arrivo del resto della sua band.
-Ciao…- mormorò la cantante, cercando di apparire sorpresa. Probabilmente Linsdey gliene avrebbe dette di tutti i colori.
La donna era di fronte a lei, mostrando la solita cera aggressiva che la classificava, vestita da scolaretta e con due labbra rossissime. Probabilmente avrebbe suonato anche lei di lì a poco.
-Evita i convenevoli- commentò Linsdey furibonda.
In quel momento avrebbe voluto solo prenderla a parolacce, insultarla, metterle perfino le mani addosso.
Annie la guardò con un minimo di razionalità e quasi non volendo, sorrise amaramente. Era arrivata la resa dei conti.
-Cos’è, il tuo uomo ha parlato?- domandò la riccia, cercando di mantenere calmi i toni di quella conversazione.
A quella domanda Linsdey sembrò indispettirsi ancora di più ed Annie lo notò.
La cantante non la odiava, non l’aveva mai fatto, anzi, la capiva anche. Capiva il suo nervosismo, capiva i suoi sentimenti feriti. Lei non la conosceva e non voleva nemmeno farlo, non avrebbe voluto entrare nello specifico della loro relazione. Sapeva solo come ci si sentiva ad essere traditi, e il fatto che lei era l’artefice di quel tradimento la faceva stare male.
Linsdey la guardò attentamente. Gerard le aveva raccontato tutto: dalla prima all’ultima parola. Non solo le aveva raccontato del tradimento, ma anche di come quella che le era di fronte fosse stata l’amore mancato della sua vita.
-Avresti voluto che non lo facesse? Così magari avreste potuto continuare imperterriti la vostra farsa- commentò la mora acida e sprezzante.
Annie arricciò le labbra e cercò di sorvolare sul suo tono arrabbiato e minaccioso. In fondo aveva ragione a stare così.
-No, invece, avrei voluto che lo facesse dal primo giorno che è successo, così come ho fatto io con il mio ragazzo. Non avevo intenzione di continuare nessuna farsa, credimi quando te lo dico- rispose la ragazza. –E’ capitato solo una volta, e probabilmente è stata tutta colpa mia- concluse.
Linsdey rimase sorpresa dalla calma e dalla razionalità che la ragazza di fronte a lei stava mostrando. Differentemente da come aveva pensato, non stava cercando scuse varie, né di giustificare il misfatto. Sembrava essere davvero stanca e rassegnata.
La bassista prese aria, cercando di capire come comportarsi, ma soprattutto come porsi. Non aveva intenzione di fare nessuna scenata.
-So che queste parole probabilmente non significheranno nulla per te- disse Annie all’improvviso anticipandola. Improvvisamente aveva mollato la presa, sventolato bandiera bianca. Era fin troppo anche per lei che aveva passato e sopportato di tutto. -…ma davvero, mi dispiace. Non volevo ferirti, anche se probabilmente eri l’ultima persona che avrei voluto vedere.-
-Tu non puoi nemmeno immaginare come mi ha trattata, come mi ha fatto sentire meno di zero- iniziò a dire Linsdey con rabbia, cercando di comprendere fino in fondo le parole che la ragazza le stava dicendo.
-No, non lo so. Ma so invece come ha trattato me e come mi ha fatto sentire. So che cosa ho perso per lui e quanto sono stata male, per più di un anno, nel cercare di dimenticarlo. Quindi ti do’ carta bianca. Io sto per sparire per sempre.- disse la cantante con una vena di desolazione nella voce.
Annie abbassò gli occhi, non aveva nemmeno il coraggio di guardarla. Gerard avrebbe potuto fare quello che voleva d’ora in poi, ma aveva finito di giocare con i suoi sentimenti.
-Non credo che lui ti lascerà mai andare- commentò Linsdey ferita, con la coda tra le gambe, ma matura abbastanza da riconoscere l’evidenza.
Annie allora, la guardò. Era sorprendente. Da lei non se lo sarebbe mai aspettato. Tacque di fronte a quell’affermazione. Non sapeva davvero che dire, così pronunciò la prima cosa stupida che le venne in mente.
-Sei libera di insultarmi quanto vuoi…me lo merito- disse, accennando quasi un sorriso. La stessa Linsdey fece lo stesso.
-Fino a dieci minuti fa l’avrei fatto…- fece -…e probabilmente avrei incolpato anche te di tutta questa situazione, ma la verità è che sarebbe andata male in qualsiasi caso. L’ho sempre sentito…distante- disse rassegnata, apparendo titubante riguardo le parole da scegliere.
Annie la guardò meglio soffermandosi sugli sprazzi di colore sulla pelle della ragazza. Quante volte gli aveva giudicati inappropriati?
Tutta quella situazione, in quel preciso momento le stava sembrando pesante, non riusciva a tollerare lo sguardo da cane bastonato di Linsdey, né il fatto che lei non le avesse dato addosso. Sarebbe stato meglio se avesse iniziato ad urlare e a darle della puttana. In quel modo stava rendendo tutto più difficile.
Improvvisamente si ricordò delle parole che Chace le aveva detto. Anche lei era stata “distante”. Forse era meglio così. Se non riusciva a legarsi a nessuno in maniera profonda tranne che non fosse Gerard, allora faceva bene a chiudersi in se stessa.
-L’unica cosa che mi chiedo…- aggiunse Linsdey qualche secondo più tardi –E’ perché ci ha messo tanto…Ha avuto tante occasioni per dirmi che era finita, ma non lo faceva, la cosa è andata evolvendosi da sé…Ho dovuto aspettare una settimana di silenzio da parte sua per capirlo…- concluse ripensando agli ultimi giorni, alla litigata nel parco dell’hotel, e all’umiliante episodio del sesso-fuggi-e-via.
Come aveva fatto a non capirlo prima? Come aveva potuto essere così cieca? I suoi sospetti erano nati da quella mattina in ospedale, quando aveva trovato entrambi, apparentemente insieme senza un motivo.
Ci fu qualche secondo di silenzio.
Entrambe erano consapevoli del fatto che stavano parlando di Gerard, ma nessuna delle due pronunciava il suo nome, come se davano per scontato che l’argomento di quella discussione fosse lui, o come se pronunciare quello stesso nome, avrebbe reso ancora più difficile il tutto.
-Me lo chiedo anche io- rispose sincera Annie, pensando a quelle parole. –Evidentemente voleva capire se ne valeva davvero la pena- aggiunse, conoscendo quanto Gerard fosse terrorizzato dall’idea di rimanere da solo.
Alzò leggermente la testa e vide in lontananza delle sagome. Riconobbe le sue ragazze e cercò di terminare quella conversazione il più presto possibile.
-Comunque- disse sospirando. –Non devi più preoccuparti di me, sto per uscire di scena definitivamente- concluse girandosi e aprendo la porticella del bus.
-Per quello che vale…- aggiunse con tono pacato –Ti auguro buone cose…-
Linsdey la guardò. Quella conversazione aveva preso una piega inaspettata. Annie si era rivelata diversa da come se l’era immaginata e l’aveva anche spiazzata.
Anche Linsdey stessa sarebbe uscita di scena, consapevole del fatto che niente di tutto quello che era successo era stato come lei l’aveva vissuto. Sembrava essersi svegliata da un sonno lungo otto mesi.
-Anche io ti auguro buone cose…- rispose a bassa voce, incamminandosi tra lo sterrato.
 
**
Gerard si portò la sigaretta alle labbra e iniziò ad inspirare l’aria mista a tabacco.
Realizzò di essere davvero solo.
Aveva parlato con Linsdey, e secondo lui quello sarebbe bastato a farlo stare meglio, ma non sentiva la tipica sensazione di leggerezza che subentra dopo le chiarificazioni. Sentiva ancora delle emozioni indefinite, come se avesse ancora qualcosa in sospeso.
Si guardò i piedi, cercando di scorgere ogni minimo dettaglio dei suoi anfibi di pelle tutti consumati in punta.
Ripensò agli ultimi due anni, ripensò a quello che era successo, a quello che aveva guadagnato e a quello che aveva perso.
L’amore aveva uscito fuori il lato peggiore di sé, gli aveva fatto perdere la retta via e inizialmente non se ne era reso conto.
Solo quando non era riuscito più a gestire tutta quella situazione, aveva iniziato a capire che qualcosa era andato storto: dalla sua relazione con Linsdey fino al suo tradimento.
Non l’aveva mai fatto prima, non aveva mai tradito nessuno, eppure anche lui era caduto nel baratro della passione.
Teneva a Linsdey, non avrebbe mai voluto farle del male, ma involontariamente l’aveva fatto, e contemporaneamente oltre a ferire lei, aveva ferito anche Annie.
Sorrise debolmente. Era arrivato il momento di dirle quello che davvero pensava. Avrebbe voluto solo confidarsi con lei, abbracciarla, magari anche baciarla e poi le avrebbe dato l’opportunità di decidere cosa farne della loro storia d’amore.
Guardò sbadatamente l’orologio sul telefono: erano le tre di pomeriggio. Loro si sarebbero esibiti verso le sei, dopo i Mindless che di lì a breve sarebbero saliti sul palco.
Si diresse verso il suo bus a prendere una cosa, era da qualche giorno che ci pensava. All’inizio gli era apparso un po’ avventato fare una cosa del genere, ma poi ci aveva ripensato, decidendo di buttarsi a capofitto in quella scelta.
Entrò nel bus e frugò nella sua valigia. Nelle tasche laterali trovò un ciondolino, con una forma molto bizzarra rispetto al suo valore. Era un ciondolo che gli avevano dato da Starbucks qualche giorno prima: raffigurava in una scala piccolissima il consueto bicchiere di plastica con il simbolo della multinazionale, con tanto di bacchetta al cioccolato e panna.
Era una cosa totalmente inutile da un punto di vista economico, gliel’avevano data in omaggio, ma non appena Gerard la ebbe fra le mani, si ricordò di un episodio molto importante per lui, per loro.
Si girò il piccolo bicchiere di plastica tra le mani e poi lo mise nella tasca dei jeans.
Si incamminò verso il bus delle Helenas, con la speranza di trovarvi Annie.
Procedette per un centinaio di metri, poi si guardò attorno. Non gli sembrava di aver sbagliato strada.
Scrutò il paesaggio attorno a sé, e avrebbe giurato che quello era il posto giusto: c’era il bus dei Paramore, quello degli Avenged e c’era anche la rete metallica che delimitava il campo.
Dove diavolo era il bus delle ragazze?
Notò uno stewart lì vicino che stava spazzando con un rastrello, e si avvicinò.
-Se ne sono appena andate- disse il signore che indossava un giubbotto catarifrangente.
-Come appena andate?- chiese Gerard sgranando gli occhi. Inziava a sentire le pulsazioni alle tempie.
-Sì, si sono ritirate. Al loro posto verranno gli All American Rejects…- fece il tizio.
Il cantante stava perdendo aria, aveva bisogno di respirare davvero. Perché si erano ritirate?
-Sa…sa dove sono andate?- chiese ingenuamente, sperando che quel signore potesse dargli qualche informazione.
Sentiva le gambe deboli.
-No, ma credo che siano dirette all’aeroporto di Los Angeles…Non so dove andranno-
Immediatamente Gerard si girò, dirigendosi veloce verso il suo di bus. Come diavolo avrebbe fatto a raggiungere l’aeroporto di Los Angeles?
Nella fretta, dimenticò di salutare l’inserviente, ma ci fece poca attenzione.
La macchina di Alicia. Avrebbe preso quella.
Erano le uniche cose a cui riuscì a pensare.
Iniziò a correre verso i suoi amici, verso suo fratello, non erano nel bus, gli aveva lasciati davanti uno stand di bevande.
Il cuore gli stava quasi scoppiando nel petto. Avrebbe dovuto smettere di fumare una volta per tutte.
Vedere Ray e Frank fu quasi un miraggio e per qualche secondo pensò davvero di potercela fare.
Senza perdere tempo e senza perdersi in chiacchiere con i due, Gerard riuscì a farsi dare le chiavi della macchina da sua cognata e nuovamente, si precipitò nella corsa contro il tempo.
Non sapeva da quanto si erano avviate, per quanto ne poteva sapere, potevano già essere a Los Angeles.
-Gerard, ma alle sei suoniamo!- gli ricordò Ray, mentre lui aveva già preso la strada verso la macchina.
-E’ per una giusta causa!- urlò lui da dietro. Probabilmente lo show di quella sera sarebbe andato a farsi fottere, ma poco importava. C’era di mezzo il suo futuro.
Superò il limite di velocità prima ancora di prendere l’autostrada, il Suv di Alicia era fantastico da quel punto di vista.
Sfrecciò tra le varie strade extraurbane, fino a quando non si immise nella statale e poi nell’autostrada.
Mancava circa mezz’ora di strada a Los Angeles.
-Perché diavolo te ne sei andata?- chiese ad alta voce, come se lei potesse sentirlo. Non avrebbe potuto scegliere momento peggiore. Era sempre stato convinto che il tempismo di Annie  non era un gran che, ma dopo quell’episodio ne aveva avuto praticamente la conferma.
Dopo essersi imbottigliato nel traffico per più di quarantacinque minuti, arrivò con un bel po’ di ritardo  all’aeroporto. Non aveva previsto così tante macchine.
Parcheggiò la macchina praticamente sul marciapiede, non preoccupandosi né dello stridio delle gomme contro l’asfalto, né del parcheggiatore che continuava a fischiargli dietro le spalle.
Avrebbe sicuramente preso una multa.
Le porte scorrevoli dell’aeroporto si aprirono, e Gerard fu quasi risucchiato dall’enormità di quello stabile. C’era stato già altre volte, ma in quel momento tutta quella calca di persone gli sembrava solo un ostacolo tra lui ed Annie.
Si guardò attorno cercando di capire quale fosse il gate per New York e vedere il tabellone luminoso sulla parete indicarglielo, fu quasi un miraggio.
Senza pensarci due volte iniziò a correre all’impazzata, cercando di non inciampare tra le varie valige dei viaggiatori.
 
Annie mise il borsone sul nastro e attraversò i metal detector. Camminò piano e poi entrò nel grande atrio di imbarco. Avrebbe aspettato solo qualche decina di minuti e poi sarebbe ritornata alla sua solita vita a New York.
Le altre erano andate a fumare nella piccola saletta alla punta del gate, e lei era rimasta lì, ad aspettare senza far niente.
Di fronte a lei c’era una coppietta che si sbaciucchiava, e la cosa le diede così ai nervi, che si allontanò.
Si fece più vicina alle grandi vetrate che davano sulla pista di atterraggio, ammirando il paesaggio urbano attorno a quell’isola di asfalto.
Gerard stava continuando a correre, era quasi arrivato. Si palpò una tasca per vedere se aveva ancora con sé il ciondolino, e sentendolo sotto i jeans continuò a procedere.
Lo scontro con il carrello delle valige fu inevitabile e soprattutto doloroso.
Si ritrovò a terra proprio all’ultimo, proprio quando aveva letto sul tabellone elettronico “New York”.
Maledicendo qualsiasi cosa e non curandosi degli inservienti che gli dicevano di fermarsi, si rialzò dolorante e continuò a correre, fino a quando non arrivò davanti il posto giusto.
Senza pensarci si sporse tra i metal detector per entrare, ma fu bloccato dai guardiani, o meglio dalle guardie giurate che garantivano l’ordine nell’aeroporto.
-Signore, dove crede di andare?- gli chiese un poliziotto bloccandolo con tutta la forza che aveva.
-Io…io devo entrare un attimo. C’è una persona che devo vedere!- esclamò Gerard che quasi stava svenendo dall’affanno. Non potevano fermarlo proprio ora.
-Si calmi, ha il biglietto?- fece l’altro.
-No, non ce l’ho. Vi chiedo solo di farmi entrare un attimo-
-Signore, si calmi altrimenti saremo costretti a prenderla in custodia- disse sicura la guardia.
Gerard avrebbe quasi voluto piangere. Non aveva così tanto tempo. L’aereo sarebbe partito a breve.
-Ma io…- iniziò a dire sconsolato.
-Ma lei niente. Si calmi.-
Si sentì quasi morire. Il cuore gli stava scoppiando nel petto. Si alzò sulla punta dei piedi e quasi fu illuminato da una luce divina.
Vide una ragazza di spalle fare la fila assieme agli altri passeggeri. Doveva essere per forza lei. E stava partendo. Per sempre se non l’avesse fermata.
-Ok, l’avete voluto voi- fece Gerard, raccogliendo le ultime forze.
Annie sentì riecheggiare più volte il suo nome. Confusa e sbalordita si girò, non capendo chi stesse facendo tutto quel baccano.
L’immagine che si presentò davanti ai suoi occhi era al limite dell’assurdo: c’erano due guardie giurate che trattenevano un ragazzo urlante, e di quel ragazzo lei riusciva a vedere solo i capelli rossi.
-Oh mio Dio- esclamò quando riconobbe Gerard.
Le sue amiche la guardarono scandalizzate.
-E’ diventato matto tutt’una volta?- fece Liz sporgendosi. –Così si fa arrestare!-
Ad Annie venne quasi un colpo al cuore.
Che diavolo ci faceva lì? E perché continuava ad urlare?
-La smetta di urlare!- gli stava dicendo un poliziotto, quando Annie si avvicinò al gruppetto.
Praticamente mezzo aeroporto si era girato a guardare.
-Annie, Dio, Annie aspetta! Non devi partire!- le disse, non appena si rese conto che la ragazza era di fronte a lui.
-Che diavolo ti è saltato in mente?- le domandò lei guardandosi attorno.
-Signorina…è un soggetto pericoloso…- le iniziò a dire l’uomo in divisa.
-Ma quale pericoloso…- commentò lei completamente spiazzata.
-Le devo chiedere di lasciare l’aeroporto- fece allora l’uomo rivolto a Gerard.
-Lo farò…ho bisogno solo di parlare con lei!- esclamò il ragazzo.
Ok, ce l’aveva quasi fatta.
Annie si girò dalla parte delle sue amiche. Doveva andare o altrimenti avrebbe perso l’aereo.
Improvvisamente i due poliziotti lasciarono Gerard, che non curante di tutti coloro che li stessero guardando, attraversò la sala.
Prese Annie tra le braccia e iniziò a parlare a raffica.
-Ascolta, mi dispiace. Mi dispiace di tutto quello che ti ho fatto. Ho parlato con Linsdey e mi sono reso conto…-
Il ragazzo iniziò a parlare a raffica che quasi Annie stentava a seguirlo. Anche il suo cuore stava battendo forte, anzi le stava quasi per uscire fuori dal petto.
Gerard era sudato e aveva i capelli disordinati, ma non era mai stato più bello. I suoi occhi verdi erano due smeraldi.
-Non possiamo più aspettare!- urlò Sarah. –L’aereo sta per partire!- fece la chitarrista.
Gerard notò lo sguardo insicuro ed incerto di Annie.
Quello era l’unico momento per fare quello che andava fatto. Insomma non se l’era mai immaginato così, ma ultimamente sbagliava sempre su tutto.
Prese Annie e le mise in mano il ciondolino di Starbucks. La ragazza strabuzzò gli occhi, inizialmente confusa, poi quando vide Gerard inginocchiarsi, si sentì morire.
Con la gamba ancora dolorante Gerard si inginocchiò di fronte a lei, tenendola per mano e mostrandole il piccolo ciondolino.
-Sono un coglione.- disse col fiatone –Anzi, sono un gran coglione, il più grande che tu abbia mai incontrato…Ma sono anche l’unico che ti abbia mai amato più di se stesso…-
Annie lo stava ancora guardando con gli occhi spalancati. Non era vero.
Guardò con le mani tremanti il piccolo ciondolo. Era un bicchierino di plastica, un regalino omaggio di Starbucks.
-Io…Annie, io ti amo- fece Gerard –E all’inizio mi sembrava una buona idea regalarti questo ciondolino, ma ora che me ne rendo conto è…-
-E’ perché la prima volta che ci siamo baciati, eravamo di fronte Starbucks, non è vero?- chiese Annie interrompendolo, mentre i suoi occhi si stavano riempiendo di lacrime.
Aveva ricominciato a respirare, a vivere.
Gerard sorrise e sentì anche lui gli occhi inumidirsi.
-Sì- disse deglutendo e rimettendosi in piedi. –Sì- ripetè sorridendo e appoggiando la sua fronte su quella della ragazza.
Anche Annie lo amava e le sembrava una situazione ai limiti dell’assurdo. Aveva deciso di uscire per sempre dalla sua vita, di uscire una volta per tutte di scena, e invece lui era lì, a dirle quanto l’aveva amata.
-Ti amo- ripetè lui a bassa voce, baciandole la fronte e riprendendole le mani.
-Ti…ti amo anche io…-fece Annie, e quelle poche parole a Gerard bastarono, gli sarebbero bastate per tutta la vita.
Si rimise in ginocchio di fronte a lei, senza mai lasciarle le mani. La gente attorno a loro emise un rumoroso “Oh” d’intesa, e Gerard sorrise.
-Non c’è bisogno che tu mi risponda ora- iniziò a dire il ragazzo, togliendosi i capelli davanti agli occhi. –Posso aspettare…- fece prendendo fiato.
Annie iniziò a respirare veloce, si sentiva la testa girare. Non era possibile.
-Vuoi…vuoi…passare il resto della tua vita con me?- chiese tutto d’un fiato lui, sentendo le vene pulsargli nelle tempie.
Alla ragazza mancò il fiato.
Gerard.
Gerard per una vita intera.
-So che dobbiamo chiarire alcune cose…- aggiunse il ragazzo.
Annie gli portò una mano sulle labbra, fermando la sua parlantina. Improvvisamente si sentì leggera, forse perché aveva appena rimosso tutto quello che era capitato in passato.
Gerard rimase immobile, sentendo solo il sapore delle sue mani sulle labbra.
Anche la ragazza si inginocchiò, in modo tale da poterlo guardare negli occhi.
Era di nuovo tutto quello lei desiderava.
Avvicinò il suo viso a quello del ragazzo, sfiorandogli il naso.
Gerard guardò qualche secondo i suoi occhi, poi chiuse i suoi, sentendo le labbra di Annie sulle sue.
-Sì- 

"E rimaniamo io, tu e i tuoi occhi senza stelle"

Fine

***
Ebbene, anche il viaggio di Annie e Gerard si è concluso. 
Con Starless che si chiude per sempre, termina un lungo periodo per me e vi dirò, scrivere le ultime frasi è stato molto difficile, ho trattenuto anche le lacrime!
So che non l'aggiornavo quasi mai nell'ultimo periodo, ma probabilmente questa è la storia a cui tengo di più, perchè vi ho riposto tutti i miei pensieri e le mie emozioni, a partire da Like a fuckin rockstar e a terminare con questa. 
Se ho potuto affrontare questo viaggio, è stato anche grazie a voi che mi avete sempre seguito e supportata, e i miei principali ringraziamenti vanno a voi lettori e recensori. 
GRAZIE
<3
Mariah

   
 
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