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Autore: Stateira    25/05/2007    9 recensioni
Signori, ecco i Missing Moments di "Fathers". Ce ne sarà per tutti i gusti, buon divertimento!
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Harry
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Sentimenti di Harry verso James e Draco durante la guerra (con arrivo del biglietto e Ron e Hermione) Fè e Martina, Dsun, Kaos, fiammat90

NOTA: Premetto che sulla questione Ron/Hermione c’è stata un po’ di confusione: come è ovvio che sia, Harry si trova più di una volta a parlare con i suoi amici, di James, sia durante la guerra che dopo, e siccome le vostre richieste sono state molte, ho deciso di suddividere la faccenda in due grossi blocchi, per non rischiare di scrivere sei o sette MM di contenuto praticamente identico: il primo è questo, e sarà rappresentativo del rapporto di Harry con Hermione e Ron da un lato, e con James e Draco dall’altra, di tutto il periodo della guerra; un altro, più avanti, tratterà delle difficoltà di avvicinamento di Harry dopo la guerra, e del supporto di Hermione e Ron. Ora, io ho già suddiviso le richieste, con lo schemino dei nomi, spero sinceramente di aver compreso bene. Nel caso non vedeste il vostro nome qui, e magari lo vedeste comparire nella prossima, quella post guerra, portate pazienza, probabilmente ho frainteso io!

 

Detto questo, passo a ringraziare Dsun, Kaos, Fè, Marty e fiammat90, muse ispiratrici per questa MM!

 

 

 

 

L’ARMA

 

 

 

Harry tremava forte, quasi fino a battere i denti. E quella porta, maledizione, non voleva aprirsi.

 

- Harry. –

 

Sentiva la voce di Draco, oltre la soglia chiusa, ma lui non poteva entrare, non ancora.

E dire che non aveva fatto altro che aspettare, aspettare, per una vita intera aspettare. E adesso, quella porta era chiusa.

E Draco era là dentro, e non ne voleva sapere di uscire. Harry si sentiva impazzire, sentiva rumori, sentiva voci parlare e bisbigliare, sentiva vita, oltre quella porta.

Che ad un tratto si spalancò.

 

-Harry…- soffiò Draco, e sorrideva, sorrideva con gli occhi, anche se Harry non poteva vederlo bene. C’era troppa luce, in quella stanza, talmente tanta che era difficile dire da dove venisse, se da Draco, o dalla cosa che teneva in mano.

- Tuo figlio, Harry. –

Sì, Harry lo sapeva. Lo sapeva talmente bene che riusciva persino a sentirlo, che quell’ involto di panno che Draco teneva in braccio era proprio lui.

Lui.

Harry sentì un conato di nausea stringergli la gola. – Mio figlio. – ripeté, ubriaco.

- E’ bellissimo – Draco scostò la coperta dal corpicino del neonato. Ed Harry vide spuntare una manina minuscola, arrossata, che cercava di stringere debolmente l’aria.

– Prendilo. –

Draco sorrideva. Continuava a sorridere. E, Dio, era bello da levare il respiro. Harry porse le braccia, e sentì un peso insignificante posarglisi fra le mani. In tutta la sua vita non aveva mai pensato di poter provare emozioni simili, eppure stava accadendo, ed era facile, era naturale, era stupefacente.

- Harry, dì qualcosa. –

Harry si morse forte un labbro, e ci provò, a dire qualcosa.

 

- Io… io. –

 

Ma quel bambino non lo lasciava ragionare. Aveva socchiuso la boccuccia, e lo guardava, con due occhi immensi, di un colore strano. Ed Harry non riusciva a dire, a pensare. Pregò che il tempo si fermasse, lì ed ora, immobilizzando lui, Draco, e il loro bambino, ma non ebbe nemmeno il tempo di sorridere della propria fantasia, che la porta dietro di lui si spalancò, ed almeno una decina di Auror fecero irruzione, con le uniformi imbrattate di fango, e le mani graffiate e sanguinanti.

 

- Non possiamo restare. – mormorò Draco.

Non sorrideva più, ora. Il suo volto era diventato trasparente come quello di un fantasma.

 

- No, aspetta. –

- Vieni con noi, Harry, ci serve il tuo aiuto. –

Harry rivolse un’occhiata inorridita agli Auror.

- Ci serve il tuo aiuto. –

- No, io… -

- Non è sicuro, qui. –

All’improvviso, il bambino non c’era più. Harry trasalì, e si voltò bruscamente verso Draco.

- Aspetta, ti prego! – lo implorò. Ma il bambino ormai era fra le sue braccia, e stava diventando un fantasma anche lui.

- Ha preso l’Arma. – sentì dire ad una voce femminile.

- L’Arma. – le fece eco un’altra voce.

- Potter. –

- Ecco l’Arma. –

Harry scosse violentemente la testa. – Basta! – ordinò, furioso. – Basta, basta, è mio figlio! Andatevene! –

 

- L’Arma. – Questa volta fu la voce di Draco, a parlare. Ed era triste, e morta.

Harry lo guardò impotente, mentre copriva il corpicino del loro piccolo con il suo mantello, nascondendoglielo.

- Ti prego. – mormorò disperatamente.

Ma Draco era scomparso, dietro ad una porta, che prima non c’era.

Non aveva nemmeno avuto il tempo di baciare suo figlio.

 

- Harry! –

Harry aprì gli occhi di scatto, mettendo a fuoco a fatica la faccia di Hermione. Diede un gemito esasperato, e finalmente, sotto di sé, cominciò a riconoscere la consistenza del letto, e del cuscino.

- Tutto bene? –

Harry scosse stancamente la testa. – No, credo di no. – mormorò.

Non aveva voglia di mentire.

- E’ arrivato un gufo per te, sembra sia una cosa urgente. – disse lei, porgendogli pragmaticamente gli occhiali. – Porta un biglietto, ma non vuole lasciarlo prendere da nessuno. Harry si alzò dal letto, gettando un’occhiata stanca fuori dalla finestra, con una brutta, bruttissima sensazione di disagio che gli cresceva nel cuore.

 

14/4/1999

James Draco è nato.

Volevo solo che tu lo sapessi.

Draco.

 

*          *          *

 

Il disagio sfumò in grigio.

Harry scorse il messaggio senza dire nulla, se lo tenne stretto in mano, e se ne tornò in camera sua. Si buttò sul letto, e per ore fissò il soffitto scalcinato ed incrostato della casupola, sordo ai richiami dei suoi amici, a qualunque cosa che non fossero i richiami di un incubo.

 

*          *          *

 

- E così è nato. – mormorò semplicemente Hermione.

Harry non reagì.

Si era alzato soltanto al tramonto, ed aveva accettato di andare a mangiare con gli altri. Ma non aveva toccato cibo, nemmeno un sorso d’acqua. Fissava apaticamente il piatto di patate davanti a sé, perso in chissà quale dolore.

- Come ti senti? – tentò Ron.

- Non lo so. – mormorò Harry.

- E’ comprensibile. – gli venne incontro Hermione. – Non devi sentirti in colpa. –

- Non devo sentirmi in colpa? – soffiò Harry, stridulamente.

- Hermione ha ragione, devi cercare di restare calmo. –

- Mio figlio è nato, e io sono qui, Ron, dimmelo tu come dovrei fare. -

Hermione cercò lo sguardo di Ron, per scambiare con lui un segno d’intesa. – Che cosa dice Malfoy, nel biglietto? – lo incoraggiò.

- Che è nato, e che voleva che io lo sapessi. Solo questo. – La testa di Harry ciondolò sulle spalle. – Si chiama James Draco. –

- E’ un bel nome. – fece Ron, cercando di metterci un po’ di entusiasmo.

Harry decise che non serviva ribattere, perché era ovvio che fosse un bel nome, il nome di suo figlio non poteva che essere il più bello del mondo.

 

Si chiamava James Draco, il suo bambino. James come suo padre, come il padre che Harry avrebbe voluto essere, e Draco come il ragazzo a cui doveva metà del suo sangue. Draco, già, Draco Malfoy, e, Dio, era così ironico, così amaro, essersi ritrovati in una situazione così impossibile, che Harry si scoprì davvero colpevole solo in quel momento.

 

*          *          *

 

- Signor Potter! –

Un uomo interruppe bruscamente il suo isolamento, facendolo grugnire di disappunto.

- Signor Lowerton. – mormorò automaticamente Harry.

- E’ arrivata ora, guardi! – Lowerton trafficò con una tasca del suo mantello, e ne estrasse un’ampolla colma di un liquido rosso scuro. Harry sussultò, ed Hermione lo guardò con apprensione, ma Lowerton non sembrava essersi accorto di camminare sul ciglio di un burrone.

- Il sangue d’oro. – mormorò, affascinato. – Adesso abbiamo una vera arma contro i Mangiamorte. La pozione è già in preparazione, ho pensato di cercarla per avvertirla. –

Harry cercò di trapassare la cortina di nebbia che lo divideva dalla realtà, per capire l’entusiasmo di Lowerton, ma non ci riuscì. Non riuscì a vedere come il sangue di un neonato potesse essere tanto entusiasmante.

- E’ mio figlio. – biascicò stancamente.

- Sì, certo! – esplose Lowerton. – Un eroe, signor Potter, un vero eroe. –

- Sarà meglio raggiungere i pozionisti, ora. – intervenne seccamente Ron, prendendo Lowerton per una manica, e puntando dritto alla porticina che separava la sala da uno degli altri pochi locali del rifugio.

Hermione gli regalò un’occhiata grata, e aspettò di vedere sparire entrambi, prima di riprendere a parlare.

- Harry. – mormorò. – Non devi ascoltare quello che dicono. –

- Non posso credere che davvero lo considerino un’arma. –

- Lo so, lo so. Cerca di non pensarci, e pensa invece che, se riusciremo a vincere questa guerra, potrai abbracciare il tuo bambino. –

- Non voglio vincere una guerra con il sangue di mio figlio. –

- Non devi vederla in questo modo. Tuo figlio è con Malfoy, e sono sicura che stia benissimo, e il suo sangue ci sarà prezioso, per il bene di tutti. È stata una decisione che non hai preso tu, Harry, ma ormai non si può più far nulla. Tutto ciò che puoi fare è concentrarti sulla guerra, e aspettare di poterlo vedere. –

- Voglio scrivere a Draco. Devo dirgli che… - Harry lasciò cadere la frase così, senza riuscire a spiegare nemmeno a sé stesso che cosa volesse dirgli.

- E’ molto rischioso. – osservò Hermione. – Harry, capisco cosa provi, ma sai meglio di me che dobbiamo essere prudenti. –

- Poche parole, promesso. Ma almeno una riga. Ti prego, ne ho bisogno. –

Hermione sospirò, e abbracciò le spalle dell’amico di una vita.

- Devi essere forte, Harry. – gli sussurrò. – Vedrai che andrà tutto bene. –

- Vorrei solo poterlo vedere. – la schiena di Harry sussultò così violentemente che Hermione finì quasi sbalzata all’indietro.

- Coraggio. – gli disse, cercando di stringerlo più forte. – Dai, non c’è niente di male se ti lasci andare un po’. –

 

- Avete sentito… - Ginny si bloccò sulla soglia della porta, con la bocca ancora mezza socchiusa.

Harry singhiozzava sulla spalla di Hermione, farneticando qualche parola incomprensibile di tanto in tanto, e sembrava sconvolto. Il volto di Ginny si indurì in un’espressione spaventata, ma Hermione scosse lentamente la testa, e lei capì che sì, Harry aveva sentito.

Abbassò lo sguardo, ed uscì mestamente dalla stanza, colpita suo malgrado da quella scena, molto più di quanto si sarebbe mai aspettata.

Chissà perché lei, come gli altri, avevano sempre aspettato questo figlio di Harry come un’arma micidiale, un coltello affilatissimo da avere finalmente in pugno, e invece… invece era un bambino. Un neonato, un cuccioletto. E di là, c’era un padre che si disperava, per questo.

 

Tutti furono invitati, con discrezione, a rispettare il dolore di Harry. Ginny e Ron, soprattutto, si impegnarono a diffondere la notizia, per prevenire altre eventuali, stupide voci. Harry passava ancora la maggior parte del suo tempo a letto, ma sembrava che avesse lentamente cominciato ad accettare la situazione. Hermione notò che teneva quasi sempre la mano piantata in una tasca dei pantaloni, e quando gli chiese se si fosse fatto male, Harry estrasse mestamente il bigliettino di Draco, e glielo mostrò, commentando “Sì, mi sono fatto davvero male”.

 

Per fortuna che c’erano Ron ed Hermione.

Harry capì in quei giorni di lenta agonia endogena quanto banale ma vero fosse il detto che gli amici veri sono quelli che ti sono sempre accanto nelle difficoltà.

 

Ron aveva un modo tutto suo di affrontare la questione, un modo impacciato ma incredibilmente affettuoso. Il primo sorriso glielo aveva strappato proprio lui, chiedendogli con meravigliosa, ingenua serietà, se c’era qualche possibilità che James lo chiamasse zio Ron, quando avesse cominciato a parlare. Perché a lui sarebbe piaciuto un sacco avere un nipotino acquisito, e in fondo Ron non era un nome particolarmente difficile da imparare.

 

Hermione era Hermione, una  che alle battute preferiva i fatti. Essere suo amico significava godere del privilegio di poter parlare, di poter dire qualsiasi cosa, di poter maledire il cielo, e gridare, sapendo di non essere giudicati, di essere capiti e sostenuti. Era stato con lei che Harry aveva osato, per la prima volta, fare il nome di Draco. lo aveva fatto più che altro per provare, per testare su sé stesso cosa significasse il suo nome sulle labbra, accompagnato a quello di James, o persino da solo. Lei non aveva detto niente, si era limitata a guardarlo con occhi strani e brillanti, e a dirgli che andava bene così, che con il tempo si sarebbe aggiustato tutto.

 

La guerra, però, ha il vizio, e la virtù, di non aspettare i comodi dei contendenti. Una settimana dopo, un gruppo di venti Mangiamorte attaccarono un villaggio babbano dove gli Auror si rifornivano di cibo, costringendoli ad intervenire. La pozione fabbricata con il sangue di James si rivelò formidabile, come uno scudo che rispediva al mittente ogni tipo di incantesimo, con tanta veemenza quanto quella con cui era stato scagliato.

Harry vide Dean Thomas difendersi da un attacco in quel modo, e, improvvisamente, si risvegliò.

 

Ad un anno, lui aveva respinto la maledizione di Voldemort, ed ora era suo figlio a respingerle. La stessa storia, lo stesso destino, ma questa volta, quel bambino un padre lo aveva ancora.

Ed era lui.

 

Ringhiò, e si abbatté come una furia sui Mangiamorte superstiti, che, sbigottiti, si dispersero e fuggirono.

Quando tornò dagli altri, si scoprì persino lievemente ferito, ma tirò dritto senza accettare di farsi medicare, entrò nella dispensa, e si ingozzò per tutti i giorni di digiuno passati.

Il sogno di qualche giorno prima gli tornò alla mente in quel momento, e gli fece pulsare forte il cuore.

Chissà se Draco sorrideva davvero così, con il loro bimbo in braccio.

 

E chissà se quello che aveva visto era davvero il viso del suo piccolo James.

  
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