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Autore: Stateira    26/05/2007    10 recensioni
Raccolta di shots varie ed eventuali, a tema romantico. Parings per tutti i gusti, yaoi e non, canon caparbi e crack stratosferici.
Mi scuso per non accennare alla trama, ma una trama, disgraziatamente, non c'è.
Genere: Generale, Romantico, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Story of a strange habits (Kotetsu/Izumo)

Story of a strange habits  (Kotetsu/Izumo)

 

 

 

Kotetsu si sentì perforare la testa dalla luce troppo violenta del sole.

 

- Ti sei svegliato, finalmente. –

 

Si sforzò di aprire gli occhi, scoprendo davanti a sé un panorama sfocato e tremulo. C’era troppo bianco attorno a lui.

 

- Sei rimasto incosciente per due giorni. –

 

Quella voce. Soffice e profumata di familiarità.

 

- I… Izu. –

 

Una mano gli strinse la spalla destra con cautela. Kotetsu ce la mise tutta, per abituare gli occhi alla luce il più velocemente possibile. Produsse una smorfia che gli provocò un dolorino elettrico al volto, ma finalmente riuscì a mettere a fuoco la stanza dove si trovava, spoglia come solo una stanza di ospedale può essere. 

Torse il collo, ed eccolo, finalmente.

Una macchia scura al suo fianco, un lido per riposare gli occhi provati da tutto quel chiarore.

 

- Cosa… ? –

- Te la sei vista brutta. –

 

Kotetsu sollevò faticosamente un braccio, per potersi strofinare i capelli. Faceva sempre così, quando aveva bisogno di mettere un po’ d’ordine fra le sue idee.

Gradualmente, riuscì ad avvertire qualcosa di estraneo sul volto, una pressione leggera e persistente che gli informicolava gli occhi. Si premette il dito indice sul mento, risalendo con prudenza lungo uno zigomo, inseguendo lo snodarsi di cerotti e bende tese e leggermente soffocanti.

 

- Fai piano. – lo redarguì Izumo. – Sei ancora tutto rotto. -

- Uhmpf. Mi fa un male dannato. -

- Vorrei vedere. Ti sei quasi fracassato la testa. -

 

Kotetzu rabbrividì, nonostante l’aria tiepida e immobile della stanza. La fastidiosa sensazione di buco nero che occupava le precedenti ore, o giorni, o quello che era, andava amplificandosi sempre di più verso il suo stomaco, lasciandolo solo a fare i conti con l’insicurezza.

 

– Non riesco a ricordare cos’è successo. – ammise a mezza voce.

- Credo che sia normale. –

 

Izumo si alzò con calma, e percorse qualche passo leggero lungo l’ampia stanza pitturata di bianco.

 

Kotetzu lo seguì con la coda dell’occhio, incappando talvolta nel profilo sgranato della benda che gli avvolgeva il naso e gli zigomi.

A prescindere da qualsiasi cosa fosse accaduta, doveva ammettere di sentirsi abbastanza bene, dopotutto. Lì, con Izumo. Partire per una missione di classe B/A senza di lui gli era costato molto più di quanto non fosse stato disposto ad ammettere. Ricordava nitidamente di essersi sentito un idiota integrale, mentre raccomandava a lui, lui che restava al villaggio senza far niente, di badare a sé stesso e di essere prudente. Si era sentito in pensiero per Izumo invece che per sé, e questo era uno degli ultimi ricordi di cui disponeva.

 

Certamente non aveva previsto di finire in ospedale, di perdere conoscenza, o niente del genere, ma a pensarci bene non gli dispiaceva del tutto essersi ritrovato a casa in quel modo; se avesse avuto la possibilità di scegliere, la persona che avrebbe preferito trovare seduta di fianco al letto al suo risveglio era proprio lui. Era Izumo, Izumo e il suo sorriso sereno e contagioso. Se soltanto non si fosse sentito così intorpidito nella zona del naso, avrebbe voluto sorridergli a sua volta.

 

- Beh, che ci serva di lezione. Mai più separati in missione. Sembra proprio che tu non riesca a cavartela senza di me. -

- Divertiti a gonfiare il petto finchè puoi, Izu. Appena mi sarò rialzato da qui lo vedremo, chi è il migliore. -

 

Izumo si ributtò sulla sedia, e gli scoccò un’occhiata in tralice. – Cerca di muoverti ad alzarti da lì, stupido. –

 

Lo disse con una voce strana, un po’ tremolante.

Anche la sua faccia era strana. Kotetzu si trovò a pensare che fosse pallida, e incredibilmente preziosa. Studiò la propria situazione con attenzione critica, prima di decretare di poter tendere un braccio verso di lui. Si sentiva in dovere di rassicurare Izumo, e di ringraziarlo in qualche modo. Anche soltanto per essere lì al suo capezzale, senza avere nemmeno il sospetto di quanto questo potesse significare per lui.

 

- Ti ho fatto preoccupare? – domandò stupidamente.

Izumo si lasciò toccare la spalla, ma per qualche ragione il gesto di Kotetzu sembrò far precipitare ulteriormente la situazione, invece di migliorarla.

- Ovvio che sì, razza di idiota. -

- Mi dispiace. -

 

Kotetzu vide il volto di Izumo sciogliersi letteralmente. Le sue labbra, i suoi occhi, persino la sua fronte e i suoi zigomi andavano modificandosi e torcendosi sempre di più, come creta malleabile.

 

Izumo si morse rabbiosamente il labbro inferiore. - Accidenti a te, mi hai quasi ucciso di paura. –

 

Kotetsu era incredulo. – Tu…? Tu stai…? –

 

Izumo scosse forte la testa, ma era inutile, ormai lo stava facendo e basta.

 

Kotetzu sbarrò un po’ gli occhi. - Stai piangendo. Tu stai piangendo. – insistette.

- Forse. Un po’. –

- Izumo… -

- Oh, chiudi il becco, sono solo stanco, ecco tutto. -

 

Ed era vero, non gli aveva mentito. Era stanco, era spossato, era completamente prosciugato, perché aveva passato due giorni interi a vegliare quel deficiente di Kotetzu giorno e notte, senza chiudere gli occhi per un attimo, senza distrarsi, senza nemmeno toccare cibo. Le quarantotto ore più atroci della sua vita, con i gomiti piantati a poco più di un dito dal braccio di Kotetzu, la bocca asciutta e gli occhi umidi, a passare il tempo senza fare niente, soltanto guardando il volto immobile della persona più importante che poteva dire di avere al mondo, e a ripetersi che se Kotetzu fosse morto sarebbe morto anche lui, perciò no, non poteva andare così, si sarebbe svegliato, perché altrimenti lo avrebbe preso a pugni fino all’inferno. Lo aveva toccato, qualche volta, gli aveva accarezzato un po’ i capelli, con una certa prudenza, per rassicurarsi, sentendo che almeno era tiepido, inerte ma tiepido, vivo. Era incredibile come prima di quel momento non gli fosse mai capitato di accorgersi di quanto sia incredibilmente tranquillizzante quel po’ di calore che un corpo umano emette, segnalando con discrezione la vita che scorre in lui.

 

Kotetzu riuscì a vincere la rigidità di Izumo senza essere brusco. Lo attirò verso il basso, appoggiandoselo al petto, e respirando a fondo. Sentirlo vicino in modo così intimo, ed in un contesto così imprevedibile, lo faceva sentire strano. E dire che lui ed Izumo erano sempre stati legati come fratelli. Doveva averlo toccato, strattonato e abbracciato un’infinità di volte, eppure non gli era mai capitato di provare quella strana sensazione che richiamava l’imbarazzo. Forse perché loro due, insieme, avevano fatto un sacco di cose, avevano riso, giocato, litigato, e chissà cos’altro, ma Izumo non aveva mai pianto per lui, e maledizione, piangere è davvero una cosa seria.

 

- Dai… -

 

Kotetzu provò ad accarezzare i capelli ordinati di Izumo più dolcemente che potè. Accidenti, gli era sempre piaciuto mettergli la testa in disordine, magari rubargli la bandana, ma quella volta voleva davvero che Izumo sentisse qualcosa di buono, e di importante, nel suo gesto. Anche perché le parole non lo aiutavano per niente.

 

- Scusami. – mormorò Izumo, strizzando gli occhi e tirandosi un po’ su con le braccia. – Scusami, adesso la smetto. Dio, mi sento così stupido… -

- Non ci pensare, sono io che ti devo delle scuse. Mi dispiace di averti fatto stare in pensiero, dico davvero. -

- Sei partito ghignando come un cretino, e sei tornato sulle spalle di uno della Squadra Speciale. Oddio, come avrei voluto strozzarti. –

- Lo so. Mi dispiace. –

 

La voce di Izumo giocava sulla linea di demarcazione fra la rabbia apprensiva che si dedica soltanto a persone che contano tanto, tutto, troppo, e la paura che si sfoga in singhiozzi incoerenti, sollevati, in un certo senso persino minacciosi.

 

- Adesso la smetto. La smetto. – promise. – È solo che mi hai fatto morire. Maledizione, non osare farmi mai più uno scherzo del genere, o ti giuro che te la faccio pagare. Non ho mai dormito così poco in vita mia, ma tu eri qui, e io non lo so, non ti avevo mai visto così pallido, e tutte queste dannate bende… -

- Niente più missioni separate. È un promessa. -

- Una promessa seria, o una delle tue solite cazzate? -

- E’ una promessa seria, davvero. – Kotetzu tentò un sorriso incoraggiante. – Dai, fammi una smorfia delle tue. Non mi piaci per niente con questo muso lungo. -

- Perché, di solito ti piaccio? -

- Certo che mi piaci. Lo sai che ti amo e che voglio sposarti, no? -

Izumo sortì un mezzo ghigno, come se la sua bocca stesse ancora lottando fra la voglia di ridere e la smorfia del pianto. Con gli occhi ancora rossi, era ancora più strano, e più bello. Kotetzu si mordicchiò la lingua, e si chiese se dopotutto le sue battute non fossero un po’ figlie della suggestione per qualcosa che in fondo a lui, da qualche parte, viveva davvero. Era una cosa molto stupida da pensare, ma lui non avrebbe avuto altra idea. Se doveva pensare ad una persona da avere vicino per tutta la vita, quella poteva essere solo Izumo.

Passò una mano dietro alla nuca di Izumo, che smise di sorridere. Qualche lacrima scendeva ancora, Kotetzu ne seguì con lo sguardo una, che gli percorreva la guancia senza incontrare ostacoli.

E gli venne voglia di soffiarci sopra, di asciugarla, di berla, di portarla via.

 

- Io… - riuscì a mormorare.

 

E poi più niente. Basta così.

 

Se solo avessero voluto, il bacio sarebbe potuto diventare più prepotente, più intenso, persino animale. Ma era prima di tutto un cercarsi, un dirsi cose che avevano richiesto anni ed anni di elaborazione, di sedimentazione, e poi una mezza tragedia per essere capite. Izumo riconobbe l’odore di Kotetzu, così incredibilmente familiare, eppure intenso come mai prima, ora che lui era vicinissimo, ora che lo toccava, che lo cercava, che lo voleva in modo confuso e impacciato. Strizzò gli occhi, per cercare una concentrazione totale, e alcune lacrime scivolarono giù, sfuggendo alle linee delle guance. Kotetzu le sentì raggiungere la benda che gli avvolgeva il viso, e sparire nella stoffa, raffreddandosi un po’ sulla sua pelle. Cancellò la pista delle lacrime precedenti dal volto di Izumo con le dita, perché anche tutte le seguenti cadessero dai suoi occhi ai suoi zigomi e si infiltrassero nella garza. Non avrebbe smesso di baciarlo finchè lui non avesse smesso di piangere, e una ad una, le avrebbe catturate tutte.

 

*          *          *

 

- Non levi la benda? –

 

Kotetzu si strinse nelle spalle, sornione. – Non ci penso nemmeno. Mi ci sono affezionato. – ghignò.

- Affezionato ad una benda? Tu non ti sei ripreso del tutto, parola mia. -

 

Kotetzu ridacchiò, e arpionò Izumo per il busto attirandolo contro di sé e incasinandogli i capelli. Un gesto ripetuto milioni di volte in quegli anni, come un’abitudine, un privilegio che si sapeva accordato a priori.

Ma adesso, fatto in un senso di verso, distante mille miglia da tutto ciò che fino a quel momento erano stati.

Izumo tacque. Lo faceva sempre, quando la distanza fra loro diminuiva oltre un certo margine di sicurezza, e cominciava a precipitare irrimediabilmente verso una cascata di cose nuove ed imprevedibili. Baciò il suo compagno, il suo destino, il suo mondo, con lo stomaco svolazzante di emozione per il solo fatto di poterlo fare.

Era uscito dall’ospedale da un paio di settimane ormai, ancora mezzo imbacuccato in garze e fasce, e probabilmente l’unica davvero inutile era proprio quella che gli avvolgeva il naso. Izumo si era piantato in casa sua, con il pretesto di dargli una mano durante la convalescenza.

La verità era che Kotetzu era entusiasta almeno quanto lui di recuperare un po’ del tempo che avevano perduto. Ma chissà se glielo avrebbe mai detto.

 

- In questa benda è finito qualcosa di molto prezioso. – gli mormorò a fior di labbra. – Qualcosa che prima o poi troverò il modo di restituirti. Ma fino ad allora, non la leverò per nessuna ragione al mondo. –

 

 

 

 

 

ANGOLINO!

 

Ok, picchiatemi. Dai, ditemi che Kotetzu e Izumo non sono canon! Come diamine ho fatto a non accorgermi prima di quanto siano magnifici questi due? Eppure il manga li serve su un piatto d’argento, perennemente insieme, sempre a discutere, borbottare e tramare.

Praticamente gridano vendetta!

 

Ecco, li amo.

 

Rekichan: sappi che quoto in pieno la tua amica, ed infatti è per questo che Sasuke/Neji è una delle mie coppie preferite (anche se, da te a me, nessuno sputa sulle Kaka/Sasu Sasu/Naru che hai nominato tu XD)

 

Neko: grazie mille! La Sasu/Naru è un classico, non ci si stanca mai!

 

Rael: ma non sai quanto sia felice, ormai sono votata alla diffusione delle Sasuke/Neji!!!

 

La Rosa Bleu: ti ringrazio tantissimo!

 

Kamusa: certo che lo vedi bene con Sasuke, avevi dubbi? ^__- Hihihi, fra i pettegoloni di Konoha vedici pure me, che con un grandioso Camaleonte no Jutzu, tecnica segreta di Stateira, sono sgattaiolata a spiarli… SBAAAV, chissà che magari non dedichi un capitolo a quello che ho visto!

 

Nina: di Hinata molto probabilmente tratterò più avanti, però non so se ne farò una storia romantica o una introspettiva. Come avrai notato non sono molto propensa all’het, ma Hinata è sicuramente un personaggio interessante da trattare.

 

Artemisia: Hinata/Itachi? O__o ma sai che non ci avevo mai pensato? Comunque nel manga ci sono spunti per tutti i gusti, non mi stupirei affatto di trovarmi fra capo e coda una situazione super piccante con quei due… Nuuu, dai, non insultarmi, povera me! Hai centrato in pieno la parte che ho adorato di più scrivere, quella con Sasuke che elargisce saluti, e la gente basita che si chiede quale strano demone si sia impossessato di lui…

 

Dolceamara: ma guarda chi sbuca fuori da queste parti! È sempre bellissimo ritrovarti, sia fra le storie pubblicate che fra le recensioni, grazie mille a te!

 

Chiara: il tuo discorso è proprio giusto invece, Neji e Sasuke non si possono certo dire una coppia convenzionale, eppure si cercano senza sosta. Guarda lascia stare, anche io me lo chiedo sempre di più. Maledetto Kishimoto, cosa aspetti a farli diventare canon e magari a disegnare una bella lemon come quelle che si trovano in giro? *Stat sviene per la gioia al solo pensiero*

 

Dark: hehe, dispenso consigli preziosi sui nascituri, io! Sì, Neji addormentato è una patata, e Sasuke che lo pensa ancora di più! Ti è arrivata la mail che ti ho mandato dal sito?

 

Little star: tranquilla che il lavoro procede, sono un po’ nel panico su alcuni punti, ma ne uscirò vittoriosa!

  
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