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Autore: IceEyes    09/11/2012    1 recensioni
In un lontano passato, da qualche parte, vi sono due regni in conflitto. Il primo è l'antico regno di Folah, e si racconta che sia emerso dalle acque: i pochi umani e i troppi elfi che abitano queste terre non hanno mai neanche sfiorato l'acqua, e nessun anziano è mai vissuto abbastanza per raccontare la nascita di Folah; il secondo regno, invece, non si sa da dove sia venuto. Il primo dei suoi re, Daor, è morto prima di potergli dare un nome, ma alcuni abitanti del regno di Folah lo indicano come “Notturnia”, per via dei suoi abitanti loschi che agiscono alla luce nella Luna, molti di loro Elfi da un colore grigiastro, ed arrivano a tonalità diverse di blu.
Ora Folah e Notturnia sono uniti in un unico Continente. Elfi di tutti i colori si vedono in qualunque strada o “tubo” di Wanna, le nuove terre. Sono rimasti pochissimi umani, molti schiavi. Una di loro è Iara, una schiava della corte del nuovo re di Wanna, Uhas. Il suo destino sta per cambiare...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Iara ebbe finito di leggere e rivedere il libro, il filo azzurrino dell'alba sfiorava le finestre dell'umile casetta. Saio aveva smesso di russare da qualche minuto, e lei intuì che si sarebbe svegliato da lì a pochissimo. Non era riuscita a dormire, e probabilmente non si sarebbe potuta muovere tanto. Ma conosceva Saio: sarebbe stato gentile con lei e l'avrebbe lasciata riposare quanto volesse. Non aveva senso sfinirla all'inizio del viaggio. Era fatto così e solo con lei si permetteva di essere dolce e gentile. Era una delle caratteristiche di Saio che lei non riusciva a capire. Però si appoggiava alla sua spalla quando rischiava di cadere, e questo le bastava. 

« Sapevo che non avresti dormito. » Saio uscì dalla stanza con addosso solo dei pantaloni leggeri, marroni e un po' malandati. Il petto nudo lasciava intravedere qualche pelo arricciato alla luce dell'alba. Era robusto, alto, di un biondo spento piuttosto particolare. Un umano. Un qualunque umano. Sarebbe dovuto diventare schiavo, ma era riuscito a sgattaiolare da quel tipo di mondo con dei lavoretti sporchi per i nobili. Iara l'ha conosciuto come fabbro e non aveva mai afferrato il fatto che era un mercenario. La guardò e sorrise ancora.

« Dormi. Prendo le cose e preparo i cavalli. Ti sveglierò fra un po'. » Ma Iara lo ascoltava appena: si limitava a guardarlo con sguardo assente ed annuire. Non aveva sonno, e neanche voglia di sdraiarsi. Ma verso il primo pomeriggio avrebbe fatto qualunque cosa per dormire anche solo un'ora. Si alzò dalla poltrona sulla quale era rimasta intanata per ore ed ore e sorrise al suo maestro. « Saio? » Richiamò la sua attenzione, sbattendo le ciglia. Una ragazzina, era solo una ragazzina. « Sì, Iara? » Incrociò le braccia al petto e si poggiò al bordo della porta. « Non mi lasciare qui. » Rispose, gelida e lontana, poco prima di andare verso la stanza. Saio non le rispose, ma era sicura che avesse capito perfettamente. E così Iara si sdraiò sul letto del suo maestro e ne gustò il calore impregnato sul materasso. Rimase con gli occhi aperti a fissare la spada accanto alla porta aperta, e poi cadde negli abissi dei sogni.  


Iara ebbe la sensazione di aver dormito troppo, ed aprì gli occhi quando era nuovamente sera. Sbatté le ciglia e si sentì decisamente riposata. Si alzò lentamente. « Saio? È già sera... » Il silenzio di tomba le fece scorrere un lungo brivido lungo la schiena. « Saio? » Sbadigliò e scese dal letto: il contatto dei piedi caldi contro il pavimento freddo la scosse un po'. C'era buio totale in salone quando uscì dalla stanza da letto. Il tavolo in mezzo scricchiolava sinistramente e rendeva l'atmosfera ancora più pesante. Iara afferrò il mantello abbandonato su una cassa e lo appoggiò sulle proprie spalle. « Saio, che razza di scherzi... » Percorse metà del salotto, prima di accorgersi del pezzo di pergamena lasciato sul tavolo. Le vennero in un attimo le lacrime agli occhi. Non aveva idea di cosa le avesse scritto. Eppure il cuore le batteva e già iniziava ad emozionarsi. Fece un paio di passi indietro, quel poco per riuscire ad affiancare il tavolo. Deglutì e prese tra le mani il pezzo di pergamena. Un vero uomo non piange.

 

“Iara,

Ti sembrerà difficile da capire, e mi sono accorto negli anni che in effetti lo è. L'abbandono è qualcosa che non si augura a nessuno, e nemmeno io l'avrei mai augurato a te. Non capirai, quindi. Mi hai chiesto di non lasciarti lì, ed è stato allora che ho deciso che invece ti avrei salvata dalla vita che conduco. Sono un mercenario, Iara: mi pagano per uccidere. E seguirmi avrebbe significato morire, per te. Arrivi ad essere praticamente mia figlia. Non potevo portarti con me.
C'è qualcuno che ti segue. Sta' attenta, usa la spada che ti ho fatto se ce ne sarà bisogno. Non deludermi, Iara. Non venirmi a cercare: non sono più diretto ad Amlanto. Ti prego. Ti prego, per favore.

Qualunque cosa succeda, Iara, io fra un mese sarò morto.

Saio. ”

Iara rimase a guardare il pezzo di pergamena con le lacrime agli occhi, ma si sforzava per farsi forza, per non cadere a terra e piangere. Lasciò cadere la lettera di Saio e per diversi minuti rimase immobile a fissare la porta di casa, rigorosamente chiusa. Il suo maestro non sarebbe più tornato? E con chi avrebbe trascorso le sue notti a chiacchierare? A chi avrebbe passato il martello? La voglia di piangere vinse quella di rimanere cosciente. Le lacrime cominciarono a scorrere sulle sue guance e le labbra iniziarono a tremarle. Con un po' di sforzo andò a coprire il volto con le mani, e si accasciò a terra. Fu in quell'istante. L'ombra entrò spalancando la porta, e sorrise da sotto al cappuccio. Davanti a lui c'era l'Askin. Il fabbro l'aveva chiamata Iara.  
La ragazza alzò gli occhi e rimase a guardare la persona dinanzi a sé. La sua figura era offuscata dalle lacrime, e non riusciva a riconoscerne il volto. « Chi sei? » Domandò. Ma la figura non rispose. Tutto ciò che fece fu inginocchiarsi davanti a lei e continuare a guardarla, cercando di comprendere qualcosa che forse non avrebbe mai compreso. Gli avevano dato un compito da portare a termine. « Vieni con me. So dov'è Saio. »

   
 
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