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Autore: obliviate_    11/11/2012    6 recensioni
Sfidavano la sorte, Harry e Madison.
Loro, che avevano iniziato la loro vita insieme, convinti che il loro amore fosse abbastanza forte.
E se la vita tentasse in tutti i modi di separarli che succederebbe?
Il loro amore sarebbe abbastanza da tenerli uniti, da non lasciare che si spezzino?
O sarà la vita a vincere, costringendoli a ricominciare da capo l'uno senza l'altra?
"Stavo per correre giù per le scale, per cercare di raggiungerti, fermarti, dirti: ho capito. Ho guardato l'orologio ed erano già passati tantissimi minuti, da quando te n'eri andato."
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.
"Ho chiamato il tuo nome."







Madison. (le parti in bold sono un flashback)
 
Lo sapevo che non sarebbe stato lo stesso, con te lontano; che il caffè non avrebbe avuto lo stesso sapore, che il mio stomaco non sarebbe più stato pieno di farfalle ma di macigni, che il sole sarebbe stato meno acceso.
Ora che sei distante, Harry, vedo il mondo in un altro modo.
Lo guardi, e vedi che non si ferma neanche quando smetti di pensarci, e nel mondo ci devono essere per forza anche le persone perché le automobili non si guidano da sole, né i tram, perché le porte possono sbattere per il vento ma quando le sbatte una mano attaccata a un braccio attaccata a un corpo fanno un rumore diverso, più vero.
Continua anche il mondo che non vedi, quello che gira nella strada parallela a questa – lo senti ogni volta che passa un’ambulanza, o quando qualcuno grida. Il mondo, quando lo vedi, è incorniciato dagli occhi e dall’orizzonte – il mondo, quando lo ricordi, non ha cornice: sfuma agli angoli e ai lati e tutto – le case, gli uomini, le donne, gli alberi – emerge come dalla nebbia e dalla nebbia è lambito.
Tutto tranne il tuo viso, la tua voce, o le tue mani sulla mia schiena nuda.
 
Sento la tua paura sotto i miei polpastrelli, mentre ti accompagno verso quel cancello, verso il tuo futuro.
E forse anche tu senti la mia di paura, come delle goccioline di sudore che ti bagnano il palmo della mano, o un insistente profumo che sempre più prepotentemente si fa spazio tra le tue narici.
E io, di paura, ne ho tanta.
Paura che tu non riesca a realizzare i tuoi sogni, ma allo stesso tempo che tu ci riesca, lasciandomi diventare solo un ricordo, una foto polverosa chiusa nell' album del tuo passato.
E allora ti chiedo: dove vanno a finire i ricordi quando non li pensi? La mia testa è piena di volti che non smetteranno mai di avere vent’anni, di gesti ormai disimparati, di scorci immutabili e resistenti all’urbanizzazione – mi sforzo di pensarli tutti perché continuino a esistere pur sapendo che stanno esistendo comunque – stanno invecchiando nelle fotografie su facebook, tornano in sogno, restano impressi nell’aria che li ha ospitati
E poi ti guardo negli occhi, quegli occhi verdi di una bellezza disarmante, che quasi ti fanno dimenticare di respirare e tu, come fai di solito, mi posi la mano sulla guancia e cominci a baciarmi le lentiggini, come se volessi unirle in un intricato disegno senza capo né coda, e allora mi dici -Hai presente quelle volte in cuichiamo il tuo nome quando sei nell’altra stanza, come se la tua voce potesse allungarti le braccia? Lo chiamo quando non puoi sentirlo, come se la mia voce potesse colmare le distanze, attraversare i ponti. Non voglio che ricordarti insieme a me – non voglio che ricordarci insieme a te, incorniciarci di baci come se fossimo sempre presenti e mai passati, a sfiorare il soffitto in piedi sulla pila di ieri, a proteggerci il capo, pronti a sfondare con le estremità l’edificio dei nostri domani, perché io voglio viverti, voglio vivere sulla tua pelle, tra i tuoi respiri brevi e i tuoi capelli che sanno di mandorla.
Quando dici Harry, dici implicitamente anche Madison, perché io sono pieno di te, e lo sarò sempre.
Ti amo Mad.- e baciandomi disperatamente se ne va verso il suo nuovo mondo, lasiciando che il vento porti via quel -Anche io ti amo Harry- che ho sussurrato piano.

 
Harry.
 
Riguardano il video dell' home visit, stretti in cinque sul divano, con Simon che sorride fiero di loro e del suo lavoro.
-Non funzioniamo senza Louis- dice Liam grattandosi la testa demoralizzato.
-Il fatto è che noi siamo come i diversi pezzi di un'unica macchina- la voce dolce di Niall mi rimbomba nella testa, liberando un'ondata travolgente di ricordi.
 
Era inevitabile che mi venissi in mente tu, Madison, e il mio cuore perde uno, due, mille battiti mentre vedo il tuo viso che si fa spazio tra pile di ricordi coperti di polvere.
E quando, finalmente, riesco a vedere bene le tue iridi torbide come il caramello fuso, mi rendo conto di quanto io sia egoista.
Egoista ad essermene andato da Holmes Chapel per seguire i miei sogni; egoista a volermene andare da qui solo per averti tra le mie braccia; egoista, ma non abbastanza forte da mandare tutto a puttane e correre da te, orgoglioso come sono (abbastanza da non riuscire ad ammettere che sono dipendente da te, assuefatto come un tossico dalla tua presenza), ma mi crogiolo nei tuoi capelli e mi perdo nel labirinto che le tue lentiggini creano sulle tue guance pallide.
Lo sai, guardandoti lì, nei miei ricordi, spunta questo desiderio che mi viene, incontrollabile. Come potrei definirlo? Se la tua pelle fosse carta, vorrei scriverla e poi accartocciarla per poterla tenere tra le mani intera, senza dovermi affannare a cercare di combaciarti e sentirmi i palmi pieni di te, sempre. Come potrei definirlo? Se la tua pelle fosse stoffa me ne avvolgerei, se la tua pelle fosse pelle vorrei che fosse la mia – e avrei perfezioni che non ho mai avuto e imperfezioni nuove, ma senza più patire il freddo.
E mi viene in mente una frase che mi dicesti una sera, mentre scrutavamo le stelle accoccolati sul tetto di casa mia; il tuo ricordo dice che desiderare in origine significasse: fissare attentamente le stelle, che sono lontane, che non possono essere possedute – se in origine avesse avuto a che fare con i sassi o con le foglie me ne sarei già riempita le tasche, mi sarei riempita le tasche di te per sprofondare nel nostro fiume anziché accontentarmi di bagnarmici le mani. 
E io lo so che parla di noi quella frase, di quella volta in cui uscimmo dal cinema e pioveva, o di quella volta in cui stavamo avvolti stretti sotto la coperta, di tutti i nostri piccoli dettagli.
Ed è allora che la sento forte, la mancanza, la sento in ogni momento tra i momenti, in ogni respiro e in ogni battito.
 
-A che pensavi Harry?- mi chiede Simon curioso.
Lo guardo, mettendo in stand-by il suo ricordo, sperando che non sbiadisca, ma che rimanga a cullarlo mentre si addormenta.
-Pensavo a ciò che mi rende completo-
-A lei?-
-E' esattamente quello che ho detto-.
  
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