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Autore: Jewels5    11/11/2012    5 recensioni
Lei era drammatica.
Lui era dinamico.
Lei era precisa.
Lui era impulsivo.
Lui era James e lei era Lily, e un giorno condivisero un bacio, ma prima condivisero numerose discussioni, poiché lui era presuntuoso e lei dolce, e le questioni di cuore richiedono tempo.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: James/Lily
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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*Angolo di una delle traduttrici che è molto, ma molto assonnata*
Salve a tutti!
Spero che perdonerete le mie poche parole dato che sto crollando dal sonno. Beh, dopo un altro paio di settimane siamo tornate! Personalmente adoro questo capitolo (ma io li adoro tutti, alla fine) e spero tanto che piacerà anche a voi. GRAZIE a chiunque legga, recensisca, segua, preferisca e ci sopporti/supporti, siete mitici.
Lasciateci una recensione se vi va, è sempre bello sapere i vostri pensieri sulla nostra sudata traduzione.
Abbracci,
WaitForIt


EDIT: Ho appena postato la OS alla quale avevo accennato qualche settimana fa: "Snaps," fatemi sapere cosa ne pensate!


Recap: Lily accetta di non frequentare più James per Piton. Ad Adam McKinnon piace Marlene Price, ma Marlene ha un fidanzato impegnativo, Miles. Carlotta Meloni fa lasciare Frank e Alice, ma Frank esprime sentimenti contrastanti sull'avere una relazione con Carlotta. Shelley Mumps, l'"altra" Grifondoro del sesto anno, è la migliore amica di Carlotta.

 

Capitolo 11- Guai con gli angeli

O

"You Can't Hurry Love"


Lily Evans non era innamorata.

Marlene Price era innamorata.

Donna Shacklebolt aveva sempre pronunciato la parola "amore" solo in tono di scherno.

Mary Macdonald aveva sperimentato solo un tipo superficiale di amore.

Carlotta Meloni riusciva a capire molto, molto poco il concetto di amore.

Shelley Mumps era “innamorata” come lo può essere una qualsiasi sedicenne.

Alice Griffiths aveva passato troppo tempo cercando di non amare qualcuno.

La situazione era questa, mentre si stava avvicinando Natale.

"Ci vediamo presto, allora," disse Lily con un sorriso. Severus annuì. I due si trovavano nella Sala d'Ingresso, dove gli studenti si stavano radunando in vista del ritorno a casa per le vacanze di Natale.

"Sarebbe stato meglio se fossi rimasta," le disse. "Devi proprio tornare a casa? Chi si siederà con te sul treno?"

"Anche Donna e Mary stanno tornando a casa," disse la rossa. "Non ti preoccupare. Tieniti occupato. Buona fortuna con i compiti di Trasfigurazione."

"Anche a te."

In quel momento Gazza cominciò ad ordinare a tutti di salire sulle carrozze, dato che era ora di andare. Lily scese alla piattaforma con Donna, Mary, ed un ragazzo di Serpeverde che aveva un qualche tipo di interesse in quest'ultima. Quando raggiunsero la stazione di Hogsmeade, Donna andò avanti per trovare il suo bagaglio, che era stato portato su un'altra carrozza, e Lily si spostò verso la parte anteriore del treno, depositando i suoi bagagli con Hagrid, fatta eccezione per la gabbia contenente il suo gatto.

"Lily!"

"Ci eravamo già salutati," sottolineò Lily, sorridendo. Lui annuì: un cenno più sobrio, meno gioviale del solito.

"Ho solo... l'ultima volta che abbiamo parlato...sono stato davvero..."

"Non è colpa tua, Luke," l'interruppe Lily. "È mia. Sono stata io a..."

"No, Lily, aspetta”, la fermò lui. "Hai fatto quello che ritenevi giusto, e anche se ci sono state alcune... conseguenze inaspettate... posso accettarlo. Perché ti amo."

Lei lo baciò dolcemente sulle labbra. "Mi dispiace, Luke," sussurrò di nuovo.

"Non ti preoccupare. Si aggiusterà tutto fra poco... la mia famiglia non ha fatto niente di male, e sono sicuro che quell'idiota di Lathe se ne accorgerà non appena avrà finito di frugare e interrogare dappertutto...c'è stato un errore. Ne sono sicuro."

Lily annuì, desiderando ardentemente di credergli. "Vorrei che tu potessi venire a trovarmi," aggiunse in tono più leggero.

"Dovrei rimanere dalle parti del castello," rispose il suo ragazzo. "La mia famiglia potrebbe aver bisogno di me. È un momento un po' difficile... il Ministero non ha trovato alcuna prova che tutto sia accaduto nel nostro deposito, ma... sai... essere sotto inchiesta non è facile per nessuno."

"Già, suppongo di no." Il primo fischiò risuonò nell'aria, e Lily sospirò. "Devo andare."

"Giusto. Va bene." Si baciarono ancora una volta. "Ciao, Flower."

"Ciao, Luke."

La ragazza salì sul treno, sorridendo tristemente.

"Hai informato il tuo ragazzo che sei tu la responsabile dell'investigazione sulla sua famiglia?" chiese una voce beffarda. Lily alzò gli occhi e si voltò per vedere James Potter salire dietro di lei.

"Sì, gliel'ho detto," rispose piccatamente lei. "Perché abbiamo un solido e sano rapporto, basato sull'onestà e sull'affidabilità. Non sentiamo il bisogno di mentire o giocare sporco o manipolarci l'uno con l'altra. Da favola, lo so..."

"Solido e sano," le fece eco James, sorridendo. "Il vostro entusiasmo è così stimolante, Flower."

Lily si girò per affrontarlo a viso aperto, e avrebbe anche messo le mani sui fianchi, se la gabbia del gatto non le avesse impedito di farlo. "Luke ed io abbiamo un rapporto molto interessante se è lì dove vuoi andare a parare," lo informò. "Luke è dolce e premuroso e divertente e..."

"E," interruppe James, "scommetto che è diventato molto più interessante nelle ultime settimane, con tutta questa storia della sua famiglia che forse maneggia manufatti magici oscuri."

"Non tutti hanno un senso così contorto di ciò che rende una persona interessante, Potter," rispose lei. James alzò semplicemente nelle spalle.

"Disse la ragazza il cui migliore amico è Severus Piton." Con questo, le passò vicino per andarsene, facendole l'occhiolino mentre la sorpassava. Quando se ne fu andato, Lily entrò nel vagone più vicino e si sedette. Si appoggiò con la fronte alla finestra e guardò fuori, la sua mente che vagava da Luke, a Severus ed infine a James Potter.

Lily Evans non era innamorata in questo momento della storia. In realtà, per una ragazza così sorprendentemente saggia per quanto riguarda le questioni di cuore, Lily Evans non riusciva proprio a capire il nocciolo di tutta la faccenda quando si trattava degli uomini della sua vita.

Era abbastanza pragmatica per realizzare di non aver capito ancora l'amore, ma abbastanza ingenua da credere che l'affetto che provava per quel pallido ragazzo dagli occhi neri era responsabile per il suo cuore dolorante. Era abbastanza ingenua da non riconoscere che il dolore nel suo cuore era dovuto al fatto che questo ragazzo non sembrava scalfito dal suo affetto innocente e genuino. Era abbastanza ingenua da credere che quello fosse, invece, un sintomo d' amore: l'amore come quello di Anna Karenina, o di Romeo e Giulietta.

Ma non lo era.

Perché Lily Evans non era innamorata. (Non ancora.)
 

(I Hear a Symphony)
 

"Sono felice che tu sia rimasto, Adam," ammise Marlene, mentre la coppia tornava alla Torre di Grifondoro dopo i vari saluti nella Sala d'Ingresso. Il castello sembrava così deserto, ora che la maggior parte degli studenti si era messa in viaggio sull'Espresso di Hogwarts.

"Be'," rispose l'altro, "Mamma e papà pensavano di riuscire a tornare dal loro piccolo tour mondiale, ma a quanto pare sono rimasti bloccati in Cina... qualcosa sui draghi che papà voleva assolutamente vedere... più o meno come accade tutti gli anni. In ogni caso, sarà bello non stare rinchiuso in casa con altre otto persone."

"Sei fortunato ad avere sei fratelli e sorelle," lo informò Marlene. "A casa, siamo solo io e la mamma, e lei non è esattamente una compagnia emozionante."

"E una sorella dodicenne so-tutto-io sarebbe una compagna emozionante? Faccio volentieri a cambio."

Marlene rise. "Allora... ad eccezione di tre Malandrini ed una manciata di studenti più piccoli, abbiamo il castello più o meno tutto per noi. Che cosa ne facciamo di tutta questa solitudine, McKinnon?"

"Mangiamo fino a svenire, ci svegliamo, e ricominciamo."

"Ed io che non vedevo l'ora di finire il tema di Trasfigurazione."

Adam sorrise. "Sei stata troppo a contatto con i Corvonero: ti sto per disconoscere. Nessun Grifondoro per te fino a dopo Natale. Hai del Whisky Incendiario per caso?"

"Sono minorenne io, McKinnon."

"Non ha risposto alla domanda, Price."

"Be', sì, ne ho un po', ma è per Capodanno. Sirius Black mi ha fatto promettere di conservarlo per la festa che darà quella sera. Ho già dovuto mentire a Miles al riguardo."

I due si stavano rapidamente avvicinando al ritratto della Signora Grassa. "Senti, Marlene," cominciò Adam dopo qualche secondo di silenzio.

"Mhm?"

"Io ero-in realtà c'è qualcosa di cui volevo parlarti... da un po' di tempo."

"Parola d'ordine, cari?" chiese la Signora Grassa.

"Un momento," disse Marlene educatamente. "Che c'è, Adam?" Lei lo guardò in attesa, e lui ebbe qualche difficoltà a mantenere il contatto visivo.

"Il fatto è che..."

"Porca puttana." Sirius Black era appena passato attraverso il buco del ritratto. "Marlene! McKinnon! Accidenti, non credo che nessuno di voi saprebbe cosa fare se qualcuno avesse, per caso, accidentalmente fatto saltare i dormitori del secondo anno?"

"...Ehm..."

I due si scambiarono un'occhiata. "Stiamo andando a vedere, vero?" disse Adam. Marlene annuì con entusiasmo, ed i due corsero dietro Sirius nella Sala Comune.

Marlene Price era, piuttosto inconsapevolmente, innamorata. Andava a dormire ogni sera pensando ad un certo ragazzo, e desiderando ogni volta qualcosa che non riusciva ad esprimere a parole. Si svegliava e sapeva che lo avrebbe visto a colazione, che gli avrebbe sorriso con il tipo di sorriso che si indossa quando si ha una canzone particolarmente allegra in testa. C'era un ragazzo le cui battute la facevano ridere, che riusciva sempre a risollevarle il morale, per il quale voleva solo il meglio, e con cui era sempre a suo agio. In un modo molto, molto confuso, Marlene Price si faceva largo nel campo dell'amore con gli occhi non chiusi, ma sulla mappa completamente sbagliata.

Perché lei era –in ogni caso– innamorata. Ma non lo sapeva. (Non ancora.)


(Run, Run, Run)

 

“Buon compleanno!” trillò una ragazzina di dieci anni, avvolgendo le sue braccia magre attorno ai fianchi di Donna Shackebolt e facendo così irrigidire un po’ la sorella maggiore. Il Binario 9 e ¾ era una massa di studenti e di partenti, e Donna non avrebbe voluto essere vista così; aveva una reputazione da mantenere. Ad ogni modo, davvero non approvava “l’abbracciare”.

“Ciao, Bridget,” replicò comunque Donna, non troppo caldamente (ma abbastanza). “Come stai?”

“Benissimo,” disse la giovane ragazza chiamata Bridget, lasciando andare sua sorella e facendo un passo indietro. “Kinglsey è andato in giro a comprare un giornale babbano. Dice che è importante stare al passo con ‘quello che pensano loro’, perciò ci vedremo con lui vicino all'entrata.”

“Dove sono Brice e Isaiah?” chiese Donna, in modo quasi professionale, mentre Bridget –una ragazzina con una cornice di capelli ispidi come quelli di Donna– si era fatta avanti per sollevare il baule della sorella. Donna le andò in aiuto.

“Zia Dolinda è rimasta a casa con loro,” replicò Bridget, alzando al cielo i suoi occhi color ambra. “Non ti preoccupare–se ne andrà prima del tuo arrivo a casa. Ci sta tenendo  durante le sere, quando non siamo a scuola e Kingsley dev’essere in ufficio. Quella donna è veramente irritante. Io e te dobbiamo scegliere una nuova governante.”

Donna nascose un piccolo sorriso al tono sofisticato della ragazzina di dieci anni. “Sono sorpresa che tu ti sia ricordata il mio compleanno… nessuno se ne ricorda, è così vicino a Natale.”

Le due Shackebolt si fecero strada lungo il binario nove e tre quarti. “Me ne ricordo sempre,” la corresse Bridget. “Non ti comportare come se fossi proseguitata.”

Perseguitata, Bridge.”

“È quello che ho detto.”

Il mago che stava vicino alla barriera tra il mondo babbano e magico della Stazione di King’s Cross annuì alle streghe ed entrambe le ragazze camminarono dritte attraverso il muro di pietra, nella Londra babbana.

“Sai, Donna,” cominciò Bridget, mentre camminavano insieme–la più giovane facendo ondeggiare le braccia e guardando i babbani che passavano con grande interesse. “Penso che sia molto interessante avere diciassette anni. Puoi fare un gran numero di cose, ora, come smaterializzarsi, o bere Whisky Incendiario…”

“E tu cosa ne sai del Whisky Incendiario, Bridget Shacklebolt?” domandò Donna, Bridget si strinse nelle spalle, continuando a far ondeggiare le braccia.

“La signora Allock dice…” (in un tono acuto e risoluto) “… è il liquido che scorre sulla strada dell’iniquità.” Bridget ghignò. “Immagino che sia molto divertente, perché tutto quello che la signora Allock bolla come sbagliato è sempre molto divertente…far levitare i piatti, giocare a rincorrersi in casa, le Gobbiglie…”

“Chi diavolo è la signora Allock?” chiese Donna. “ E come diavolo ha giustificato il divieto delle Gobbliglie?”

“Era la governante che se n’è appena andata.”

Donna alzò gli occhi al cielo. “Avrei dovuto immaginarlo. Kingsley l’ha assunta alla fine. Perché se n’è andata? Hai espresso il desiderio di diventare qualcos’altro che non sia una governante?”

Non capendo davvero l’osservazione, Bridget scosse la testa. “No, è stato Isaiah. Le ha dato fuoco ai capelli.”

“Ovviamente,” sospirò la strega più grande. “Ovviamente è stato Isaiah.” Era sempre Isaiah. “Non ci denuncerà, vero?”
“Kingsley ed io abbiamo parlato con lei,” replicò Bridget con dignità. “Sono contenta che tu sia a casa, Donna.” Fece scivolare un braccio attorno al fianco della sorella. “Anche Isaiah si comporta meglio quando ci sei tu in giro.”

“Isaiah è sempre un bambino terribile,” la corresse Donna.

“Non può farci niente. La signora Allock dice che 'la sua mancanza di veri genitori gli ha reso impossibile diventare un bravo bambino, e che dovrebbe essere'…”

“Ne ho abbastanza della signora Allock,” la interruppe Donna. “Avremo una nuova governate…e con un po' di fortuna sarà una sana di mente che sappia tenere in riga Isaiah.”

Briget sorrise. “Dovrai assumere un drago, Donna, cara.”

Donna Shacklebolt aveva detto la parola “amore” solo in un tono di derisione. Aveva giurato di non crederci–che il concetto di amore e matrimonio era stato inventato in una qualche era passata per tenere in riga le donne. Al giorno d’oggi queste idee erano ancora diffuse per tenere gli sciocchi al loro posto: per dar loro qualcosa per cui avrebbero potuto battersi. Ma lei non aveva intenzione di lottare per amore di natura romantica (o di qualsiasi altra a dire il vero). Rifiutava persino l’idea che esistesse. O comunque lo rifiutava intellettualmente.

Perché suo padre e sua madre erano stati “innamorati” ed erano morti comunque. E Kingsley li amava tutti, ma doveva comunque lavorare ore assurde al Dipartimento Auror. E Severus Piton amava molto chiaramente Lily Evans, ma la feriva sempre. E Adam McKinnon amava evidentemente Marlene Price, ma a Marlene non sembrava fregargliene nulla, perché stava sempre con Miles Stimpson (al quale, a sua volta, non fregava niente di lei).

A dire la verità Donna Shacklebolt credeva nell’amore, ma lo derideva perché odiava l’idea nel suo complesso: la vulnerabilità e l’incapacità e il fidarsi del fatto che qualcuno non ti farà mai del male. Donna credeva nell’amore, ma non ne approvava nessuna forma e certamente non lo voleva. (Non ancora).

 

(I Want a Guy)
 

“Dell’altro tè Mary, cara?” chiese la signora Macdonald, tenendo la teira in alto affinchè sua figlia la potesse vedere. Mary scosse la testa, divertita dalla profonda, intensa felicità dei suoi genitori babbani al suo arrivo.

“Quindi le lezioni vanno bene, allora?” Chiese il signor Macdonald, offrendo a sua figlia un’altra focaccina. “Voglio dire, gli insegnanti ti trattano bene? E i tuoi voti sono sempre buoni?”

“Ragionevolmente buoni,” rispose Mary “Sì, va tutto bene. Hai visto la pagella del trimestre, no?”

“Sì,” disse la signora Macdonald, “ma è difficile fidarsi di quelli. I tuoi voti sono sempre buoni, ovviamente, ma non so quanto siano equi i tuoi insegnanti. Forse ne meriti di più alti…”

“Ho i voti che mi merito.” Mary rassicurò i suoi genitori. Aveva già mangiato una pila di focaccine,di fragole e bevuto mezza teiera di tè. “Sono davvero piena adesso” insistette. “Niente più focaccine o esploderò sicuramente.”

La Signora Macdonald cominciò a sparecchiare, entrando nella piccola cucina immediatamente adiacente. Assomigliava a Mary in qualche modo, aveva la stessa ricca chioma castana e grandi occhi nocciola. A differenza di Mary, comunque, la Signora Macdonald era una donna alta e allampanata, con mani ruvide e braccia forti: aveva lavorato sodo nella sua vita.

“Ci manteniamo magre, eh?” Chiese la signora Macdonald, con le sopracciglia alzate in modo suggestivo. “C’è un ragazzo, Mary?”

“Mmm,” grugnì il Signor Macdonald, che possedeva la corporatura bassa che Mary aveva ereditato ma che –molto più simile a sua moglie– ritraeva una persona ordinaria. “Farà meglio a trattarti bene, questo fidanzato.”

“Chi ha mai parlato di un ‘fidanzato’?” chiese Mary andando sulla difensiva: la sua mente era ancora sul compartimento del treno di quella mattina… con Martin, di Serpeverde… il modo in cui le aveva sfiorato la gamba e come l’aveva baciata… come se baciarla non fosse l’unica cosa che aveva in mente. Era stato carino… era stato fantastico, per la maggior parte, ma… no, no Martin non era il suo fidanzato.

“Oh, Mary, non intendevamo forzarti,” disse una pacificante la signora Macdonald. “Se tu non vuoi avere appuntamenti, noi ti supportiamo in questo. Ti incoraggiamo sicuramente.”

Certo che ti incoraggiamo!”

“Abbiamo semplicemente supposto che avessi qualcuno cara… scrivi di ragazzi di tanto in tanto e sei così carina…”

“Mamma, per favore.” Mary scoprì che arrossiva solo a casa. “Davvero, non è un grosso problema. Ho degli appuntamenti ogni tanto, ma non ho nessun ragazzo serio.”

“E questa è una saggia decisione.” Disse il signor Macdonald. “Sei una giovane donna intelligente.”

“Una giovane strega intelligente.” Concordò la signora Macdonald.

“Sì, esatto…” il signor Macdonald continuò. “E non vuoi impantanarti, no? Hai solo sedici anni…non ha senso non tenersi delle opzioni aperte.”

“Finché non trovi qualcuno che ami veramente,” disse la signora Macdonald. “Mary, mia cara, è meglio che tu non te ne preoccupi affatto.”

Mary annuì. “Giusto, mamma, lo so. Sai, io–io mi sono resa conto di essere un po’ stanca. È stata una lunga giornata e con il viaggio in treno…” il punto all’esterno della sua coscia dove la mano di Martin si era posata sembrava bruciare, e Mary si sentì improvvisamente in colpa per il fatto che i suoi genitori ne erano del tutto all'oscuro. “Credo che andrò a letto.”

“Ti porto una tazza di latte,” disse la signora Macdonald con calore. “Dormi bene, Mary. È bello averti di nuovo qui.”

“È bello essere di nuovo qui,” concordò la figlia.

“Ti voglio bene, Mare,” disse suo padre.

“Ti voglio bene anch’io, papà.”

Mary Macdonald aveva sperimentato solo un tipo superficiale di amore romantico, ed era molto romantico e molto superficiale. Mary sapeva perfettamente che tutto quello che avrebbe dovuto fare sarebbe stato schioccare le dita e Martin-di-Serpeverde (qual era il suo cognome poi?) sarebbe diventato il suo ragazzo… la ragazza non aveva fatto la sua solita buona azione sul treno e lui era… be', ancora interessato. Mary era sempre in grado di dire quando erano abbastanza interessati da essere “fidanzati”.

Ma Mary non era interessata.

Martin era un baciatore favoloso. Molti di loro erano baciatori favolosi (molti non lo erano e non avevano neanche una chance), ma la maggior parte semplicemente non accendeva il suo interesse dopo la prima pomiciata oppure… i loro dialoghi erano tutti così tragicamente banali. La guardavano tutti allo stesso modo: con adorazione, che Mary pensava dovesse essere qualcosa tipo lussuria più amore. Comunque, mentre l’adorazione diventa noiosa, era sempre meglio del rifiuto.

Conosceva anche il rifiuto. Lo riconosceva negli occhi del ragazzo, quando la stava mentalmente spogliando e già stava pianificando come fuggire dopo. Il rifiuto faceva male, ma era molto più affascinante dell’adorazione: più affascinante, ma più pericoloso. Ultimamente l’adorazione aveva solo finito con fare male all’adoratore: non alla ragazza che lui aveva messo su di un piedistallo.

A Mary Macdonald era noto solo un tipo di amore romantico molto superficiale, e non ne conosceva di altro tipo. (Non ancora).


(He's Seventeen)

"Caro Frank," tentò Carlotta ancora una volta. Guardò la pergamena, che non produsse alcuna ulteriore ispirazione, e posò la piuma. La stanza di Carlotta a casa era bella, ben arredata e non doveva condividerla con nessuno, che era l'interesse primario di Carlotta. Era stata seduta alla scrivania senza interruzione per le ultime due ore, comunque, e non aveva ancora capito cosa avrebbe dovuto dire nella sua lettera a Frank Paciock.

"Sono arrivata a casa sana e salva. Sembravi un po' esitante a parlare dopo l'ultimo appuntamento, e ti ho dato il tuo spazio, anche se non mi ha dato alcun verdetto circa la tua decisione. Posso solo sperare che il tuo silenzio sul problema significhi che non hai rinunciato a me su due piedi."

Carlotta rilesse quello che aveva scritto, poi accartocciò la pergamena e la fece lievitare nel cestino dei rifiuti. Iniziò di nuovo.

"Caro Frank…"

Ma nemmeno quello era ciò che lei voleva.

"Frank," cominciò. No, era troppo brusco.

"Caro Frank." Una breve pausa, poi: "Mi sei mancato dal nostro ultimo appuntamento. Sei stato silenzioso, e posso capire che tu abbia bisogno di spazio. Non sto scrivendo per farti preoccupare di quello. Voglio solo che ci teniamo in contatto."

Carlotta sbuffò e aggiunse ad alta voce: "Perché non mi fido del fatto che tu non corra di nuovo dalla tua stupida ex-fidanzata… lei sarebbe proprio abbastanza tonta da riprenderti…"

"Il viaggio in treno è andato bene… Shelley è rimasta a scuola quest'anno, quindi mi sono seduta con alcuni Corvonero del quinto anno. Quando siamo arrivati ​​a casa, prima ancora che avessi raggiunto la porta d'ingresso, Mike Sanderville–l'idiota educato a casa che vive alla porta accanto–si è avvicinato e mi ha chiesto di accompagnarlo ad un ballo a cui andrà la vigilia di Natale a Londra. Stavo per dire 'sì', solo per tirarlo fuori dalla sua miseria, ma mia sorella Eileen è pazza di lui da quando anche lei ha iniziato a studiare a casa, e non sarebbe proprio giusto nei suoi confronti. Eileen non ha fiducia in se stessa, e…"

Carlotta si fermò e prese la bacchetta, fece magicamente sparire tutto dopo "teniamo in contatto." Non aveva mai funzionato quando aveva provato a rendere Frank geloso… non come aveva fatto con altri ragazzi, in ogni caso. Lui non sembrava mai obiettare: era più come una soluzione al suo problema.

"Il problema Carlotta," lo intitolò lei pensierosa. Aggrottò la fronte, la sua mente derivò di nuovo verso Alice Griffiths, che era senza dubbio seduta nel suo dormitorio a pensare cose orribili su Carlotta in quel momento. Quel pensiero allo stesso tempo confortava e infastidiva Carlotta. Non le piaceva che Alice credesse di essere in qualche modo migliore di lei, ma si gonfiò di orgoglio nel sapere che per lei–per lei, Carlotta Meloni–era valsa la pena di perdere Alice. Frank l'aveva baciata, sapendo che avrebbe potuto rovinare il suo rapporto con la perfetta-ragazza-della-porta-accanto-Alice-Griffiths e che quello voleva dire qualcosa. Ciò significava che Carlotta non era semplicemente la ragazza hippie dall'amore-libero; lei ne valeva realmente e veramente la pena.

Ma Carlotta non poteva scrivere tutto questo.

"Buon Natale, Frank. Spero che tu stai pensando a me, perché io ho pensato a te."

Carlotta esitò sulla firma, e poi, sapendo che era esattamente quello che Alice Griffiths avrebbe fatto, finì in bellezza:

"Con amore, Carlotta."

Ma naturalmente, Carlotta Meloni aveva capito molto, molto poco il concetto di amore. L'amore era sesso; l'amore era vittoria ed una sensazione calda, piccola e felice che riusciva a sentire di tanto in tanto. L'amore aveva qualcosa a che fare con nessuna guerra…era quello sul quale hanno scritto canzoni e per il quale maghi avevano duellato per streghe.

L'amore non era quella melensa spazzatura che Alice Griffiths indubbiamente credeva: non che Carlotta avesse davvero idea di cosa credesse Alice Griffiths… e lei riconobbe questo fatto. Era troppo facile essere avversaria di Alice, più evidentemente a causa di Frank, ma anche perché loro erano così…agli opposti. Ed a Carlotta piaceva l'idea di essere l'avversaria di Alice Griffiths. C'era qualcosa di elettrizzante, di giusto nell'essere l'avversaria di Alice e, per tutto il tempo, cercare di ottenere ciò che Alice aveva già (Rubare ciò che Alice aveva già, disse una voce–rapidamente messa a tacere–nella sua mente).

Carlotta aveva capito molto, molto poco il concetto di amore , e lei lo sapeva. Non le importava. (Non ancora).

 

(Baby Love)

Il dormitorio delle ragazze di Grifondoro del sesto anno era un luogo solitario in quel momento, osservò Shelley Mumps mentre pettinava i suoi capelli biondo sporco la seconda mattina di vacanza. Marlene Price era l'unica altra ragazza, ed era sempre fuori con Adam McKinnon o con i tre Malandrini.

Shelley sospirò. Tre Malandrini. Solo Tre.

Aveva firmato per rimanere al castello solo perché aveva sentito che tutti e quattro i Malandrini si sarebbero fermati. Ma poi James Potter si era alzato la mattina e aveva deciso che stava tornando a casa, tutto d'un tratto, e Shelley lo aveva saputo troppo tardi. Avrebbe dovuto pubblicizzare l'informazione un po' di più.

Riposando il mento sul palmo della mano, Shelley guardò allo specchio, ma pensò a James, piuttosto che alla propria immagine riflessa. Il ragazzo aveva le detto forse cinquanta parole in quasi sei anni, ma c'era qualcosa di magnetico in lui. Tutti lo vedevano (quasi tutti, comunque), ed era palpabile, perché tutti lo amavano (quasi tutti, comunque).

Shelley Mumps lo faceva certamente, comunque.

"Ciao, Shelley," disse Marlene, l'immagine dello spirito vacanziero quella mattina, mentre la strega svolazzava nel dormitorio dal bagno, dove era andata a mettersi il trucco.

"Ciao, Marlene," rispose Shelley. Marlene Price: ora sì che si parlava di una ragazza interessante. Era carina: molto carina davvero, se non assolutamente incredibile come Carlotta o Lily. Era alta e ben proporzionata (anche se non lo pensava), e i capelli le cadevano fino a metà schiena in fili d'oro. Improvvisamente, Shelley si sentì invidiosa, e Shelley si sentiva raramente invidiosa. L'invidia era semplicemente qualcosa che non poteva permettersi mentre era migliore amica di Carlotta. "Dove stai andando questa mattina?"

Shelley notò i jeans alla moda, il maglione e gli stivali al ginocchio che la sua compagna di stanza aveva indossato. "Battaglia a palle di neve con alcuni dei ragazzi," rispose Marlene con disinvoltura, tirando la sua sciarpa e il cappotto fuori dal suo baule. "Dovresti venire con noi. Sarà un sacco divertente. I Malandrini esagerano sempre… è destinata a essere più una Guerra Mondiale a palle di neve."

Se solo James Potter fosse stato lì.

Shelley lo considerò. Poi, guardò giù la gonna che aveva già indossato per la giornata. "Non sono vestita per una battaglia a palle di neve," disse a Marlene. "Meglio di no."

Marlene mise alcuni orecchini. "Ti aspetteremo se ti va, Shelley. A nessuno importa."

No, pensò Shelley. No, diventerebbero irritabili ed io sarei la ragazza che li ha fatti aspettare, e poi Sirius Black penserebbe che sono un fastidio, e direbbe a James Potter che sono un fastidio, e…

"Penso che sia meglio trovare un inizio a quel saggio di Trasfigurazione, in realtà," disse Shelley. "Ma grazie per l'invito."

"Vieni giù, se cambi idea," disse Marlene. "Odio pensare a te tutta sola nel dormitorio a fare i compiti." Con un sorriso, la bionda partì, lasciando Shelley con il suo riflesso nello specchio.

Shelley Mumps era "innamorata" quanto una qualsiasi ragazza di sedici anni. Shelley era "innamorata" del capitano della squadra di Quidditch della sua Casa: era innamorata dei suoi capelli disordinati, del fatto che lui sorridesse storto, e di quel suo fantastico modo di fare. Ma, naturalmente, Shelley Mumps non era veramente innamorata di lui. Era infatuata di lui, e forse era peggio, perché Shelley non era vanitosa o invidiosa o imbarazzata per natura, ma quando pensava a James Potter, diventava tutte e tre.

Non importava che James la conoscesse appena, che lei facesse scena muta quando lui era in giro, o che non avessero mai tenuto una conversazione reale di qualsiasi importanza. Shelley era infatuata, e non aveva nessuna intenzione di rinunciare a tale infatuazione. (Non ancora).

 

(The Happening)


"Buongiorno, Alice," dichiarò Marlene allegramente, entrando nel dormitorio delle ragazze del settimo anno con un sorriso e quattro ragazzi al seguito.

"Che diavolo state facendo qui?" chiese Alice, posando il libro che stava leggendo seduta vicino alla finestra. "E come hai fatto a far entrare i ragazzi qui dentro?"

"Prima di tutto," Sirius Black–uno del gruppo–cominciò, "non sapevo che tu imprecassi, dolce Alice. Penso che sia molto carino. In secondo luogo, siamo riusciti a entrare nel dormitorio delle ragazze con…"

"Andiamo, Sirius," interruppe Remus, "non hai raccontato abbastanza segreti di recente? Questo idiota…" Remus aggiunse rivolgendosi agli altri presenti nella stanza: "ha detto alla ragazza con cui è uscito tre diversi passaggi segreti attorno al castello solo perchè lei lo baciasse."

"Ha funzionato?" volle sapere Marlene.

Sirius scrollò le spalle. "Diciamo solo che Shannon Prewett può fare cose meravigliose con la sua lingua."

Marlene e Alice rabbrividirono. "Per favore qualcuno può farmi dimenticare di aver mai sentito questa cosa?" piagnucolò la prima. Sirius fece per prendere la sua bacchetta, ma Remus lo fissò.

"Stiamo andando fuori tema," sottolineò Peter, e Adam annuì.

"Sì," disse. "Gli strani e meravigliosi affari di Sirius con la lingua di Shannon Prewett non hanno nulla a che fare con la nostra missione qui, oggi."

Alice alzò gli occhi al cielo. "Se questo è uno schema folle per farmi venire al piano di sotto e… fare una battaglia a palle di neve o qualcosa di altrettanto cliché con tutti voi, non lo farò. Sto leggendo."

"Oh, no," disse Sirius, "Non vogliamo che tu venga al piano di sotto."

"Al contrario," concordò Adam.

"Vogliamo che tu rimanga qui," disse Remus.

"Per tutte le vacanze di Natale," contribuì Peter.

"Marlene ti porterà i pasti", aggiunse Sirius.

Alice li fissò. "È per questo che siete venuti qui? Per dirmi di restare?"

"Inoltre," disse Marlene, "per chiederti quale evento della tua infanzia ti ha lasciato un segno che ti ha reso così tanto masochista da farti rimanere a Hogwarts quest'anno?"

"È il mio ultimo anno," rispose la ragazza del settimo anno sulla difensiva; "Mi piace il Natale a Hogwarts, e ho pensato che mi sarebbe piaciuto…"

"Anche Frank è rimasto," interruppe Marlene. Alice la guardò.

"Sul serio?"

"Sì, cara."

Si alzò dalla sedia vicino alla finestra. "M-m-ma lui non resta mai. Va sempre a casa dalla madre, perché… accidenti. Dannazione. Non può essere possibile!"

"E continua ad imprecare," osservò Sirius. "È davvero adorabile."

"È possibile e vero," Remus disse ad Alice con simpatia. "Marlene ti ha voluta mettere in guardia, e ci ha portato con sé. Spero che non ti abbiamo spaventata o qualsiasi…"

"Va tutto bene, Remus," Alice interruppe dolcemente, chiaramente persa nei suoi pensieri. "Ma–come potrebbe essere successo? Buon Dio, ho pensato di essere finalmente in grado di andare in giro per il castello, senza alcun pericolo di imbattermi in lui! Perché lo avrebbe fatto…? Oh!" La comprensione si dipinse sul viso tondo di Alice; "anche Carlotta è rimasta, non è vero? È così, non è vero? È per questo che Frank è rimasto?"

"No, Carlotta è andata a casa," disse Adam.

"Davvero?"

"Davvero."

"Ma allora, perché…?" Alice si interruppe. "Marlene, perché mi stai guardando in quel modo?"

Infatti, Marlene guardava la ragazza del settimo anno con un'espressione di stupore dagli occhi spalancati. "Perché… p-p-perché… perché hai detto il nome!" balbettò Marlene. "Hai detto il nome!"

"Ha detto quale nome?" chiesero in coro i quattro ragazzi, perplessi.

"Ha detto il nome di Carlotta!" gridò Marlene, battendo le mani eccitata. "Alice, non hai detto il nome di Carlotta una volta da quando tutto è iniziato… non hai detto il suo nome nemmeno una volta, e ora lo hai appena detto, e… e non ti sei nemmeno accorta di averlo fatto! Tu stai bene!"

Alice sbatté le palpebre. "Io sto bene."

"Sono d'accordo," disse Sirius. Remus gli diede una gomitata.

"Non ho sentito niente," continuò Alice. "Ho detto il nome di Carlotta e non ho sentito niente… non preoccupazione o rabbia o tristezza o…" Guardò i cinque davanti a lei. "L'ho superata," annunciò la strega, ammirando le sue stesse parole.

Marlene si avvicinò. "L'hai superata?"

"L'ho superata."

"L'hai completamente superata?"

"L'ho completamente superata."

Marlene cominciò ad applaudire, e gli altri seguirono l'esempio. Alice si sedette, con i suoi pensieri confusi. "Sentite, grazie ragazzi per essere venuti qui, ma… potreste darmi un minuto? Ho bisogno di digerire."

Con una battuta sulla digestione da Sirius ed un sorriso incoraggiante da Marlene, i cinque ragazzi del sesto anno uscirono. Alice respirò profondamente. Questo non sembrava possibile: dopo tutto questo tempo, improvvisamente non le importava più… non voleva più restare in questo stupido dormitorio… voleva essere fuori.

Alice Griffiths aveva passato troppo tempo cercando di non amare qualcuno. Perché, in fondo, aveva sempre amato Frank, anche quando lo aveva affrontato e gli aveva detto che era finita, e anche quando lo aveva visto ad Hogsmeade con Carlotta, e anche quando aveva saputo che era andato ad un appuntamento con Carlotta: Alice non poteva fare a meno di amare Frank.

Ma ora, quello non aveva importanza. Tutto aveva un senso. Amare Frank e andare avanti non erano filosofie in contraddizione. Alice-e-Frank non sarebbe mai accaduto di nuovo: era inutile rimuginare. Rimuginare l'aveva resa infelice. Rimuginare era leggere quel noiosissimo libro nel dormitorio quando una spessa coltre di neve meravigliosa l'attendeva fuori. Alice si alzò in piedi.

Aveva passato troppo tempo cercando di non amare qualcuno, ed ora realizzava che niente di tutto ciò contava più niente, perché lei era andata avanti. Lei non aveva proprio smesso di amarlo (non ancora), ma aveva smesso di curarsi di ciò che era già accaduto. Aveva smesso ed era pronta ad uscire fuori da questo stupido umore stile colonna–sonora-di-Carole-King che aveva afflitto il dormitorio per mesi.

Era pronta ad essere carina e ridere; a frequentare le feste post-Quidditch e ad avere una cotta per un tizio carino. Era pronta ad andare a Hogsmeade per puro divertimento, e non perché i suoi amici l'avevano trascinata lì. Il sole splendeva, la neve luccicava mentre Alice voltava pagina quella mattina, ed era quasi Natale.

  
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