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Autore: StephEnKing1985    12/11/2012    4 recensioni
...Niall guardò verso il buco nel muro, che si allargava ogni secondo di più. Dinanzi a lui si apriva il buio, un buio che mai aveva visto prima, così spaventosamente gonfio di negatività. - Ecco - disse Jackson - questo è solo l'inizio. - Niall si voltò verso di lui. - Voi siete pazzo, Jackson... - Quest'ultimo buttò la testa all'indietro e si mise a ridere. - ...Solo grandi pazzi possono essere grandi geni - disse, mentre Niall lo fissava attonito. Intanto, dal buio, occhi gialli cominciarono ad avanzare. Niall indietreggiò, e Jackson gli mise una mano sulla spalla. - Che la festa abbia inizio - commentò, sogghignando maleficamente.
Niall Horan, un ragazzo appassionato di romanzi horror del suo autore preferito, Howard P. Jackson, si troverà a dover indagare sulla morte di alcuni suoi amici, anch'essi appassionati fan dello scrittore maledetto, i cui libri fanno impazzire chiunque li legga con troppa attenzione. Che cosa si nasconde dietro questa macabra particolarità? Toccherà a Niall scoprirlo, addentrandosi nel mondo di Jackson, il mondo dove nascono i suoi orrori... Riuscirà ad uscirne vivo?
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Louis Tomlinson, Niall Horan
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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1.

 

 

Silent Hill

Ospedale psichiatrico Brookhaven.

 

 

 

Lisa Garland non aveva avuto un buon inizio di giornata. Appena arrivata si era dovuta sorbire il richiamo della caposala perché non aveva spento le luci del braccio E dopo il turno di notte. – Il sorvegliante notturno era nuovo – si era giustificata – gliele ho lasciate accese di proposito perché non si perdesse. –

Nonostante la sua giustificazione, la caposala l’aveva rimproverata per bene, aggiungendo un altro granello alla sua clessidra mentale che le diceva di tornare da dov’era venuta, ovvero l’ospedale Alchemilla.

Essere trasferita al Brookhaven dall’amministrazione era stata una gioia fino ai primi giorni, salvo poi trasformarsi in una specie di prigione: sorvegliare i malati mentali e stare loro dietro qualunque cosa facessero/dicessero, era un’impresa davvero ardua. Soprattutto perché i criminali non avevano tutti la stessa faccia… No. Per dirla con un’espressione che usavano spesso i colleghi di Lisa, erano polimorfi.

E quello che stava al braccio E, era sicuramente il più polimorfo di tutti.

Solitamente qualcuno immagina gli assassini come delle bestie assetate di sangue, con un aspetto orribile e modi rozzi e violenti. Invece Niall Horan (così era stato registrato alla reception quando era arrivato) era tutto il contrario: un ragazzino di origini irlandesi neanche ventenne, che con quei capelli biondi e quegli occhi azzurrissimi, quei lineamenti dolci e quel corpicino atletico sembrava un angioletto… Un angioletto della morte, in quanto autore di una strage a mano armata in una libreria del centro di New York.

Eppure Lisa non lo avrebbe mai detto, che avesse commesso un crimine così orrendo. Le era bastato leggere un articolo sul The New York Post, per tenere un terzo occhio aperto ogni volta che doveva accompagnarlo da qualche parte nell’ospedale.

Tuttavia il ragazzo non sembrava proprio un pluriomicida aggravato. Era sempre tranquillo, parlava poco ma bene… quello che osservava spesso Lisa era come se a volte non fosse parte del mondo reale. Come se Niall fosse un alieno, o per lo meno appartenente ad un’altra dimensione.

 

A rendere ancor più tragica la mattinata iniziata male, ci si metteva anche il cielo plumbeo carico di pioggia. Lisa guardò per un attimo fuori dalla finestra i neri cumulonembi, rabbrividendo.

- Lisa – disse Sheila, una sua collega – Stai bene? –

- Sì… Forse. Se continua questo tempo, avrò poco da stare bene, credimi… -

- Ti capisco – rispose la ragazza, mentre compilava un modulo – Anch’io ho seri problemi quando c’è un tempaccio del genere. –

- Be’ – riprese Lisa, sfogliando la rivista che teneva sulla scrivania – cerchiamo di rilassarci. Ci passerà. –

 

Intanto fuori aveva iniziato a piovere. Nel vialetto d’accesso dell’ospedale comparve un’auto, una Toyota Prius nera. L’auto si fece tutto il viale per poi fermarsi ad un parcheggio adiacente l’entrata coperta del complesso psichiatrico.

 

Il rumore di passi nel corridoio distolse Lisa dall’articolo che stava leggendo. Alzò gli occhi e vide un uomo alto che indossava un soprabito di pelle marrone, che avanzava verso la guardiola. Lisa mise via la rivista che stava leggendo, e si preparò ad accogliere l’individuo.

Arrivato di fronte a lei, l’uomo si tolse il cappello, rivelando una testa piena di capelli neri, un viso sbarbato e spigoloso tipico della mezza età, e due occhi neri come la notte.

- Buongiorno – salutò – sono il dottor Kaufmann, psichiatra. È qui che tenete l’ultima rockstar? –

- Buongiorno – rispose Lisa – Quale rockstar, mi scusi? –

Il medico anzianotto rise – Ma come, non lo sa? Quel ragazzino che ha fatto la strage in una libreria a New York. –

- Ah – disse Lisa, come cascando dalle nuvole – Niall Horan. Certo, è un nostro ospite – confermò, prendendo il registro degli accessi. Anche se era il 2012, al Brookhaven non avevano ancora informatizzato quella parte burocratica, per cui ogni persona che entrava doveva essere registrata manualmente.

- Ho bisogno di un suo documento d’identità e di una firma sul registro. –

 

*****

 

Mentre si avviavano al braccio E, dov’era rinchiuso Horan, il dottor Kaufmann esaminava la sua cartella clinica, facendo di tanto in tanto qualche domanda a Lisa.

- Il ragazzo dorme molto? –

- No, quasi nulla. Per farlo dormire dobbiamo iniettargli del sedativo, altrimenti è capace di rimanere sveglio tutta la notte. –

- Hmh – bofonchiò Kaufmann – Ha avuto episodi di pazzia, crisi epilettiche, o qualcosa fuori dall’ordinario? –

- Per quel che mi riguarda, quel ragazzo è totalmente fuori dall’ordinario. A parte ciò… no, non ha mai fatto il cattivo. L’unico comportamento strano è che dà l’impressione di essere su un altro pianeta. Come se… come se fosse in comunicazione con entità ultraterrene. –

- Credo che sia un classico di tutti i pazienti – minimizzò Kaufmann.

Arrivati alla porta della sua cella, Lisa infilò la chiave nella serratura e girò, facendola scattare.

La stanza era immersa nel buio, quindi Lisa fece per accendere le luci.

- No – disse una voce dall’interno della cella – Niente luce. –

Lisa ritrasse la mano, poi guardò il dottor Kaufmann, vergognandosi un po’. Poi prese a parlare con Niall.

- Niall – gli disse, dolcemente, come una maestra che deve rimproverare un bambino – c’è qui una visita per te. Non è carino starsene nell’ombra, senza accendere nemmeno una luce. –

- La luce mi brucia gli occhi – rispose Niall, dopo un minuto di silenzio.

Lisa fece per ribattere, ma con un gesto della mano molto calmo, Kaufmann la fermò.

- Niall Horan – disse Kaufmann – Ho un regalo per te. Ma te lo darò solo se prometti di accendere la luce una volta che sarò entrato. Che dici, ci stai? –

Ci fu un altro minuto di silenzio, poi Niall parlò di nuovo. – Che genere di regalo? –

Dalla sua borsa, il dottor Kaufmann tirò fuori una copia di un libro, e lo infilò nella stanza buia.

- Un libro. Ti piace leggere, non è vero? –

Mentre tendeva il libro alla stanza, una mano lo afferrò e glielo portò via. Kaufmann ritirò istintivamente la mano, avvertendo per un secondo un principio di pelle d’oca. “Cazzo”, pensò.

- Venga avanti, Doc. Lisa, accendi pure la luce, ma prima socchiudi la porta. –

- Va bene, Niall. –

Kaufmann entrò nella stanza e Lisa accese le luci. La luce al neon balbettò per un secondo o due, infine si stabilizzò, illuminando l’ambiente.

Una tipica cella da ospedale psichiatrico, con un letto, un tavolo con sopra molti libri, e dei fogli pieni di disegni strani e improbabili. Per lo più scarabocchi. Kaufmann si guardò intorno, non riuscendo a trovare il ragazzo.

- Cercava me, Doc? –

Kaufmann si girò, e vide Niall seduto in un angolo a gambe incrociate. Portava il pigiama clinico di stoffa deperibile, i suoi capelli biondi erano tutti arruffati e al polso destro portava un braccialetto irremovibile con i suoi dati identificativi.

Stupito dall’entrata in scena, Kaufmann ammezzò un sorriso. – Già. Cercavo proprio te, Niall – disse Kaufmann, quindi gli tese la mano – Sono il dottor Michael Kaufmann. Piacere di conoscerti. –

Niall guardò quella mano grande come se non avesse mai visto una mano così in vita sua, ma la sua espressione era quella di un alieno che, appena arrivato sulla terra, si stesse chiedendo che cosa bisogna fare quando qualcuno ti porge la mano. Improvvisamente se ne ricordò e gliela strinse debolmente, senza però alzarsi in piedi.

- Che cosa ci fa qui, dottor Kaufmann? –

- Niente d’interessante. Ero solo venuto a farti visita. Come tutti gli psichiatri, sono un po’ curioso. Ed ero curioso di fare due chiacchiere con te. –

Niall ridacchiò – Va bene, dottore, parliamo pure. –

- Chiamami pure Michael, Niall. Chiudiamo le formalità dietro quella porta. –

- Come vuoi, Michael. – improvvisamente, il suo sorriso gli morì sulle labbra.

- Allora – esordì Kaufmann, prendendo la sedia della scrivania di Niall e sedendovisi sopra  – Cosa ci fa un giovanotto come te in questo albergo? –

- Aspetto. – disse Niall, guardando un punto imprecisato del pavimento.

Kaufmann intanto prese il suo pacchetto di Marlboro e se ne ficcò una in bocca – Ti dà fastidio se fumo? –

- No – rispose Niall, sempre continuando a fissare il pavimento.

- Aspetti, dunque? – Kaufmann accese la sigaretta e ne prese una bella boccata. – Chi? –

- La chiamata del mio padrone. –

- Hmh – annuì Kaufmann – Un padrone… E chi sarebbe, questo tuo padrone? –

Niall alzò gli occhi, e Kaufmann poté vedere le iridi cristalline del ragazzo. Pensò che qualunque ragazza l’avesse visto se ne sarebbe potuta innamorare. Poi Niall gli sorrise sornione, come se la cosa che stava per dire fosse la più ovvia cosa al mondo, come gli uccellini fanno cip.

- Howard P. Jackson – rispose, tirando fuori il libro che Kaufmann gli aveva regalato poco prima – Lui non è solo il mio padrone. È il padrone di tutti. Di tutto e tutti. –

- Interessante – osservò Kaufmann, cercando un posacenere – Hai un posacenere, per favore? –

Senza rispondere, Niall indicò un bicchiere di carta sul tavolo.

- Grazie – rispose Kaufmann, spolverando la cenere della sua Marlboro – Stai aspettando il tuo padrone, Howard P. Jackson, allora? –

- Sì. Tutti noi lo stiamo aspettando. Tutti noi sappiamo che lui ci condurrà verso un mondo nuovo. –

- Be’… è un po’ l’obiettivo di tutti i messia, condurci verso un mondo nuovo. E dimmi, Niall… tu sai qualcosa, a proposito? –

- Oh, dottore… la verità è sotto gli occhi di tutti. Chi non conosce, conoscerà. Chi non vede, vedrà. E chi non crede… crederà. –

- Parlamene un po’, Niall, vuoi? –

Niall alzò lo sguardo verso il soffitto, mentre Kaufmann lo osservava attentamente. Dopo un minuto riabbassò gli occhi, riportando il suo sguardo verso Kaufmann.

- D’accordo – rispose il ragazzo – Venga più vicino, le dirò tutto quello che vuole sapere. -

   
 
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