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Autore: Mistful    30/05/2007    11 recensioni
Ecco a voi la traduzione della fanfic che ha vinto l'Oscar come migliore fanfic del 2005! Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Include un’amicizia molto strana, molta angst, sospetti, lealtà conflittuali, un Ron poco sveglio, una Hermione sul piede di guerra e due ragazzi alquanto incasinati.
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Underwater Light

Underwater Light
By Maya

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

 

Sommario: Donzelle urlanti in camicia da notte! Giovanotti urlanti in abiti da notte! Paura, panico, alcool e ogni tipo di sostanze deleterie! Manca solo un marchese villano su un cavallo nero, ma dovevo lasciare qualcosa per il capitolo 19.

 

 

Capitolo Diciotto

Condannati

We are the children of Paradise

On our own now since the fall

All the things that are worth having

Were never ours to keep

I've been alone so long

That I just don't know what to do

And I don't want to lose you

 

[Siamo i figli del Paradiso / Soli dopo la caduta / Tutte le cose che valeva la pena avere / Non sono mai state nostre / Sono stato solo così a lungo / Che proprio non so cosa fare / E non voglio perderti ]

 

 

Ginny se ne accorse nel sonno, voltando la testa sul cuscino e cercando di guardare attraverso un intreccio di capelli nel dormiveglia. Qualcuno stava gridando, era Hermione, e fu allora che si accorse che era tutto vero.

Si buttò fuori dal letto prima di riuscire a scuotersi dal sonno, e non fu del tutto conscia fino a quando non entrò nel dormitorio del settimo anno.

Tutti i letti erano vuoti, le lenzuola spiegazzate e abbandonate, tranne quello in cui Hermione tremava, con la bocca ancora aperta in quell'urlo di panico.

Hermione era una delle persone su cui Ginny avrebbe contato senza esitazioni in caso di crisi, e ora era così terrorizzata che per un attimo era semplicemente andata in pezzi.

Non può continuare così.

Corse fino al letto e strinse le braccia di Hermione. Hermione la fissò e la abbracciò in un attimo convulso, così che Ginny si ritrovò avvolta da braccia tremanti e capelli ricci. Il sussurro di Hermione attraversò i suoi denti serrati indicando che aveva ripreso il controllo di sé, e le sue mani strinsero disperatamente le spalle di Ginny.

"Oh, Ginny, Ginny, credevo... credevo di essere rimasta solo io nel castello..."

Nient'altro avrebbe potuto spaventare tanto Hermione.

"Sono qui," disse Ginny trafelata e decisa. "Sei al sicuro."

La maniglia della porta si mosse, e per un unico terribile istante si strinsero l'una all'altra. Poi Ginny spinse da parte Hermione e corse verso la porta. Si accorse solo a metà strada che aveva tenuto la bacchetta stretta in mano per tutto il tempo, e quando lo notò si ritrovò a pensare: Bene. Tornerà utile.

Quando la porta si aprì e una figura scura si mosse verso di lei, non le venne in mente nemmeno un incantesimo. Stava ancora elaborando l'ira e il senso di responsabilità.

Agitò la bacchetta in alto e colpì la figura in pieno viso. Quella barcollò all'indietro.

"Che diavolo... Ginny, ma che fai?"

Ginny era pronta ad attaccare ancora, ma quella domanda offesa la fece riflettere, e per poco non lasciò cadere la bacchetta.

"Ron?"

"," disse Ron contrariato.

"Oh mio Dio, scusami," iniziò Ginny, quando si accorse che Ron aveva appena visto Hermione e il vuoto attorno a lei e che, per quanto lo riguardava, il resto del mondo aveva cessato di esistere.

"Ron," disse Hermione con voce rotta ma che cercava chiaramente di sembrare normale e calma, "Ron, grazie al cielo."

Si buttò giù dal letto e corse da lui, e lui la avvolse in un abbraccio agile e stretto. Si strinsero entrambi, premuti l'uno contro l'altra, finché Hermione non racimolò abbastanza autocontrollo da farsi indietro e chiedere scossa:

"Chi altro è...?"

"Un sacco di persone," disse Ron, con la mano spinta con forza sulla schiena di lei, come se soltanto toccarla sullo spazio rigido tra le scapole potesse garantirgli la sua presenza. "Quando abbiamo sentito gridare ci siamo guardati intorno nella stanza e..."

"Oddio, Dean!" esclamò Ginny, con un altro fremito di panico. "Dean è...?"

Ron la guardò. "No, lui c'è, ma Neville..." Deglutì. "Neville no. Harry e Dean stanno controllando gli altri dormitori maschili, Harry ha detto che mi avrebbe raggiunto..."

Ginny provò un impeto di desiderio per tutto ciò che era ordinario, per il mondo sicuro in cui era nata. Avrebbe voluto andare da Ron per chiedergli se il suo naso arrossato era migliorato, perché era certa di poter almeno guarire un naso, ma tutto quello...

"Come sei arrivato qui?" chiese, sconsolata. "Questo è il dormitorio femminile."

La mascella di Ron si contrasse e le sue mani si curvarono sulla schiena di Hermione. Ginny notò che le sue unghie erano rotte e i polpastrelli arrossati.

"Mi sono aggrappato alle crepe della pietra, quando le scale mi sono sparite da sotto i piedi," spiegò. "Ti sentivo gridare. Dovevo venire."

Hermione si districò, cercando di riallisciarsi i capelli. "Sei stato gentile, Ron, ma quello che dobbiamo fare adesso è organizzarci," disse, e Ginny vide la sua espressione mutare, come se si fosse obbligata a tornare lucida.

"Giusto," disse Ginny. "Cosa posso fare?"

Si udì un altri rumore, la porta si spalancò e Ginny vide una Firebolt volare a terra mentre qualcuno le passava davanti.

"Hermione? Stai bene?"

La mente di Ginny crollò per il sollievo quando vide Harry. Avrebbe dovuto saperlo che sarebbe venuto a salvare Hermione.

Hermione cominciò subito a raccontare. Ron guardò la Firebolt sul pavimento e mormorò, "Perché non ci ho pensato? Avrei dovuto portare una scopa."

Harry poteva anche aver pensato a portare una scopa, ma non aveva portato nient'altro. Non indossava né gli occhiali né la maglia del pigiama in quella notte estiva, e quando Ginny lo raggiunse e si appoggiò a lui, sentì il calore rassicurante della sua pelle sul proprio polso nudo.

"Harry, eravamo così agitate," gli disse.

"Ma se mi hai quasi rotto il naso," esclamò Ron

Ginny non lo filò, troppo occupata ad aggrapparsi alla sicurezza. In quel momento Harry era proprio un eroe, coi capelli neri scompigliati sul viso, le ampie spalle nude e sode e gli occhi decisi e assottigliati per via dell'assenza degli occhiali. Lo strinse con ogni grammo di forza che le era rimasto.

"Cosa facciamo adesso?"

*

Harry dava il meglio di sé nei momenti di crisi, notò distrattamente Hermione mentre faceva l'appello e cercava di non pensare all'agghiacciante scarsità di persone. Solo quando era costretto all'inattività diventava irrequieto. Ora che era incazzato, agiva.

Sirius si era scagliato in una furiosa invettiva contro il fato, anche se cercava di consolare una ragazza del secondo anno in lacrime. Harry andava avanti e indietro come se avesse la situazione in pugno, cosa che in effetti era molto più rassicurante.

"Prendete le bacchette," lo sentì dire Hermione con la sua voce cupa e ruvida per il sonno. "Se sta succedendo qualcosa là fuori, dovremo essere tutti armati. Dobbiamo essere in grado di combattere: è questa la cosa più importante."

"Quando andiamo nella Sala Grande?" chiese nervosamente Dennis Canon. Sembrava molto traumatizzato e angosciato. Suo fratello non si trovava da nessuna parte, e aveva anche una ragazza di Tassorosso. "Posso andare un attimo a cercare..."

Harry si precipitò su di lui.

"Abbiamo tutti degli amici in altre case," sbottò. "Ci andremo quando avremo finito l'appello. Avete preso tutti le bacchette?"

Hermione terminò l'appello e cercò di non lasciare che il panico si notasse sul suo viso. Mancavano più della metà dei ragazzi. Cercò di non pensare alle singole persone, ma la sua memoria ben allenata si rifiutò di fallire.

Settantotto Grifondoro all'inizio dell'anno, che si erano ridotti lentamente a sessantaquattro durante l'anno. E ora ce n'erano... Hermione cercò di tenere a bada quello stupido terrore che poco prima l'aveva resa così inutile, cercò di non pensarci ma non poté farne a meno. Erano rimasti trenta studenti. Trenta.

Ron le teneva la mano in una stretta spezza-ossa. Lei tirò via gentilmente le dita.

"Dai, sto bene," lo rassicurò con un debole sorriso. Doveva stare calma, doveva pensare e mantenere i nervi saldi.

Harry e Sirius andarono a controllare un'ultima volta i dormitori, prima di andare in Sala Grande. Hermione fece il giro della stanza con Ron, cercando di dispensare qualche confortante sorriso da Caposcuola ai più piccoli.

Lei e Ron erano vicini al ritratto della Signora Grassa, quando udirono qualcuno parlare all'esterno, e videro il ritratto cominciare lentamente ad aprirsi verso l'interno.

Niente più panico! Si ordinò Hermione, e rimase proprio accanto a Ron quando lui si piazzò davanti all'ingresso la bacchetta puntata.

"Chi è?"

"Oh, leva questo bastoncino magico, prima di farti male, Weasley," disse una voce immediatamente familiare.

Malfoy aveva ancora addosso i suoi ridicoli vestiti da discoteca bianchi, evidentemente spiegazzati, e persino quella luce soffusa rendeva lucido il sudore che gli imperlava guance e fronte.

"Che cosa vuoi, Malfoy?" domandò Ron, guardandolo con decisa ostilità.

Hermione pensò che non aveva mai visto su Malfoy un'espressione tanto cattiva come in quel momento, quando sputò la sua domanda come se fosse stata un insulto.

"Hanno preso Harry?"

"Come se t'importasse," esclamò Ron, ma Hermione si appoggiò a lui in segno di ammonimento.

"No," disse piano Hermione. "No, sta bene."

Persino nell'ombra, vide una certa tensione evaporare dai lineamenti di Malfoy. Il ghigno sulla sua bocca smise di sembrare tanto crudele.

"Bene," rispose, ugualmente piano. "Bene. Io... perfetto. Credo..." Sollevò il mento e parlo ancora più convinto mentre faceva qualche passo indietro. "Credo che andrò via, adesso. Non c'è bisogno che diciate a Harry che sono passato."

Prima che Malfoy potesse andarsene o che Hermione potesse capire cosa pensava della questione, Harry li spinse da parte.

Bene, ci mancava solo questa, pensò Hermione infastidita.

Harry strinse gli occhi senza occhiali, il suo viso nudo e stranamente più maturo, e camminò direttamente nello spazio personale di Malfoy, anche se all'inizio Malfoy indietreggiò di un passo. Era come se avesse il diritto di stringere il braccio di Malfoy e stargli a due centimetri dal viso, quando Malfoy era teso come una corda di violino al contatto. Hermione si strinse di più a Ron, ed era troppo stanca per agitarsi nel momento in cui pensò, Si vede che Harry se n'è accorto, alla fine. Era solo che era successa una cosa dopo l'altra, e se Malfoy intendeva fare il cretino con Harry in quel momento di crisi, beh, in quel caso lei intendeva strappargli la lingua e fargliela ingoiare.

"Draco," disse Harry, con voce calma e risoluta. "Grazie a Dio, stavo per impazzire. Che ci fai qui?"

Hermione vide la bocca di Malfoy curvarsi nuovamente, e parlò in fretta per precederlo.

"E' venuto a vedere se stavi bene," annunciò, e ci avrebbe pensato più tardi, se mai ci fosse stato del tempo. Malfoy la guardò come se avesse appena ucciso e mangiato il suo gufo.

"Davvero?" domandò Harry, sbattendo le palpebre incredulo.

Malfoy lo fissò avvolto da un silenzio ribelle. Hermione guardò i muscoli tesi delle braccia di Harry e fu certa, per un tremendo istante, di stare per assistere a qualcosa di orribile tipo Harry che stringeva tra le braccia Malfoy, assicurandosi che fosse davvero lì... Dio, pensò, con un'improvvisa e stupida urgenza di mettersi a ridere. Ron darà di matto.

Malfoy era ancora teso e accigliato, e lottò strenuamente contro la sola stretta di Harry sul braccio, rifiutandosi nel suo silenzio offeso di muoversi di un millimetro.

"Grazie," disse Harry, quasi sussurrando.

"Andate al diavolo," ringhiò Malfoy, scoccando un'occhiata velenosa a Ron e Hermione. "Stiamo facendo l'appello, gli altri sono nella Sala Grande con Blaise che li controlla. Non li avrei certo lasciati per..."

"Lo so. Nemmeno io," disse Harry. "Quanti ne hanno presi da voi?"

"Siamo rimasti in ventisette," gli disse tetro Malfoy. "Non è rimasto nessuno del mio anno a parte me, Blaise e Morag."

Restarono zitti per un momento. "E Pansy?" disse Harry. Malfoy restò in silenzio. "Draco, mi dispiace."

Hermione cominciava a sentirsi veramente a disagio lì sulla soglia, a guardarli stagliati contro la luce, simili a uno spettacolo di ombre cinesi; era come intrufolarsi in emozioni che non la riguardavano. In ogni caso, non aveva intenzione di lasciare che Malfoy distraesse Harry ancora a lungo.

"Non c'è tempo per dispiacersi," disse acido Malfoy.

Harry esitò, poi annuì deciso. "Noi siamo rimasti in trentuno," disse, sorprendendo Hermione. Non pensava che avesse tenuto il conto.

Malfoy lo fissò, e si passò il dorso della mano libera sugli occhi. "Allora possiamo presumere che la situazione sia più o meno simile in tutta la scuola," disse. "Non deve restare nessuno dei dormitori."

"No, certo," disse Harry. "Se dormissimo tutti nella Sala Grande con delle sentinelle, penso..."

"E' un'idea," rispose Draco. "Senti... devo tornare."

"Anch'io," disse Harry. "Scendiamo tra poco." Lasciò libero il braccio di Malfoy e, prima che lo lasciasse cadere, Hermione vide i segni rossi delle dita sulla pelle candida appena sopra il gomito di Malfoy. Harry tentennò. "Draco. Sono contento che sei in salvo."

Malfoy lo guardò con gli occhi stretti. Hermione pensò che fosse decisamente indicativo che, in assenza di motivi per avere altre espressioni, il viso di Malfoy assumeva automaticamente uno sguardo vagamente antipatico.

Alla fine annuì. "Vatti a vestire, Harry. Altrimenti i Tassorosso potrebbero molestarti."

Tipico di Malfoy uscirsene con battute sconvenienti in un momento del genere. Harry sogghignò e si voltò quando lo fece Malfoy, e Hermione vide Harry tornare verso di loro e Malfoy allontanarsi sollevato.

Harry era ancora stanco e torvo, ma si era un po' calmato.

"Coraggio. Andiamo," disse.

*

Persino il cielo nella Sala Grande era nuvoloso e privo di stelle. Gli studenti piangevano silenziosamente nell'ombra, ed erano tutti rannicchiati così stretti che sembravano un'unica grande casa. Il loro numero si era ridotto al punto che avrebbero potuto riempirne una sola, pensò Harry furente.

L'unico evento positivo della notte avvenne poco dopo, quando Pansy e Zacharias Smith entrarono nella Sala Grande trafelati, terrorizzati e discinti.

Pansy guardò attentamente ciò che era rimasto della sua casa, col panico che defluiva dal suo viso per essere sostituito da una cosa simile alla disperazione. Raggiunse Draco, e anche in quella situazione Harry notò con dolore che formavano una coppia perfetta.

Pansy restò immobile, scalza, con le spalline del vestito abbassate sui gomiti e il disopra del reggiseno in vista, e fissò Draco con incertezza, come se non sapesse se le fosse permesso abbracciarlo in pubblico. Tese una mano e Draco se la tirò al petto con violenza. Harry vide la sua mano curvarsi con troppa forza attorno al collo di lei, e l'espressione insieme confusa e addolorata di Pansy.

"Non farmi mai più una cosa simile," le disse bruscamente, poi la spinse via e le dette le spalle, girandosi verso gli altri Serpeverde.

Pansy incrociò le braccia sul petto, respirando a fondo. Harry vide Zabini alzarsi e andare ad abbracciarla, appoggiando la fronte sulla sua. Pansy sorrise.

Nonostante quella gelosia incredibilmente sciocca e irrazionale, era contento che si fosse salvata.

Molti altri non erano stati altrettanto fortunati. Dennis Canon non era riuscito a trovare la sua ragazza, e la doppia perdita l'aveva lasciato pallido e scosso. Si appese a Harry quasi con la stessa tenacia di Ginny, e Harry gli strinse le spalle.

"Cosa gli sarà successo?" sussurrò. Harry non sarebbe stato tanto stupido e inutile da dire Non lo so.

"Non sono morti," disse fieramente. "E noi andremo a riprenderli."

"Lo so," rispose Ginny, che a quel punto era totalmente a pezzi.

Harry avrebbe voluto che non lo fosse: quando era entrato nel dormitorio femminile Grifondoro, l'aveva vista combattiva, con la bacchetta in mano, e aveva provato un fremito di speranza, al pensiero che sarebbe stata un'altra alleata su cui contare. Ma evidentemente era stata forte solo in quei primi momenti di panico.

Si sentì in imbarazzo, come se permettendole di stringerlo le stesse dando un'idea sbagliata, ma non poteva certo spingerla via. Restò lì ad abbracciarla goffamente e a cercare con gli occhi Hermione.

"Povero Dean," disse Hermione a Ron, con voce bassa ma discretamente udibile. "Era ancora molto amico di..." deglutì e continuò, "...Calì, è sconvolto."

La testa di Ginny emerse dalla spalla di Harry. Guardò verso Dean, come anche Harry. Hermione aveva ragione: Dean era solo e terrorizzato. Harry si chiese cosa mai avrebbe potuto dirgli.

"Scusami, Harry," disse Ginny con una voce estremamente determinata, e si diresse verso Dean. Harry vide Dean sorridere quando se la trovò davanti.

Si avvicinò a Hermione e le parlò all'orecchio.

"Sei un genio," mormorò, chiedendosi come avesse fatto a capire che far leva sul senso di compassione di Ginny sarebbe stata la mossa giusta.

Un sorriso guizzò sul viso di Hermione. "Solo rispetto a voi due," disse, stringendo il braccio di Ron. Entrambi le dettero una gomitata sui fianchi.

I ragazzi ormai si stavano calmando un po': erano ancora spaventati, ma pronti ad ascoltare e a ragionare. Lupin era per terra insieme a cinque undicenni di case diverse, che a quanto pareva stavano cercando di arrampicarglisi in grembo, e distribuiva cioccolata come se avesse messo su un chiosco. Aveva tormentato Sirius fino a quando Sirius non si era calmato, e aveva smesso di dire cose come ‘Diamo pugnali ai ragazzini.'

Sirius si avvicinò a Harry e lo abbracciò impacciato, di lato, in modo da poter fingere che fossero abituati a quelle dimostrazioni fisiche di affetto. Ad ogni modo Sirius lo strinse fieramente, e Harry piegò il capo sulla sua spalla, fingendo di non essere alto quanto Sirius, di avere ancora tredici anni e di essere certo che Sirius sarebbe stato la sua salvezza.

"Ho già detto ‘grazie a Dio stai bene?'" chiese bruscamente Sirius.

"Nah. Ma forse era sottinteso in ‘dai, Harry almeno tu prendi un pugnale'," disse Harry, rivolgendogli un sorriso di sottecchi.

"Grazie a Dio stai bene," disse Sirius, scompigliandogli i capelli e lasciandolo andare.

Scompigliare i capelli di Harry era un po' come versare acqua nell'oceano, ma apprezzò comunque il gesto. Cominciò a spiegargli la sua idea di dormire in Sala Grande con delle sentinelle, e Sirius ne fu subito entusiasta.

Così quando comparve Silente, con un cappello floscio con un pompon e tuttavia chiaramente da mago, Harry pensò che tutti avessero voglia di ascoltare e pianificare qualcosa. Si rifiutava di farsi prendere dal panico. Avrebbero lottato tutti insieme.

Il viso di Silente era serio e contratto sotto il cappello floscio. Harry non l'aveva mai visto così vecchio e triste, prima di allora.

"Ho amato questa scuola e creduto in ogni singolo studente," disse.

Harry sorrise lievemente quando Hermione si irrigidì al suo fianco, vide il mento di Draco sollevarsi nella folla di Serpeverde e si accorse che Silente stava parlando al passato.

"E' andata avanti per centinaia di anni, e mi addolora molto dover assistere a questo giorno. Tuttavia, i fatti vanno affrontati. Hogwarts non è più sicura. Non abbiamo idea di cosa stia oltrepassando le nostre difese, e ci stanno decimando."

Una ragazza del primo anno cominciò a singhiozzare silenziosamente sul petto di Lupin. Harry rimase immobile, incredulo.

"Gli studenti che provengono da famiglie di maghi possono tornare a casa, a meno che non siano considerati in particolare pericolo. Le loro famiglie possono proteggerli almeno quanto noi, e se non altro non vivranno più in un posto che è chiaramente il bersaglio principale di Voldemort. Coloro che invece hanno famiglie babbane, non hanno famiglie o sono esposti a rischi particolari, partiranno con i professori o con dei membri dell'Ordine, e cercheremo di difenderli con ogni sforzo..."

Tutti si erano accorti che Silente era serio appena aveva iniziato a parlare, ma fu solo quando continuò a descrivere dettagliatamente i piani con quella nuova voce piatta che tutti realizzarono che stava succedendo davvero.

Hogwarts, il baluardo della magia e il posto in cui per la prima volta vi erano entrati a contatto, l'unico rifugio di Harry, si stava disintegrando. Si guardò intorno in cerca di mormorii di protesta, ma erano tutti troppo in soggezione davanti a Silente per mettere in discussione le sue parole. Sembravano più spaventati per il fatto che Silente lo ritenesse necessario, e persino i Serpeverde, che non lo stimavano come gli altri, si limitarono ad assumere un'aria ribelle. Sirius era perplesso, così come gli altri professori. Lupin non era mai stato a favore della ribellione diretta.

Nessuno avrebbe parlato. Nessuno avrebbe protestato.

"Non può farlo!" esclamò Harry, e tutti si girarono per fissarlo.

Cercò di non farci caso e prese a camminare concentrandosi su Silente.

"Ci arrenderemo e basta?" domandò. "Vuole che me ne vada?"

"Mio caro Harry," disse Silente, sbattendo le ciglia ma senza sorprendersi, "se hai un altro suggerimento da offrire, sono certo che saremo tutti molto felici di ascoltarlo."

Harry vide con panico sempre maggiore che tutti lo guardavano come se avesse una proposta, una specie di soluzione per salvarli. La cosa lo rese ancora più arrabbiato.

"No, ma non possiamo fare così!" quasi gridò. "Se ci dividiamo tutti, ci decimeranno. Ci è voluto tanto per cominciare a lavorare insieme... come pensa che riusciremo a formare un esercito, se ci sta insegnando solo a fuggire?"

Gli occhi blu di Silente erano cupi. "Non voglio che formiate un esercito," disse infine. "Siete ancora dei bambini. Voglio che sopravviviate."

"Io non voglio essere un bambino. Non sono un bambino," ringhiò Harry. "Voglio combattere."

"E io voglio combattere con lui," aggiunse lealmente Ron, abbassando lo sguardo quando Silente lo fissò.

"Credo che Harry abbia ragione," si inserì Draco. "Mostrare debolezza al nemico non è proprio una tattica geniale."

Il cuore di Harry aveva iniziato a battere più forte per la speranza, quando vide che la quieta tristezza sul viso di Silente non era andata via.

"Nessuno di voi può decidere il destino di Hogwarts. E' una mia responsabilità," disse. "Non permetterò che i miei studenti corrano tali rischi, dato che nessuno di noi sembra essere in grado di identificarli, figurarsi di annientarli."

Harry strinse i pugni inconsciamente. La prese come una sfida personale.

"Alcune persone sono state rapite anche fuori da Hogwarts," disse a voce alta. "Saremmo comunque..."

"Oh, ma non quanto qui!" disse Silente, alzando la voce in tono autoritario. "Credo sia la cosa migliore da fare, per la sicurezza di voi tutti. Mi addolora vedere che qualcuno non è d'accordo, e mi addolora dover dire addio a tutti quanti, ma non posso cambiare una decisione presa nei vostri interessi. Dopodomani andrete via tutti. Hogwarts verrà chiusa."

*

Harry restò sveglio con Ron e Hermione fino alle prime ore del mattino, tutti stretti in un angolino della Sala Grande. Ron era d'accordo con Harry, inquieto e determinato a lottare, Hermione continuava a sfregarsi nervosamente i gomiti nel tentativo di stare seduta con le braccia incrociate.

"I più piccoli non dovrebbero restare qui," disse. "Forse Silente ha ragione..."

"Sì, ma noi potremmo restare," le disse aggressivo Ron.

"Noi abbiamo affrontato molte cose alla loro età," disse Harry. "Se fossi in loro non vorrei fuggire."

Il viso di Hermione crollò quando entrambi la guardarono. "E' che continuo a pensare che non faremo i MAGO," ammise con un filo di voce. "E' stupido, lo so, dopo tutto questo, ma... avrei voluto farli."

Alla fine Ron abbassò lo sguardo annuendo, ancora seduto contro il muro, e Hermione guardò Harry con uno sguardo colpevole e si rannicchiò su di lui. Harry osservò la sua testa contro il petto di Ron e si ritrovò a odiare quel mondo in cui Hermione non poteva nemmeno fare i suoi MAGO.

Non sarebbe mai riuscito a dormire. Vibrava per l'indignazione.

Si puntellò su un gomito e si guardò intorno nella Sala Grande. Ginny dormiva con la testa di Dean in grembo. Dennis Canon sembrava essersi addormentato a forza di piangere. Lupin era stato tra i primi ad addormentarsi, rannicchiato sul pavimento con l'aria di chi era abituato ad essere tanto esausto da dormire ovunque. Sirius russava a pancia in su.

Mancavano Draco, Pansy, Zabini e, pensò Harry, un paio di Serpeverde del sesto anno.

Sentì una scarica di paura e si toccò di scatto la tasca. Quando aveva preso una maglia da usare sui pantaloni del pigiama, aveva afferrato anche la Mappa del Malandrino.

Per quanto fosse irrazionale, non era ancora riuscito a perdonare la Mappa per quella volta in cui lui e Ron l'avevano osservata per quattro notti, facendo a turno per dormire, e quella non aveva mostrato niente di strano la notte in cui Tassorosso aveva perso tre persone. Ormai non la usava più molto.

In quel momento gli tornò utile per assicurarsi che i Serpeverde fossero ancora a Hogwarts e presumibilmente al sicuro, infatti erano scappati per fare... qualcosa nell'aula di Antiche Rune. Harry era certo che non fossero affari suoi.

Ebbe quasi un infarto quando si accorse che il nome di Draco non era tra quelli nell'aula di Antiche Rune. Cercò istericamente sulla Mappa fino a quando non vide il suo nome da solo nel corridoio con la strega orba.

Il corridoio con la strega orba, che portava a Hogsmeade. Cosa stava facendo?

Harry lottò per uscire dal sacco a pelo che Silente aveva procurato, imprecando. E se Draco avesse avuto un qualche piano appassionatamente-studiato-per-essere-geniale tipo scappare e mettere su un gruppo di guerriglia? E se avesse avuto in mente di vivere nel corridoio segreto con una scorta di Burrobirra, steso in attesa che il nemico di Hogwarts si facesse vivo?

Fu una grossa delusione scoprire che Draco non era affatto vicino alla statua della strega orba: era seduto contro il muro e si teneva stretta una bottiglia di tequila, col viso afflitto.

"Cosa diavolo ci fai qui?" chiese, fissando Draco irritato. Si grattò il collo, sentendo la barbetta sotto le dita e desiderando di essere a letto, in procinto di svegliarsi e trovare di nuovo Neville e Seamus e tutto tornato alla normalità, con nient'altro ad attenderlo che un rasoio e una colazione genuina.

Draco alzò le sopracciglia. "Veramente cercavo un po' di privacy," disse in tono distaccato. "Beh, addio, bel sogno." Fece un gesto con la bottiglia di tequila, che sembrava un po' troppo grande e sul punto di scivolare dalla linea sottile della sua mano e del polso. "Hai intenzione di sederti?"

Harry si sedette, esausto, si appoggiò al muro e stette attento a non toccarlo minimamente. Non voleva in nessun modo disturbare la fragile tregua che sembrava essersi instaurata, l'unica conseguenza positiva dell'attacco.

"Hai intenzione di  berla tutta?"

"Perché?" indagò Draco. "Ne vuoi un po'?"

Harry stava per dirgli di non fare l'idiota. "Sì, ok," disse stancamente. Che male poteva fare? Cos'altro poteva succedere, quando Hogwarts avrebbe chiuso e li avrebbero rispediti al mittente come dei bambini?

Draco ridacchiò piano e gli passò la bottiglia. Harry la inclinò e vide il liquido ambrato scivolare contro il vetro mentre la alzava, poi se lo sentì bruciare in bocca. Tossì un attimo e la ripassò a Draco.

"Dove l'hai presa?" chiese.

"Dalla scorta personale del professor Black," rispose prontamente Draco. "Così impara a lasciare aperto l'armadietto dei liquori con tanti giovani influenzabili in giro. Gli altri ne hanno un'altra. Dimmi, cercherai di proteggermi quando verrà a uccidermi? Se arrivassimo a quel punto, chi sceglieresti?"

Harry guardò il muro inebetito. "Cercherei di separarvi."

"Come disse il pacifista quando gli chiesero cosa avrebbe fatto se un soldato gli avesse stuprato la sorella," osservò Draco divertito.

Harry continuò a guardare il muro, cercando di non pensare a Hogwarts che si era arresa. Era un baluardo contro Voldemort che non avrebbero dovuto sacrificare, specie per per la volontà di un uomo solo. Era pronto ad opporsi a Silente. Se solo avesse capito come fare.

Il panico e la rabbia lo assillavano da ore, e adesso si erano fusi insieme generando un'energia pulsante proprio sotto la sua pelle. Voleva combattere, voleva... qualcosa. Ce l'aveva con Silente, e col mondo.

Draco tossì, sorrise e si passò la bottiglia da una mano all'altra, poi la inclinò e bevve ancora un po'. Harry guardò il movimento lento della sua gola nel momento in cui deglutì.

Ce l'aveva anche con Draco, perché non era di aiuto. Non era di aiuto sapere che si sarebbe sentito meglio se lui e Draco fossero stati uniti sulla questione, se avesse potuto tendersi e premere la bocca contro la curva delle sue labbra.

"Sono debole, ecco il problema," disse Draco come se nulla fosse, come se stessero parlando da un sacco.

Harry si accigliò. "Come?"

"Sono debole," ripeté Draco, curvando la bocca sgradevolmente. "L'ho sempre saputo. Posso fingere fino a un certo punto di essere in grado di comportarmi come avrebbe voluto mio padre. Riesco ad essere brillante in piccole cose che non fanno la differenza. Riesco a tenerli uniti ma non a salvarli. Ho cercato di studiare una strategia, di convincerli tutti, ma cosa ho ottenuto?"

La sua solita espressione di disprezzo era diretta dalla parte opposta, visto che era così frustrato da offendersi da solo.

"Molti Serpeverde non sarebbero con noi se non ci fossi stato tu," osservò Harry, abbastanza confuso da addolcire il tono.

"E che senso ha, ora che tutti verranno rispediti alle loro famiglie?" Il suo viso era teso per l'ira, e Harry si elettrizzò appena, come se fossero due corde di uno strumento musicale. "Questo posto mi serviva! E' stato tutto inutile. Non sono affatto simile a te, Harry l'eroe..."

Sputò quella parola con l'antico odio, e i nervi irrequieti di Harry scattarono.

"Non sono un eroe," sbottò. "Cosa mi hai visto ottenere ultimamente?"

"Non hai paura," replicò Draco. "Ti ho visto, lì dentro. Non hai paura, mantieni il controllo senza nemmeno provarci, perché sei fatto così. Harry l'eroe, il prezioso, perfetto Potter..."

"Smettila, Draco!" ringhiò Harry.

"Io non sono così. Mio padre l'ha sempre saputo. Tu lo avevi capito, quella volta sul treno..."

"Avevamo undici anni..."

"Mio padre non aveva bisogno di consensi. Mio padre non aveva bisogno di nessuno." Draco fissò furioso il muro, e fu solo la consapevolezza di quella furia a trattenere Harry dal dire qualcosa di crudele in merito a Lucius Malfoy.

Sapeva cosa significava desiderare un padre perfetto.

"Quanta tequila hai bevuto, Draco?" chiese.

"Decisamente troppa," disse Draco, agitando la bottiglia con rigida convinzione. Harry gli si avvicinò e lo guardò negli occhi. Le pupille erano dilatate, e l'anello intorno così sottile che non avrebbe potuto distinguerne il colore, se non l'avesse già conosciuto.

Era proprio da Draco ostinarsi a sgattaiolare via e ubriacarsi amaramente da solo, aggrappandosi gelosamente alla propria dignità.

"Beh... cosa vorresti dire?" chiese distrattamente, tendendosi per cercare di rimuovere gentilmente le dita di Draco dalla bottiglia.

Draco, con la stessa gentilezza ma con molta determinazione, resistette al tentativo.

"Sto dicendo che ti comporti da idiota," annunciò.

"Non è che sia proprio niente di nuovo, allora," osservò Harry.

"Ti comporti da idiota o peggio, e io cerco di essere forte ma fallisco come al solito, e sono debole e ridicolo ma è inutile. Non devi neanche... non voglio nemmeno che mi lasci provare." Draco continuava a tenere gli occhi immobili sulla pietra, la voce instabile per la rabbia mentre continuava: "L'imbarazzante verità è che io non... sto bene senza di te."

L'espressione e la voce di Draco erano così piene di risentimento che Harry impiegò un po' per comprendere ciò che stava dicendo.

"Oh," disse.

Draco sbuffò. "Te l'ho detto che sono debole. E ti informo che probabilmente è la paura a farmi dire certe cose."

"O la tequila," gli ricordò Harry.

"Oh, non cercare di sollevarmi."

Harry si chiese se davvero Draco preferisse avere un problema con l'alcool piuttosto che accettare di poter provare affetto per qualcuno, ma poi si disse che era meglio smettere di porsi domande stupide.

Notò anche che Draco iniziava ad avere problemi di pronuncia.

Draco strizzò gli occhi. "E non pensare neanche per un minuto, Potter, che... che..."

"Cosa?" chiese Harry dopo una pausa.

Tornò a guardare Draco, e vide che si era appoggiato al muro. La sua testa era piegata verso Harry, gli occhi chiusi e le labbra schiuse.

Harry lo cinse con un braccio per impedirgli di cadere di lato. Sospirò, ma nessuno nel corridoio udì quel suono esasperato.

"Stupido bastardo," disse, commosso, rassicurato e ancora scosso dall'ira accecante. "Neanche io sto bene senza di te."

*

Harry recuperò qualche ora di sonno contro il muro, quindi si alzò di mattina presto per rimettere a posto la bottiglia di tequila. Sirius lo beccò mentre scendeva le scale con passo felpato.

"Harry!" disse, prima di notare la bottiglia.

Harry seguì il suo sguardo. "Ehm," disse. "Posso spiegare..."

"Figurati," gli disse Sirius. "E' stata una notte difficile, ma Harry, bastava chiedere. Il mio armadietto dei liquori è tuo... altrimenti a cosa servono i padrini?"

‘Non a questo' fu l'unica cosa che venne in mente a Harry. Lo fissò, la bocca prima aperta poi chiusa, e Sirius lo esaminò critico.

"Devo dire," osservò soddisfatto, "che sembri molto in forma per uno che ha bevuto così tanta tequila. Tale padre tale figlio, davvero." Sbatté le ciglia. "Non che nessuno di noi abbia mai preso parte a bevute di alcun genere, da minorenne. Non dire a Remus che te l'ho detto."

"Ok," disse Harry incerto.

Sirius gli tolse la bottiglia dalle mani, ammiccando con fare cospiratorio. "Sarà il nostro piccolo segreto."

Entrambi ripresero a camminare molto sollevati. Harry trovò gli altri e illustrò loro il piano che gli era venuto in mente mentre fissava il muro, poco prima.

"Voglio tutti i membri del Giovane Ordine rimasti, tutti coloro che venivano alle riunioni nella stanza di Draco e chiunque altro possa essere utile," disse a Hermione, che si svegliò e iniziò ad organizzarsi nel tempo che Ron impiegò per russare e rotolare sul fianco. "Se dobbiamo andarcene, ce ne andremo con tutte le informazioni che riusciremo a condividere."

"Giusto," disse Hermione, energica. "Dove ci vediamo?"

"Sempre nella stanza di Draco," rispose Harry. "Ora che ci penso, sarebbe meglio andare ad avvisarlo."

Si alzò in piedi e tornò nel corridoio prima che Draco si svegliasse. Quando lo scosse dalla spalla Draco cercò di sbattere le palpebre ma trovò che erano incollate. Le obbligò ad aprirsi e formulò una pietosa richiesta di morte.

"Non posso ucciderti, ho da fare," disse Harry. "Faremo una riunione nella tua stanza. Muoviti."

"E non mi avete informato?" domandò Draco. "Non sono nemmeno vestito per l'occasione!"

"Visto, stai già meglio," disse Harry in tono incoraggiante.

"Sto malissimo," lo informò Draco. "E rinnego completamente qualsiasi cosa io abbia detto ieri notte. E' colpa dei crudeli déi della tequila."

"Bene... quindi non ci parliamo..."

Draco lo zittì con un gesto. "E' tutto risolto," concesse. "Lascerò valere qualsiasi cosa io possa aver detto. Sottolineando però che non ricordo nulla, e che non è successo davvero."

Harry si rassegnò al proprio destino. "Hai dei problemi, Draco."

"Anche più di un manuale di Aritmanzia. E' questo il punto?" Draco gli rivolse uno sguardo penetrante e imperioso.

"No," disse Harry. "Voglio che mi aiuti a portare il mio Sognatoio nella tua stanza."

Draco ci pensò su. "Prima devo cambiarmi."

"Non passare secoli a pettinarti."

*

Il bacile di pietra non era esattamente leggero, ma non aveva alcuna intenzione di portare dei ragazzi già spaventati nell'ufficio di un'insegnante morta. Strinse i denti e spinse mentre Draco cercava di tirarlo. Draco si era lamentato a lungo per convincerlo ad usare un Incantesimo Levitante, ma Harry aveva paura che potesse fuoriuscire una parte di quel prezioso materiale argenteo.

"Non sono proprio adatto a sgobbare," osservò Draco quando lo ebbero portato nel corridoio. "Non potremmo andare a chiamare Weasley? La sua lunga storia di antenati contadini potrebbe rivelarsi utile, adesso."

"Non parlare di Ron, smidollato congenito," ribatté Harry.

"E' il meglio che sai fare? Mi deludi," gli disse Draco. "Sei sotto la mia esperta tutela da mesi, e credi che quella sia un'offesa adeguata..."

Harry spinse il bacile con la spalla e quasi colse Draco di sorpresa. Draco sogghignò e lo aiutò a trascinarlo.

"Senti chi parla," disse Harry sforzandosi. "Ogni volta che ti arrabbi sul serio sembri un bambino di otto anni. Non mi parli, fai il cattivo, e tua madre puzza di capra malata."

"Ora metti in discussione le mie risposte pronte," protestò Draco mentre trascinavano il Sognatoio nella sala comune Serpeverde, deserta. Evitò intenzionalmente di guardarsi intorno, come rifiutandosi di credere che presto avrebbe dovuto farlo per l'ultima volta. "Non mi lascerai proprio niente?"

Una volta installato il sognatoio al centro della stanza di Draco, Harry si lasciò andare contro il muro. Draco, spinto da una vanità evidentemente più forte della stanchezza, andò allo specchio e controllò il proprio riflesso.

"Pensavo che ci fossero cose più importanti dei capelli," disse Harry.

Draco spazzolò alcune ciocche in modo da disporle in maniera più artistica, e sbottonò strategicamente un bottone. "Probabilmente ce ne sono," rispose, non del tutto convinto. "Ma non è questo il momento di arrendersi. Siamo in piena crisi, e mi rifiuto di mostrare alla gente che sto andando in pezzi per la troppa pressione."

Harry annuì, d'accordo con l'idea di fondo pur se non con i preparativi eccessivi.

"Se non fossimo tutti in pericolo sarei rimasto arrabbiato con te," continuò Draco.

Harry incrociò le braccia sul petto. "Ah sì?"

"Ehi Potter! Io sono la gomma, tu la colla, quello che dici rimbalza su di me e si attacca su di te." Draco alzò le spalle. "Chiaramente, sono un poderoso inferno d'ira."

La porta si aprì ed entrò Pansy, con un maglione di un rosa stranamente acceso sul vestito nero.

"Sei anche il massimo della maturità, a quanto vedo," osservò lei.

"E' una battuta privata," disse Draco irritato.

"E' un insulto da asilo nido, Draco," gli disse Pansy, e fece un gesto ampio che allarmò Harry e gli fece pensare a grossi uccelli predatori. "Guarda! Eccolo lì. Harry Potter in persona nella tua stanza. Non devi più ricorrere alle lettere d'odio."

Draco si appoggiò al guardaroba e parve mortalmente offeso.

"Le mie lettere d'odio erano opere geniali."

"Salve, qui non-Serpeverde," disse Harry. "Non so cosa sia una lettera d'odio."

Draco lo fissò. "Le mie lettere," disse. "Alcune anche lunghe, altre incredibilmente concise nella loro velenosità. In cui illustravo nel dettaglio le mie opinioni sul tuo aspetto, comportamento, odore, destino dopo la morte e progenie. Lettere di un odio espresso in modo geniale, dai, Harry, come fai a non ricordarle?"

Era scandalizzato. Harry si arruffò i capelli e lo guardò confuso.

"E' proprio strano, Draco. Non credo di averle mai ricevute."

Draco girò la testa e rivolse un'occhiata silenziosamente accusatoria a Pansy.

Lei alzò le mani sulla difensiva. "Abbiamo dovuto farlo, Draco. Eri pazzo, eri posseduto. Alcune di quelle lettere facevano davvero paura, dovevamo pensare ai punti..."

Il tono di Draco era minaccioso. "Pansy, che cosa ne avete fatto?"

"Beh..." disse Pansy, con un filo di voce. "Beh, noi... le buttavamo."

"Le mie lettere d'odio confezionate con tanta cura," disse Draco. "Le mie piccole opere d'arte. Per alcune impiegai delle ore. Me la pagherai, cacciatrice di Tassorosso senza scrupoli."

Pansy sogghignò.

Harry si accigliò appena. "Mi odiavi così tanto?"

Draco rinunciò ad appoggiarsi al guardaroba, si avvicinò a lui e gli diede una pacca sul braccio.

"Allora, Harry, allora," gli assicurò. "Da quando sei saggiamente entrato sotto la mia supervisione hai guadagnato punti molto in fretta. Adesso sei piuttosto tollerabile."

"Grazie," disse asciutto Harry. Scoccò a Draco uno sguardo obliquo. "Se le avessi ricevute avrei risposto, lo sai." Ci pensò un attimo. "Oddio, forse ti avrei versato in testa una pozione."

Draco sospirò addolcito. "Mi piace sentirmi apprezzato."

Pansy, tirandosi le maniche vistose del maglione, anziché la gonna estremamente corta del vestito, si avvicinò incerta al letto di Draco e vi si buttò sopra.

"Vedo che andate di nuovo d'accordo," disse. "Quando solo stanotte hai detto..."

"Smettila di vivere nel passato, donna," ordinò Draco.

Pansy alzò gli occhi al cielo. "Almeno le lettere d'odio erano concrete. Bel bacile, comunque. Molto retrò."

A quel punto la porta si aprì di nuovo ed entrò Blaise Zabini, tutto vestito di nero e ben più sofferente per i postumi della sbornia rispetto agli altri due alcolizzati nella stanza.

Rivolse a Harry uno sguardo disgustato. "Oh no, ancora," disse vago, e andò a sedersi con Pansy sul letto. Una volta lì, occhieggiò il Sognatoio. "Ne deduco che siamo tutti qui per dare un'occhiata a..."

Fu interrotto dall'entrata di Ron, più circospetto in quanto preoccupato dall'eventualità che i germi Serpeverde banchettassero su di lui. Si rilassò leggermente appena vide Harry.

"Hermione sta per arrivare con gli altri," disse. "Vedo che qualcuno ha già..."

Fu allora che si guardò intorno e notò che le altre tre persone nella stanza erano tutti Serpeverde, e inoltre si trattava di una stanza Serpeverde. I suoi occhi si mossero da un lato all'altro, cercando esplicitamente Harry.

Serpeverde dappertutto! Qualcuno ci salvi, chiunque! Assediati, sopraffatti, destinati al contagio!

Harry gli sorrise rassicurante.

L'espressione di Ron si fece addolorata. Povero, povero Harry, già contagiato. SI salvi chi può!

"Oddio," disse Pansy. "Al genio con le lentiggini mancano le competenze mentali per terminare le frasi."

"Non rompere, Parkinson," sbottò Ron, rivolgendole uno sguardo misurato che indicava, con una certa carica di sentimento, cosa avrebbe pensato la signora Weasley del suo vestito. "Proprio non capisco come faccia Zacharias."

Pansy si mise una mano sul maglione. "Oh, beh, Weasley," disse dolcemente, "quando una mamma e un papa si amano tanto, e non sono costretti a dividere il letto con I porci come fanno alcuni poveracci..."

Harry e Ron la stavano guardando truci quando Hermione entrò, accompagnata da una dozzina di persone. Ron si rallegrò per quell'apporto di non-Serpeverde e Harry approfittò dell'occasione per rivolgere a Draco, che aveva sogghignato, un'occhiata di rimprovero. Draco gli sorrise fingendo di sentirsi in colpa.

Padma Patil aveva una mano sui fianchi e gli occhi stretti.

"Sono qui perché hanno preso mia sorella," disse gelida a Draco. "Mi rifiuto assolutamente di collaborare con un gruppo sovversivo partorito dalla tua mente. Continuo a non fidarmi di te."

Draco sollevò le sopracciglia.

"Sei bellissima quando sei sospettosa," le disse, con spirito di pura malizia.

Padma sbuffò e Harry si sporse un pochino. "Stai cercando di peggiorare le cose?"

"Sì," gli sussurrò Draco. "Ma è anche un istinto naturale."

Dopo qualche minuto per sistemarsi, Hermione si alzò in piedi e si rivolse a tutti.

"Questi sono i sogni che fa Harry quando gli brucia la cicatrice," disse con voce seria. Qualcuno guardò automaticamente la fronte di Harry, e Draco mosse appena la spalla per coprire la sua. "Pensiamo che possano contenere delle prove... specie perché la professoressa McGranitt è stata uccisa la notte in cui li ha visti. Forse era giunta ad una conclusione che rendeva necessaria la sua morte, e se scoprissimo qual'era saremmo più vicini all'identità della spia."

"Se è tanto importante," disse Zacharias Smith, "perché non li abbiamo visti prima?"

"Perché il Ministero vieta l'esposizione dei pensieri in pubblico," disse Harry. Draco guardò indignato Zacharias.

"Quindi stiamo infrangendo la legge...?" chiese Susan Bones, ancora più spaventata ora che Hannah era stata presa.

Harry cercò di mettere insieme uno sguardo goffamente rassicurante. "No, questa sarà un'esposizione privata dei miei pensieri. E' come..." Cercò un'analogia che non fosse quella usata da Lupin, terrorizzato dall'idea che qualcuno potesse guardarlo e accorgersi che stava pensando al sesso. "Uhm. Beh, guardiamoli e basta..."

"Vediamo a quale conclusione giungiamo," aggiunse Hermione, guardando Susan con un sorriso che Harry trovò molto più rassicurante.

Zabini sbadigliò, annoiato. "Uno scavo speciale nella mente di Potter. Sarà sicuramente elettrizzante."

"Dacci un taglio, Zabini," scattò Harry. "Non ho tempo per te."

Si accorse che dopo quelle parole era calato il silenzio, così si fece avanti e mise la bacchetta nel liquido argenteo. Tornò ad appoggiarsi al muro accanto a Draco, e mantenne il viso attentamente impassibile.

Tutti si sporsero per guardare i suoi sogni.

Harry rimase stoico. Ricordava tutto. Draco, Ron, Hermione, il sangue, le chimere, i grifoni, i basilischi e i libri. Nessuna sorpresa.

Draco con gli abiti di Snape si mosse attraverso il liquido luccicante, spingendo Harry contro un muro. Harry sperò che non si accorgessero del fatto che, nonostante il comportamento alquanto predatorio di Draco, lo sguardo sul viso dell'Harry nel sogno non dava esattamente l'idea di sentirsi minacciato.

"Beh, beh," disse Zabini, deliziato.

Harry strinse i denti e aspettò, vide comparire il sogno del lago e il suo stomaco si attorcigliò per l'umiliazione.

Non era stato così quando l'aveva sognato, con Harry confuso e bagnato nel lago, senza niente che facesse pensare che avesse addosso dei vestiti.

"Guarda guarda," disse l'orribile, maledetto Zabini, mentre altri, tra cui Smith e Pansy, curvavano le labbra in accordo.

Harry si preparò alla parte peggiore. Arrivarono Hermione e Ron, e nel mondo reale lo guardarono preoccupati quanto lui. Hermione si era piegata in avanti poco prima, nel punto in cui sfogliava dei libri con uno sguardo concentrato, e Harry ripensò a quando la professoressa McGranitt aveva parlato del libro che stava leggendo Hermione, ma non gli venne in mente nessun libro in particolare, e Hermione non disse niente.

Quindi comparve Draco nell'acqua, e l'ondata di terrore nelle orecchie di Harry gli rese impossibile ascoltare le sue parole.

"Qualcuno vada a prendere i popcorn," propose Zabini. "E' molto meglio di quanto pensassi."

"Di chi ti fidi?" chiese Draco nel sogno, prima di nuotare all'indietro.

La luce della luna splendeva sui muscoli bagnati del suo petto. Harry era certo che Zabini fosse sul punto di fischiare.

"I sogni sono mischiati ad episodi di vita reale," disse il Draco in carne e ossa, tremendamente diverso quando era asciutto, vestitissimo e leggermente rosso. "Questa scena deve richiamarsi a quando io e Harry siamo andati a nuotare al lago."

"Ma siete..." cominciò Pansy.

"Come dici, Pansy?" chiese Draco glaciale.

"Ehm, cioè, ci siete andati?" chiese Pansy.

"Sì," mentì tranquillamente Draco. "E ovviamente avevamo entrambi dei costumi da bagno, Blaise, ti ho sentito."

"Peccato," disse sfacciatamente Zabini.

Quel momento imbarazzante passò. I flash di violenza dei sogni di Harry, di quando Voldemort desiderava particolarmente uccidere, furono più difficili da sostenere. Harry vide gli occhi di Susan riempirsi di lacrime, e gli altri guardarlo come se nessuno, una volta avuti quei sogni, sarebbe potuto restare normale. Forse avevano ragione.

Quando nel bacile iniziarono a comparire sogni più vecchi e innocui, Draco si tese verso Harry e gli sussurrò in tono infastidito,

"Avresti potuto avvisarmi."

Harry cercò di non notare il colore rosa che intravide alla base della gola di Draco, incorniciata dal colletto aperto della camicia, che risaliva lungo il collo.

"E come avresti preferito che te lo dicessi?"

Si rifiutò di pensare a capelli bagnati simili a fili d'argento offuscati e intrecciati sotto la luna, o a quanto era ingiusto il fatto che non sapeva se i dettagli del corpo di Draco mostrati nel sogno fossero accurati o meno. I membri delle squadre di Quidditch si facevano le docce, dopotutto, ed era ovvio che cercassero di risparmiare acqua facendosele insieme. Era palesemente ingiusto sapere di poter disegnare correttamente l'anatomia di Fred e George (oh, brutto, brutto pensiero) e rimanere incerto sulla curva esatta della coscia nuda di Draco.

Harry si sentì sollevato quando i sogni finirono, e dovette concentrarsi completamente. Era una guerra, e non c'era altra scelta.

Finalmente Hermione parlò, sporgendosi oltre le proprie ginocchia, in una posizione che ricordò a Harry un punto interrogativo.

"Quel libro che ho pescato dal mucchio," disse.

Harry ricordava che aveva preso un libro nel sogno, ma sapeva solo che non era ‘Uomini Che Amano Troppo I Draghi'.

"Sì?" chiese teso, e tutti si sporsero verso Hermione quando aggiunse, "Anche la professoressa l'aveva notato."

"Si chiama ‘Le Più Antiche Forme Di Magia'," disse Hermione con voce decisa. "Lo lessi il primo anno. Ti ricordi che mostrai a voi due i passaggi su Nicolas Flamel e la Pietra Filosofale?"

Il ricordo calò su Harry, la familiarità di quel tomo enorme e vecchio tra le piccole mani di Hermione. Doveva aver preso anche quello dalla vita reale, ma perché la professoressa McGranitt ci si era soffermata?

"La spia ha la Pietra Filosofale?" chiese Terry Boot, spalancando gli occhi.

"No, non può averla. E' stata distrutta," disse Harry mantenendosi sul vago.

"Quel libro è pieno di magia antica," disse Hermione, corrugando la fronte. "Potrei rileggerlo."

"Quante copie ci sono in biblioteca?" domandò Draco.

"Che fantastico indizio. Giochiamo tutti quanti ai piccoli detective," propose secco Zabini.

"Hai qualche grande teoria? No? Allora cuciti la bocca, Zabini," ordinò Harry.

Zabini si calmò, ma lo scatto di Harry mise fine all'accavallarsi di suggerimenti. Tutti avevano l'aria di essere assorti, ma la paura e l'infelicità lottavano per prevalere sulla maggior parte dei volti.

"Che importa? Tanto Hogwarts è finita," disse Michael Corner.

Harry si girò verso di lui. "E la spia potrebbe essere mandata via con un gruppo di innocenti," ringhiò.

"Certo che no," disse Padma Patil con occhi freddi. "Probabilmente la spia è molto legata a Voi-Sapete-Chi, e questo significa che appartiene ad una delle antiche famiglie purosangue. Sarà mandato a casa anche lui, e tanto meglio per noi."

Tutti seguirono lo sguardo di Draco, che sogghignò sarcastico.

"Bene!" esclamò Harry. "Analizziamo la prova. Oh, non ce l'hai? Beh, è una fortuna, no," disse con sarcasmo violento, "che una spia non sia mai giunta da un posto inaspettato? Sono molto contento di vedere che faresti rischiare ad altri di fare la fine di tua sorella sulla base di un istinto casuale."

Padma si arrese. Dopo che Sirius era diventato professore, tutti avevano saputo di Peter Minus. Ebbe il buonsenso di cambiare tattica.

"E i tuoi sogni, allora?" incalzò. "Hai detto che c'erano degli indizi. C'era solo Malfoy! Vorresti farmi credere che la professoressa McGranitt non ha commentato questo particolare?"

Harry esitò.

"L'ha fatto?" chiese senza fiato Ron, parzialmente convinto.

"Forse è per il suo fascino. Non ci ha pensato nessuno?" chiese Zabini pigramente, ma con un tocco di aggressività.

"Forse è davvero Malfoy," disse Hermione, e Harry la guardò inorridito.

Se pensava che fosse quello il modo giusto per attenuare la tensione, evidentemente le aveva attribuito più intelligenza di quanta ne possedeva in realtà.

"Forse sì, ma non possiamo esserne certi. Dobbiamo analizzare i sogni da ogni prospettiva e raccogliere il maggior numero di sospetti possibile, altrimenti rischieremmo di lasciare che la spia scivoli fuori dalla rete. Dobbiamo memorizzare i sogni e guardare i componenti dei nostri gruppi tenendoli a mente, per sicurezza. Incolpare un'unica persona è controproducente, a questo punto," disse Hermione, finendo col rivolgere a Padma un'occhiata di biasimo.

Terry Boot sembrava soddisfatto.

"Ho sempre detto che quella ragazza dovrebbe essere una Corvonero," mormorò con approvazione a Michael Corner, e sorrise calorosamente verso Draco.

Se i Corvonero erano tanto intelligenti, quello stupido Caposcuola avrebbe potuto pensare a come difendere Draco lui stesso. Inoltre, il sorriso grato che Draco stava rivolgendo al suddetto Corvonero sarebbe potuto essere dedicato ben più appropriatamente a Grifondoro più utili.

"Beh, li abbiamo visti," disse Ron pragmatico. "Se a qualcuno viene in mente qualcos'altro, che ce lo dica. Per ora dobbiamo prepararci... Silente ha detto che oggi andremo a Hogsmeade per l'ultima volta. Chiunque abbia bisogno di oggetti magici ne approfitti oggi o mai più."

Ci fu una corsa generale verso la porta.

"Presto," disse Draco a Pansy. "Dove sono i più piccoli? Devono fare una lista di ciò che gli serve."

Harry stava prendendo la pergamena per Draco dalla scrivania, e quando alzò gli occhi vide che Pansy era andata a parlare con i più piccoli, mentre lui, Draco e Zabini erano rimasti da soli nella stanza. Draco era seduto sulla sua poltrona e Zabini stava chino su di lui.

"Beh, io vado," disse Zabini." "Ci vediamo dopo."

"Ci vediamo in giro," gli disse Draco, e Zabini si chinò su di lui. Draco alzò il viso verso il suo, senza alcuna espressione.

Le loro labbra si toccarono in un bacio morbido, svogliato e molto definito. Harry restò a fissarli.

Zabini uscì dalla stanza.

"Che cosa..." cominciò Harry, e si accorse che la sua voce aveva tremato. "Niente. Me ne vado."

"Harry, aspetta," disse Draco. Quando Harry si voltò lo vide stanco, e si sentì furioso e in colpa.

"Lo so che non ho alcun diritto," disse Harry. "Io... devo andare."

Draco parlò con voce tagliente. "Non ho dormito con lui, Harry!"

Harry si appoggiò alla cornice della porta. Studiò le proprie dita strette su quella, e vide le nocche diventare meno bianche. "Oh."

"Non per te," continuò Draco, con voce intenzionalmente sgradevole. "Per lui. Io non uso i miei amici. Non uso chi rispetto."

Perché dovresti aver bisogno di usare qualcuno, Draco? Draco era andato a letto con lui altre volte. Cosa era cambiato la notte precedente?
Harry aveva una domanda più incalzante. "Allora perché...?" disse, e fece un gesto rassegnato.

Draco curvò il labbro. "Abbiamo fatto... delle cose," disse, ed era assurdo come una parola innocente e generica facesse ringhiare la gelosia nella mente di Harry. Draco alzò le spalle. "Almeno quello glielo dovevo oggi, se voleva."

E già, povero Zabini, pensò Harry. Certamente martirizzato da tutto quel baciare Draco.

"Ci parliamo ancora?" chiese Draco con cautela.

Non era tenuto nemmeno a offrirgli quella minima giustificazione. Harry non aveva assolutamente alcun diritto. E Draco non aveva dormito col bastardo.

Harry lasciò che l'angolo della sua bocca si curvasse all'insù. "Sì."

*

Harry ripensò a ciò che aveva detto Draco, e disse ai Grifondoro del primo e del secondo anno che gli avrebbe comprato qualsiasi cosa volessero da Hogsmeade. Solo non si aspettava che volessero così tanto.

Lesse la lista scettico. Era certo che alcuni di quei ragazzini erano Tassorosso e Corvonero che si erano intrufolati approfittando dell'affare. Era pronto a scommettere che nessuno ci avrebbe provato con Draco.

Certo, forse il motivo era che Draco aveva l'abitudine di riferirsi agli studenti più giovani che non facevano parte della sua casa come a larve insignificanti.

"E' perché tu sei il grande eroe," disse Ron, triste e appena un po' risentito dopo tutto quel tempo. Sembrava quasi geloso della stupida lunga lista di Harry. "A me nessuno ha chiesto di prendergli niente. Sarei stato in grado di comprare un po' di dolci, sai?"

"Ma certo," disse Harry. "Sai cosa ti dico, puoi aiutarmi con la lista."

"No, amico, sbrigatela da solo," disse Ron. "In realtà non mi va molto di comprare dolci a quei nanetti. Ma sei stato gentile a chiedermelo."

Harry spintonò un po' la calca in fermento, certo che avrebbero fatto cadere le sue liste. Non aveva mai visto nessuno, tra coloro che avevano il permesso, così ansioso di correre a Hogsmeade, come se potessero comprare dei rimedi alla situazione.

Finì quasi per spingere Pansy, e si fermò appena in tempo.

Lei restò davanti a lui a sorridergli maliziosa, e per un momento ne fu terrorizzato.

"Ciao Harry," disse con voce melliflua.

Harry fece un passo indietro strategicamente.

Pansy roteò gli occhi. "Oh, non preoccuparti per quello, Potter," disse con voce annoiata. "Ti assicuro che non tutti muoiono dalla voglia di avventurarsi nei tuoi eroici pantaloni. Non mi sono mai piaciuti gli uomini con gli occhiali, personalmente. E' solo... insomma, si direbbe che siamo amici, no?"

"Io vi definirei nemici giurati per lealtà alla propria casa," si intromise Ron.

Pansy lo guardò cupa e rivolse di nuovo il suo sguardo vittorioso a Harry.

Lui si mosse un po', a disagio. "Beh, sì, siamo amici."

"Direi più conoscenti che si sopportano a vicenda, a dire il vero," lo informò, "ma speravo che tu lo pensassi. Perché mi serve un favore da te."

"Dimenticatelo!" disse Ron aggressivo. "Non puoi convincerlo con l'inganno a..."

"Cosa vuoi che faccia, Pansy?" chiese Harry.

Ron lo guardò triste, come se avesse rinunciato alla battaglia.

Pansy lo guardò da sotto le ciglia, e le sbatté.

"Ti vorrò bene per sempre," gli promise intrigante.

"Molto gentile," disse Harry. "Che cosa vuoi?"

"Della cioccolata," rispose in fretta Pansy. "Ascolta, il professor Lupin mi ha beccata con una bottiglia di tequila a cui ho fatto il favore di svuotarla e... per qualche ragione ha pensato che me ne fossi già procurata un'altra, Draco dice che ha troppe cose sulla lista per comprarmi la cioccolata, e ho tentato di spiegare a Madama Chips che è una necessità medica ma non mi dà retta!"

Harry fece una smorfia colpevole. "Mi dispiace, Pansy. L'ho già promesso a troppo persone."

Pansy fece un lamento ferito e alcuni si girarono per controllare chi l'avesse accoltellata al cuore. Lei si aggrappò al suo braccio e lo guardò negli occhi con aria tragica.

Harry capì che la ragione per cui molti Serpeverde diventavano dei cattivi da melodramma era che facevano parte della casa delle regine del dramma.

"Harry! Pensavo che ti piacesse salvare la gente dalle situazioni dure e potenzialmente fatali!"

"A-ehm," fece Ron.

"Non senti il tuo cuore che ti ordina di salvare una damigella in... insomma, peldicarota, hai un insetto in gola o cosa?"

Ron smise di tossire piano.

"Stavo solo osservando," commentò molto altezzosamente, "che anch'io, come un'altra persona in questa conversazione ma a differenza di un'altra, sto andando a Hogsmeade."

Pansy gli concesse un sorriso raggiante.

"Ah sì?" disse. "Beh, peldicarota, se mi fai questo favore, io... io cercherò di apprezzarti per... circa una settimana."

Ron la squadrò. "Come prego? Non credo sia giusto."

Pansy lo fissò. "Vuoi dei soldi..."

"No!" tuonò Ron. "Sto solo dicendo che a Harry hai offerto molto di più che a me. Il che è tipico, la storia della mia vita, grazie mille, e poi cerchi anche di insultarmi..."

"Forse per la prima volta nella mia vita, non stavo..."

"Offrendomi dei soldi..."

"Piccolo mostro insicuro..."

Harry guardava prima uno e poi l'altra, sentendosi come ad una partita di tennis con i giocatori che si rilanciavano la palla a velocità folle.

Pansy si fermò e si mise una mano sul fianco.

"Ah," disse. "Ho capito cosa vuoi."

Ron si addolcì. "Meno male. Un trattamento equo, ecco cosa..."

"Mi offro volontaria per fare sesso con te," dichiarò Pansy, e poi fece una smorfia. "Parzialmente volontaria."

Harry sobbalzò e Ron fece un lodevole sforzo di volare senza la scopa. Strinse impaurito il braccio di Harry, come se potesse proteggerlo, e si guardò intorno agitato in cerca di Hermione.

"Voi Serpeverde siete disgustosi," sibilò Ron, dopo essersi assicurato che nessuna fidanzata stesse per avventarsi su di lui assetata di vendetta.

Ron era rosso acceso fino alla radice dei capelli. Pansy sogghignava.

"Penso di averti fatto un'offerta molto generosa," osservò, poi sospirò drammaticamente. "E va bene, Weasley. Se mi compri la cioccolata, ti vorrò bene... tra qualche anno."

"Tra qualche anno?" le fece eco Ron.

Lei alzò le spalle. "Sento che avrò bisogno di tempo."

"Tra qualche anno," la informò Ron, "spero che vivrò felicemente in un mondo privo di Serpeverde e che - mi spiace dirlo - le donne scarlatte come te vivranno dall'altra parte dell'oceano."

"Sì, sì, va bene," sbottò Pansy, "ma se mi compri la cioccolata ti vorrò tanto bene dall'altra parte dell'oceano. Per favore, Weasley, ti prego!"

La sua voce cominciava a stridere paurosamente.

"E va bene, allora," mormorò Ron, e Pansy tirò fuori un rotolo di pergamena dalla camicia e gliela passò.

Poi si girò e se ne andò senza ringraziare, richiamando con voce roca un Zacharias Smith che guardava con molto interesse la sua camicia un po' sbottonata.

Ron si stava già guardando intorno per cercare di far capire a tutti che anche lui aveva una lista molto importante, una lista che gli era stata data da qualcuno che aveva bisogno di Ron Weasley. Abbassò la voce e si rivolse a Harry in tono agitato.

"Sto stringendo una pergamena che teneva sulle te... sul petto!" Arrossì violentemente e fece un gesto ampio. "Pergamena sul petto! Cioè, non posso crederci, i Serpeverde sono un disonore, vero Harry? Nessuno trova preoccupante che un quarto della nostra scuola sia sprofondato nel male più oscuro e... e nella depravazione sessuale?"

Harry cercò di non pensare che per lui il problema era che i Serpeverde non fossero ancora più depravati sessualmente.

"Io mi preoccuperei di più della reazione di Hermione al fatto che compri cioccolata per un'altra ragazza," disse con calma.

Lui, Ron e Hermione passarono ore a racimolare da Hogsmeade ciò che serviva ai più giovani e a loro stessi. Hermione cercò disperatamente di comprare l'intera libreria, reggendo i volumi come se non avrebbe mai più visto un libro magico. Harry passò un tempo eccessivamente lungo nel negozio di dolci, cercando di trovare le chicche per ogni persona sulla lista mentre il negozio si svuotava a velocità allarmante.

Quando vide Draco per strada entrare nella libreria che Hermione aveva appena saccheggiato, si accorse che i dolci sarebbero finiti molto prima che arrivasse. Sperò che Draco non fosse divorato da piccoli Serpeverde in delirio goloso.

Non vide più Draco fino a quando non tornarono a scuola e non furono assaliti dalla folla. Draco sorrise a Pansy, che lo guardò contrariata e lo spinse via.

"Chi ti vuole?" chiese. "Dov'è Ron Weasley?"

Draco si mise teatralmente il dorso della mano sulla fronte mentre Harry lo raggiungeva.

"Respinto per un Weasley," disse. "Mi sento male per lo shock. Sii buono, reggimi fino a che non trovo un divano su cui svenire."

Piccole creature si gettarono sull'involto di dolci tra le braccia di Harry con versi affamati. Dedusse che erano studenti e che gli elfi domestici non avevano scelto quel momento per la ribellione di massa a cui Hermione continuava imperterrita a spingerli.

"E ho anche finito i miei sali," replicò Harry, sogghignando. "Uhm. Ehi, ti ho preso qualcosa."

Draco piegò la testa all'indietro, sorpreso, quindi rivolse a Harry quel sorriso luminoso e graduale che usava tanto di rado.

"Sì?"

"Sì," disse Harry. "Uhm, ce l'ho in tasca..."

"Harry Potter, è una battuta?" Draco era distintamente divertito, e Harry si sentì arrossire.

"No," rispose, spostando i sacchetti su un braccio e frugando nella tasca posteriore dei jeans.

Estrasse l'ultima manciata di lecca-lecca al sangue (evidentemente i più giovani erano proprio disperati) e li porse a Draco. Draco li guardò per un attimo, tendendo il sorriso quasi in una risata, e li prese.

Stava ancora guardando Harry da sotto le ciglia quando se li mise tutti in tasca tranne uno, e scartò distrattamente il lecca-lecca rimasto. Harry lo guardò farsi scivolare la caramella rossa e lucida tra le labbra e curvarvi la lingua intorno. Draco gli strizzò amichevolmente l'occhio.

"Chi dice che non sei un eroe, Harry?" chiese. "Grazie."

Si allontanò per distribuire altre provviste ai piccoli Serpeverde.

I lecca-lecca erano degli oggetti sporchi e perversi, e andavano vietati. Erano indecenti. Non era giusto.

Tornò nella torre di Grifondoro per trovare Hermione carponi e quasi in lacrime davanti al camino, mentre cercava di far entrare quanti più libri possibile nella sua valigia. Le dette una pacca sulla schiena e le garantì che lui e Ron sarebbero stati felici di portare quelli in eccesso.

Hermione gli sorrise debolmente e fortunatamente si trattenne da una di quelle brevi e intense crisi di pianto che coglievano sempre di sorpresa lui e Ron e li terrorizzavano.

La cinse con un braccio mentre lei sospirava e lisciava le copertine dei libri, e gli venne in mente che erano così presi dalla partenza imminente che nessun aveva protestato dalla notte prima.

*

Harry si precipitò all'ufficio di Silente appena poté lasciare Hermione. Rimase un po' davanti alla faccia stupida del batacchio finché non si ricordò la parola d'ordine corrente.

"Lecca-lecca al lime," disse. All'improvviso andavano tutti pazzi per i lecca-lecca.

Entrò con impeto nell'ufficio di Silente e Silente alzò gli occhi dalla scrivania con aria vagamente interrogativa.

"Harry," disse. "Che piacevole sorpresa. Tuttavia, come puoi immaginare, sono piuttosto indaffarato..."

"Non dovrebbe farlo," scoppiò Harry. "Le loro famiglie non possono proteggerli in nessun modo. Dovremmo provare qualcos'altro, dovremmo mettere degli incantesimi protettivi nella Sala Grande..."

Silente gli rivolse un rapido sguardo da dietro gli occhiali a mezzaluna.

"Abbiamo sparso incantesimi nella scuola senza alcun effetto," disse gentilmente e ragionevolmente. "Molti studenti avevano così tanta paura che non riuscivano a dormire: non è servito a niente. Voldemort sembra mirare a voi ragazzi, e mi preme allontanarvi dalla linea di fuoco."

Harry sbatté le mani sulla scrivania.

"Io voglio stare sulla linea di fuoco!" urlò. "Questa è la mia battaglia!"

"No, Harry, non lo è." Harry non aveva mai visto Silente così solenne. "Non hai ancora lasciato la scuola, perciò sei sotto la mia giurisdizione. Non intendo vederti ferito. Come potresti anche solo pensare di combattere in questa guerra?"

"Io... non lo so," balbettò Harry. "In qualche modo. Voglio fare qualcosa. In ogni caso se ce ne andiamo non farò mai i MAGO e non lascerò la scuola ufficialmente, quindi sono un adulto. Posso lasciare la scuola adesso e unirmi all'Ordine della Fenice, voglio..."

L'ufficio circolare, la grande scrivania sontuosa, tutti i libri, gli strumenti, il Cappello Parlante e la fenice splendente, tutto vorticò davanti agli occhi di Harry in un turbine di rabbia. Silente avrebbe dovuto aiutarlo.

"Hai appena detto," disse gentilmente Silente, "che non hai idea di cosa fare. Dico bene?"

Harry si alzò in piedi, tremante d'ira. "Sì," disse, sentendo il peso della speranzosa aspettativa priva di basi di Silente, che magari aveva pensato che avesse una risposta.

Silente sospirò, stanco e provato. "Lascia che ti protegga al meglio della mia abilità fino ai tuoi ultimi giorni di scuola. Manca poco più di un mese, poi potrai fare domanda per entrare nei programmi di allenamento estivo degli Auror. Là sarai al sicuro perché sarete in tanti, e non voglio affrontare l'eventualità di perdere altri studenti."

L'idea di essere costretto all'inattività per qualsivoglia periodo di tempo lo divorava, ma l'idea di Silente non era male. In quel caso avrebbe potuto combattere presto, e Silente era sempre stato buono con lui. Poteva chiedergli una cosa tanto piccola.

"Ovviamente tu, Ron e Hermione siete considerati particolarmente in pericolo," proseguì Silente, i cui occhi penetranti notarono l'esitazione di Harry. "Sarete posti sotto la tutela speciale di due professori nei quali ripongo piena fiducia: il professor Lupin e il professor Black. Inoltre adotterete la precauzione di viaggiare e comportarvi come semplici Babbani. Penso di poterti garantire l'assoluta sicurezza per il prossimo mese."

Harry esitò ancora. Non gli andava di essere assolutamente sicuro se non lo erano anche gli altri, ma la sicurezza di Ron ed Hermione era un'offerta allettante. Il pensiero che uno di loro venisse rapito lo faceva stare malissimo.

"Sono in pericolo perché sono miei amici," dichiarò in tono piatto. "C'è un'altra persona..."

"Il giovane Draco Malfoy," disse prontamente Silente, con un flebile tentativo di ammiccargli. "Sono certo che potremmo organizzare la sua inclusione."

"Ecco," disse Harry.

"Ti ringrazio per la cooperazione, Harry. Mi hai tolto un peso dalla mente." Si toccò la fronte mentre parlava, e Harry pensò che doveva avere davvero molti fardelli sulla schiena, se quella era la sua aria sollevata.

Rimase un altro momento davanti alla scrivania di Silente, e prese la sua decisione.

"Va bene," disse a denti stretti. "Ma continuo a credere che dovremmo lasciare Hogwarts aperta, e combattere adesso. Presto o tardi le dimostrerò di cosa sono capace. Lo farò."

Silente prese la piuma per scrivere quella che sembrava una lettera aperta a tutti i genitori dei ragazzi che stavano per essere mandati a casa.

"Harry," disse sinceramente, "lo spero."

Harry tornò alla sala comune Grifondoro e cominciò a fare le valigie insieme a Hermione, quando la porta fu quasi buttata giù nonostante le vigorose proteste della Signora Grassa.

Draco era sulla soglia, il viso gelido di rabbia.

"Figlio di puttana," disse. "Vieni subito a parlare con me. O ti spezzo il collo proprio qui."

*

"Non capisco perché sei così incazzato," disse Harry, seguendo Draco nell'aula di Pozioni.

Draco si sbatté la porta alle spalle con un suono apocalittico e si voltò per affrontare Harry. Il suo viso era una maschera d'ira contratta.

"Non lo capisci," ripeté. "Bene, allora lascia che ti rinfreschi la memoria. Hai chiesto tu a Silente di separarmi dai Serpeverde, da tutto ciò che ho lavorato per mantenere unito nell'arco di due anni? L'hai fatto?"

Harry capì e cercò di non perdere la calma, dato che il nervosismo nuotava già troppo vicino alla superficie.

"Sì," disse. "L'ho fatto."

Draco sembrava intenzionato a colpirlo. "Vivere come Babbani? Senza alcun modo di comunicare con loro o di offrirgli un rifugio?"

Forse Harry non ci aveva pensato proprio a fondo.

"Sì, ma ascolta, Draco, prima o poi avresti comunque dovuto fidarti di loro. Puoi chiedere a tua madre di ospitarli a casa tua, di certo accetterà, e tu devi capire. Sei in pericolo perché sei uno dei miei migliori amici. Devi essere..."

"Lo so!" sputò Draco. "Sono un Serpeverde. Ho già analizzato ogni rischio da solo. Non ho acconsentito ad essere portato via dai Serpeverde quando hanno più bisogno di un leader. Quindi ora tu vai da Silente, dato che non vuole ascoltarmi, vai da lui e gli dici che posso andare a casa..."

Le intenzioni di Draco erano buone. Quello, e il lieve tremolio nella sua voce durante la sua richiesta aggressiva, fecero desiderare a Harry di accontentarlo. Di mettere a posto le cose e assicurare a Draco che era stato un errore dovuto alla preoccupazione.

Ma erano in guerra.

"Se persino adesso devono stare costantemente sotto i tuoi occhi, vuol dire che non si può contare su di loro! E' meglio saperlo adesso," gli disse. "Come credi che mi sentirei se dovessero prenderti per colpa mia e io non avessi fatto niente per cercare di impedirlo?"

Draco fece un passo avanti, scattando come se stesse per colpirlo, ma si fermò e si controllò con uno sforzo evidente.

"Harry l'eroe," ringhiò. "Anche gli altri hanno delle responsabilità, sai? Non ci siete solo tu e l'esercito della luce che sei stato scelto per guidare e proteggere, anch'io ho delle responsabilità, me le sono prese, come osi intrometterti con questa strafottenza e cercare di portarmele via!"

I sotterranei erano sempre freddi e bui, ma di notte lo erano ancora di più. L'unica cosa che Harry distingueva era la pallida luce della luna che entrava da una delle finestrelle, e Draco era quasi simile a un fantasma in quella luce. Harry rabbrividì per il freddo e incrociò lo sguardo gelido di Draco.

"Mi dispiace vederti infuriato, Draco," disse con la voce più decisa e stabile che gli riuscì. "Per caso ti è venuto in mente che sei un bersaglio, e che se insisti a rimanere con i Serpeverde renderai dei bersagli anche loro? Non puoi tenere lontani i più piccoli dai loro genitori, mentre così offrirai ai più grandi una possibilità e un posto dove stare. Ed è davvero l'unica cosa che puoi offrirgli, e il modo migliore per proteggere te stesso e gli altri è quello che ho scelto io!"

Draco era livido di rabbia, quasi vibrante d'ira.

"Non posso lasciarli. Ci ho messo tutto me stesso, non posso..."

"La scorsa notte hai detto che era tutto inutile," lo interruppe Harry con aggressività. "So quanto era importante per te, ma Hogwarts chiuderà. La scorsa notte hai detto..."

Le mani di Draco erano strette in pugni.

"Credevo che avessimo stabilito di dimenticare ogni cosa della scorsa notte," disse con voce sottile e fredda.

Harry lo fissò, comprendendo lentamente, e sentì l'ira sgorgare lenta e bollente per il modo in cui lo stava manipolando.

"Non ho mai acconsentito a una cosa del genere," replicò. "Lo so che niente sta andando nel modo in cui avevi sperato, Draco, e so che hai paura..."

"Non ho paura!"

"Non posso chiedere a Silente di cambiare le cose quando penso di aver preso la decisione giusta. E non m'importa se non mi credi, non rinnego niente di ciò che ho detto ieri notte!"

Draco si muoveva irrequieto, gli occhi lucidi come quelli di un animale in fuga e terrorizzato che stesse per azzannargli la gola.

"Ti giuro che se non la pianti..."

A quel punto Harry aveva sentito troppe minacce da Draco. Era così stanco di tutto il potere che aveva su di lui, il potere di arrabbiarsi con lui, di rimuovere la sua presenza e la sua amicizia. Non aveva intenzione di subire minacce per aver detto la verità.

"Cosa farai, Draco?" chiese furioso. "Cosa puoi fare, se voglio dire..."

Draco scattò in avanti, gli prese il viso tra le mani e lo baciò forte.

In realtà Harry non aveva mai baciato un ragazzo, se si escludeva il casto bacio a Draco tempo prima. Era violentemente diverso dal baciare una ragazza, con i denti di Draco che premevano forte sul suo labbro, e senza la morbidezza dei seni e dei fianchi tra loro. Draco era lì, con le costole spinte contro quelle di Harry e nient'altro che strati sottili di tessuto e pelle a dividerli. Harry era infuriato e agitato, e gli sembrava di poter sentire il rombo del sangue di Draco contro l'impeto del proprio.

Draco tirò via la bocca ma non il corpo, e restò attaccato a Harry con i denti simili ad un sussurro di potenziale dolore a un millimetro dal labbro inferiore di Harry.

"E' diverso, vero?" disse Draco a bassa voce. "E' strano, ti fa sentire un po' a disagio, non sai che fare..."

"Sì," ammise Harry, spingendo più forte il fiato che gli solleticava la gola verso quello di Draco.

Draco emise un risolino di gola e fece un passo indietro.

"Te l'avevo detto," continuò, aspro. "Avevi questa ridicola cottarella, ora ti sei accorto che era una fantasia inopportuna e che ti sbagliavi completamente, e..."

Harry lo afferrò e lo sbatté contro il muro più vicino. Lo immobilizzò col peso del proprio corpo, conscio della pietra fredda e della barriera sottile fornita dalla carne e dalle ossa di Draco. Draco gli stava troppo addosso, troppo vicino, strano e pericoloso.

Piegò la mano attorno alla nuca di Draco.

"Non ti ho detto di fermarti," gli disse bruscamente, e spinse di nuovo la bocca sulla sua.

La bocca di Draco si aprì per lui, calda e umida. Fu un bacio vizioso e insaziabile con lingue e denti, morsi e carezze con la lingua, con Harry che cercava di spingere più forte contro Draco e Draco che cercava di inarcarsi, le ossa delle spalle e dei fianchi schiacciate le une contro le altre troppo forte, e tuttavia non abbastanza. Harry emise un verso incoerente che gli bruciò la gola e aprì di più la bocca, adorando la sensazione dei denti che sfregavano il bordo del labbro di Draco, cercando contemporaneamente di assimilare i piccoli versi avidi che stava facendo.

Harry sentì un barattolo rompersi per uno di quegli scoppi incontrollabili di magia che non si erano più verificati da quando era bambino. Si separarono per un confuso istante e Draco gli rivolse uno sguardo fulmineo di paura mista a sorpresa. I suoi capelli candidi brillavano coperti da pagliuzze di vetro.

"Dio, Harry," disse, ma il suo respiro era una calda presenza sulla guancia di Harry, le palpebre pesanti per il desiderio e le labbra rosse e umide, e Harry non si sarebbe fermato adesso.

Draco vide il suo sguardo determinato, o almeno doveva averlo visto, perché le palpebre gli si abbassarono ancora di più. I suoi occhi parvero neri sotto le ciocche argentee quando si sporse e tolse gli occhiali a Harry, gettandoli su un banco qualsiasi con un tintinnio.

Harry aveva entrambe le mani nella camicia di Draco e gli spingeva entrambi i pugni sul petto, e da così vicino gli occhiali non facevano alcuna differenza. Vide la curva tremolante del labbro inferiore di Draco con perfetta chiarezza.

Lo baciò di nuovo, e senza occhiali fu ancora meglio, un altro bacio osceno ed esigente con le ciglia che sfioravano quelle di Draco, le guance che scivolavano l'una sull'altra mentre le loro bocche continuavano ad aprirsi bollenti. Fece scivolare una mano sulla schiena di Draco, fregandosene della pietra ruvida che lo graffiava, impaziente di sentire i muscoli della sua schiena muoversi fluidi sotto il suo palmo, l'unica ostruzione quella del sottile strato di tessuto che già aderiva alla schiena di Draco.

Riuscì a sentire lo spazio, l'istante di calore tra i bottoni della camicia di Draco, con l'altra mano. Sapeva che di lì a un minuto avrebbe strappato quei bottoni per avvicinarsi in qualche modo, e si sentì arrossire lentamente ma inesorabilmente al sol pensiero, al pensiero di tutto ciò che stava accadendo, mentre affondava il viso nella lunga curva umida della sua gola. Draco fece un suono disperato quando le labbra di Harry si dischiusero sul punto accanto al suo orecchio, gemette e spinse la testa all'indietro contro il muro quando Harry lasciò scivolare la bocca in una scia fino alla gola. A metà strada lasciò che i denti gli graffiassero la pelle, e i gemiti di Draco divennero irregolari.

Le mani di Draco strinsero ferocemente l'orlo della maglietta di Harry e d'un tratto fu in movimento, un'ondata selvaggiamente istintiva da cui Harry si lasciò trasportare senza pensare che avrebbe potuto cadere e fregandosene dell'impatto della propria schiena con la cattedra, perché aveva di nuovo la bocca di Draco. Aveva Draco addosso che lo baciava affannosamente muovendo le mani e i fianchi, che si muovevano nonostante fossero incastrati con quelli di Harry. Harry sentì entrambi ansimare e strinse le braccia attorno al collo di Draco, attirando a sé la sua bocca per soffocare quei gemiti. Le mani di Draco si insinuarono sotto la maglietta, le dita risalirono le costole e artigliarono la sua pelle, spingendo in su la maglia, e Harry sospirò e si inarcò, lasciandogli fare.

Draco sollevò la maglietta fino alla clavicola di Harry e scivolò col corpo tra le sue gambe aperte. Harry chiuse gli occhi ma gridò quando sentì la punta dei denti di Draco sulle costole, lì per tentarlo e assaporarlo e farlo inarcare impotente ancora di più. La sua bocca viaggiò verso l'alto, calda, lasciando sul petto di Harry una scia di brividi freddi. Harry lo chiamò di nuovo pronunciando approssimativamente il nome di Draco, quando i suoi denti gli si chiusero su un capezzolo. Il movimento prima graffiante e poi morbido gli fece male per un attimo, e Harry strinse i denti e produsse suoni soffocati che significavano che voleva di più.

Quando Draco tornò verso la sua bocca, a entrambi sfuggirono versi bruschi e supplicanti ad ogni mossa. Il tessuto umido della camicia di Draco era l'unica cosa tra i loro toraci e unirono di nuovo i fianchi mentre Draco respirava affannosamente su di lui, iniziando a muoversi ancora prima di toccargli le labbra.

"Harry," mormorò, col fiato corto e la voce pesante di desiderio.

"Sì," mormorò a sua volta Harry, stregato dal movimento dolorosamente piacevole e dalla promessa imminente della sua bocca.

"Dimmi solo che era una stupidaggine," disse Draco, guardando la bocca di Harry come ipnotizzato. "Dimmi che non dicevi sul serio, così possiamo... possiamo..."

Il fatto che non riusciva neanche a dirlo significava che moriva dalla voglia di farlo, e Harry si mosse contro di lui e pensò, Dio sì, qualsiasi cosa, perché Draco lo voleva e sarebbe stato così facile e così bello, così...

Harry non era un esperto in materia, ma sapeva che non era giusto mentire a chi si amava. Non su una cosa tanto importante.

Ripensò alla voce morbida e stanca di Draco nel momento in cui aveva supplicato per un'altra ragione.

Non voglio nemmeno che mi lasci provare. Non... sto bene senza di te.

"Sì che ero serio," Harry quasi grugnì tra le labbra di Draco, continuando a muoversi sotto di lui. "Sono serio," aggiunse, più dolcemente e in solo respiro contro la linea gonfia del labbro inferiore di Draco, sentendo la spinta iniziale di un altro bacio. "Io..."

Draco si irrigidì. Guardò Harry con occhi sbarrati e selvaggi, senza quasi vederlo davvero.

"No invece," ringhiò. "Fermati."

Si staccò da Harry e scappò via in quello che sembrò un unico movimento. Harry era ancora steso sulla cattedra a cercare di rimettere insieme i pezzi e di recuperare il fiato. Non riusciva neanche a rimettersi a posto la maglietta, e pensò con improvvisa disperazione che non avrebbe mai ritrovato gli occhiali.

 

 

 

 

 

  
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