Underwater Light
By Maya
Tradotta da Luciana
Beta: Vale
Sommario: Donzelle urlanti in camicia da notte! Giovanotti
urlanti in abiti da notte! Paura, panico, alcool e ogni tipo di sostanze
deleterie! Manca solo un marchese villano su un cavallo nero, ma dovevo
lasciare qualcosa per il capitolo 19.
Capitolo Diciotto
Condannati
We are the children of Paradise
On our own now since the fall
All the things that are worth having
Were never ours to keep
I've been alone so long
That I just don't know what to do
And I don't want to lose you
[Siamo i figli del
Paradiso / Soli dopo la caduta / Tutte le cose che valeva la pena avere / Non
sono mai state nostre / Sono stato solo così a lungo / Che proprio non so cosa
fare / E non voglio perderti ]
Ginny se ne accorse nel sonno, voltando la testa sul cuscino e
cercando di guardare attraverso un intreccio di capelli nel dormiveglia.
Qualcuno stava gridando, era Hermione, e fu allora che si accorse che era tutto
vero.
Si buttò fuori dal letto prima di riuscire a scuotersi dal sonno,
e non fu del tutto conscia fino a quando non entrò nel dormitorio del settimo
anno.
Tutti i letti erano vuoti, le lenzuola spiegazzate e abbandonate,
tranne quello in cui Hermione tremava, con la bocca ancora aperta in quell'urlo
di panico.
Hermione era una delle persone su cui Ginny avrebbe contato senza
esitazioni in caso di crisi, e ora era così terrorizzata che per un attimo era
semplicemente andata in pezzi.
Non può continuare così.
Corse fino al letto e strinse le braccia di Hermione. Hermione la
fissò e la abbracciò in un attimo convulso, così che Ginny si ritrovò avvolta
da braccia tremanti e capelli ricci. Il sussurro di Hermione attraversò i suoi
denti serrati indicando che aveva ripreso il controllo di sé, e le sue mani
strinsero disperatamente le spalle di Ginny.
"Oh, Ginny, Ginny, credevo... credevo di essere rimasta solo
io nel castello..."
Nient'altro avrebbe potuto spaventare tanto Hermione.
"Sono qui," disse Ginny trafelata e decisa. "Sei al
sicuro."
La maniglia della porta si mosse, e per un unico terribile istante
si strinsero l'una all'altra. Poi Ginny spinse da parte Hermione e corse verso
la porta. Si accorse solo a metà strada che aveva tenuto la bacchetta stretta
in mano per tutto il tempo, e quando lo notò si ritrovò a pensare: Bene. Tornerà utile.
Quando la porta si aprì e una figura scura si mosse verso di lei,
non le venne in mente nemmeno un incantesimo. Stava ancora elaborando l'ira e
il senso di responsabilità.
Agitò la bacchetta in alto e colpì la figura in pieno viso. Quella
barcollò all'indietro.
"Che diavolo... Ginny, ma che fai?"
Ginny era pronta ad attaccare ancora, ma quella domanda offesa la
fece riflettere, e per poco non lasciò cadere la bacchetta.
"Ron?"
"Sì,"
disse Ron contrariato.
"Oh mio Dio, scusami," iniziò Ginny, quando si accorse
che Ron aveva appena visto Hermione e il vuoto attorno a lei e che, per quanto
lo riguardava, il resto del mondo aveva cessato di esistere.
"Ron," disse Hermione con voce rotta ma che cercava
chiaramente di sembrare normale e calma, "Ron, grazie al cielo."
Si buttò giù dal letto e corse da lui, e lui la avvolse in un
abbraccio agile e stretto. Si strinsero entrambi, premuti l'uno contro l'altra,
finché Hermione non racimolò abbastanza autocontrollo da farsi indietro e
chiedere scossa:
"Chi altro è...?"
"Un sacco di persone," disse Ron, con la mano spinta con
forza sulla schiena di lei, come se soltanto toccarla sullo spazio rigido tra
le scapole potesse garantirgli la sua presenza. "Quando abbiamo sentito
gridare ci siamo guardati intorno nella stanza e..."
"Oddio, Dean!" esclamò Ginny, con un altro fremito di
panico. "Dean è...?"
Ron la guardò. "No, lui c'è, ma Neville..." Deglutì.
"Neville no. Harry e Dean stanno controllando gli altri dormitori
maschili, Harry ha detto che mi avrebbe raggiunto..."
Ginny provò un impeto di desiderio per tutto ciò che era
ordinario, per il mondo sicuro in cui era nata. Avrebbe voluto andare da Ron
per chiedergli se il suo naso arrossato era migliorato, perché era certa di
poter almeno guarire un naso, ma tutto quello...
"Come sei arrivato qui?" chiese, sconsolata.
"Questo è il dormitorio femminile."
La mascella di Ron si contrasse e le sue mani si curvarono sulla
schiena di Hermione. Ginny notò che le sue unghie erano rotte e i polpastrelli
arrossati.
"Mi sono aggrappato alle crepe della pietra, quando le scale
mi sono sparite da sotto i piedi," spiegò. "Ti sentivo gridare.
Dovevo venire."
Hermione si districò, cercando di riallisciarsi i capelli.
"Sei stato gentile, Ron, ma quello che dobbiamo fare adesso è
organizzarci," disse, e Ginny vide la sua espressione mutare, come se si
fosse obbligata a tornare lucida.
"Giusto," disse Ginny. "Cosa posso fare?"
Si udì un altri rumore, la porta si spalancò e Ginny vide una
Firebolt volare a terra mentre qualcuno le passava davanti.
"Hermione? Stai bene?"
La mente di Ginny crollò per il sollievo quando vide Harry.
Avrebbe dovuto saperlo che sarebbe venuto a salvare Hermione.
Hermione cominciò subito a raccontare. Ron guardò
Harry poteva anche aver pensato a portare una scopa, ma non aveva
portato nient'altro. Non indossava né gli occhiali né la maglia del pigiama in
quella notte estiva, e quando Ginny lo raggiunse e si appoggiò a lui, sentì il
calore rassicurante della sua pelle sul proprio polso nudo.
"Harry, eravamo così agitate," gli disse.
"Ma se mi hai quasi rotto il naso," esclamò Ron
Ginny non lo filò, troppo occupata ad aggrapparsi alla sicurezza.
In quel momento Harry era proprio un eroe, coi capelli neri scompigliati sul
viso, le ampie spalle nude e sode e gli occhi decisi e assottigliati per via
dell'assenza degli occhiali. Lo strinse con ogni grammo di forza che le era
rimasto.
"Cosa facciamo adesso?"
*
Harry dava il meglio di sé nei momenti di crisi, notò
distrattamente Hermione mentre faceva l'appello e cercava di non pensare
all'agghiacciante scarsità di persone. Solo quando era costretto all'inattività
diventava irrequieto. Ora che era incazzato, agiva.
Sirius si era scagliato in una furiosa invettiva contro il fato,
anche se cercava di consolare una ragazza del secondo anno in lacrime. Harry
andava avanti e indietro come se avesse la situazione in pugno, cosa che in
effetti era molto più rassicurante.
"Prendete le bacchette," lo sentì dire Hermione con la
sua voce cupa e ruvida per il sonno. "Se sta succedendo qualcosa là fuori,
dovremo essere tutti armati. Dobbiamo essere in grado di combattere: è questa
la cosa più importante."
"Quando andiamo nella Sala Grande?" chiese nervosamente
Dennis Canon. Sembrava molto traumatizzato e angosciato. Suo fratello non si
trovava da nessuna parte, e aveva anche una ragazza di Tassorosso. "Posso
andare un attimo a cercare..."
Harry si precipitò su di lui.
"Abbiamo tutti degli amici in altre case," sbottò.
"Ci andremo quando avremo finito l'appello. Avete preso tutti le bacchette?"
Hermione terminò l'appello e cercò di non lasciare che il panico
si notasse sul suo viso. Mancavano più della metà dei ragazzi. Cercò di non
pensare alle singole persone, ma la sua memoria ben allenata si rifiutò di
fallire.
Settantotto Grifondoro all'inizio dell'anno, che si erano ridotti
lentamente a sessantaquattro durante l'anno. E ora ce n'erano... Hermione cercò
di tenere a bada quello stupido terrore che poco prima l'aveva resa così
inutile, cercò di non pensarci ma non poté farne a meno. Erano rimasti trenta
studenti. Trenta.
Ron le teneva la mano in una stretta spezza-ossa. Lei tirò via
gentilmente le dita.
"Dai, sto bene," lo rassicurò con un debole sorriso.
Doveva stare calma, doveva pensare e mantenere i nervi saldi.
Harry e Sirius andarono a controllare un'ultima volta i dormitori,
prima di andare in Sala Grande. Hermione fece il giro della stanza con Ron,
cercando di dispensare qualche confortante sorriso da Caposcuola ai più
piccoli.
Lei e Ron erano vicini al ritratto della Signora Grassa, quando
udirono qualcuno parlare all'esterno, e videro il ritratto cominciare
lentamente ad aprirsi verso l'interno.
Niente più panico! Si ordinò Hermione, e rimase proprio accanto a
Ron quando lui si piazzò davanti all'ingresso la bacchetta puntata.
"Chi è?"
"Oh, leva questo bastoncino magico, prima di farti male,
Weasley," disse una voce immediatamente familiare.
Malfoy aveva ancora addosso i suoi ridicoli vestiti da discoteca
bianchi, evidentemente spiegazzati, e persino quella luce soffusa rendeva
lucido il sudore che gli imperlava guance e fronte.
"Che cosa vuoi, Malfoy?" domandò Ron, guardandolo con
decisa ostilità.
Hermione pensò che non aveva mai visto su Malfoy un'espressione
tanto cattiva come in quel momento, quando sputò la sua domanda come se fosse
stata un insulto.
"Hanno preso Harry?"
"Come se t'importasse," esclamò Ron, ma Hermione si
appoggiò a lui in segno di ammonimento.
"No," disse piano Hermione. "No, sta bene."
Persino nell'ombra, vide una certa tensione evaporare dai
lineamenti di Malfoy. Il ghigno sulla sua bocca smise di sembrare tanto
crudele.
"Bene," rispose, ugualmente piano. "Bene. Io...
perfetto. Credo..." Sollevò il mento e parlo ancora più convinto mentre
faceva qualche passo indietro. "Credo che andrò via, adesso. Non c'è
bisogno che diciate a Harry che sono passato."
Prima che Malfoy potesse andarsene o che Hermione potesse capire
cosa pensava della questione, Harry li spinse da parte.
Bene, ci mancava solo questa, pensò Hermione infastidita.
Harry strinse gli occhi senza occhiali, il suo viso nudo e
stranamente più maturo, e camminò direttamente nello spazio personale di
Malfoy, anche se all'inizio Malfoy indietreggiò di un passo. Era come se avesse
il diritto di stringere il braccio di Malfoy e stargli a due centimetri dal
viso, quando Malfoy era teso come una corda di violino al contatto. Hermione si
strinse di più a Ron, ed era troppo stanca per agitarsi nel momento in cui
pensò, Si vede che Harry se n'è accorto,
alla fine. Era solo che era successa una cosa dopo l'altra, e se
Malfoy intendeva fare il cretino con Harry in quel momento di crisi, beh, in
quel caso lei intendeva strappargli la lingua e fargliela ingoiare.
"Draco," disse Harry, con voce calma e risoluta.
"Grazie a Dio, stavo per impazzire. Che ci fai qui?"
Hermione vide la bocca di Malfoy curvarsi nuovamente, e parlò in
fretta per precederlo.
"E' venuto a vedere se stavi bene," annunciò, e ci
avrebbe pensato più tardi, se mai ci fosse stato del tempo. Malfoy la guardò
come se avesse appena ucciso e mangiato il suo gufo.
"Davvero?" domandò Harry, sbattendo le palpebre
incredulo.
Malfoy lo fissò avvolto da un silenzio ribelle. Hermione guardò i
muscoli tesi delle braccia di Harry e fu certa, per un tremendo istante, di
stare per assistere a qualcosa di orribile tipo Harry che stringeva tra le
braccia Malfoy, assicurandosi che fosse davvero lì... Dio, pensò, con un'improvvisa e stupida
urgenza di mettersi a ridere. Ron darà di
matto.
Malfoy era ancora teso e accigliato, e lottò strenuamente contro
la sola stretta di Harry sul braccio, rifiutandosi nel suo silenzio offeso di
muoversi di un millimetro.
"Grazie," disse Harry, quasi sussurrando.
"Andate al diavolo," ringhiò Malfoy, scoccando
un'occhiata velenosa a Ron e Hermione. "Stiamo facendo l'appello, gli
altri sono nella Sala Grande con Blaise che li controlla. Non li avrei certo
lasciati per..."
"Lo so. Nemmeno io," disse Harry. "Quanti ne hanno
presi da voi?"
"Siamo rimasti in ventisette," gli disse tetro Malfoy.
"Non è rimasto nessuno del mio anno a parte me, Blaise e Morag."
Restarono zitti per un momento. "E Pansy?" disse Harry.
Malfoy restò in silenzio. "Draco, mi dispiace."
Hermione cominciava a sentirsi veramente a disagio lì sulla
soglia, a guardarli stagliati contro la luce, simili a uno spettacolo di ombre
cinesi; era come intrufolarsi in emozioni che non la riguardavano. In ogni
caso, non aveva intenzione di lasciare che Malfoy distraesse Harry ancora a
lungo.
"Non c'è tempo per dispiacersi," disse acido Malfoy.
Harry esitò, poi annuì deciso. "Noi siamo rimasti in
trentuno," disse, sorprendendo Hermione. Non pensava che avesse tenuto il
conto.
Malfoy lo fissò, e si passò il dorso della mano libera sugli
occhi. "Allora possiamo presumere che la situazione sia più o meno simile
in tutta la scuola," disse. "Non deve restare nessuno dei
dormitori."
"No, certo," disse Harry. "Se dormissimo tutti
nella Sala Grande con delle sentinelle, penso..."
"E' un'idea," rispose Draco. "Senti... devo
tornare."
"Anch'io," disse Harry. "Scendiamo tra poco."
Lasciò libero il braccio di Malfoy e, prima che lo lasciasse cadere, Hermione
vide i segni rossi delle dita sulla pelle candida appena sopra il gomito di
Malfoy. Harry tentennò. "Draco. Sono contento che sei in salvo."
Malfoy lo guardò con gli occhi stretti. Hermione pensò che fosse
decisamente indicativo che, in assenza di motivi per avere altre espressioni,
il viso di Malfoy assumeva automaticamente uno sguardo vagamente antipatico.
Alla fine annuì. "Vatti a vestire, Harry. Altrimenti i
Tassorosso potrebbero molestarti."
Tipico di Malfoy uscirsene con battute sconvenienti in un momento
del genere. Harry sogghignò e si voltò quando lo fece Malfoy, e Hermione vide
Harry tornare verso di loro e Malfoy allontanarsi sollevato.
Harry era ancora stanco e torvo, ma si era un po' calmato.
"Coraggio. Andiamo," disse.
*
Persino il cielo nella Sala Grande era nuvoloso e privo di stelle.
Gli studenti piangevano silenziosamente nell'ombra, ed erano tutti rannicchiati
così stretti che sembravano un'unica grande casa. Il loro numero si era ridotto
al punto che avrebbero potuto riempirne una sola, pensò Harry furente.
L'unico evento positivo della notte avvenne poco dopo, quando
Pansy e Zacharias Smith entrarono nella Sala Grande trafelati, terrorizzati e
discinti.
Pansy guardò attentamente ciò che era rimasto della sua casa, col
panico che defluiva dal suo viso per essere sostituito da una cosa simile alla disperazione.
Raggiunse Draco, e anche in quella situazione Harry notò con dolore che
formavano una coppia perfetta.
Pansy restò immobile, scalza, con le spalline del vestito
abbassate sui gomiti e il disopra del reggiseno in vista, e fissò Draco con
incertezza, come se non sapesse se le fosse permesso abbracciarlo in pubblico.
Tese una mano e Draco se la tirò al petto con violenza. Harry vide la sua mano
curvarsi con troppa forza attorno al collo di lei, e l'espressione insieme
confusa e addolorata di Pansy.
"Non farmi mai più una cosa simile," le disse
bruscamente, poi la spinse via e le dette le spalle, girandosi verso gli altri
Serpeverde.
Pansy incrociò le braccia sul petto, respirando a fondo. Harry
vide Zabini alzarsi e andare ad abbracciarla, appoggiando la fronte sulla sua.
Pansy sorrise.
Nonostante quella gelosia incredibilmente sciocca e irrazionale,
era contento che si fosse salvata.
Molti altri non erano stati altrettanto fortunati. Dennis Canon
non era riuscito a trovare la sua ragazza, e la doppia perdita l'aveva lasciato
pallido e scosso. Si appese a Harry quasi con la stessa tenacia di Ginny, e
Harry gli strinse le spalle.
"Cosa gli sarà successo?" sussurrò. Harry non sarebbe stato
tanto stupido e inutile da dire Non lo so.
"Non sono morti," disse fieramente. "E noi andremo
a riprenderli."
"Lo so," rispose Ginny, che a quel punto era totalmente
a pezzi.
Harry avrebbe voluto che non lo fosse: quando era entrato nel
dormitorio femminile Grifondoro, l'aveva vista combattiva, con la bacchetta in
mano, e aveva provato un fremito di speranza, al pensiero che sarebbe stata
un'altra alleata su cui contare. Ma evidentemente era stata forte solo in quei
primi momenti di panico.
Si sentì in imbarazzo, come se permettendole di stringerlo le
stesse dando un'idea sbagliata, ma non poteva certo spingerla via. Restò lì ad
abbracciarla goffamente e a cercare con gli occhi Hermione.
"Povero Dean," disse Hermione a Ron, con voce bassa ma
discretamente udibile. "Era ancora molto amico di..." deglutì e
continuò, "...Calì, è sconvolto."
La testa di Ginny emerse dalla spalla di Harry. Guardò verso Dean,
come anche Harry. Hermione aveva ragione: Dean era solo e terrorizzato. Harry
si chiese cosa mai avrebbe potuto dirgli.
"Scusami, Harry," disse Ginny con una voce estremamente
determinata, e si diresse verso Dean. Harry vide Dean sorridere quando se la
trovò davanti.
Si avvicinò a Hermione e le parlò all'orecchio.
"Sei un genio," mormorò, chiedendosi come avesse fatto a
capire che far leva sul senso di compassione di Ginny sarebbe stata la mossa
giusta.
Un sorriso guizzò sul viso di Hermione. "Solo rispetto a voi
due," disse, stringendo il braccio di Ron. Entrambi le dettero una
gomitata sui fianchi.
I ragazzi ormai si stavano calmando un po': erano ancora
spaventati, ma pronti ad ascoltare e a ragionare. Lupin era per terra insieme a
cinque undicenni di case diverse, che a quanto pareva stavano cercando di
arrampicarglisi in grembo, e distribuiva cioccolata come se avesse messo su un
chiosco. Aveva tormentato Sirius fino a quando Sirius non si era calmato, e
aveva smesso di dire cose come ‘Diamo pugnali ai ragazzini.'
Sirius si avvicinò a Harry e lo abbracciò impacciato, di lato, in
modo da poter fingere che fossero abituati a quelle dimostrazioni fisiche di
affetto. Ad ogni modo Sirius lo strinse fieramente, e Harry piegò il capo sulla
sua spalla, fingendo di non essere alto quanto Sirius, di avere ancora tredici
anni e di essere certo che Sirius sarebbe stato la sua salvezza.
"Ho già detto ‘grazie a Dio stai bene?'" chiese
bruscamente Sirius.
"Nah. Ma forse era sottinteso in ‘dai, Harry almeno tu prendi
un pugnale'," disse Harry, rivolgendogli un sorriso di sottecchi.
"Grazie a Dio stai bene," disse Sirius, scompigliandogli
i capelli e lasciandolo andare.
Scompigliare i capelli di Harry era un po' come versare acqua
nell'oceano, ma apprezzò comunque il gesto. Cominciò a spiegargli la sua idea
di dormire in Sala Grande con delle sentinelle, e Sirius ne fu subito
entusiasta.
Così quando comparve Silente, con un cappello floscio con un
pompon e tuttavia chiaramente da mago, Harry pensò che tutti avessero voglia di
ascoltare e pianificare qualcosa. Si rifiutava di farsi prendere dal panico.
Avrebbero lottato tutti insieme.
Il viso di Silente era serio e contratto sotto il cappello
floscio. Harry non l'aveva mai visto così vecchio e triste, prima di allora.
"Ho amato questa scuola e creduto in ogni singolo
studente," disse.
Harry sorrise lievemente quando Hermione si irrigidì al suo
fianco, vide il mento di Draco sollevarsi nella folla di Serpeverde e si
accorse che Silente stava parlando al passato.
"E' andata avanti per centinaia di anni, e mi addolora molto
dover assistere a questo giorno. Tuttavia, i fatti vanno affrontati. Hogwarts
non è più sicura. Non abbiamo idea di cosa stia oltrepassando le nostre difese,
e ci stanno decimando."
Una ragazza del primo anno cominciò a singhiozzare silenziosamente
sul petto di Lupin. Harry rimase immobile, incredulo.
"Gli studenti che provengono da famiglie di maghi possono
tornare a casa, a meno che non siano considerati in particolare pericolo. Le
loro famiglie possono proteggerli almeno quanto noi, e se non altro non
vivranno più in un posto che è chiaramente il bersaglio principale di
Voldemort. Coloro che invece hanno famiglie babbane, non hanno famiglie o sono
esposti a rischi particolari, partiranno con i professori o con dei membri
dell'Ordine, e cercheremo di difenderli con ogni sforzo..."
Tutti si erano accorti che Silente era serio appena aveva iniziato
a parlare, ma fu solo quando continuò a descrivere dettagliatamente i piani con
quella nuova voce piatta che tutti realizzarono che stava succedendo davvero.
Hogwarts, il baluardo della magia e il posto in cui per la prima
volta vi erano entrati a contatto, l'unico rifugio di Harry, si stava
disintegrando. Si guardò intorno in cerca di mormorii di protesta, ma erano
tutti troppo in soggezione davanti a Silente per mettere in discussione le sue
parole. Sembravano più spaventati per il fatto che Silente lo ritenesse
necessario, e persino i Serpeverde, che non lo stimavano come gli altri, si
limitarono ad assumere un'aria ribelle. Sirius era perplesso, così come gli
altri professori. Lupin non era mai stato a favore della ribellione diretta.
Nessuno avrebbe parlato. Nessuno avrebbe protestato.
"Non può farlo!" esclamò Harry, e tutti si girarono per
fissarlo.
Cercò di non farci caso e prese a camminare concentrandosi su
Silente.
"Ci arrenderemo e basta?" domandò. "Vuole che me ne
vada?"
"Mio caro Harry," disse Silente, sbattendo le ciglia ma
senza sorprendersi, "se hai un altro suggerimento da offrire, sono certo
che saremo tutti molto felici di ascoltarlo."
Harry vide con panico sempre maggiore che tutti lo guardavano come
se avesse una proposta, una specie di soluzione per salvarli. La cosa lo rese
ancora più arrabbiato.
"No, ma non possiamo fare così!"
quasi gridò. "Se ci dividiamo tutti, ci decimeranno. Ci è voluto tanto per
cominciare a lavorare insieme... come pensa che riusciremo a formare un
esercito, se ci sta insegnando solo a fuggire?"
Gli occhi blu di Silente erano cupi. "Non voglio che formiate
un esercito," disse infine. "Siete ancora dei bambini. Voglio che
sopravviviate."
"Io non voglio essere un bambino. Non sono un bambino," ringhiò Harry. "Voglio
combattere."
"E io voglio combattere con lui," aggiunse lealmente
Ron, abbassando lo sguardo quando Silente lo fissò.
"Credo che Harry abbia ragione," si inserì Draco.
"Mostrare debolezza al nemico non è proprio una tattica geniale."
Il cuore di Harry aveva iniziato a battere più forte per la
speranza, quando vide che la quieta tristezza sul viso di Silente non era
andata via.
"Nessuno di voi può decidere il destino di Hogwarts. E' una
mia responsabilità," disse. "Non permetterò che i miei studenti
corrano tali rischi, dato che nessuno di noi sembra essere in grado di
identificarli, figurarsi di annientarli."
Harry strinse i pugni inconsciamente. La prese come una sfida
personale.
"Alcune persone sono state rapite anche fuori da
Hogwarts," disse a voce alta. "Saremmo comunque..."
"Oh, ma non quanto qui!" disse Silente, alzando la voce
in tono autoritario. "Credo sia la cosa migliore da fare, per la sicurezza
di voi tutti. Mi addolora vedere che qualcuno non è d'accordo, e mi addolora
dover dire addio a tutti quanti, ma non posso cambiare una decisione presa nei
vostri interessi. Dopodomani andrete via tutti. Hogwarts verrà chiusa."
*
Harry restò sveglio con Ron e Hermione fino alle prime ore del
mattino, tutti stretti in un angolino della Sala Grande. Ron era d'accordo con
Harry, inquieto e determinato a lottare, Hermione continuava a sfregarsi
nervosamente i gomiti nel tentativo di stare seduta con le braccia incrociate.
"I più piccoli non dovrebbero restare qui," disse.
"Forse Silente ha ragione..."
"Sì, ma noi potremmo restare," le disse aggressivo Ron.
"Noi abbiamo affrontato molte cose alla loro età," disse
Harry. "Se fossi in loro non vorrei fuggire."
Il viso di Hermione crollò quando entrambi la guardarono. "E'
che continuo a pensare che non faremo i MAGO," ammise con un filo di voce.
"E' stupido, lo so, dopo tutto questo, ma... avrei voluto farli."
Alla fine Ron abbassò lo sguardo annuendo, ancora seduto contro il
muro, e Hermione guardò Harry con uno sguardo colpevole e si rannicchiò su di
lui. Harry osservò la sua testa contro il petto di Ron e si ritrovò a odiare
quel mondo in cui Hermione non poteva nemmeno fare i suoi MAGO.
Non sarebbe mai riuscito a dormire. Vibrava per l'indignazione.
Si puntellò su un gomito e si guardò intorno nella Sala Grande.
Ginny dormiva con la testa di Dean in grembo. Dennis Canon sembrava essersi
addormentato a forza di piangere. Lupin era stato tra i primi ad addormentarsi,
rannicchiato sul pavimento con l'aria di chi era abituato ad essere tanto
esausto da dormire ovunque. Sirius russava a pancia in su.
Mancavano Draco, Pansy, Zabini e, pensò Harry, un paio di
Serpeverde del sesto anno.
Sentì una scarica di paura e si toccò di scatto la tasca. Quando
aveva preso una maglia da usare sui pantaloni del pigiama, aveva afferrato
anche
Per quanto fosse irrazionale, non era ancora riuscito a perdonare
In quel momento gli tornò utile per assicurarsi che i Serpeverde
fossero ancora a Hogwarts e presumibilmente al sicuro, infatti erano scappati
per fare... qualcosa nell'aula di Antiche Rune. Harry era certo che non fossero
affari suoi.
Ebbe quasi un infarto quando si accorse che il nome di Draco non
era tra quelli nell'aula di Antiche Rune. Cercò istericamente sulla Mappa fino
a quando non vide il suo nome da solo nel corridoio con la strega orba.
Il corridoio con la strega orba, che portava a Hogsmeade. Cosa
stava facendo?
Harry lottò per uscire dal sacco a pelo che Silente aveva
procurato, imprecando. E se Draco avesse avuto un qualche piano
appassionatamente-studiato-per-essere-geniale tipo scappare e mettere su un
gruppo di guerriglia? E se avesse avuto in mente di vivere nel corridoio
segreto con una scorta di Burrobirra, steso in attesa che il nemico di Hogwarts
si facesse vivo?
Fu una grossa delusione scoprire che Draco non era affatto vicino
alla statua della strega orba: era seduto contro il muro e si teneva stretta
una bottiglia di tequila, col viso afflitto.
"Cosa diavolo ci fai qui?" chiese, fissando Draco irritato.
Si grattò il collo, sentendo la barbetta sotto le dita e desiderando di essere
a letto, in procinto di svegliarsi e trovare di nuovo Neville e Seamus e tutto
tornato alla normalità, con nient'altro ad attenderlo che un rasoio e una
colazione genuina.
Draco alzò le sopracciglia. "Veramente cercavo un po' di
privacy," disse in tono distaccato. "Beh, addio, bel sogno."
Fece un gesto con la bottiglia di tequila, che sembrava un po' troppo grande e
sul punto di scivolare dalla linea sottile della sua mano e del polso.
"Hai intenzione di sederti?"
Harry si sedette, esausto, si appoggiò al muro e stette attento a
non toccarlo minimamente. Non voleva in nessun modo disturbare la fragile
tregua che sembrava essersi instaurata, l'unica conseguenza positiva dell'attacco.
"Hai intenzione di berla tutta?"
"Perché?" indagò Draco. "Ne vuoi un po'?"
Harry stava per dirgli di non fare l'idiota. "Sì, ok,"
disse stancamente. Che male poteva fare? Cos'altro poteva succedere, quando
Hogwarts avrebbe chiuso e li avrebbero rispediti al mittente come dei bambini?
Draco ridacchiò piano e gli passò la bottiglia. Harry la inclinò e
vide il liquido ambrato scivolare contro il vetro mentre la alzava, poi se lo
sentì bruciare in bocca. Tossì un attimo e la ripassò a Draco.
"Dove l'hai presa?" chiese.
"Dalla scorta personale del professor Black," rispose
prontamente Draco. "Così impara a lasciare aperto l'armadietto dei liquori
con tanti giovani influenzabili in giro. Gli altri ne hanno un'altra. Dimmi,
cercherai di proteggermi quando verrà a uccidermi? Se arrivassimo a quel punto,
chi sceglieresti?"
Harry guardò il muro inebetito. "Cercherei di
separarvi."
"Come disse il pacifista quando gli chiesero cosa avrebbe
fatto se un soldato gli avesse stuprato la sorella," osservò Draco divertito.
Harry continuò a guardare il muro, cercando di non pensare a
Hogwarts che si era arresa. Era un baluardo contro Voldemort che non avrebbero
dovuto sacrificare, specie per per la volontà di un uomo solo. Era pronto ad
opporsi a Silente. Se solo avesse capito come fare.
Il panico e la rabbia lo assillavano da ore, e adesso si erano
fusi insieme generando un'energia pulsante proprio sotto la sua pelle. Voleva
combattere, voleva... qualcosa. Ce l'aveva con Silente, e col mondo.
Draco tossì, sorrise e si passò la bottiglia da una mano
all'altra, poi la inclinò e bevve ancora un po'. Harry guardò il movimento
lento della sua gola nel momento in cui deglutì.
Ce l'aveva anche con Draco, perché non era di aiuto. Non era di
aiuto sapere che si sarebbe sentito meglio se lui e Draco fossero stati uniti
sulla questione, se avesse potuto tendersi e premere la bocca contro la curva
delle sue labbra.
"Sono debole, ecco il problema," disse Draco come se
nulla fosse, come se stessero parlando da un sacco.
Harry si accigliò. "Come?"
"Sono debole," ripeté Draco, curvando la bocca
sgradevolmente. "L'ho sempre saputo. Posso fingere fino a un certo punto
di essere in grado di comportarmi come avrebbe voluto mio padre. Riesco ad
essere brillante in piccole cose che non fanno la differenza. Riesco a tenerli
uniti ma non a salvarli. Ho cercato di studiare una strategia, di convincerli
tutti, ma cosa ho ottenuto?"
La sua solita espressione di disprezzo era diretta dalla parte
opposta, visto che era così frustrato da offendersi da solo.
"Molti Serpeverde non sarebbero con noi se non ci fossi stato
tu," osservò Harry, abbastanza confuso da addolcire il tono.
"E che senso ha, ora che tutti verranno rispediti alle loro
famiglie?" Il suo viso era teso per l'ira, e Harry si elettrizzò appena,
come se fossero due corde di uno strumento musicale. "Questo posto mi serviva! E' stato tutto inutile. Non sono
affatto simile a te, Harry l'eroe..."
Sputò quella parola con l'antico odio, e i nervi irrequieti di
Harry scattarono.
"Non sono un eroe," sbottò. "Cosa mi hai visto
ottenere ultimamente?"
"Non hai paura," replicò Draco. "Ti ho visto, lì
dentro. Non hai paura, mantieni il controllo senza nemmeno provarci, perché sei
fatto così. Harry l'eroe, il prezioso, perfetto Potter..."
"Smettila,
Draco!" ringhiò Harry.
"Io non sono così. Mio padre l'ha sempre saputo. Tu lo avevi
capito, quella volta sul treno..."
"Avevamo undici anni..."
"Mio padre non aveva bisogno di consensi. Mio padre non aveva
bisogno di nessuno." Draco fissò furioso il muro, e fu solo la
consapevolezza di quella furia a trattenere Harry dal dire qualcosa di crudele
in merito a Lucius Malfoy.
Sapeva cosa significava desiderare un padre perfetto.
"Quanta tequila hai bevuto, Draco?" chiese.
"Decisamente troppa," disse Draco, agitando la bottiglia
con rigida convinzione. Harry gli si avvicinò e lo guardò negli occhi. Le
pupille erano dilatate, e l'anello intorno così sottile che non avrebbe potuto
distinguerne il colore, se non l'avesse già conosciuto.
Era proprio da Draco ostinarsi a sgattaiolare via e ubriacarsi
amaramente da solo, aggrappandosi gelosamente alla propria dignità.
"Beh... cosa vorresti dire?" chiese distrattamente,
tendendosi per cercare di rimuovere gentilmente le dita di Draco dalla
bottiglia.
Draco, con la stessa gentilezza ma con molta determinazione,
resistette al tentativo.
"Sto dicendo che ti comporti da idiota," annunciò.
"Non è che sia proprio niente di nuovo, allora," osservò
Harry.
"Ti comporti da idiota o peggio, e io cerco di essere forte
ma fallisco come al solito, e sono debole e ridicolo ma è inutile. Non devi
neanche... non voglio nemmeno che mi lasci provare." Draco continuava a
tenere gli occhi immobili sulla pietra, la voce instabile per la rabbia mentre
continuava: "L'imbarazzante verità è che io non... sto bene senza di
te."
L'espressione e la voce di Draco erano così piene di risentimento
che Harry impiegò un po' per comprendere ciò che stava dicendo.
"Oh," disse.
Draco sbuffò. "Te l'ho detto che sono debole. E ti informo
che probabilmente è la paura a farmi dire certe cose."
"O la tequila," gli ricordò Harry.
"Oh, non cercare di sollevarmi."
Harry si chiese se davvero Draco preferisse avere un problema con
l'alcool piuttosto che accettare di poter provare affetto per qualcuno, ma poi
si disse che era meglio smettere di porsi domande stupide.
Notò anche che Draco iniziava ad avere problemi di pronuncia.
Draco strizzò gli occhi. "E non pensare neanche per un minuto, Potter, che... che..."
"Cosa?" chiese Harry dopo una pausa.
Tornò a guardare Draco, e vide che si era appoggiato al muro. La
sua testa era piegata verso Harry, gli occhi chiusi e le labbra schiuse.
Harry lo cinse con un braccio per impedirgli di cadere di lato.
Sospirò, ma nessuno nel corridoio udì quel suono esasperato.
"Stupido bastardo," disse, commosso, rassicurato e
ancora scosso dall'ira accecante. "Neanche io sto bene senza di te."
*
Harry recuperò qualche ora di sonno contro il muro, quindi si alzò
di mattina presto per rimettere a posto la bottiglia di tequila. Sirius lo
beccò mentre scendeva le scale con passo felpato.
"Harry!" disse, prima di notare la bottiglia.
Harry seguì il suo sguardo. "Ehm," disse. "Posso
spiegare..."
"Figurati," gli disse Sirius. "E' stata una notte
difficile, ma Harry, bastava chiedere. Il mio armadietto dei liquori è tuo...
altrimenti a cosa servono i padrini?"
‘Non a questo' fu l'unica cosa che venne in mente a Harry. Lo
fissò, la bocca prima aperta poi chiusa, e Sirius lo esaminò critico.
"Devo dire," osservò soddisfatto, "che sembri molto
in forma per uno che ha bevuto così tanta tequila. Tale padre tale figlio,
davvero." Sbatté le ciglia. "Non che nessuno di noi abbia mai preso
parte a bevute di alcun genere, da minorenne. Non dire a Remus che te l'ho
detto."
"Ok," disse Harry incerto.
Sirius gli tolse la bottiglia dalle mani, ammiccando con fare
cospiratorio. "Sarà il nostro piccolo segreto."
Entrambi ripresero a camminare molto sollevati. Harry trovò gli
altri e illustrò loro il piano che gli era venuto in mente mentre fissava il
muro, poco prima.
"Voglio tutti i membri del Giovane Ordine rimasti, tutti
coloro che venivano alle riunioni nella stanza di Draco e chiunque altro possa
essere utile," disse a Hermione, che si svegliò e iniziò ad organizzarsi
nel tempo che Ron impiegò per russare e rotolare sul fianco. "Se dobbiamo
andarcene, ce ne andremo con tutte le informazioni che riusciremo a
condividere."
"Giusto," disse Hermione, energica. "Dove ci
vediamo?"
"Sempre nella stanza di Draco," rispose Harry. "Ora
che ci penso, sarebbe meglio andare ad avvisarlo."
Si alzò in piedi e tornò nel corridoio prima che Draco si
svegliasse. Quando lo scosse dalla spalla Draco cercò di sbattere le palpebre
ma trovò che erano incollate. Le obbligò ad aprirsi e formulò una pietosa
richiesta di morte.
"Non posso ucciderti, ho da fare," disse Harry.
"Faremo una riunione nella tua stanza. Muoviti."
"E non mi avete informato?"
domandò Draco. "Non sono nemmeno vestito
per l'occasione!"
"Visto, stai già meglio," disse Harry in tono
incoraggiante.
"Sto malissimo," lo informò Draco. "E rinnego
completamente qualsiasi cosa io abbia detto ieri notte. E' colpa dei crudeli
déi della tequila."
"Bene... quindi non ci parliamo..."
Draco lo zittì con un gesto. "E' tutto risolto,"
concesse. "Lascerò valere qualsiasi cosa io possa aver detto.
Sottolineando però che non ricordo nulla, e che non è successo davvero."
Harry si rassegnò al proprio destino. "Hai dei problemi,
Draco."
"Anche più di un manuale di Aritmanzia. E' questo il
punto?" Draco gli rivolse uno sguardo penetrante e imperioso.
"No," disse Harry. "Voglio che mi aiuti a portare
il mio Sognatoio nella tua stanza."
Draco ci pensò su. "Prima devo cambiarmi."
"Non passare secoli a pettinarti."
*
Il bacile di pietra non era esattamente leggero, ma non aveva
alcuna intenzione di portare dei ragazzi già spaventati nell'ufficio di
un'insegnante morta. Strinse i denti e spinse mentre Draco cercava di tirarlo.
Draco si era lamentato a lungo per convincerlo ad usare un Incantesimo
Levitante, ma Harry aveva paura che potesse fuoriuscire una parte di quel
prezioso materiale argenteo.
"Non sono proprio adatto a sgobbare," osservò Draco
quando lo ebbero portato nel corridoio. "Non potremmo andare a chiamare
Weasley? La sua lunga storia di antenati contadini potrebbe rivelarsi utile,
adesso."
"Non parlare di Ron, smidollato congenito," ribatté
Harry.
"E' il meglio che sai fare? Mi deludi," gli disse Draco.
"Sei sotto la mia esperta tutela da mesi, e credi che quella sia un'offesa
adeguata..."
Harry spinse il bacile con la spalla e quasi colse Draco di
sorpresa. Draco sogghignò e lo aiutò a trascinarlo.
"Senti chi parla," disse Harry sforzandosi. "Ogni
volta che ti arrabbi sul serio sembri un bambino di otto anni. Non mi parli,
fai il cattivo, e tua madre puzza di capra malata."
"Ora metti in discussione le mie risposte pronte,"
protestò Draco mentre trascinavano il Sognatoio nella sala comune Serpeverde,
deserta. Evitò intenzionalmente di guardarsi intorno, come rifiutandosi di
credere che presto avrebbe dovuto farlo per l'ultima volta. "Non mi
lascerai proprio niente?"
Una volta installato il sognatoio al centro della stanza di Draco,
Harry si lasciò andare contro il muro. Draco, spinto da una vanità
evidentemente più forte della stanchezza, andò allo specchio e controllò il
proprio riflesso.
"Pensavo che ci fossero cose più importanti dei
capelli," disse Harry.
Draco spazzolò alcune ciocche in modo da disporle in maniera più
artistica, e sbottonò strategicamente un bottone. "Probabilmente ce ne
sono," rispose, non del tutto convinto. "Ma non è questo il momento
di arrendersi. Siamo in piena crisi, e mi rifiuto di mostrare alla gente che
sto andando in pezzi per la troppa pressione."
Harry annuì, d'accordo con l'idea di fondo pur se non con i
preparativi eccessivi.
"Se non fossimo tutti in pericolo sarei rimasto arrabbiato
con te," continuò Draco.
Harry incrociò le braccia sul petto. "Ah sì?"
"Ehi Potter! Io sono la gomma, tu la colla, quello che dici
rimbalza su di me e si attacca su di te." Draco alzò le spalle.
"Chiaramente, sono un poderoso inferno d'ira."
La porta si aprì ed entrò Pansy, con un maglione di un rosa
stranamente acceso sul vestito nero.
"Sei anche il massimo della maturità, a quanto vedo,"
osservò lei.
"E' una battuta privata," disse Draco irritato.
"E' un insulto da asilo nido, Draco," gli disse Pansy, e
fece un gesto ampio che allarmò Harry e gli fece pensare a grossi uccelli
predatori. "Guarda! Eccolo lì. Harry Potter in persona nella tua stanza.
Non devi più ricorrere alle lettere d'odio."
Draco si appoggiò al guardaroba e parve mortalmente offeso.
"Le mie lettere d'odio erano opere geniali."
"Salve, qui non-Serpeverde," disse Harry. "Non so
cosa sia una lettera d'odio."
Draco lo fissò. "Le mie lettere," disse. "Alcune
anche lunghe, altre incredibilmente concise nella loro velenosità. In cui
illustravo nel dettaglio le mie opinioni sul tuo aspetto, comportamento, odore,
destino dopo la morte e progenie. Lettere di un odio espresso in modo geniale,
dai, Harry, come fai a non ricordarle?"
Era scandalizzato. Harry si arruffò i capelli e lo guardò confuso.
"E' proprio strano, Draco. Non credo di averle mai
ricevute."
Draco girò la testa e rivolse un'occhiata silenziosamente
accusatoria a Pansy.
Lei alzò le mani sulla difensiva. "Abbiamo dovuto farlo,
Draco. Eri pazzo, eri posseduto. Alcune di quelle lettere facevano davvero
paura, dovevamo pensare ai punti..."
Il tono di Draco era minaccioso. "Pansy, che cosa ne avete fatto?"
"Beh..." disse Pansy, con un filo di voce. "Beh,
noi... le buttavamo."
"Le mie lettere d'odio confezionate con tanta cura,"
disse Draco. "Le mie piccole opere d'arte. Per alcune impiegai delle ore.
Me la pagherai, cacciatrice di Tassorosso senza scrupoli."
Pansy sogghignò.
Harry si accigliò appena. "Mi odiavi così tanto?"
Draco rinunciò ad appoggiarsi al guardaroba, si avvicinò a lui e
gli diede una pacca sul braccio.
"Allora, Harry, allora," gli assicurò. "Da quando
sei saggiamente entrato sotto la mia supervisione hai guadagnato punti molto in
fretta. Adesso sei piuttosto tollerabile."
"Grazie," disse asciutto Harry. Scoccò a Draco uno
sguardo obliquo. "Se le avessi ricevute avrei risposto, lo sai." Ci
pensò un attimo. "Oddio, forse ti avrei versato in testa una
pozione."
Draco sospirò addolcito. "Mi piace sentirmi apprezzato."
Pansy, tirandosi le maniche vistose del maglione, anziché la gonna
estremamente corta del vestito, si avvicinò incerta al letto di Draco e vi si
buttò sopra.
"Vedo che andate di nuovo d'accordo," disse.
"Quando solo stanotte hai detto..."
"Smettila di vivere nel passato, donna," ordinò Draco.
Pansy alzò gli occhi al cielo. "Almeno le lettere d'odio
erano concrete. Bel bacile, comunque. Molto retrò."
A quel punto la porta si aprì di nuovo ed entrò Blaise Zabini,
tutto vestito di nero e ben più sofferente per i postumi della sbornia rispetto
agli altri due alcolizzati nella stanza.
Rivolse a Harry uno sguardo disgustato. "Oh no, ancora,"
disse vago, e andò a sedersi con Pansy sul letto. Una volta lì, occhieggiò il
Sognatoio. "Ne deduco che siamo tutti qui per dare un'occhiata a..."
Fu interrotto dall'entrata di Ron, più circospetto in quanto
preoccupato dall'eventualità che i germi Serpeverde banchettassero su di lui.
Si rilassò leggermente appena vide Harry.
"Hermione sta per arrivare con gli altri," disse.
"Vedo che qualcuno ha già..."
Fu allora che si guardò intorno e notò che le altre tre persone nella
stanza erano tutti Serpeverde, e inoltre si trattava di una stanza Serpeverde.
I suoi occhi si mossero da un lato all'altro, cercando esplicitamente Harry.
Serpeverde dappertutto! Qualcuno ci salvi, chiunque! Assediati,
sopraffatti, destinati al contagio!
Harry gli sorrise rassicurante.
L'espressione di Ron si fece addolorata. Povero, povero Harry, già contagiato. SI salvi chi
può!
"Oddio," disse Pansy. "Al genio con le lentiggini
mancano le competenze mentali per terminare le frasi."
"Non rompere, Parkinson," sbottò Ron, rivolgendole uno
sguardo misurato che indicava, con una certa carica di sentimento, cosa avrebbe
pensato la signora Weasley del suo vestito. "Proprio non capisco come faccia Zacharias."
Pansy si mise una mano sul maglione. "Oh, beh, Weasley,"
disse dolcemente, "quando una mamma e un papa si amano tanto, e non sono
costretti a dividere il letto con I porci come fanno alcuni poveracci..."
Harry e Ron la stavano guardando truci quando Hermione entrò,
accompagnata da una dozzina di persone. Ron si rallegrò per quell'apporto di
non-Serpeverde e Harry approfittò dell'occasione per rivolgere a Draco, che
aveva sogghignato, un'occhiata di rimprovero. Draco gli sorrise fingendo di
sentirsi in colpa.
Padma Patil aveva una mano sui fianchi e gli occhi stretti.
"Sono qui perché hanno preso mia sorella," disse gelida
a Draco. "Mi rifiuto assolutamente di collaborare con un gruppo sovversivo
partorito dalla tua mente. Continuo a non fidarmi di te."
Draco sollevò le sopracciglia.
"Sei bellissima quando sei sospettosa," le disse, con
spirito di pura malizia.
Padma sbuffò e Harry si sporse un pochino. "Stai cercando di
peggiorare le cose?"
"Sì," gli sussurrò Draco. "Ma è anche un istinto
naturale."
Dopo qualche minuto per sistemarsi, Hermione si alzò in piedi e si
rivolse a tutti.
"Questi sono i sogni che fa Harry quando gli brucia la
cicatrice," disse con voce seria. Qualcuno guardò automaticamente la
fronte di Harry, e Draco mosse appena la spalla per coprire la sua.
"Pensiamo che possano contenere delle prove... specie perché la
professoressa McGranitt è stata uccisa la notte in cui li ha visti. Forse era
giunta ad una conclusione che rendeva necessaria la sua morte, e se scoprissimo
qual'era saremmo più vicini all'identità della spia."
"Se è tanto importante," disse Zacharias Smith,
"perché non li abbiamo visti prima?"
"Perché il Ministero vieta l'esposizione dei pensieri in
pubblico," disse Harry. Draco guardò indignato Zacharias.
"Quindi stiamo infrangendo la legge...?" chiese Susan
Bones, ancora più spaventata ora che Hannah era stata presa.
Harry cercò di mettere insieme uno sguardo goffamente
rassicurante. "No, questa sarà un'esposizione privata dei miei pensieri.
E' come..." Cercò un'analogia che non fosse quella usata da Lupin,
terrorizzato dall'idea che qualcuno potesse guardarlo e accorgersi che stava
pensando al sesso. "Uhm. Beh, guardiamoli e basta..."
"Vediamo a quale conclusione giungiamo," aggiunse
Hermione, guardando Susan con un sorriso che Harry trovò molto più
rassicurante.
Zabini sbadigliò, annoiato. "Uno scavo speciale nella mente
di Potter. Sarà sicuramente elettrizzante."
"Dacci un taglio, Zabini," scattò Harry. "Non ho
tempo per te."
Si accorse che dopo quelle parole era calato il silenzio, così si
fece avanti e mise la bacchetta nel liquido argenteo. Tornò ad appoggiarsi al
muro accanto a Draco, e mantenne il viso attentamente impassibile.
Tutti si sporsero per guardare i suoi sogni.
Harry rimase stoico. Ricordava tutto. Draco, Ron, Hermione, il
sangue, le chimere, i grifoni, i basilischi e i libri. Nessuna sorpresa.
Draco con gli abiti di Snape si mosse attraverso il liquido
luccicante, spingendo Harry contro un muro. Harry sperò che non si accorgessero
del fatto che, nonostante il comportamento alquanto predatorio di Draco, lo
sguardo sul viso dell'Harry nel sogno non dava esattamente l'idea di sentirsi
minacciato.
"Beh, beh,"
disse Zabini, deliziato.
Harry strinse i denti e aspettò, vide comparire il sogno del lago
e il suo stomaco si attorcigliò per l'umiliazione.
Non era stato così quando l'aveva sognato, con Harry confuso e
bagnato nel lago, senza niente che facesse pensare che avesse addosso dei
vestiti.
"Guarda guarda,"
disse l'orribile, maledetto Zabini, mentre altri, tra cui Smith e Pansy,
curvavano le labbra in accordo.
Harry si preparò alla parte peggiore. Arrivarono Hermione e Ron, e
nel mondo reale lo guardarono preoccupati quanto lui. Hermione si era piegata
in avanti poco prima, nel punto in cui sfogliava dei libri con uno sguardo
concentrato, e Harry ripensò a quando la professoressa McGranitt aveva parlato
del libro che stava leggendo Hermione, ma non gli venne in mente nessun libro
in particolare, e Hermione non disse niente.
Quindi comparve Draco nell'acqua, e l'ondata di terrore nelle
orecchie di Harry gli rese impossibile ascoltare le sue parole.
"Qualcuno vada a prendere i popcorn," propose Zabini.
"E' molto meglio di quanto pensassi."
"Di chi ti fidi?" chiese Draco nel sogno, prima di
nuotare all'indietro.
La luce della luna splendeva sui muscoli bagnati del suo petto.
Harry era certo che Zabini fosse sul punto di fischiare.
"I sogni sono mischiati ad episodi di vita reale," disse
il Draco in carne e ossa, tremendamente diverso quando era asciutto,
vestitissimo e leggermente rosso. "Questa scena deve richiamarsi a quando
io e Harry siamo andati a nuotare al lago."
"Ma siete..." cominciò Pansy.
"Come dici, Pansy?" chiese Draco glaciale.
"Ehm, cioè, ci siete andati?" chiese Pansy.
"Sì," mentì tranquillamente Draco. "E ovviamente
avevamo entrambi dei costumi da bagno, Blaise, ti ho sentito."
"Peccato," disse sfacciatamente Zabini.
Quel momento imbarazzante passò. I flash di violenza dei sogni di
Harry, di quando Voldemort desiderava particolarmente uccidere, furono più
difficili da sostenere. Harry vide gli occhi di Susan riempirsi di lacrime, e
gli altri guardarlo come se nessuno, una volta avuti quei sogni, sarebbe potuto
restare normale. Forse avevano ragione.
Quando nel bacile iniziarono a comparire sogni più vecchi e
innocui, Draco si tese verso Harry e gli sussurrò in tono infastidito,
"Avresti potuto avvisarmi."
Harry cercò di non notare il colore rosa che intravide alla base
della gola di Draco, incorniciata dal colletto aperto della camicia, che
risaliva lungo il collo.
"E come avresti preferito che te lo dicessi?"
Si rifiutò di pensare a capelli bagnati simili a fili d'argento
offuscati e intrecciati sotto la luna, o a quanto era ingiusto il fatto che non
sapeva se i dettagli del corpo di Draco mostrati nel sogno fossero accurati o
meno. I membri delle squadre di Quidditch si facevano le docce, dopotutto, ed
era ovvio che cercassero di risparmiare acqua facendosele insieme. Era
palesemente ingiusto sapere di poter disegnare correttamente l'anatomia di Fred
e George (oh, brutto, brutto pensiero) e rimanere incerto sulla curva esatta
della coscia nuda di Draco.
Harry si sentì sollevato quando i sogni finirono, e dovette
concentrarsi completamente. Era una guerra, e non c'era altra scelta.
Finalmente Hermione parlò, sporgendosi oltre le proprie ginocchia,
in una posizione che ricordò a Harry un punto interrogativo.
"Quel libro che ho pescato dal mucchio," disse.
Harry ricordava che aveva preso un libro nel sogno, ma sapeva solo
che non era ‘Uomini Che Amano Troppo I
Draghi'.
"Sì?" chiese teso, e tutti si sporsero verso Hermione
quando aggiunse, "Anche la professoressa l'aveva notato."
"Si chiama ‘Le Più
Antiche Forme Di Magia'," disse Hermione con voce decisa.
"Lo lessi il primo anno. Ti ricordi che mostrai a voi due i passaggi su
Nicolas Flamel e
Il ricordo calò su Harry, la familiarità di quel tomo enorme e
vecchio tra le piccole mani di Hermione. Doveva aver preso anche quello dalla
vita reale, ma perché la professoressa McGranitt ci si era soffermata?
"La spia ha
"No, non può averla. E' stata distrutta," disse Harry
mantenendosi sul vago.
"Quel libro è pieno di magia antica," disse Hermione,
corrugando la fronte. "Potrei rileggerlo."
"Quante copie ci sono in biblioteca?" domandò Draco.
"Che fantastico indizio. Giochiamo tutti quanti ai piccoli
detective," propose secco Zabini.
"Hai qualche grande teoria? No? Allora cuciti la bocca,
Zabini," ordinò Harry.
Zabini si calmò, ma lo scatto di Harry mise fine all'accavallarsi
di suggerimenti. Tutti avevano l'aria di essere assorti, ma la paura e
l'infelicità lottavano per prevalere sulla maggior parte dei volti.
"Che importa? Tanto Hogwarts è finita," disse Michael
Corner.
Harry si girò verso di lui. "E la spia potrebbe essere
mandata via con un gruppo di innocenti," ringhiò.
"Certo che no," disse Padma Patil con occhi freddi.
"Probabilmente la spia è molto legata a Voi-Sapete-Chi, e questo significa
che appartiene ad una delle antiche famiglie purosangue. Sarà mandato a casa
anche lui, e tanto meglio per noi."
Tutti seguirono lo sguardo di Draco, che sogghignò sarcastico.
"Bene!" esclamò Harry. "Analizziamo la prova. Oh,
non ce l'hai? Beh, è una fortuna, no," disse con sarcasmo violento,
"che una spia non sia mai giunta da un posto inaspettato? Sono molto
contento di vedere che faresti rischiare ad altri di fare la fine di tua
sorella sulla base di un istinto casuale."
Padma si arrese. Dopo che Sirius era diventato professore, tutti
avevano saputo di Peter Minus. Ebbe il buonsenso di cambiare tattica.
"E i tuoi sogni, allora?" incalzò. "Hai detto che
c'erano degli indizi. C'era solo Malfoy! Vorresti farmi credere che la professoressa
McGranitt non ha commentato questo particolare?"
Harry esitò.
"L'ha fatto?" chiese senza fiato Ron, parzialmente
convinto.
"Forse è per il suo fascino. Non ci ha pensato nessuno?"
chiese Zabini pigramente, ma con un tocco di aggressività.
"Forse è davvero
Malfoy," disse Hermione, e Harry la guardò inorridito.
Se pensava che fosse quello il modo giusto per attenuare la
tensione, evidentemente le aveva attribuito più intelligenza di quanta ne
possedeva in realtà.
"Forse sì, ma non possiamo esserne certi. Dobbiamo analizzare
i sogni da ogni prospettiva e raccogliere il maggior numero di sospetti
possibile, altrimenti rischieremmo di lasciare che la spia scivoli fuori dalla
rete. Dobbiamo memorizzare i sogni e guardare i componenti dei nostri gruppi tenendoli
a mente, per sicurezza. Incolpare un'unica persona è controproducente, a questo
punto," disse Hermione, finendo col rivolgere a Padma un'occhiata di
biasimo.
Terry Boot sembrava soddisfatto.
"Ho sempre detto che quella ragazza dovrebbe essere una Corvonero,"
mormorò con approvazione a Michael Corner, e sorrise calorosamente verso Draco.
Se i Corvonero erano tanto intelligenti, quello stupido Caposcuola
avrebbe potuto pensare a come difendere Draco lui stesso. Inoltre, il sorriso
grato che Draco stava rivolgendo al suddetto Corvonero sarebbe potuto essere
dedicato ben più appropriatamente a Grifondoro più utili.
"Beh, li abbiamo visti," disse Ron pragmatico. "Se
a qualcuno viene in mente qualcos'altro, che ce lo dica. Per ora dobbiamo
prepararci... Silente ha detto che oggi andremo a Hogsmeade per l'ultima volta.
Chiunque abbia bisogno di oggetti magici ne approfitti oggi o mai più."
Ci fu una corsa generale verso la porta.
"Presto," disse Draco a Pansy. "Dove sono i più
piccoli? Devono fare una lista di ciò che gli serve."
Harry stava prendendo la pergamena per Draco dalla scrivania, e
quando alzò gli occhi vide che Pansy era andata a parlare con i più piccoli,
mentre lui, Draco e Zabini erano rimasti da soli nella stanza. Draco era seduto
sulla sua poltrona e Zabini stava chino su di lui.
"Beh, io vado," disse Zabini." "Ci vediamo
dopo."
"Ci vediamo in giro," gli disse Draco, e Zabini si chinò
su di lui. Draco alzò il viso verso il suo, senza alcuna espressione.
Le loro labbra si toccarono in un bacio morbido, svogliato e molto
definito. Harry restò a fissarli.
Zabini uscì dalla stanza.
"Che cosa..." cominciò Harry, e si accorse che la sua
voce aveva tremato. "Niente. Me ne vado."
"Harry, aspetta," disse Draco. Quando Harry si voltò lo
vide stanco, e si sentì furioso e in colpa.
"Lo so che non ho alcun diritto," disse Harry.
"Io... devo andare."
Draco parlò con voce tagliente. "Non ho dormito con lui,
Harry!"
Harry si appoggiò alla cornice della porta. Studiò le proprie dita
strette su quella, e vide le nocche diventare meno bianche. "Oh."
"Non per te," continuò Draco, con voce intenzionalmente
sgradevole. "Per lui. Io non uso i miei amici. Non uso chi rispetto."
Perché dovresti aver bisogno di usare qualcuno, Draco? Draco era andato a letto
con lui altre volte. Cosa era cambiato la notte precedente?
Harry aveva una domanda più incalzante. "Allora perché...?" disse, e
fece un gesto rassegnato.
Draco curvò il labbro. "Abbiamo fatto... delle cose,"
disse, ed era assurdo come una parola innocente e generica facesse ringhiare la
gelosia nella mente di Harry. Draco alzò le spalle. "Almeno quello glielo
dovevo oggi, se voleva."
E già, povero Zabini,
pensò Harry. Certamente martirizzato da
tutto quel baciare Draco.
"Ci parliamo ancora?" chiese Draco con cautela.
Non era tenuto nemmeno a offrirgli quella minima giustificazione.
Harry non aveva assolutamente alcun diritto. E Draco non aveva dormito col
bastardo.
Harry lasciò che l'angolo della sua bocca si curvasse all'insù.
"Sì."
*
Harry ripensò a ciò che aveva detto Draco, e disse ai Grifondoro
del primo e del secondo anno che gli avrebbe comprato qualsiasi cosa volessero
da Hogsmeade. Solo non si aspettava che volessero così tanto.
Lesse la lista scettico. Era certo che alcuni di quei ragazzini
erano Tassorosso e Corvonero che si erano intrufolati approfittando
dell'affare. Era pronto a scommettere che nessuno ci avrebbe provato con Draco.
Certo, forse il motivo era che Draco aveva l'abitudine di
riferirsi agli studenti più giovani che non facevano parte della sua casa come
a larve insignificanti.
"E' perché tu sei il grande eroe," disse Ron, triste e
appena un po' risentito dopo tutto quel tempo. Sembrava quasi geloso della
stupida lunga lista di Harry. "A me nessuno ha chiesto di prendergli
niente. Sarei stato in grado di comprare un po' di dolci, sai?"
"Ma certo," disse Harry. "Sai cosa ti dico, puoi
aiutarmi con la lista."
"No, amico, sbrigatela da solo," disse Ron. "In
realtà non mi va molto di comprare dolci a quei nanetti. Ma sei stato gentile a
chiedermelo."
Harry spintonò un po' la calca in fermento, certo che avrebbero
fatto cadere le sue liste. Non aveva mai visto nessuno, tra coloro che avevano
il permesso, così ansioso di correre a Hogsmeade, come se potessero comprare
dei rimedi alla situazione.
Finì quasi per spingere Pansy, e si fermò appena in tempo.
Lei restò davanti a lui a sorridergli maliziosa, e per un momento
ne fu terrorizzato.
"Ciao Harry," disse con voce melliflua.
Harry fece un passo indietro strategicamente.
Pansy roteò gli occhi. "Oh, non preoccuparti per quello,
Potter," disse con voce annoiata. "Ti assicuro che non tutti muoiono
dalla voglia di avventurarsi nei tuoi eroici pantaloni. Non mi sono mai
piaciuti gli uomini con gli occhiali, personalmente. E' solo... insomma, si
direbbe che siamo amici, no?"
"Io vi definirei nemici giurati per lealtà alla propria
casa," si intromise Ron.
Pansy lo guardò cupa e rivolse di nuovo il suo sguardo vittorioso
a Harry.
Lui si mosse un po', a disagio. "Beh, sì, siamo amici."
"Direi più conoscenti che si sopportano a vicenda, a dire il
vero," lo informò, "ma speravo che tu lo pensassi. Perché mi serve un
favore da te."
"Dimenticatelo!" disse Ron aggressivo. "Non puoi
convincerlo con l'inganno a..."
"Cosa vuoi che faccia, Pansy?" chiese Harry.
Ron lo guardò triste, come se avesse rinunciato alla battaglia.
Pansy lo guardò da sotto le ciglia, e le sbatté.
"Ti vorrò bene per sempre," gli promise intrigante.
"Molto gentile," disse Harry. "Che cosa vuoi?"
"Della cioccolata," rispose in fretta Pansy.
"Ascolta, il professor Lupin mi ha beccata con una bottiglia di tequila a
cui ho fatto il favore di svuotarla e... per qualche ragione ha pensato che me
ne fossi già procurata un'altra, Draco dice che ha troppe cose sulla lista per
comprarmi la cioccolata, e ho tentato di spiegare a Madama Chips che è una
necessità medica ma non mi dà retta!"
Harry fece una smorfia colpevole. "Mi dispiace, Pansy. L'ho
già promesso a troppo persone."
Pansy fece un lamento ferito e alcuni si girarono per controllare
chi l'avesse accoltellata al cuore. Lei si aggrappò al suo braccio e lo guardò
negli occhi con aria tragica.
Harry capì che la ragione per cui molti Serpeverde diventavano dei
cattivi da melodramma era che facevano parte della casa delle regine del
dramma.
"Harry! Pensavo che ti piacesse
salvare la gente dalle situazioni dure e potenzialmente fatali!"
"A-ehm," fece Ron.
"Non senti il tuo cuore che ti ordina di salvare una
damigella in... insomma, peldicarota, hai un insetto in gola o cosa?"
Ron smise di tossire piano.
"Stavo solo osservando," commentò molto altezzosamente,
"che anch'io, come un'altra persona in questa conversazione ma a
differenza di un'altra, sto andando a Hogsmeade."
Pansy gli concesse un sorriso raggiante.
"Ah sì?" disse. "Beh, peldicarota, se mi fai questo
favore, io... io cercherò di apprezzarti per... circa una settimana."
Ron la squadrò. "Come prego? Non credo sia giusto."
Pansy lo fissò. "Vuoi dei soldi..."
"No!" tuonò Ron. "Sto solo dicendo che a Harry hai
offerto molto di più che a me. Il che è tipico, la storia della mia vita,
grazie mille, e poi cerchi anche di insultarmi..."
"Forse per la prima volta nella mia vita, non stavo..."
"Offrendomi dei soldi..."
"Piccolo mostro
insicuro..."
Harry guardava prima uno e poi l'altra, sentendosi come ad una
partita di tennis con i giocatori che si rilanciavano la palla a velocità
folle.
Pansy si fermò e si mise una mano sul fianco.
"Ah," disse. "Ho capito cosa vuoi."
Ron si addolcì. "Meno male. Un trattamento equo, ecco cosa..."
"Mi offro volontaria per fare sesso con te," dichiarò
Pansy, e poi fece una smorfia. "Parzialmente volontaria."
Harry sobbalzò e Ron fece un lodevole sforzo di volare senza la
scopa. Strinse impaurito il braccio di Harry, come se potesse proteggerlo, e si
guardò intorno agitato in cerca di Hermione.
"Voi Serpeverde siete disgustosi," sibilò Ron, dopo
essersi assicurato che nessuna fidanzata stesse per avventarsi su di lui
assetata di vendetta.
Ron era rosso acceso fino alla radice dei capelli. Pansy sogghignava.
"Penso di averti fatto un'offerta molto generosa,"
osservò, poi sospirò drammaticamente. "E va bene, Weasley. Se mi compri la
cioccolata, ti vorrò bene... tra qualche anno."
"Tra qualche anno?" le fece eco Ron.
Lei alzò le spalle. "Sento che avrò bisogno di tempo."
"Tra qualche anno," la informò Ron, "spero che
vivrò felicemente in un mondo privo di Serpeverde e che - mi spiace dirlo - le donne scarlatte come te vivranno
dall'altra parte dell'oceano."
"Sì, sì, va bene," sbottò Pansy, "ma se mi compri
la cioccolata ti vorrò tanto bene dall'altra parte dell'oceano. Per favore,
Weasley, ti prego!"
La sua voce cominciava a stridere paurosamente.
"E va bene, allora," mormorò Ron, e Pansy tirò fuori un
rotolo di pergamena dalla camicia e gliela passò.
Poi si girò e se ne andò senza ringraziare, richiamando con voce
roca un Zacharias Smith che guardava con molto interesse la sua camicia un po'
sbottonata.
Ron si stava già guardando intorno per cercare di far capire a
tutti che anche lui aveva una lista molto importante, una lista che gli era
stata data da qualcuno che aveva bisogno di Ron Weasley. Abbassò la voce e si
rivolse a Harry in tono agitato.
"Sto stringendo una pergamena che teneva sulle te... sul
petto!" Arrossì violentemente e fece un gesto ampio. "Pergamena sul
petto! Cioè, non posso crederci, i Serpeverde sono un disonore, vero Harry?
Nessuno trova preoccupante che un quarto della nostra scuola sia sprofondato
nel male più oscuro e... e nella depravazione sessuale?"
Harry cercò di non pensare che per lui il problema era che i
Serpeverde non fossero ancora più
depravati sessualmente.
"Io mi preoccuperei di più della reazione di Hermione al
fatto che compri cioccolata per un'altra ragazza," disse con calma.
Lui, Ron e Hermione passarono ore a racimolare da Hogsmeade ciò
che serviva ai più giovani e a loro stessi. Hermione cercò disperatamente di
comprare l'intera libreria, reggendo i volumi come se non avrebbe mai più visto
un libro magico. Harry passò un tempo eccessivamente lungo nel negozio di
dolci, cercando di trovare le chicche per ogni persona sulla lista mentre il
negozio si svuotava a velocità allarmante.
Quando vide Draco per strada entrare nella libreria che Hermione
aveva appena saccheggiato, si accorse che i dolci sarebbero finiti molto prima
che arrivasse. Sperò che Draco non fosse divorato da piccoli Serpeverde in
delirio goloso.
Non vide più Draco fino a quando non tornarono a scuola e non
furono assaliti dalla folla. Draco sorrise a Pansy, che lo guardò contrariata e
lo spinse via.
"Chi ti vuole?" chiese. "Dov'è Ron Weasley?"
Draco si mise teatralmente il dorso della mano sulla fronte mentre
Harry lo raggiungeva.
"Respinto per un Weasley," disse. "Mi sento male
per lo shock. Sii buono, reggimi fino a che non trovo un divano su cui
svenire."
Piccole creature si gettarono sull'involto di dolci tra le braccia
di Harry con versi affamati. Dedusse che erano studenti e che gli elfi
domestici non avevano scelto quel momento per la ribellione di massa a cui
Hermione continuava imperterrita a spingerli.
"E ho anche finito i miei sali," replicò Harry,
sogghignando. "Uhm. Ehi, ti ho preso qualcosa."
Draco piegò la testa all'indietro, sorpreso, quindi rivolse a
Harry quel sorriso luminoso e graduale che usava tanto di rado.
"Sì?"
"Sì," disse Harry. "Uhm, ce l'ho in tasca..."
"Harry Potter, è una battuta?" Draco era distintamente
divertito, e Harry si sentì arrossire.
"No," rispose, spostando i sacchetti su un braccio e
frugando nella tasca posteriore dei jeans.
Estrasse l'ultima manciata di lecca-lecca al sangue (evidentemente
i più giovani erano proprio disperati) e li porse a Draco. Draco li guardò per
un attimo, tendendo il sorriso quasi in una risata, e li prese.
Stava ancora guardando Harry da sotto le ciglia quando se li mise
tutti in tasca tranne uno, e scartò distrattamente il lecca-lecca rimasto.
Harry lo guardò farsi scivolare la caramella rossa e lucida tra le labbra e
curvarvi la lingua intorno. Draco gli strizzò amichevolmente l'occhio.
"Chi dice che non sei un eroe, Harry?" chiese.
"Grazie."
Si allontanò per distribuire altre provviste ai piccoli
Serpeverde.
I lecca-lecca erano degli oggetti sporchi e perversi, e andavano
vietati. Erano indecenti. Non era giusto.
Tornò nella torre di Grifondoro per trovare Hermione carponi e
quasi in lacrime davanti al camino, mentre cercava di far entrare quanti più
libri possibile nella sua valigia. Le dette una pacca sulla schiena e le
garantì che lui e Ron sarebbero stati felici di portare quelli in eccesso.
Hermione gli sorrise debolmente e fortunatamente si trattenne da
una di quelle brevi e intense crisi di pianto che coglievano sempre di sorpresa
lui e Ron e li terrorizzavano.
La cinse con un braccio mentre lei sospirava e lisciava le
copertine dei libri, e gli venne in mente che erano così presi dalla partenza
imminente che nessun aveva protestato dalla notte prima.
*
Harry si precipitò all'ufficio di Silente appena poté lasciare
Hermione. Rimase un po' davanti alla faccia stupida del batacchio finché non si
ricordò la parola d'ordine corrente.
"Lecca-lecca al lime," disse. All'improvviso andavano
tutti pazzi per i lecca-lecca.
Entrò con impeto nell'ufficio di Silente e Silente alzò gli occhi
dalla scrivania con aria vagamente interrogativa.
"Harry," disse. "Che piacevole sorpresa. Tuttavia,
come puoi immaginare, sono piuttosto indaffarato..."
"Non dovrebbe farlo," scoppiò Harry. "Le loro
famiglie non possono proteggerli in nessun modo. Dovremmo provare
qualcos'altro, dovremmo mettere degli incantesimi protettivi nella Sala
Grande..."
Silente gli rivolse un rapido sguardo da dietro gli occhiali a
mezzaluna.
"Abbiamo sparso incantesimi nella scuola senza alcun
effetto," disse gentilmente e ragionevolmente. "Molti studenti
avevano così tanta paura che non riuscivano a dormire: non è servito a niente.
Voldemort sembra mirare a voi ragazzi, e mi preme allontanarvi dalla linea di
fuoco."
Harry sbatté le mani sulla scrivania.
"Io voglio stare sulla linea di fuoco!" urlò.
"Questa è la mia battaglia!"
"No, Harry, non lo è." Harry non aveva mai visto Silente
così solenne. "Non hai ancora lasciato la scuola, perciò sei sotto la mia
giurisdizione. Non intendo vederti ferito. Come potresti anche solo pensare di
combattere in questa guerra?"
"Io... non lo so," balbettò Harry. "In qualche
modo. Voglio fare qualcosa. In ogni caso se ce ne andiamo non farò mai i MAGO e
non lascerò la scuola ufficialmente, quindi sono un adulto. Posso lasciare la
scuola adesso e unirmi all'Ordine della Fenice, voglio..."
L'ufficio circolare, la grande scrivania sontuosa, tutti i libri,
gli strumenti, il Cappello Parlante e la fenice splendente, tutto vorticò
davanti agli occhi di Harry in un turbine di rabbia. Silente avrebbe dovuto
aiutarlo.
"Hai appena detto," disse gentilmente Silente, "che
non hai idea di cosa fare. Dico bene?"
Harry si alzò in piedi, tremante d'ira. "Sì," disse,
sentendo il peso della speranzosa aspettativa priva di basi di Silente, che
magari aveva pensato che avesse una risposta.
Silente sospirò, stanco e provato. "Lascia che ti protegga al
meglio della mia abilità fino ai tuoi ultimi giorni di scuola. Manca poco più
di un mese, poi potrai fare domanda per entrare nei programmi di allenamento
estivo degli Auror. Là sarai al sicuro perché sarete in tanti, e non voglio
affrontare l'eventualità di perdere altri studenti."
L'idea di essere costretto all'inattività per qualsivoglia periodo
di tempo lo divorava, ma l'idea di Silente non era male. In quel caso avrebbe
potuto combattere presto, e Silente era sempre stato buono con lui. Poteva
chiedergli una cosa tanto piccola.
"Ovviamente tu, Ron e Hermione siete considerati
particolarmente in pericolo," proseguì Silente, i cui occhi penetranti
notarono l'esitazione di Harry. "Sarete posti sotto la tutela speciale di
due professori nei quali ripongo piena fiducia: il professor Lupin e il
professor Black. Inoltre adotterete la precauzione di viaggiare e comportarvi
come semplici Babbani. Penso di poterti garantire l'assoluta sicurezza per il
prossimo mese."
Harry esitò ancora. Non gli andava di essere assolutamente sicuro
se non lo erano anche gli altri, ma la sicurezza di Ron ed Hermione era
un'offerta allettante. Il pensiero che uno di loro venisse rapito lo faceva
stare malissimo.
"Sono in pericolo perché sono miei amici," dichiarò in
tono piatto. "C'è un'altra persona..."
"Il giovane Draco Malfoy," disse prontamente Silente,
con un flebile tentativo di ammiccargli. "Sono certo che potremmo
organizzare la sua inclusione."
"Ecco," disse Harry.
"Ti ringrazio per la cooperazione, Harry. Mi hai tolto un
peso dalla mente." Si toccò la fronte mentre parlava, e Harry pensò che
doveva avere davvero molti fardelli sulla schiena, se quella era la sua aria
sollevata.
Rimase un altro momento davanti alla scrivania di Silente, e prese
la sua decisione.
"Va bene," disse a denti stretti. "Ma continuo a
credere che dovremmo lasciare Hogwarts aperta, e combattere adesso. Presto o
tardi le dimostrerò di cosa sono capace. Lo farò."
Silente prese la piuma per scrivere quella che sembrava una
lettera aperta a tutti i genitori dei ragazzi che stavano per essere mandati a
casa.
"Harry," disse sinceramente, "lo spero."
Harry tornò alla sala comune Grifondoro e cominciò a fare le
valigie insieme a Hermione, quando la porta fu quasi buttata giù nonostante le
vigorose proteste della Signora Grassa.
Draco era sulla soglia, il viso gelido di rabbia.
"Figlio di puttana," disse. "Vieni subito a parlare
con me. O ti spezzo il collo proprio qui."
*
"Non capisco perché sei così incazzato," disse Harry,
seguendo Draco nell'aula di Pozioni.
Draco si sbatté la porta alle spalle con un suono apocalittico e
si voltò per affrontare Harry. Il suo viso era una maschera d'ira contratta.
"Non lo capisci," ripeté. "Bene, allora lascia che
ti rinfreschi la memoria. Hai chiesto tu a Silente di separarmi dai Serpeverde,
da tutto ciò che ho lavorato per mantenere unito nell'arco di due anni? L'hai
fatto?"
Harry capì e cercò di non perdere la calma, dato che il nervosismo
nuotava già troppo vicino alla superficie.
"Sì," disse. "L'ho fatto."
Draco sembrava intenzionato a colpirlo. "Vivere come Babbani?
Senza alcun modo di comunicare con loro o di offrirgli un rifugio?"
Forse Harry non ci aveva pensato proprio a fondo.
"Sì, ma ascolta, Draco, prima o poi avresti comunque dovuto
fidarti di loro. Puoi chiedere a tua madre di ospitarli a casa tua, di certo
accetterà, e tu devi capire. Sei in pericolo perché sei uno dei miei migliori
amici. Devi essere..."
"Lo so!" sputò Draco. "Sono un Serpeverde. Ho già
analizzato ogni rischio da solo. Non ho acconsentito ad essere portato via dai
Serpeverde quando hanno più bisogno di un leader. Quindi ora tu vai da Silente,
dato che non vuole ascoltarmi, vai da lui e gli dici che posso andare a
casa..."
Le intenzioni di Draco erano buone. Quello, e il lieve tremolio
nella sua voce durante la sua richiesta aggressiva, fecero desiderare a Harry
di accontentarlo. Di mettere a posto le cose e assicurare a Draco che era stato
un errore dovuto alla preoccupazione.
Ma erano in guerra.
"Se persino adesso devono stare costantemente sotto i tuoi
occhi, vuol dire che non si può contare su di loro! E' meglio saperlo
adesso," gli disse. "Come credi che mi sentirei se dovessero
prenderti per colpa mia e io non avessi fatto niente per cercare di
impedirlo?"
Draco fece un passo avanti, scattando come se stesse per colpirlo,
ma si fermò e si controllò con uno sforzo evidente.
"Harry l'eroe," ringhiò. "Anche gli altri hanno
delle responsabilità, sai? Non ci siete solo tu e l'esercito della luce che sei
stato scelto per guidare e proteggere, anch'io ho delle responsabilità, me le
sono prese, come osi intrometterti con questa strafottenza e cercare di
portarmele via!"
I sotterranei erano sempre freddi e bui, ma di notte lo erano
ancora di più. L'unica cosa che Harry distingueva era la pallida luce della
luna che entrava da una delle finestrelle, e Draco era quasi simile a un
fantasma in quella luce. Harry rabbrividì per il freddo e incrociò lo sguardo
gelido di Draco.
"Mi dispiace vederti infuriato, Draco," disse con la
voce più decisa e stabile che gli riuscì. "Per caso ti è venuto in mente
che sei un bersaglio, e che se insisti a rimanere con i Serpeverde renderai dei
bersagli anche loro? Non puoi tenere lontani i più piccoli dai loro genitori,
mentre così offrirai ai più grandi una possibilità e un posto dove stare. Ed è
davvero l'unica cosa che puoi offrirgli, e il modo migliore per proteggere te
stesso e gli altri è quello che ho scelto io!"
Draco era livido di rabbia, quasi vibrante d'ira.
"Non posso lasciarli. Ci ho messo tutto me stesso, non
posso..."
"La scorsa notte hai detto che era tutto inutile," lo
interruppe Harry con aggressività. "So quanto era importante per te, ma
Hogwarts chiuderà. La scorsa notte hai detto..."
Le mani di Draco erano strette in pugni.
"Credevo che avessimo stabilito di dimenticare ogni cosa
della scorsa notte," disse con voce sottile e fredda.
Harry lo fissò, comprendendo lentamente, e sentì l'ira sgorgare
lenta e bollente per il modo in cui lo stava manipolando.
"Non ho mai acconsentito a una cosa del genere,"
replicò. "Lo so che niente sta andando nel modo in cui avevi sperato,
Draco, e so che hai paura..."
"Non ho paura!"
"Non posso chiedere a Silente di cambiare le cose quando penso
di aver preso la decisione giusta. E non m'importa se non mi credi, non rinnego
niente di ciò che ho detto ieri notte!"
Draco si muoveva irrequieto, gli occhi lucidi come quelli di un
animale in fuga e terrorizzato che stesse per azzannargli la gola.
"Ti giuro che se non la pianti..."
A quel punto Harry aveva sentito troppe minacce da Draco. Era così
stanco di tutto il potere che aveva su di lui, il potere di arrabbiarsi con
lui, di rimuovere la sua presenza e la sua amicizia. Non aveva intenzione di subire
minacce per aver detto la verità.
"Cosa farai, Draco?" chiese furioso. "Cosa puoi
fare, se voglio dire..."
Draco scattò in avanti, gli prese il viso tra le mani e lo baciò
forte.
In realtà Harry non aveva mai baciato un ragazzo, se si escludeva
il casto bacio a Draco tempo prima. Era violentemente diverso dal baciare una
ragazza, con i denti di Draco che premevano forte sul suo labbro, e senza la
morbidezza dei seni e dei fianchi tra loro. Draco era lì, con le costole spinte
contro quelle di Harry e nient'altro che strati sottili di tessuto e pelle a
dividerli. Harry era infuriato e agitato, e gli sembrava di poter sentire il
rombo del sangue di Draco contro l'impeto del proprio.
Draco tirò via la bocca ma non il corpo, e restò attaccato a Harry
con i denti simili ad un sussurro di potenziale dolore a un millimetro dal
labbro inferiore di Harry.
"E' diverso, vero?" disse Draco a bassa voce. "E'
strano, ti fa sentire un po' a disagio, non sai che fare..."
"Sì," ammise Harry, spingendo più forte il fiato che gli
solleticava la gola verso quello di Draco.
Draco emise un risolino di gola e fece un passo indietro.
"Te l'avevo detto," continuò, aspro. "Avevi questa
ridicola cottarella, ora ti sei accorto che era una fantasia inopportuna e che
ti sbagliavi completamente, e..."
Harry lo afferrò e lo sbatté contro il muro più vicino. Lo
immobilizzò col peso del proprio corpo, conscio della pietra fredda e della
barriera sottile fornita dalla carne e dalle ossa di Draco. Draco gli stava
troppo addosso, troppo vicino, strano e pericoloso.
Piegò la mano attorno alla nuca di Draco.
"Non ti ho detto di fermarti," gli disse bruscamente, e
spinse di nuovo la bocca sulla sua.
La bocca di Draco si aprì per lui, calda e umida. Fu un bacio
vizioso e insaziabile con lingue e denti, morsi e carezze con la lingua, con
Harry che cercava di spingere più forte contro Draco e Draco che cercava di
inarcarsi, le ossa delle spalle e dei fianchi schiacciate le une contro le
altre troppo forte, e tuttavia non abbastanza. Harry emise un verso incoerente
che gli bruciò la gola e aprì di più la bocca, adorando la sensazione dei denti
che sfregavano il bordo del labbro di Draco, cercando contemporaneamente di
assimilare i piccoli versi avidi che stava facendo.
Harry sentì un barattolo rompersi per uno di quegli scoppi
incontrollabili di magia che non si erano più verificati da quando era bambino.
Si separarono per un confuso istante e Draco gli rivolse uno sguardo fulmineo
di paura mista a sorpresa. I suoi capelli candidi brillavano coperti da
pagliuzze di vetro.
"Dio, Harry," disse, ma il suo respiro era una calda
presenza sulla guancia di Harry, le palpebre pesanti per il desiderio e le
labbra rosse e umide, e Harry non si sarebbe fermato adesso.
Draco vide il suo sguardo determinato, o almeno doveva averlo
visto, perché le palpebre gli si abbassarono ancora di più. I suoi occhi
parvero neri sotto le ciocche argentee quando si sporse e tolse gli occhiali a
Harry, gettandoli su un banco qualsiasi con un tintinnio.
Harry aveva entrambe le mani nella camicia di Draco e gli spingeva
entrambi i pugni sul petto, e da così vicino gli occhiali non facevano alcuna
differenza. Vide la curva tremolante del labbro inferiore di Draco con perfetta
chiarezza.
Lo baciò di nuovo, e senza occhiali fu ancora meglio, un altro
bacio osceno ed esigente con le ciglia che sfioravano quelle di Draco, le
guance che scivolavano l'una sull'altra mentre le loro bocche continuavano ad
aprirsi bollenti. Fece scivolare una mano sulla schiena di Draco, fregandosene
della pietra ruvida che lo graffiava, impaziente di sentire i muscoli della sua
schiena muoversi fluidi sotto il suo palmo, l'unica ostruzione quella del
sottile strato di tessuto che già aderiva alla schiena di Draco.
Riuscì a sentire lo spazio, l'istante di calore tra i bottoni
della camicia di Draco, con l'altra mano. Sapeva che di lì a un minuto avrebbe
strappato quei bottoni per avvicinarsi in qualche modo, e si sentì arrossire
lentamente ma inesorabilmente al sol pensiero, al pensiero di tutto ciò che
stava accadendo, mentre affondava il viso nella lunga curva umida della sua
gola. Draco fece un suono disperato quando le labbra di Harry si dischiusero
sul punto accanto al suo orecchio, gemette e spinse la testa all'indietro
contro il muro quando Harry lasciò scivolare la bocca in una scia fino alla
gola. A metà strada lasciò che i denti gli graffiassero la pelle, e i gemiti di
Draco divennero irregolari.
Le mani di Draco strinsero ferocemente l'orlo della maglietta di
Harry e d'un tratto fu in movimento, un'ondata selvaggiamente istintiva da cui
Harry si lasciò trasportare senza pensare che avrebbe potuto cadere e
fregandosene dell'impatto della propria schiena con la cattedra, perché aveva di
nuovo la bocca di Draco. Aveva Draco addosso che lo baciava affannosamente
muovendo le mani e i fianchi, che si muovevano nonostante fossero incastrati
con quelli di Harry. Harry sentì entrambi ansimare e strinse le braccia attorno
al collo di Draco, attirando a sé la sua bocca per soffocare quei gemiti. Le
mani di Draco si insinuarono sotto la maglietta, le dita risalirono le costole
e artigliarono la sua pelle, spingendo in su la maglia, e Harry sospirò e si
inarcò, lasciandogli fare.
Draco sollevò la maglietta fino alla clavicola di Harry e scivolò
col corpo tra le sue gambe aperte. Harry chiuse gli occhi ma gridò quando sentì
la punta dei denti di Draco sulle costole, lì per tentarlo e assaporarlo e
farlo inarcare impotente ancora di più. La sua bocca viaggiò verso l'alto,
calda, lasciando sul petto di Harry una scia di brividi freddi. Harry lo chiamò
di nuovo pronunciando approssimativamente il nome di Draco, quando i suoi denti
gli si chiusero su un capezzolo. Il movimento prima graffiante e poi morbido
gli fece male per un attimo, e Harry strinse i denti e produsse suoni soffocati
che significavano che voleva di più.
Quando Draco tornò verso la sua bocca, a entrambi sfuggirono versi
bruschi e supplicanti ad ogni mossa. Il tessuto umido della camicia di Draco
era l'unica cosa tra i loro toraci e unirono di nuovo i fianchi mentre Draco
respirava affannosamente su di lui, iniziando a muoversi ancora prima di
toccargli le labbra.
"Harry," mormorò, col fiato corto e la voce pesante di
desiderio.
"Sì," mormorò a sua volta Harry, stregato dal movimento
dolorosamente piacevole e dalla promessa imminente della sua bocca.
"Dimmi solo che era una stupidaggine," disse Draco,
guardando la bocca di Harry come ipnotizzato. "Dimmi che non dicevi sul
serio, così possiamo... possiamo..."
Il fatto che non riusciva neanche a dirlo significava che moriva
dalla voglia di farlo, e Harry si mosse contro di lui e pensò, Dio sì,
qualsiasi cosa, perché Draco lo voleva e sarebbe stato così facile e così
bello, così...
Harry non era un esperto in materia, ma sapeva che non era giusto
mentire a chi si amava. Non su una cosa tanto importante.
Ripensò alla voce morbida e stanca di Draco nel momento in cui
aveva supplicato per un'altra ragione.
Non voglio nemmeno che mi lasci provare. Non... sto bene senza di
te.
"Sì che ero serio," Harry quasi grugnì tra le labbra di
Draco, continuando a muoversi sotto di lui. "Sono serio," aggiunse,
più dolcemente e in solo respiro contro la linea gonfia del labbro inferiore di
Draco, sentendo la spinta iniziale di un altro bacio. "Io..."
Draco si irrigidì. Guardò Harry con occhi sbarrati e selvaggi,
senza quasi vederlo davvero.
"No invece," ringhiò. "Fermati."
Si staccò da Harry e scappò via in quello che sembrò un unico
movimento. Harry era ancora steso sulla cattedra a cercare di rimettere insieme
i pezzi e di recuperare il fiato. Non riusciva neanche a rimettersi a posto la
maglietta, e pensò con improvvisa disperazione che non avrebbe mai ritrovato
gli occhiali.