Buongiorno
a tutti!
Sono
tornata con la storia che avevo
iniziato a scrivere, un po’ perché ispirata da
reminiscenze infantili e un po’
come esercizio stilistico in quanto, se notate, è
completamente diversa da come
sono solita scrivere (e devo dire anche molto faticosa).
Visto
che ho privilegiato altre storie
e questa è tanto che non la aggiorno, vi lascio con un
riassunto per capire sin
dove siamo arrivati.
I
capitoli non sono molto lunghi
(ultimamente ero abituata a ben altre pagine) ma questa è la
misura che ho
scelto e quindi accontentatevi (posso assicurare che 5 pagine qui mi
danno lo
stesso lavoro di 9 pagine di Isabellino, anzi di più).
---ooOoo---
“Renée,
sei sempre più indisponente” rispose ridendo
l’uomo, mentre si avvicinava al
gruppo.
“Ciao
a tutti…” la voce squillante e allegra di
Reneesme, appena entrata nella hall
dell’albergo, si spense in un flebile sussurro, non appena il
suo sguardo si
posò sul nuovo arrivato.
“Reneesme!
Tesoro! Come sta la mia figlioccia preferita?” chiese
l’uomo abbracciando la
ragazza inerme.
“Bene…
grazie zio Phil” era chiaramente un attimo di grande
imbarazzo per tutti,
tranne che per quest’uomo che sorrideva prepotente e
soddisfatto.
“Direi,
visto che ci siamo tutti, possiamo anche andare. Ci porti tu,
Reneesme?” chiese
decisa Renée, senza degnare di ulteriore considerazione
l’altro arrivato.
“Certo,
ma c’è posto solo per
cinque…” rispose lasciando in sospeso la frase.
“E
io? Come ci arrivo dai Cullen?” ovviamente Phil aveva subito
capito che lui era
il sovrannumero.
“Per
quanto mi riguarda, anche a piedi”. Renée era
già uscita dalla porta, seguita
diligentemente e in silenzio da tutti gli altri ragazzi.
Il
tragitto verso la tenuta Cullen fu abbastanza silenzioso, nonostante i
tentativi di conversazione tra Emmett e Jacob.
Chi
era mai quell’uomo antipatico e presuntuoso?
E perché Renée lo odiava tanto?
Faceva parte del passato della donna,
visto che Reneesme lo chiamava zio.
“Isabella,
non far caso a quell’uomo. È il mio ex marito e
non si può dire che ci siamo
lasciati in buoni rapporti” disse all’improvviso la
donna rivolgendosi alla
ragazza ammutolita sul sedile posteriore.
“Renée,
non devi darmi spiegazioni se non te la senti. Solo che sembrava lo
odiassi
proprio tanto” rispose facendo spallucce.
“Non
sai quanto urlavano quando stava aspettando te! Charlie ha ottenuto una
ingiunzione per tenerlo alla larga da Renée e farle
terminare la gravidanza
tranquilla” si intromise Emmett.
Evidentemente
quell’uomo era già presente nella vita della
principessa ancora prima della sua
nascita e l’odio tra lui e Renée aveva la stessa
età.
Come
era possibile serbare rancore per tanto tempo? Anche lei era una
persona che
tendeva a non dimenticare, ma non ricorda di aver odiato qualcuno per
più di…
tre anni.
Il
suo ex, per l’esattezza, Paul. Quel ragazzo che dopo averla
deflorata, se ne
era vantato per tutto il liceo. Oh, l’aveva pagata cara, ma
con la vendetta era
scemata anche l’acredine ed ora, se lo incontrava, non aveva
alcuna emozione.
Perché
la gente non faceva come lei? Le malattie al fegato sarebbero calate in
maniera
esponenziale.
Finalmente,
il tetto spiovente della dimora dei Cullen, fece capolino tra le fronde
degli
alberi. Di primo mattino era uno spettacolo eccezionale. Sembrava una
casa
delle favole. La voleva. E quando scese dall’automobile era
più determinata che
mai.
“Renée!”
gridò gioiosa la signora Cullen, uscita per accogliere i
visitatori.
Le
due donne si affrettarono ad abbracciarsi e una lacrima
scappò dagli occhi di
Esme.
“Mi
sei mancata tantissimo. Quanto tempo ci hai messo per arrivare sin qui!
Sono
due anni che non ti vedo!” protestò ancora,
asciugandosi il viso con un gesto
nervoso della mano.
“Esme…
è sempre bellissimo vederti. Sei un pochino sciupata, amica
mia!” disse la
nuova arrivata con una leggera pacca alla spalla.
Reneesme
si avvicinò alle donne per baciare la padrona di casa
“Ciao, zia Esme”
ricevendo in cambio un caloroso abbraccio “Mia cara, tutti
bene a casa?” e
avutone conferma invitò tutti ad entrare.
In
quel momento, la principessa si chiese come mai in quella valle erano
tutti
zii. Il fatto di apostrofarsi così le faceva immaginare una
grande ampia
famiglia. Cosa che le era mancata negli ultimi anni.
“Vedo
che vi siete conosciuti. Ieri i miei ragazzi hanno incontrato Isabella
e questi
baldi giovanotti in panne per la strada” disse Esme alle sue
ospiti,
accogliendo anche i bostoniani.
“Non
mi avevate detto che conoscevate i Cullen” accusò
bonariamente Renée
rivolgendosi ai tre ragazzi.
Un
timido sorriso di scuse illuminò il volto di Isabella, per
poi arrossire nel
momento che vide uscire ad accoglierli anche Edward.
Ai
raggi del mattino, quel ragazzo era davvero uno spettacolo. Si accorse
in quel
momento che avrebbe tentato di sedurlo anche se si fossero incontrati a
Boston
e questo era semplicemente un incentivo in più per
raggiungere il suo scopo.
“Attenta,
capo, stai sbavando” bisbigliò Jake al suo
orecchio, ghignando.
“Ciao
Zia!” esclamò Edward, felice di incontrare la
nuova venuta che strinse in un
affettuoso abbraccio.
“Cielo,
ragazzo! Sei sempre più bello! Hai già fatto
stragi di cuori o qualche figliola
si è salvata per gli altri? Spero che non avrai fatto lo
sciocco con Reneesme!”
scherzò Renée.
Era
una domanda interessante per Isabella. Era un casanova? Un ragazzo con
le
tacche sulla testiera del letto? Doveva preoccuparsi? Probabilmente era
lui che
avrebbe dovuto preoccuparsi per avere a che fare con lei.
Un
basso e quasi impercettibile ringhio la scosse dalle sue elucubrazioni
e si
voltò con sguardo interrogativo ma accanto a lei c'era solo
Jacob con uno
sguardo annoiato che guardava il paesaggio.
“Figurati,
le ragazze sono ancora vive e libere e la mia Reneesme... senza offesa
ma...
sarebbe come farsi mia sorella, non potrei mai!” rispose
rivolgendosi
direttamente alla moretta che scoppiò in una allegra risata
e diede un buffetto
al ragazzo che iniziava a ridere.
Esme
si fece da parte e incitò ad entrare in casa.
“Esme!
Esme!” una voce con tono prepotente ruppe l'atmosfera
ovattata della magione.
La
signora Cullen si affrettò verso l'origine del richiamo
mentre Edward sbuffava
contrariato.
Pochi
istanti dopo si riunirono tutti nella grande sala della casa.
“Carlisle,
sempre il solito egoista. Non ti sei ancora stancato di pretendere il
sangue
degli altri?” la voce ironica di Renée accolse
l'uomo seduto sulla sedia a
rotelle spinta dalla dolce Esme.
“Ancora
non capisco perché Esme si ostini a farti entrare in casa
mia, spero che la tua
permanenza sia terminata”.
Questo
gentile scambio di commenti imbarazzò parecchio i tre
completamente estranei
alle dinamiche personali degli altri presenti.
“Sono
venuta per la vendemmia. Visto che tu non sarai di aiuto, qualcuno deve
pur
sostituirti e io sono sempre stata meglio di te a raccogliere i
grappoli”
rinfacciò la fotografa, facendo storcere la bocca a Carlisle
che diede un gesto
secco alla ruota e si allontanò del gruppo sfuggendo anche
alle mani della
moglie.
“Renée,
basta. Ti prego” mormorò la donna alla sua amica.
“Renée,
bene arrivata” esclamò la voce allegra di Rosalie
entrando nel salone, seguita
da Alice e Jasper ancora abbracciati come sera precedente.
La
bionda rivolse subito un sorriso luminoso di ben venuto anche a Emmett,
riempiendo di sole la giornata del ragazzo.
Per
Isabella, che osservava curiosa e sorniona il suo amico,
c’era in quello
sguardo e in quel sorriso, più sentimento di quanto si
potesse immaginare. Lei
lo conosceva bene e poteva giurare che l’avvocato era stato
effettivamente
colpito da quella strana malattia che si chiama colpo di fulmine e che
si
manifesta con il sintomo dell’amore.
Occhi
lucidi, sorriso aperto e felice e probabile tachicardia a rischio di
infarto
facevano da contorno a una scena dove chiunque si rendeva conto di
essere di
troppo.
“Ciao,
Emmett” un soffio delicato e un sospiro nel nome.
“Ciao,
Rosalie” una dolcezza infinita nel pronunciare ogni lettera.
“Ciao,
piccioncini” un fratello impiccione che non riusciva a stare
zitto. Ecco come
Jasper interruppe la bolla di pace perfetta tra i due e si
guadagnò un pugno
sulla spalla da Alice, uno sguardo di rimprovero da Isabella e una
risata da
Edward.
“Dai,
andiamo alle cantine, così ci organizziamo per
domani” propose Edward facendo
terminare il teatrino.
Uscirono
nuovamente tutti sullo spiazzo davanti alla tenuta, giusto in tempo per
vedere
la jeep rossa, inchiodare davanti al portone e far scendere
l’uomo dalla
camicia avaiana.
Esme
e Renée si fecero avanti minacciose.
“Ciao,
sorellina. Contenta di vedermi?” chiese Phil, baciando sulla
guancia la signora
Cullen.
“Decisamente
poco” rispose seria la donna. Era strano sentire la dolce
Esme con un tono di
voce così duro.
Renée
sbuffò infastidita e accelerò il passo prendendo
sotto braccio Isabella e
trascinandola a viva forza verso le cantine.
“Scusami
se ti ho requisita, ma la vista di quell’uomo mi fa
ribrezzo” spiegò brevemente.
“Non
era tuo marito?” chiese la ragazza perplessa.
“Appunto,
era. Abbiamo divorziato poco dopo la tua nascita e sai
perché? Per il fatto
che, secondo lui, non avevo chiesto abbastanza soldi a tuo padre.
Disgustoso,
vero?” chiuse la frase con quella che sembrava una domanda
retorica, per poi
ricominciare.
“L’ho
conosciuto frequentando Esme. Lui è suo fratello ed era
più grande, forte e con
più capelli. Mi sembrava bellissimo ed era molto dolce e
simpatico con me.
Me
ne sono innamorata quasi subito e poco dopo eravamo insieme.
Sai
come succede? Liceo poi college… quando tua madre si
trovò in difficoltà non fu
un problema aiutarla. Phil e io ci eravamo sposati a Las Vegas proprio
quell’anno e non navigavamo in buone acque, soprattutto per
il fatto che io
volevo comunque studiare e lui era sempre preso dai suoi congegni
elettronici.
A volte dimenticava la spesa e studiava un nuovo processore.
Fatto
sta che quando sei nata e tuo padre mi ha sovvenzionato i primi due
anni di
attività, ho chiesto il divorzio. Da allora non fa che
rinfacciarmi che avrei
potuto ottenere di più.
Fortuna
che lo incontro pochissime volte” finì il suo
sfogo.
Isabella
era perplessa. Come poteva un uomo simpatico diventare in poco tempo un
mastino
all’inseguimento dei soldi? A discapito di una bambina poi.
Provò
un moto di riconoscenza per quella nuova madre putativa che le aveva
concesso
un’occasione per nascere chiedendo relativamente poco e non
interferendo mai
nel rapporto con i suoi genitori, nonostante potesse farlo.
“Renée,
raccontami ancora di mia madre” chiese la principessa di
Boston, accomodandosi
su una panca poco lontano dall’entrata delle cantine.
“Eravamo
amiche, anche se lei era più riservata e molto
più signora rispetto a
me. Ci conoscemmo al college come ti ho già
raccontato. Io ero vivace, sempre pronta a divertirmi. I miei genitori
mi
avevano spedito sulla East Coast per allontanarmi da Phil e invogliarmi
allo
studio senza distrazioni. Peccato che io mi fossi dedicata molto alle
feste del
campus e il mio ragazzo ha cominciato a dare segni di nervosismo e
gelosia”
rispose la donna sorridendo al ricordo.
“E’
così che il tuo ex marito ha conosciuto mio padre?
È venuto al campus?”.
“Voleva
tenermi d’occhio ed io ero ben felice. Lontano dagli occhi
oppressivi dei
genitori, poi…” e diede un’occhiata
complice alla ragazza che sorrise.
“Sì.
Ho capito cosa intendi” e se fosse stata ancora una ragazzina
pudica sarebbe
arrossita in modo virginale. Poiché, invece, non era proprio
digiuna in
materia, si limitò ad abbassare il capo sperando in un
cambio di argomento.
Non
aveva mai voluto pensare in quel senso ai suoi genitori, figuriamoci
altre
persone.
“Riuscimmo
a passare un anno indenni. I miei genitori si fidavano di Elisabeth,
visto che
lei era già sposata con un ottimo partito, e speravano che
anche io assorbissi
qualcosa del suo carattere docile. Peccato che tua madre mi coprisse
sempre
nelle telefonate dei miei.
Magari
io ero a folleggiare con Phil e lei rispondeva al telefono dicendo che
stavo
dormendo.
Non
che lei fosse favorevole al rapporto con il mio uomo, anzi, lo
detestava. Però
aveva intuito che se si fosse messa contro in modo palese, non
l’avrei
ascoltata. Quindi mi sosteneva nella speranza che mettessi
giudizio”. Gli occhi
della donna erano rivolti verso il cielo, come se leggesse sulle nuvole
quello
che stava dicendo, invece di ricordare.
I
suoi occhi erano velati di commozione o rimpianto, difficile a dirsi,
soprattutto per Isabella che ascoltava affamata di notizie su quei
tempi dove
lei non era ancora presente nelle loro vite.
“Quando
decideste di aiutare i miei genitori” chiese Isabella.
“Era
già un anno che frequentavo il college e che Phil era con
me. Quando non
riuscimmo più a tenere segreta la nostra relazione, fuggimmo
a Las Vegas e ci
sposammo. Dopo un paio di mesi tua madre si precipitò nella
mia stanza a dirmi
che aveva perso il bambino che aspettava.
Tuo
padre era distrutto, proprio come tua madre, soprattutto quando seppero
che non
sarebbero riusciti ad avere figli.
Nel
frattempo, io ero sempre più inquieta e avevo scoperto il
fascino
dell'immagine. Desideravo diventare fotografa, cosa che era poco
compatibile
con il mio essere moglie” sospirò prima di
proseguire.
“Nel
giro di sei, forse otto mesi, venne fuori la proposta del ginecologo
dell'utero
in affitto e la mia offerta come volontaria. Volevo bene a Elisabeth e
poi
dovevo sdebitarmi per il suo aiuto con i miei genitori.
Lei
all'inizio non voleva coinvolgermi perché aveva paura che si
rovinasse la
nostra amicizia. Fu tuo padre a convincerla che ero meglio io che una
sconosciuta.
Quando
Phil venne a sapere del nostro accordo non si oppose ma mi
spronò a chiedere
soldi ai tuoi genitori. Una montagna di soldi. Io non volevo nulla e
solo dopo
la tua nascita tuo padre mi impose di accettare il suo aiuto per
iniziare la mia
carriera di fotografa”.
“Credo
di possedere alcune tue fotografie incorniciate nella villa dei miei
genitori”
confidò Isabella, ricordando alcune immagini che l'avevano
sempre colpita per
la loro intensità.
Aveva
sempre creduto che fossero foto di autore, ora sapeva che non era solo
quello.
“Sì”
ridacchiò Renée “Voleva aiutarmi anche
dopo i primi anni difficili, sapevo che
ogni tanto qualcuno comperava i miei lavori, mi ha permesso di andare
avanti
sino ad arrivare una discreta clientela e accantonare i problemi
economici”.
“E'
a quel punto che è hai divorziato da Phil?” chiese
Isabella.
“Tuo
padre aveva già avuto una ottenuto un ordine restrittivo
contro mio marito,
visto che non mi lasciava passare tranquilla la gravidanza e con quel
documento
è stato facile ottenere la separazione e poi il divorzio. Ci
abbiamo provato
dopo qualche mese ma ormai avevo aperto gli occhi su chi fosse
quell'uomo, non
è andata bene e abbiamo divorziato”
concluse
Renée.
Isabella
lasciò scorrere lo sguardo verso gli ulivi che delimitavano
la corte. L’eco di
quello che Renée aveva raccontato era ancora
nell’aria.
Davvero
i suoi genitori l’avevano amata tantissimo. Sperava solo con
tutto io cuore di
essere stata degna di tanto affetto e non averli delusi.
Cercò
di cambiare argomento verso toni più leggeri se pur curiosi.
“Anche
Esme e Carmen conoscevano i miei genitori?” chiese
ricordandosi di non aver
approfondito questo aspetto.
“No…
cioè, ci si conosceva ma loro due non frequentavano
Elisabeth, erano rimaste
qui. Esme aveva già sposato Carlisle perché era
rimasta incinta di Edward e
Carmen… beh, lei voleva conoscere più ragazzi
possibili perché diceva che
bisognava scegliere con cognizione di causa” concluse ridendo
e facendo ridere
anche Bella.
Se
la immaginava quella donnona a fare la femmes fatale!
In
quel momento sentirono lo scalpiccio di passi che si avvicinavano,
mentre una
camicia avajana spuntava da dietro l’angolo del muro delle
cantine.
“Ecco
dove erano finite la mia ex moglie e mia figlia”
esclamò Phil
con voce allegra.
“Non
dire sciocchezze! Lei non è tua figlia!” rispose
piccata Renée alzandosi per
fronteggiare l’uomo.
“Oh
sì che lo è! E posso dimostrarlo” il
tono trionfante dell’uomo spaventò le
donne e anche gli altri ragazzi che nel frattempo li avevano raggiunti.
“Ma
che diavolo stai dicendo?”.
---ooOoo---
Angolino
mio:
sono
tornata! Non mi pare vero.
Dunque,
questo è un capitolo di
approfondimento sui rapporti tra Renée e i genitori di
Isabella. Fa la sua
entrata anche Phil che ben presto dimostrerà chi
è veramente.
Non
c’è nulla di romantico, la storia
sta prendendo una piega un pochino più gialla.
Riguardo
al modo di scrivere, abbiate
pazienza ma questa è storia è la più
faticosa per me.
Sono
abituata a scrivere in modo
riflessivo, sempre in prima persona e non a raccontare
dall’esterno usando la
terza. In più le ultime tre storie lunghe che ho postato
erano in tempo
presente, ritornare a scrivere al passato remoto e imperfetto
è decisamente
dura.
Spero
che questo capitolo sia servito a
rodarmi, in modo da poter andare più spedita nei prossimi.
E
magari anche i vostri suggerimenti!
Ringrazio
per l’attenzione
Alla
prossima
Baciotti