Cap.
2:
Blackout
Aveva
sete. Era la prima cosa che aveva avvertito appena si era risvegliato
seduto nell’aula di canto del McKinley. Poi, insieme alla
sete, era arrivata la
confusione. Si sentiva stordito. Non riusciva a formulare un pensiero
coerente.
Aveva dato un’occhiata ai suoi amici, trovandoli confusi
quanto lui.
Cosa
ci
faceva lì. Avrebbe dovuto essere a New York. No…
Aspetta… l’esibizione di
Natale. No… C’era già stata…
No… era uscito fuori. Marley… alzò lo
sguardo
verso la ragazza. Era seduta proprio davanti a lui anche se gli dava le
spalle.
Marley gli aveva detto che qualcuno gli voleva parlare
fuori… era uscito.
Questo lo ricordava. Ma poi… Il vuoto totale. Non ricordava
niente. Come ci era
arrivato nell’aula di canto? Cercò di concentrarsi
su quell’ultimo ricordo.
Ripetendo a se stesso ogni sua mossa, ma per quanto si sforzasse i suoi
ricordi
arrivavano fino all’uscita dal McKinley. Al parcheggio
coperto dalla neve.
Poteva ancora avvertire una sensazione di dolore anche se non ricordava
a cosa
era dovuto. E l’energia… pura energia che vibrava
dentro di lui. Ma era solo un
ricordo… in quel momento aveva solo una dannata sete e un
buco nero in testa.
“Allora,
dicevamo?”
Alzò
lo
sguardo verso Schuester che li guardava con un sorriso rassicurante, ma
che non
aveva nulla di allegro.
Nessuno
rispose. Nessuno sembrava trovare le parole giuste. E Schuester
abbandonò il
sorriso guardandoli preoccupato per poi prendere un grosso respiro.
“So
che è
difficile, ragazzi!” fece piano prendendo uno sgabello e
sedendosi. “Ma
dobbiamo tenere duro e cercare di non abbatterci. Lo dobbiamo fare per
loro,
quantomeno!”
Blaine
sgranò gli occhi ancora più stralunato da
quella situazione pazzesca. Cercò lo sguardo di uno dei suoi
amici alla ricerca
di supporto, di qualcosa che lo potesse rassicurare. Ma nessuno di loro
badava
a lui. Si scambiavano sguardi tra loro. Sguardi confusi e apprensivi ma
nessuno
si voltava verso di lui.
Si
accostò ad Artie, seduto proprio accanto a lui, e
gli chiese con voce tremante: “Che sta succedendo!”
Ma
Artie non rispose, né si mosse verso di lui. Non
sembrò nemmeno averlo sentirlo.
“Artie?”
ripeté posando una mano sul braccio
dell’amico per attirare la sua attenzione.
Nessuna
reazione.
Sì
alzò di colpo come se la sua sedia scottasse e si
mise davanti ai suoi amici: “Hey, sono qui… mi
sentite?”
Nessuno
lo badò.
“Sono
qui… non potete non veder… mi… sono
qui” fece
agitando le braccia. “Mr. Schue?” Si
voltò verso il professore a cui aveva dato
le spalle.
Anche
lui sembrava non accorgersi della sua presenza.
Anche se gli era davanti non guardava lui. Guardava gli altri ragazzi
oltre
Blaine, come se il ragazzo non ci fosse proprio.
Avvertì
la sensazione di panico prenderlo alla bocca
dello stomaco: “Sono qui…
guardatemi” disse voltandosi di nuovo verso gli
amici e poi verso Schuerster. “GUARDATEMI!”
Nessuna
reazione.
Si
sentì perduto. Le gambe gli cedettero e si
ritrovò
in ginocchio. Guardò gli amici uno per uno in cerca di
qualcosa che potesse
dirgli che quello era solo un’orribile sogno. Il suo sguardo
si posò su Kurt. E
improvvisamente ricordò l’incidente, il vento, il
sangue… Kurt stava bene ma
era spaventato. Poteva vedere la paura mista alla confusione nei suoi
occhi ma
riusciva a percepire qualcosa di più. Qualcosa che non era
del suo Kurt, ma che
non riusciva ad afferrare.
Gli
altri erano semplicemente confusi e spaventati.
Solo alcuni parevano sinceramente tristi. Sugar si stava asciugando una
lacrima
con un fazzolettino ricamato, prima che le rovinasse il trucco, e Joe
teneva in
mano un rosario di legno. Wade e Ryder erano visibilmente dispiaciuti,
ma si
tenevano in disparte dagli altri, come spettatori di un dolore che non
gli
apparteneva.
“Allora
che ne pensate dell’idea di Joe?”
Si
voltò verso Schuester che continuava a guardare con
apprensione i suoi amici ma non lui. Nessuno fiatò. Nessuno
sapeva di cosa
stesse parlando. O almeno non tutti…
“Possiamo
pensarci con calma se volete?” fece infatti Joe.
“Quando anche Blaine
arriverà…”
“IO
SONO QUI!”
Blaine
non poté trattenersi da urlare alzandosi in
piedi con rabbia.
“Non
voglio imporre il mio pensiero religioso a nessuno.”
Continuò il ragazzo con i
capeli rasta, ignaro della presenza dell’amico.
“Non intendo niente di
religioso. Una semplice veglia in cui cantiamo per loro,
perché qualcuno vegli
su di loro!”
A
quelle parole Blaine si sentì morire. Loro. Chi
erano loro? Cosa era successo a loro? Si ritrovò a cercare
ancora Kurt anche se
lo aveva visto poco prima per poi passare in rassegna tutti i
suoi amici e
l’unica che mancava tra loro era…
“Rachel”
sentì soffiare Finn.
***
La
campanella aveva dato la possibilità a tutti di defilarsi
senza dover trovare qualcosa
da dire a Schuester. Tutti lasciarono l’aula di canto
frettolosi ma quasi si
fossero messi d’accordo si ritrovarono poco dopo tutti
all’auditorium.
“CHE
CAZZO SUCCEDE?” urlò Puck entrando dentro
l’auditorium e calciando una sedia
lasciata sopra il palco.
“Tabula
Rasa!” fece Santana portandosi entrambe le mani tra
i capelli. “Anche
voi?” fece passando lo sguardo agli amici.
Tutti,
uno dopo l'altro, annuirono.
“E
DOVE
CAZZO E’ BLAINE?” fece Puck incapace di calmarsi
calciando di nuovo la sedia.
Blaine
alzò il capo, seduto a terra raccogliendo le
ginocchia con le braccia e stringendole a se. Il volto rigato dalle
lacrime:
“Sono sempre qui!” pigolò, stremato
dall’aver urlato per ore come un ossesso
per ottenere una loro risposta, ma nemmeno allora qualcuno gli rispose.
Ritornò
quindi a posare la fronte sulle ginocchia.
“Cosa
è
successo a Rachel?” fece Mercedes con voce tremante.
“L’incidente!”
fece Mike. “Era sua la macchi…” non
continuò sentendo improvvisamente il
bisogno di piangere.
Si
voltò
verso Tina che teneva entrambe le mani sul volto schermandolo agli
altri ma era
chiaro che stesse piangendo. D’istinto fece un passo per
abbracciarla, ma si
bloccò non sapendo se Tina avrebbe apprezzato o meno il
gesto. Non c’era più
niente tra loro, no? No? Distolse lo sguardo per cercare quello di
Finn. Lui
sapeva sempre cosa fare in quelle situazioni. Forse non era una
cima… forse era
un po’… tardo a volte. Ma era sempre stato il loro
leader. Quando, però, trovò
il suo sguardo sembrava come… perduto.
“Oggi
è
il 23 gennaio!” fece Quinn con il cellulare in mano.
Tutti
si
voltarono verso di lei increduli. Nessuno era andato a vedere che data
fosse.
Che ragione c’era dopotutto? Il cellulare cadde dalle mani
tremanti della
ragazza con un tonfo che risuonò in modo amplificato alle
loro orecchie.
Erano
passate circa cinque settimane. L’ultimo ricordo che avevano
tutti risaliva al
20 dicembre ed ora era il 23 gennaio… Cinque settimane di
cui loro non
ricordavano niente. Poteva essere successo di tutto e loro non potevano
saperlo.
La
prima
a riprendersi fu Santana che prese il suo cellulare e usò
l’unico mezzo che
potesse dare delle risposte. Internet. Entrò nella sua
pagina facebook,
trovandola intasata di messaggi di solidarietà per Rachel.
“E’
stato
l’incidente” disse rompendo il silenzio e aprendo
il link per una notizia del
giornale locale. “Al volante c’era Brody ma lui sta
bene. Rachel invece è
entrata in coma e deve ancora svegliarsi!” disse leggendo il
messaggio.
Nessuno
disse nulla in attesa di altre notizie da Santana.
La
ragazza continuò a scorrere la pagina, fino
a quando un rumore di
porte che si spalancavano di colpo li fece sussultare tutti. Un ragazzo
con la
divisa dei Warblers li individuò e, scuro in viso, li
raggiunse senza dire una
parola con le mani nelle tasche dei pantaloni.
“Non
vi è
passata la voglia di cospirare!” fece il ragazzo lasciando
tutti di stucco.
Sapevano
tutti chi era. Ma nessuno lo conosceva bene, eccetto Blaine e Kurt che
avevano
frequentato la Dalton con lui. Thad Harwood
passò in rassegna i volti
confusi dei ragazzi prima di puntare su Kurt.
“State
decidendo se confessare?”
“Confessare?”
chiese Sam confuso. “E cosa?”
Thad
rise
forte: “Questa parte l’abbiamo già
passata, Evans. Un po’ ripetitivo, no?” e si
rivolse di nuovo su di Kurt. “Devo ripetermi forse? O dici
dov’è Sebastian?”
Kurt
sgranò gli occhi. Al nome di Sebastian sentì una
scossa percorrergli la colonna
vertebrale. Era come se il suo corpo prendesse a vibrare. Come se
ricordasse
qualcosa che la sua mente rifiutava di portare alla luce.
“Non
so
di cosa tu stia parlando!” fece Hudson portandosi al fianco
del fratellastro.
Thad
guardò con rabbia Finn: “L’ultima
persona che ha visto e lui!” fece
Harwood puntando il dito contro Kurt. “so che lui non
è la persona che
vuole far credere d’essere. Nascondi qualcosa Kurt
Hummel…” si avvicinò a Kurt
in modo minaccioso. “CHE NE HAI FATTO DI
SEBASTIAN?”
Finn
si
parò di fronte a Kurt e spinse a terra Thad, mentre anche
gli altri si avvicinavano
per dare supporto all’amico. Kurt indietreggio portandosi
entrambe le mani
davanti al viso.
“Kurt?”
fece Mercedes avvicinandosi e posandogli una mano sulla spalla.
Lui
la
scostò bruscamente guardandola con terrore e poi corse via.
Finn passò lo
sguardo da Thad a terra alla porta che si richiudeva dopo il passaggio
di Kurt
e senza aggiungere altro corse dietro al fratellastro.
Thad
si
rialzò ricomponendosi per poi lanciare uno sguardo
d’odio verso i ragazzi: “Non
lo potete nascondere per sempre!” disse prima di
andarsene lasciando ancor
più confusione in loro.
Blaine
assistette alla scena impotente tenendo i pugni
chiusi e stringendoli tanto che le unghie si conficcarono dolorosamente
sui
palmi. Ma lui non ci fece caso, preso da quello che stava accadendo e a
cui lui
non poteva intervenire.
‘So
che lui non è la persona che vuole far credere
d’essere!’
Perché
quella frase lo aveva colpito più di tutto, più
del sapere che Rachel era in coma e Sebastian sparito?
In
un flash ricordò lo sguardo l’odio e la furia di
Kurt quando lo aveva raggiunto nel parcheggio. Sentì
qualcosa incrinarsi nella
sua mente. Come una prima crepa su un fitto muro di mattoni che
nascondeva
qualcosa. E improvvisamente si sentì la testa girare e la
terra gli mancò da
sotto i piedi.
Sentì
delle urla e alzò lo sguardo verso gli amici. Tutti lo
fissavano come se fosse
un fantasma. Era caduto a terra come un sacco di patate e aveva una
forte
emicrania.
“Mi
vedete?” chiese incerto.
“Certo
che ti vediamo?” fece Artie. “Ma da dove spunti
fuori?”
Blaine
si
ritrovò a ridere, forse per un principio di crisi isterica
mentre si metteva
seduto e si massaggiava le tempie con le mani.
“Vi
sembrerà pazzesco ma io sono sempre stato con voi. Solo non
mi vedevate!”
Disclaimer
I personaggi
citati in questo racconto non sono miei,
ma appartengono agli aventi diritto. Servendo di
loro non ottengo nessuna forma di lucro.