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Autore: kiddoB    14/11/2012    1 recensioni
Lucius Malfoy aveva sempre avuto difficoltà a ricordare la data esatta in cui aveva visto Narcissa per la prima volta.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucius Malfoy | Coppie: Lucius/Narcissa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Timeless 2

Timeless

 

 

I Fear thy kisses, gentle maiden
thou needest not fear mine
my spirit is to deeply laden
Ever to burthen thine.

 I fear thy mien, thy tones, thy motion
Thou needest fear mine
Innocent is the heart’s devotion
 With which I worship thine.(1)
(Percy Bysshe Shelley)





 

Lucius Malfoy aveva sempre avuto difficoltà a ricordare la data esatta in cui aveva visto Narcissa per la prima volta.
Orologio e calendario erano per lui oggetti inutili di per sè, superflui; un Malfoy non sottostà a imposizioni o scadenze, un Malfoy non è mai in anticipo né in ritardo, un Malfoy fa ciò che vuole quando lui e solo lui ritiene conveniente farlo - e questo gli aveva creato non pochi problemi a scuola, che comunque non erano stati oggetto di ramanzine o punizioni, dato che suo padre la pensava esattamente come lui.
Già. Suo padre.
Scegliti una delle sorelle Black per moglie, entro dicembre.
Ma padre, io....
Come osi ribattere, ingrato ragazzino? Dovresti ringraziarmi in ginocchio solo per il fatto che ti sto dando una rosa di possibilità. Ti consiglio di fare in fretta, prima che questa mia assurda fase di magnanimità svanisca e concluda io l'affare in una mattina.
Se solo l'avesse lasciato finire di parlare, Lucius gli avrebbe comunicato di aver già scelto.
Aveva deciso, irrevocabilmente, senza possibilità di appello, due sere prima, al gran ballo d'inverno dei Rosier.
Narcissa Black era la più piccola delle tre, la più timida, la più incerta su come comportarsi; aveva da poco compiuto diciassette anni, sicuramente quello era uno dei primi, se non proprio il primo, evento sociale a cui le era stato concesso di partecipare. Sedeva dritta e composta con le mani in grembo, osservando attenta la gente che conversava e danzava, con una maschera di imperturbabile superiorità sul viso, come di chi si trova lì in mezzo per fare un piacere all'intera platea.
Lucius l'aveva guardata, e anche spesso, durante gli anni di scuola, rilevandone le modifiche che il tempo ancora benigno aveva apportato al suo volto e alla sua figura trasformando una minuta bambina in un'avvenente fanciulla, ma sempre con un occhio più distaccato, impegnato com'era da ben altri progetti - un potere sconosciuto e incalcolabile stava iniziando a sorgere, e lui non si sarebbe fatto sfuggire l'occasione per nulla al mondo - ; tuttavia, da quando aveva sentito forte, più forte, il richiamo dell'altro sesso e aveva percepito intorno a sé i primi preparativi per stringere accordi matrimoniali vantaggiosi, si era ricordato di quella piccola figlia di Salazar che spesso aveva inconsciamente richiamato su di sé il suo sguardo. E quella sera, per la prima vera volta, la stava vedendo: ogni tanto la sua maschera di nobiltà e alterigia si sgretolava, crollava impietosa sotto la pressione delle aspettative della buona società, ed ecco allora un guizzo di conferma in uno sguardo preoccupato - mi sto comportando bene, madre? - un istante di dubbio mentre lisciava con le mani le pieghe della gonna - il mio vestito è in ordine? - uno sprazzo di umanità quando un canino sbucava fuori per mordicchiare il labbro inferiore, l'emergere prepotente della ragazzina che ancora non era pronta a essere murata viva dall'etichetta degli adulti, un'evasione della durata di un battito di ciglia. La analizzava, la scrutava, la rimirava, perché nonostante ci fossero ragazze molto più disinibite e smaliziate di lei, che danzavano leggiadre come ninfee volteggiando tra ranocchi imbevuti di colonia, nonostante la bellezza di Bellatrix avesse un richiamo animalesco e selvaggio, una furia a stento trattenuta dalle iridi - promessa di lussuria e ferinità ma anche, Lucius l'avrebbe appreso più tardi, di follia - Narcissa rifulgeva in mezzo a quell'accozzaglia di colori, il più rigoglioso dei gigli, dritta come un fuso nel suo abito pervinca. Splendeva, semplicemente. Splendevano i capelli, una complicata rosa d'oro che le accarezzava morbida la base del collo e i lobi delle orecchie, ornati di piccole perle; splendeva il suo incarnato tenue, un'alba primaverile quando ancora il sottile gelo non ha abbandonato siepi e giardini, spruzzato da gerbere di un rosa più intenso sugli zigomi; splendevano i suoi occhi, campanule azzurre che Lucius si ritrovò stupidamente a sperare di riempire d'emozione, come quando la profumata, leggera pioggerellina cade dentro le corolle delicate; splendevano i suoi denti, mandorle acerbe negli alveoli(2) quando si voltava per sussurrare una frase alla madre, celando le sue forse innocenti, forse pungenti parole dietro un piccolo ventaglio dal manico di madreperla.
Narcissa. Narcissa. Narcissa.
Pronunciare quel nome era come avere bocca d'ostrica e creare con esso una piccola perla; con la prima sillaba la si formava, con la seconda le si dava una perfetta forma sferica, con la terza si presentava il gioiello al mondo - ma questo Lucius Malfoy si guardava bene dal farlo. Per il momento non gli era concesso di chiamarla per nome.
La scrutava, quasi sfacciato, rubava pezzi di lei come il più abile dei ladri - un accenno di sorriso, una porzione di polso, una fetta di collo del piede, per un fantastico, breve istante anche uno spicchio di seno - , si imprimeva bene nella memoria quanti più dettagli possibile per rivederli ancora e ancora e ancora quella notte, nel buio della sua stanza satura di desiderio e voglia, per allungare una mano nelle coltri vuote e immaginare che, in futuro poco lontano, ripetendo lo stesso gesto avrebbe potuto averla accanto, averla e basta.
Sua. Doveva essere sua. Sarebbe stata sua.
Non c'era nemmeno stata battaglia con le sorelle: Andromeda aveva, come dire, disdicevoli tendenze ed amicizie - troppo disdicevoli - e in Bellatrix c'era qualcosa, il suo modo di parlare, forse, di osservare, di ghignare feroce, che gli mettevano addosso una strana inquietudine, senza contare gli sguardi assolutamente espliciti ed infuocati che si scambiava con un altrettanto disponibile Lestrange.
Ma non erano state considerazioni preliminari che aveva messo sul piatto della bilancia.
Lucius aveva già scelto il suo gioiello, il più bello di tutti, quando aveva gettato un'occhiata distratta sul resto dei preziosi.



 

Lucius Malfoy aveva sempre avuto difficoltà a ricordare la data esatta del suo matrimonio con Narcissa.
Una sequenza di numeri non aveva il benchè minimo significato, quando nella sua mente erano altri i dettagli importanti.
Il suo bocciolo meraviglioso - solo nella sua testa si permetteva di chiamarla in quel modo, perché un Malfoy non si umilia con stupide parole d'amore, ma adorava l'idea che da quel momento in poi, al riparo tra i petali di seta della loro alcova, se solo avesse voluto avrebbe potuto farlo - il suo giglio rigoglioso avanzava verso di lui, nivea e leggiadra, quasi librandosi sul morbido tappeto argento del gazebo. Persino il padre - il suocero - gli era parso emozionato, un po' amareggiato, quando gliel'aveva consegnata al braccio, come consapevole di star cedendo ad un altro il fiore più prezioso della sua serra, timoroso forse che potesse distruggerlo o rovinarlo.
Lucius non poteva nemmeno immaginare di fare qualcosa del genere.
(Ancora non sapeva con quanta intensità e profondità, invece, l'avrebbe fatto).
Più di tutto, più di qualsiasi altra cosa, amava lo straordinario potere che si era scoperto ed allenato ad esercitare su di lei, ormai educata ed avvezza ad indossare la maschera dell'altezzosità, a tenere sempre un comportamento ineccepibile e un contegno regale; solo con lui Narcissa aveva perso la sua espressione algida e distante - pochissime volte, certo, e brevi come un respiro, brevi come l'unico bacio che fino ad allora si erano scambiati, appena un mero sfiorarsi di labbra che Lucius le aveva rubato di sorpresa proprio per la smania disperata di godersi quello sguardo genuinamente stupito ed emozionato, e oh, oh se se l'era goduto - e gli balzava agli occhi la ragazzina ingenua e candida che era, ancora piena della capacità di sorprendersi, umana e semplice persino nel più intricato abito di broccato.
Eccola, quindi, eccola che lo fissava, piena di paura e gioia insieme, la piccola mano bianca poggiata sulla sua proprio nel modo preciso in cui era prescritto dalla norma, ma solo a lui era concesso di sentirla leggermente tremare; pronunciava i voti con voce ferma, ma quegli occhi stellati brillavano di un'emozione pregnante e prepotente che poteva vedere solo lui, solo lui, solo lui.
Poi tutto il resto era stata solo frenesia, e forse per la prima volta nella sua vita Lucius aveva guardato l'orologio con ossessività, con una impazienza tesa ed elettrizzata che gli fece accelerare tutto - camerieri, sbrigatevi con le portate, orchestra, niente lenti, rapidi, rapidi con gli auguri e le felicitazioni - per averla in ogni senso, in ogni senso solo per lui, nuda, spoglia di tutti i pizzi e le trine e soprattutto della composta dignità che in società da loro si pretendeva ma era solo un impiccio fastidioso quand'erano soli.
E la ebbe, infatti, finalmente priva di teli d'educazione, timorosa ma allo stesso tempo desiderosa di scoprire quella nuova dimensione dell'amore che fino ad allora aveva potuto solo immaginare - chissà come, chissà quanto, Lucius non vedeva l'ora di scoprirlo -; sincera in ogni piega della sua pelle che gli aveva donato senza alcuna remora calore, una generosità solo per quella volta mal ripagata con un inevitabile dolore; reale in ogni sfumatura della sua voce, dal sibilo al gemito all'ansito alle parole sussurrate nella spossatezza successiva, quando avevano riso insieme e lui l'aveva guardata tutta, guardata bene, a luci accese, e lei aveva sorriso birichina mordendosi il labbro inferiore e giocando a tentarlo con quegli occhi luminosi; così fragile e allo stesso tempo imponente - perché Narcissa, l'aveva già notato, saturava ogni ambiente in cui si trovava, quando lei faceva il suo ingresso in una stanza non c'era bisogno che fosse finemente arredata o decorata, perché solo la sua presenza bastava a rendere anche un maniero freddo come il suo accogliente e piacevole - in quella ciocca di capelli abbandonata sulla bianca federa di lino, lunga e sinuosa come un fiume, simile alla rossa figlia dello stesso corpo che più in basso ornava, non macchiava, le candide coltri della loro prima notte di nozze.
Lucius sapeva di non conoscerla davvero, sapeva che tre mesi di fidanzamento sono niente più che una mera formalità, sapeva di avere un carattere scorbutico e prepotente, sapeva di avere un tono rude e poca dimestichezza con tenerezze esterne alla camera da letto, così come presagiva che anche lei dovesse avere i suoi difetti, ma quella notte, mentre la fissava dormire beato ed incantato, promise a se stesso e al vincolo che li aveva uniti che si sarebbe sempre impegnato con tutte le sue forze per non dare troppo spazio ai lati più spigolosi del suo carattere e a dare il suo meglio affinché quell'unione funzionasse.
Perchè non aveva mai nemmeno immaginato che, un giorno, avrebbe potuto godere di una visione così meravigliosa.
Sarebbe stata una magnifica Malfoy, forse davvero l'unica meritevole di ricevere un simile cognome.
Ma per lui, solo e unicamente per lui, Lucius voleva Narcissa.

 

 

Lucius Malfoy aveva sempre avuto serie difficoltà a ricordare le date.
Ma quando tutto ciò che ti tiene ancorato alla vita sono i ricordi, numeri e giorni e mesi trafiggono occhi e cuore e balzano agli occhi ingigantiti di commozione.
Nessun Dissennatore gli avrebbe mai potuto portar via il ricordo della prima magia di Draco, o della sua prima parola: papà
Nessuno gli avrebbe mai potuto sottrarre la percezione che ancora sentiva lì, lì accanto, delle labbra di Narcissa, bocciolo di rosa che solo per lui si era schiuso, bellezza che consolava e rischiarava(3) le tenebre in cui era condannato a pagare per i suoi errori.
Non gliel'aveva mai detto, mai, perché un Malfoy non può esprimere sentimenti, se è così fortunato ed incosciente da provarli.
Ma quando tutto ciò che ti tiene ancorato alla vita continua a vivere per te, merita e necessita di un riconoscimento.
Fu per questo che, quella sera ad Azkaban, chiese ed ottenne pergamena, piuma ed inchiostro.

 



21 marzo 1975 - 21 marzo 2000
Venticinque anni insieme.
Buon anniversario, amore mio.




 




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(1) Temo i tuoi baci fanciulla gentile, ma tu / non hai motivo di temere i miei / troppo profondamente il mio spirito è oppresso / perchè io possa opprimere anche il tuo. / Temo il tuo viso e la tua voce e i gesti, ma tu / non hai motivo di temere i miei / la devozione del cuore con la quale adoro / il tuo cuore, sii certa, è innocente.
(2) "I denti, mandorle acerbe negli alveoli" : Gabriele D'Annunzio, La pioggia nel pineto.
(3)  Niccolò Fabi, La bellezza.

Non ho trovato informazioni in merito alla data di matrimonio dei coniugi Malfoy, perciò ho scelto l'equinozio di primavera.

Colonna sonora.

 

 

  
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