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Autore: RecklessElf    18/11/2012    3 recensioni
Il tempo scorre lentissimo, e Dublino mi manca da morire, ma non è certo una novità,questa.
(...)
«Capisco. Ce l’hai una band ?»
Una band? Stava scherzando? Certo che no! L’avevo avuta, tempo prima, quando le cose erano ancora completamente diverse.
(...)
«L’avevo intuito, ti spaventi solo a parlarne, di suonare! Non capisco..» esclamò Eric, alzando un po’ la voce. Il professore ci guardò entrambi malissimo, richiamandoci. Dopo qualche minuto riprese.
«Tu dovresti farti un giro a qualche concerto. La musica buona la ascolti, ma dannazione..la tua energia dov’è? Non ti verrebbe voglia di suonare un po’..»
«Guarda che la voglia di suonare ce l’ho, tu stai parlando senza nemmeno conoscermi! Credi che io non suoni mai? Se non vado in giro a urlarlo ai quattro venti e non ne parlo così volentieri ho i miei motivi, credimi. »
Sebastian ed Eric, Eric e Sebastian. Due personalità opposte con un passato difficile da dimenticare, che si incontreranno quasi casualmente. La musica come filo conduttore della storia.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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III- Strawberry Fields Forever.

 

Lascia che ti porti con me
perché sto andando ai campi di fragole
niente è reale
e non c'è niente per cui stare in attesa,
campi di fragole per sempre.

È facile vivere con gli occhi chiusi
fraintendendo quello che vedi
sta diventando difficile essere qualcuno
ma tutto si risolve
non me ne importa poi molto.

(Strawberry fields forever- The Beatles)


La ricreazione è finita, e il suono della campanella mi riporta finalmente al presente, lontano da quei ricordi felici che, oramai, non mi fanno altro che male.
Ritorno al mio posto, ed Eric è già seduto al suo posto, con un gomito posato sul banco, una mano a sorreggergli il capo,
impigliata tra i riccioli scuri, e l’altra posata su un quaderno.
Il mio quaderno.
I miei disegni. I miei scritti. Sta guardando tutto.
Impallidisco, fissandolo.

«Chi..chi ti ha dato il permesso di guardare il mio quaderno, scusa?!» sbotto. 
Ok, Eric sarà anche originale e interessante quanto vuoi, ma non mi va affatto che veda tutta questa roba! Ne lui, ne nessun altro!
Eric alza lo sguardo su di me, per nulla intimorito dalla mia reazione. Sorride.
« Disegni bene, sai? E disegni cose contorte. Contorte, ma originali. Particolari, belle. Oh, già, e ascolti pure buona musica, da quanto vedo.
Sei molto più interessante di quanto sembri, Sebastian. Perché ti nascondi come un gattino spaventato?»
«Beh..grazie.» replico seccamente «Ma cosa ti fa pensare che io mi nasconda, scusa? Perché dici così? Manco mi conosci!»
Ma chi diavolo è questo Eric, che arriva qui all’improvviso e si mette ad analizzarmi di punto in bianco? Azzeccando la maggior parte delle sue supposizioni, tra l’altro!
«Il tuo sguardo è spento, quando parli con la gente. Quando ti guardi in giro..sembra che tu voglia scomparire. Oppure, che tu voglia essere altrove. Ti nascondi, ecco. Ma prima, durante la lezione, ti ho visto disegnare. Ed eri completamente diverso. Ti brillavano gli occhi,sembravi felice, a tuo agio. Disegnare ti rende felice? »
Ammutolisco un attimo, e mi costringo a non abbassare lo sguardo mentre Eric mi pianta quegli occhi color smeraldo dritti in faccia, senza alcun riguardo,
come se volesse leggere nella mia mente, e capire qualcosa in più oltre alla maschera di freddezza che sembro indossare.
«Sì, mi rende felice, perché collego la matita ai miei pensieri, e così posso creare il mio mondo su un foglio, oltre che dentro alla mia testa.
Preferisco il mio piccolo mondo personale e immaginario che mi sono costruito da solo, piuttosto che quello in cui vivo.»
Ma che cavolo sto facendo? Cosa mi viene in mente di dirgli delle cose del genere? Spero che nessuno ascolti i nostri discorsi, i miei pensieri.
Fortuna che l’insegnante non è ancora arrivato, così ognuno chiacchiera per conto proprio, e nessuno bada a noi.

«Beh, allora il mondo dentro alla tua testa sembra confuse. Folle, e colorato.» Eric sfoglia febbrilmente le pagine del quaderno, osservando i disegni
un’altra volta . Ormai non mi disturba quasi più, la cosa. «A volte malinconico, altre pieno di energia. Non capisco bene.» mi guarda di nuovo.
«Non è che per caso sei infelice, Sebastian?»
Certo che è davvero sfacciato, questo Eric. E adesso cosa pretende? Che gli spieghi tutto così, su due piedi?
«Non sono affari tuoi.» replico seccamente. Ci ho messo così tanto, a costruire una corazza intorno a me, che mi protegga dai ricordi e dalla sofferenza,
e ora ci si mette lui, a voler scoprire tutto su di me? 
Ma Eric non si offende, e non demorde.
«E allora dimmi le cose che ti rendono felice, fammi qualche esempio.»
«Mhm..l’autunno. I suoi colori, le foglie secche che scricchiolano sotto ai piedi, la pioggia leggera,il fuoco che scoppietta nel camino, il vento.
Mi rende felice l’inverno, la neve, i boschi, e le città, piccole o grandi che siano, che abbiano una storia. E poi la musica, che credo che nell’insieme
sia la cosa che mi rende più felice in assoluto, ma che mi ha portato anche molta tristezza. »
«Beh, non sono poche cose, direi! Ma le persone? Non hai detto niente del tipo “Uscire con i miei amici, scherzare con loro, stare con la persona che amo..”»
«Beh, non posso dirti che le persone mi rendono felici, perché mentirei. La maggior parte di quelle a cui ero legato si sono allontanate da me,
o io da loro, o sono cambiate.»

Ecco, Eric, ti ho detto il succo della questione. Sei soddisfatto? No, non sono un misantropo. Ma quel senso di vuoto che provi quando se ne va una
persona che è sempre stata di fianco a te è brutto, davvero tanto. E’ più facile evitare troppi legami, mantenere giusto quelli che hai ancora, perché ci tieni troppo.
Altrimenti ci soffri, e non è affatto bello, Eric.
Scusa se non dico queste cose ad alta voce. Tu sei curioso, ti stai interessando ai miei problemi, nessuno lo fa, e forse è meglio così.
Non voglio sembrare un frignone, non voglio annoiarti. Non voglio che la gente si preoccupi per me, Eric.
«Sì, capisco. Mi dispiace.» replica Eric, e per un attimo i suoi occhi verdi si velano di una leggera tristezza, e allora mi sembra sincero, terribilmente sincero.
Gli sorrido istintivamente.
Mi restituisce il quaderno, e poi l’insegnante di scienze entra in classe improvvisamente, ed Eric non aggiunge altro. Abbassa lo sguardo,
china il capo su un libro, e un sorrisetto trionfante gli increspa le labbra.
Certo che questo ragazzo è un bel mistero! Chissà perché ora sorride in questo modo. Forse mi trova buffo, non so.

Le ore a scuola passano lentamente, quando la campanella suona sono sfinito, mi sento la testa pesante come un mucchio di mattoni.
Rimetto i libri a posto i libri nella cartella, e finalmente mi dirigo verso l’uscita della scuola.
Eric mi segue, affiancandomi. Ha un passo lento, strascicato, bizzarro, e mi scruta con aria interrogativa.
«Eric, tutto a posto? Hai.. ehm..sai come tornare a casa, o la scuola nuova..non conosci bene la strada? »
La mia voce è un sussurro, e mi sento terribilmente idiota a preoccuparmi per questo ragazzo ricciolo dall’aria improvvisamente spaventata, confusa, fragile.
Mi rendo conto di quanto le mie domande suonino idiote, ma sono le prime cose che mi sono venute in mente non appena l’ho visto guardarsi in giro con aria dispersa.
Eric annuisce, sorridendo, e allora io lo saluto rassicurato, con un rapido cenno della mano.
Scendo di corsa la scalinata che conduce al portone d’ingresso, non voglio assolutamente perdere l’autobus. Ma prima di spalancare la porta mi volto istintivamente, cercando Eric con lo sguardo. Dio, ma quanto sarò stupido. Finirò per arrivare a casa a chissà che ora.
Eric si è fermato all’inizio della scalinata. Guarda i gradini, ed esita. Poi si aggrappa saldamente al corrimano, e scende lentamente, con estrema cautela. Sgrana gli occhi verdi, come terrorizzato, e le sue mani tremano. Sembra quasi che zoppichi.
«Ti sei fatto male? »Ecco che mi preoccupo un’altra volta. Mi avvicino a lui per aiutarlo, perché sembra che faccia davvero fatica a camminare, ma lui scuote la testa duramente. Il suo sguardo si fa improvvisamente freddo, tagliente.
«Non è niente.»
«Ti serve una mano? »
«Ti ho detto che non è niente, Sebastian. Ci vediamo domani, ok? Ciao. »
 Eric appoggia un piede sul pavimento, giunto finalmente al pianterreno, tirando un sospiro di sollievo. Socchiude gli occhi, si morde il labbro e corre via, allontanandosi da me.
Non posso fare a meno di pensare che, anche quando corre, abbia qualcosa che non vada. Non è niente di particolarmente grave, suppongo, altrimenti a correre nemmeno ci riuscirebbe, eppure sembra quasi saltellare, come se le sue gambe non facessero esattamente ciò che vorrebbe, o, piuttosto, come se non riuscisse a sorreggersi bene su di esse, o ad aprirle a dovere.


Finalmente salgo sull’autobus e mi perdo nei miei pensieri, nella musica, finché non arrivo a casa.
Non c’è nessuno a pranzare con me.
Mia madre pranza vicino al luogo dove lavora, con colleghi e amici. Io pranzo da solo, e tanto meglio così, tanto io e lei non facciamo altro che litigare.
 Non mi piace particolarmente cucinare, ma ormai ci ho preso l’abitudine, e non sono neppure un completo disastro, ai fornelli.
Però oggi non ne ho proprio voglia, così preparo solo un paio di panini, poi vado in camera a suonare.
Prima suono un paio di canzoni con la chitarra, poi con il basso, giusto per allenamento. Poi decido che, finalmente, devo registrare il nuovo brano, “White Sky” , 
l’ho provato così a lungo che non può venire male. Dopo aver registrato le tracce con i due strumenti, le carico impaziente sul computer, e le sovrappongo
con l’apposito programma. White Sky è un brano strumentale, io non so cantare.
Ascolto l’effetto finale, apporto qualche piccola modifica, e mi soddisfa abbastanza. Però si sente che manca la batteria.
Ma non posso farci granché, né ho intenzione di aggiungerne una elettronica, o via dicendo. Non fa per me, fare la musica in quel modo.
E poi non posso fare a meno di pensare a Marjane, a come sarebbe il pezzo se suonasse la batteria lei. Gli darebbe un tocco di dinamismo, calibrerebbe meglio il ritmo.
Ma Marjane non c’è, e non ho intenzione di sostituirla in questo modo.

Sono pronto per caricare la canzone sul mio canale di YouTube. Mi stupisco sempre di quanta gente lo segua, non riesco a crederci, è una fonte
di enorme soddisfazione, che inizialmente non mi aspettavo di certo. L’ho pubblicizzato qua e là, su facebook, tumblr, twitter..insomma, tutti i social network possibili.
E un po’ alla volta i fans sono cresciuti come funghi. Le mie canzoni vengono ascoltate, condivise, si diffondono. La gente mi scrive, mi fa i complimenti,
però non sanno chi sono realmente. Mi sono dato uno pseudonimo sul web, mi faccio chiamare “Reckless Elf”. Elfo incosciente, spericolato.
Mi piace, questa identità nascosta. Spesso chatto con musicisti, cantanti, o semplicemente con gente che ha i miei stessi gusti musicali.
Qualche minuto dopo che ho caricato la canzone e l’ho condivisa su vari siti, iniziano ad arrivare, su YouTube, alcune valutazioni, e un messaggio.
Guardo la posta, e, come prevedibile, si tratta del solito “Percy”.
Percy è..una specie di amico di tastiera. Non so assolutamente che viso abbia, ma siamo pressappoco coetanei, e ci scambiamo parecchi messaggi
su vari social network. Non conoscendolo, ovviamente, non gli do molte informazioni private, come ad esempio dove vivo, come mi chiamo realmente,
e anche lui fa lo stesso.
Però parliamo spesso di musica, è sorprendente quanto i suoi gusti siano simili ai miei, ma anche di libri, di disegno.
Per essere un diciassettenne, Percy ha hobbies davvero particolari.
Una volta mi ha detto di voler insegnare storia dell’arte, di studiare a un’accademia, finite le superiori.
Ah, e poi ha una voce pazzesca. Ha solo un paio di canzoni, sul suo canale YouTube, in cui canta accompagnato da una chitarra suonata piuttosto bene,
e una batteria niente male. Il basso non c’è, si sente la mancanza.

Apro il messaggio, leggendolo rapidamente.

“Ciao, Reckless. Questo nuovo brano è una figata!  Ti ho già detto che, per fare tutto da solo, sei davvero un genietto?
Sarebbe bello cantare con te, prima o poi. Però ho notato che questo brano ha un tono veramente triste, nostalgico.. o sbaglio? Anche senza un testo, questa canzone trasmette davvero tanto.”
Sorrido a quel messaggio, e gli rispondo subito. Percy ha sempre questo tono allegro, spontaneo. Mi sono chiesto spesso che aspetto abbia. Io lo immagino biondo, riccio, allegro e sempre in movimento.
“Ciao, Percy! Mi fa molto piacere che ti sia piaciuta la canzone. Effettivamente sì, sono un po’ giù di morale, ma niente di preoccupante.
Tu, piuttosto, che mi racconti di nuovo? Non carichi più nessuna canzone? Com’è andato il primo giorno di scuola, sempre che anche dalle tua parti abbiate iniziato oggi? “

Un paio di minuti dopo, Percy mi risponde. Dev’essere connesso.
“Sì, abbiamo iniziato anche noi oggi. Ho cambiato scuola, così la classe è nuova!”
Gli rispondo di nuovo immediatamente,e andiamo avanti così per un po’, a scambiarci messaggi
“Come mai, se posso chiedertelo? Ti trovavi male nella scuola vecchia? Come sono i compagni e i professori nuovi?”
“Sì, beh, non mi trovavo granché bene nella scuola vecchia, ma non è che me ne fregasse poi molto. Ho cambiato perché mi sono trasferito,
e per fortuna mi sono lasciato alle spalle un brutto periodo! I prof..va beh, sì, niente di speciale, e i compagni, visti così, non mi suscitano gran simpatia
o interesse, e poi sembrano addirittura intimoriti da me, anche se non è certo una novità! Però, in compenso, il mio vicino di banco è davvero un tipo interessante.”
“Hahaha, intimoriti? Ma dai, addirittura? Da come mi scrivi mi sembri un tipo allegro e solare, di conseguenza non riesco proprio ad immaginarti con un
aspetto spaventoso! E il tuo vicino di banco che tipo è?”
“Beh, per farti un’idea di che aspetto io abbia.. prendi come riferimento Syd Barrett! Ecco, sono più o meno come lui, fisicamente. Stessi riccioli scuri,
lineamenti simili, e corporatura esile. Ah, però i miei occhi sono verdi, non..buchi neri nel cielo, come dicevano dei suoi! Il mio vicino di banco, invece,
è un tipo alla Sebastian Bach, il cantante degli Skid Row, hai presente? Capelli biondi e lunghi, lineamenti delicati, quasi androgini. Insomma, una bellezza
particolare, non comune. E’ come vedere un personaggio di un dipinto, di un poema cavalleresco, di conseguenza non passa certo inosservato.
Sai la cosa buffa? Si chiama Sebastian anche lui! Comunque, la cosa pià interessante è il carattere. A primo impatto sembra timido, schivo, quasi scontroso.
Poi capisci che in realtà è triste, e cerca di nascondersi, chissà cosa c’è sotto. Mi piacerebbe conoscerlo meglio. E poi disegna benissimo, e ascolta la musica rock. “

Non appena leggo il messaggio, le mie mani iniziano a tremare sulla tastiera, e, incredulo, leggo e rileggo quelle parole innumerevoli volte.
Sta parlando di me. O di un ragazzo identico a me, con il mio stesso nome, ma è assai improbabile.
Faccio un paio di conti, e capisco che il ragazzo che mi ha scritto per internet per mesi non è altri che Eric Weymouth, il mio nuovo, bizzarro compagno di classe.
Percy è Eric. Incredibile, ma vero.
Non ho alcun dubbio su questo. Anche le descrizioni che ha dato di sé negli ultimi messaggi coincidono.
Lo saluto rapidamente con un messaggio, chiudendo la conversazione e dicendo che devo scappare, perché la cosa mi ha lasciato allibito,
chattare insieme ora non ha più senso.
Non so davvero che fare, ora. Da una parte sono felice, felicissimo.
Ho in classe una persona come Percy, potrei confrontarmi con lui su un sacco di cose, potremmo persino diventare..amici.
Ecco, e questo allo stesso tempo mi spaventa. Devo fidarmi? Ne vale la pena, di provarci un’altra volta?

Mentre sono impegnato in queste riflessioni sento il mio telefono squillare nella tasca, e, dopo averlo estratto, rispondo immediatamente, senza neppure
guardare chi mi sta chiamando.
«Pronto?» una voce femminile che riconosco immediatamente mi risponde, e sorrido istintivamente, anche se la persona dall’altro capo di certo non può vedere
la mia espressione.
«Marjane! Tutto a posto?»
«Sì, dai. Domani iniziamo la scuola, qui, ma volevo sapere com’era andato a te il primo giorno.»
E’ da due anni che non vedo Marjane. Quando me ne sono andato da Dublino aveva perso in parte quella vivacità che aveva da bambina, ma per lo meno sembrava
essersi leggermente ripresa da quel fatto terribile che ha sconvolto entrambi.
La sento spesso. Mi fa piacere che, anche se tramite telefono, io e lei possiamo ancora parlarci come una volta. Penso spesso a come dovrà sentirsi, sola a Dublino,
glielo chiedo sempre, ma lei mi rassicura, dicendo che ha fatto molta amicizia lì alle superiori, di non preoccuparmi. Speriamo me la conti giusta.
Le racconto del mio primo giorno di scuola, tralasciando i particolari inutili, e soffermandomi su Eric.
«Wow! Sembra un tipo figo, interessante. Facci amicizia, no?»
Marjane lo dice con un tono estremamente spontaneo e allegro, e non posso fare a meno di sorridere. Con lei mi comporto come ho sempre fatto,
così non ha idea di come invece mi rapporto con gli altri. Ho provato a spiegarglielo, che sono diventato scostante e diffidente, ma dubito abbia realmente capito.
Beh, ha ragione, non è mica nella mia testa, né lei né nessun altro.
Ma ora non ho voglia di fare questi discorsi deprimenti con lei, così le racconto che questo Eric è anche un ragazzo con cui chattavo da tempo,
che canta benissimo, e Marjane ride per la coincidenza
‎«Ma è strepitoso! Piccolo il mondo! Allora è proprio destino che diventiate amici, eh? Digli che sei tu!»
«Eh? Adesso, al computer?»
«No, no, intendo domani, in classe.»
«No, non credo che sia il caso..»
«Dai, Seb, quanto sei scemo. Perché no?»
«Perché poi saprebbe già un sacco di cose su di me, e già è un mezzo impiccione, e saprebbe persino che suono, figurati..»
«Meglio, no? Così entrate subito in confidenza. Dai, ti immagini la faccia che fa quando glielo dici? Poi mica devi vergognarti di suonare..»
«Non dovrei, lo so. Ma tu hai smesso con la batteria, però, no?»
Silenzio. Ho toccato un tasto dolente, ma ormai è troppo tardi. Non aggiungo altro, attendo una risposta.
«Non ho smesso affatto. La suono sempre, quando sono sola, sempre. Ma non voglio un gruppo. Senza di voi non è certo lo stesso, non ce la faccio.
Ma tu devi provare, Sebastian! Non stai bene, e hai bisogno di qualcuno simpatico e intelligente che ti sia amico, con cui puoi suonare tranquillamente insieme.
Fallo per me, non puoi perderti un’opportunità simile. »
«Ma come posso suonare con un cantante che non è Rick?»
Marjane sospira.
«Lo so, lo so. Ma è che.. penso che ti farebbe davvero bene. Io sono qui circondata da gente, tu sei solo, e se Eric.. se Eric fosse con te..non so,
mi ispira così tanta fiducia, questo ragazzo, io..non voglio costringerti, non pensare, è solo per il tuo bene, io..»
«Marjane? » la interrompo un attimo, percependo il suo tono preoccupato.
«Che c’è?»
«Ho capito, dai. Ci vado a parlare a quell’Eric. Prima o poi glielo dico che sono quello con cui chatta..più prima che poi, ok?»
Marjane ride leggermente.
«Bravo, è così che ti voglio! Ora devo scappare, ci sentiamo domani, in caso.»
«D’accordo!»
«Sebastian?»
«Eh? Non dovevi scappare?»
«Sì» ride Marjane «Ma mi ero dimenticata di dirti che ti voglio bene, stupido, anche se sono tanto lontana.»
Sorrido.
«Anche io, stupida, e pure un bel po’.»
 
 
  
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