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Autore: Mary P_Stark    19/11/2012    4 recensioni
Un incubo. O una premonizione. La giovane Brianna, studentessa modello di Glasgow, si sveglia di soprassalto, nel sangue un obbligo insopprimibile. E, nel modo più impensabile, si scontra con una realtà che non avrebbe mai pensato di scoprire. Né di vivere sulla propria pelle. Per Duncan, fiero licantropo e Alfa del suo branco, avviene la stessa cosa e, dal loro incontro, si scateneranno forze che neppure loro immaginano. Il mito di Fenrir, di ancestrale memoria, tornerà per avvolgere nelle sue spire Brianna, facendole comprendere che neppure lei, contrariamente a quanto pensa, è una comune umana. PRIMA PARTE DELLA TRILOGIA DELLA LUNA.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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XXX.



 


 

Rivedere Erika fu un sollievo.
Fin da quando l’avevo abbandonata di fronte alla casa di Marjorie, mi ero sentita in colpa nei suoi confronti.
La celerità con cui mi ero dovuta separare da lei, non aveva certo aiutato il mio cuore a non piangere.
Rendermi personalmente conto che stava bene, e non ce l’aveva con me, fu perciò una gioia.
Rimasi stupita nel trovare anche Lance ad attenderci e, abbracciandolo con foga, esalai contro il suo petto robusto: “Scusa se ho fatto stare in pensiero anche te!”
Lance mi sorrise calorosamente, stringendomi in un abbraccio stritolante e sussurrandomi all’orecchio: “Erika mi ha spiegato i tuoi motivi, e mi sono sfogato per bene su Duncan, quindi ora sono solo felice di vederti. Bentornata, principessa.”
“Grazie” mormorai, sogghignando in direzione di Duncan, che ammiccò.
“Sono stati molto loquaci, questi due, con me. Se si fossero messi d’accordo, non avrebbero potuto essere più terrificanti” celiò Duncan all’indirizzo di Erika e Lance, che ridacchiarono complici.
Lance scrollò le spalle all'indirizzo di Duncan e fece finta di snobbarlo, dedicandosi completamente a Mary B e Gordon, che avevano osservato l’intera scena con un sorrisino sul volto.
Di sicuro, erano in attesa di qualche spiegazione in merito.
Allungando la sua enorme mano, Lance si presentò con entusiasmo: “Tanto piacere, Mary Beth. Finalmente ci incontriamo di persona. Io sono Lance. E tu sei Gordon, vero?”
“Il piacere è mio, Lance” replicò Mary B, stringendogli la mano con un sorriso abbastanza sereno in viso.
“Lance” disse poi, Gordon, stringendo a sua volta la mano di Hati.
“Non dovete badare a questo piccolo battibecco. Sapete, quando Brianna se n’è andata di colpo, lasciandoci con un palmo di naso, ce la siamo presa con l’unico responsabile e abbiamo fatto un po’ di … confusione” spiegò loro Lance, tornando a lanciare a Duncan un’occhiata divertita.
Serafico, Duncan si volse in direzione di Mary B, che lo stava scrutando comprensiva e, sogghignando, ci tenne a precisare: “E’ stata più di un po’ di confusione, Mary, ma non starò qui a mettere in imbarazzo il mio Hati, dicendo come mi ha trattato.”
“Troppo gentile” lo ringraziò Lance, inchinandosi ironicamente al suo cospetto.
Sorrisi, nel vedere Lance così lieto e libero da fantasmi.
Sapere che il mio ritorno lo aveva reso così felice, mi convinse una volta di più che, restare nel branco, era un imperativo primario, per me.
Non solo per diventare Prima Lupa e compagna di Duncan, ma anche per Lance, Jerome ed Erika, i miei insostituibili amici.
Per loro, mi sarei battuta fino alle stremo delle forze.
Sarah e John, comparendo dalla cucina, interruppero quel flusso di pensieri.
Con grandi sorrisi e strette di mano, si presentarono a loro volta, dando un benvenuto più che caloroso alla mia famiglia, cosa di cui fui più che grata.
Mentre l’intero gruppo si dirigeva verso il salone, io e Sarah restammo in coda al gruppo – era evidente che voleva parlarmi di qualcosa.
Sorridendomi compiaciuta, chiosò: “Visto che si è risolto tutto?”
“Non proprio… Mary B ha dovuto perdere suo marito e la casa, per salvarmi” replicai con un piccolo sospiro. “E, da quel che ho capito, dovrò sudare sette camicie per avere Duncan tutto per me.”
Sarah si adombrò subito in viso, mormorando: “Non avevo saputo del suo lutto. Mi spiace immensamente.”
“Sembra l’abbia presa bene, nonostante tutto…” ammisi, scivolando in cucina con Sarah, mentre gli altri si accomodavano a tavola. “… anche se non so quanto di quel che vedo sia vero, e quanto sia scena.”
“Avere te e Gordon vicino, la aiuterà, e ci sarò anch’io, se vorrà parlare con me” sorrise un momento Sarah, prima di chiedermi: “E così, Duncan ti vuole come sua Prima Lupa? Pensavo che avrebbe aspettato un po’, prima di presentarti al clan come Prescelta.”
“Nessuno dei due vuole aspettare, a dir la verità” borbottai, arrossendo mio malgrado. “Anche se ammetto che non immaginavo ci sarebbe stato bisogno di battermi, per averlo.”
“Pensavi davvero che un Fenrir potesse prendere per sé la prima donna che gli venisse in mente?” mi irrise bonariamente Sarah. “Lui può scegliere, è un suo diritto inalienabile, ma le lupe del branco possono ribattere. Funziona così. Sua è solo la scelta, ma tutto il resto deve passare attraverso il benestare del branco.”
“Ha un che di logico, o potrebbe capitarvi una Prima Lupa non adatta al ruolo” ammisi cauta.
Sorridendomi calorosamente, Sarah mi rassicurò subito. “Sei forte a sufficienza per vincere contro chiunque ti si metterà contro, con o senza poteri. Il tuo amore per lui è profondo, quindi non teme rivali.”
“Dici?” mugugnai, dubbiosa.
Lei annuì, sicura, prima di aggiungere in un sussurro: “Il suo odore su di te permarrà ancora per molti giorni. Già questo farà sbarellare molte lupe, distraendole. E’ una buona cosa.”
Arrossii tremendamente, esalando sconcertata: “Lo fai apposta, vero?”
“Ammetto che è divertente” ammiccò, prima di tornare seria e chiedermi: “E’ stato gentile, con te? Non ti ha forzata, vero?”
Scossi il capo, sussurrando: “Non avrebbe potuto essere più … beh, più…”
Sorridendo divertita, Sarah sollevò una mano come a volermi fermare, e asserì: “Okay, ho capito. Non voglio conoscere le doti amatorie di mio nipote. Mi basta sapere che non è stato cafone con te. Sai, dopotutto, è un po’ come se fossi sua madre, e mi fa piacere sapere che si comporta bene.”
Ammiccando, celiai: “Bene? Ottimamente, direi!”
Sarah rise divertita di quella mia uscita e, insieme, portammo le pietanze nel salone dove, curiosamente, notai un leggero rossore sulle gote di Duncan e un ghigno beffardo sul viso di Jerome.
Posato che ebbi il piatto degli antipasti sul tavolo in stile Chippendale, fissai curiosa Duncan prima di spalancare lentamente gli occhi e arrossire a mia volta.
Solo in quel momento, mi resi conto dei motivi del suo imbarazzo e del sogghigno del cugino. 
Mi ero completamente dimenticata, che loro potevano sentirci anche dalla cucina!
Ridacchiai, facendo la lingua con aria birichina e John, ammiccando nella mia direzione, mi rassicurò con il suo tono di voce mansueto e calmo. “Ti ci abituerai, ne sono sicuro.”
“Lo spero!” esalai, sedendomi al fianco di Duncan. Gli diedi una pacca su una gamba, a mo’ di scuse.
“Non fa nulla. Dopotutto sei stata lusinghiera” sussurrò, baciandomi per un attimo.
Gordon tossicchiò – era seduto al mio fianco – , richiamandoci all’ordine e io, dandogli di gomito, lo minacciai ironicamente. “Fallo un’altra volta e ti appendo al muro.”
Lui si limitò a ghignare beffardo mentre Duncan, piegandosi verso Sarah, sussurrava: “Sheoban e Connor?”
“Sono ben sorvegliati. Branson e Talulah li controllano e, fuori casa loro, ci sono dieci Mánagarmr di alto rango. Non possono scappare” sussurrò a sua volta Sarah, lo sguardo sicuro di sé, degno di una Freki con i fiocchi.
Ero più che certa che avere Sarah, come nemico, dovesse essere un vero incubo.
I suoi occhi, da gentili e premurosi che erano, si trasformavano in due pezzi di ghiaccio non appena il suo ruolo veniva chiamato in causa.
E, quando io vedevo gli occhi di Freki sul suo viso, sapevo che, di lei, i nostri nemici avrebbero sempre avuto rispetto e timore.
Averla in Consiglio era un sollievo.
Non dovevo dimenticarmi che, oltre alla mia prova di fronte al branco, avremmo prima di tutto dovuto giudicare Sheoban e Connor per il loro tradimento.
Non avevo parlato con Duncan delle reazioni del branco, di fronte a ciò che avevo scoperto, ma ero praticamente certa che le fazioni fossero spaccate.
Sheoban e Connor, dopotutto, avevano un seguito piuttosto nutrito, e dubitavo fortemente che il branco, pur di fronte alla realtà dei fatti, si fosse schierato all’unisono contro di loro.
In ogni caso, non avrei affrontato l’argomento di fronte alla mia famiglia. Non volevo rovinare quei momenti di pace appena ritrovata.
Sbirciando in direzione di Erika, che stava intrattenendo con un fiume di chiacchiere Mary B e Gordon – il cui sguardo era ben fissato su di lei – , le sorrisi di straforo e la ringraziai mentalmente. “Grazie, sorella, per la copertura. Non vorrei mai si preoccupassero, vedendo Sarah e Duncan confabulare.”
“Di nulla, Brie. Lo faccio volentieri” ammiccò Erika, senza mai perdere la concentrazione sul discorso che stava esponendo. Come ce la facesse, solo lei lo sapeva. Io mi sarei incartata subito.
Lance mi lanciò un sorriso da oltre la tavola, e asserì mentalmente: “Riuscirai anche tu, con un po’ di pratica, è solo questione di allenamento, esattamente come per il tuo dono. Allenamento e ancora allenamento.”
“Sembra non faccia altro, ultimamente.”
“Così è la vita” replicò, allargando il suo sorriso. “Non vedo l’ora di vederti nella tua seconda forma. Jerome ha detto che è splendida.”
“Oh, non ti ha detto come sono, eh? Ma che bravo, che è diventato” ridacchiai tra me, lanciando uno sguardo a Jerome, che stava servendo del vino a Mary B.
“Sì, ha voluto mantenere il segreto, e questo mi incuriosisce molto. Vuoi darmi qualche dritta tu?”
“Ti piacerò” sogghignai furba.
Lance si lasciò scappare una risatina, che soffocò dietro una sorsata di buon vino bianco mentre io, scrollando le spalle, mi dedicai alla tartina che tenevo in mano, notando al contempo l’occhiata curiosa di mio fratello.
Avrei dovuto dir loro qualcosa, in ogni caso.
Se malauguratamente fosse successo il peggio, avevano per lo meno il diritto di conoscere i motivi della mia fine prematura.
Aspettai però la fine del pasto per parlarne e, dopo aver attirato fuori casa Gordon con la scusa di dare un’occhiata all’auto di Jerome, lo guardai dubbiosa prima di dire: “Domani dovrò presentarmi di fronte al branco, e Duncan mi proclamerà sua Prima Lupa.”
Gordon, le mani in tasca e uno sguardo ammirato puntato sulla Alfa Romeo GT color rosso fiammante di Jerome, si irrigidì un poco prima di volgere gli occhi per fissarmi ombroso.
Turbato, mi domandò: “Sua… Prima Lupa? La sua compagna, intendi?”
“Esatto” annuii.
“E a te sta bene? Sì, insomma… non è che vi conoscete da tanto, e mi sembra un passo piuttosto impegnativo” tentennò, non sapendo bene come esprimersi.
Lanciai uno sguardo al cielo, coperto di nubi leggere che oscuravano la luna e le stelle, prima di prendere un respiro profondo e avvicinarmi maggiormente a lui.
Da quando ero diventata un licantropo, mi veniva istintivo cercare un contatto fisico con gli altri.
Gli sorrisi gentilmente, prendendo una delle sue mani tra le mie, e spiegai più approfonditamente ciò che gli avevo appena esposto.
“Non ci dobbiamo sposare domani, Gordon. E’ una cosa diversa. La Prima Lupa è, sì, la compagna per la vita di Fenrir, ma questo non vuol dire che convoleremo a nozze nel giro di una settimana.”
“Ma è che arriverete. Almeno, per quel che riguarda il mio mondo… che, mi sembra di capire, non è più il tuo” precisò Gordon, sfiorandosi il petto con la mano libera.
Lo guardai preoccupata, timorosa che non mi comprendesse più appieno come un tempo.
Con un sussurro turbato, gli chiesi: “Mi reputi tanto diversa da prima, Gordon? Non più… Brie?”
“Stupida” brontolò, dando una stretta alle mie dita, come per cancellare quel dubbio da me. “No, sei ancora mia sorella, anche se sei più forte di prima, e metti su pelo.”
Ridacchiai. Sì, Duncan aveva ragione. Avevamo lo stesso modo di fare battute.
Gordon accennò un sorrisino, e proseguì nel suo dire. “E' evidente, però, che ora dovrai vivere secondo regole diverse dalle mie, il più delle volte. Per questo ti chiedo; sei sicura di lui? Vuoi davvero legarti a un uomo tanto più vecchio di te, e appartenere a lui per tutta la vita? In fondo, hai conosciuto solo Leon, prima di Mister-Fisico-da-Paura.”
Ridacchiai a quel nomignolo, prima di replicare: “Conosciuto è una parola grossa. Soprattutto se la intendi come immagino tu voglia intenderla.”
“Oh… quindi non… non ci sei andata a letto? Con Leon, intendo” biascicò Gordon, diventando scarlatto in viso.
Arrossii anch’io.
Non erano certo argomenti di cui volessi parlare con lui, ma comprendevo bene la sua ansia – dopotutto, era l’unico uomo in famiglia che mi rimaneva – perciò preferii essere onesta con lui.
“No, non ho fatto nulla, con lui, a parte qualche strusciamento. Non mi sentivo pronta.”
“E con Duncan?” riuscì a chiedermi.
Sospirai, cercando di mettere a parole ciò che provavo per Duncan, ciò che il mio cuore sentiva quando ero con lui, ciò che il mio corpo provava quando le sue mani sfioravano la mia pelle.
“Con Duncan, c’è molto più che comprensione e desiderio reciproco. Le nostre anime sono legate, si sono scelte prima ancora della mia nascita. Anche se non fossimo diventati amanti, io, Duncan, Jerome e Lance avremmo sempre provato l’uno per gli altri un sentimento più profondo di qualsiasi altro, perché ci apparteniamo da sempre.”
Mi guardò confuso, quasi impaurito, così gli spiegai della quercia sacra, di ciò che avevo visto in lei, delle anime che tornavano alla Madre dopo la morte, e che da Lei venivano reindirizzate ad altrettanti nuovi nati, in un flusso continuo e senza interruzione.
Gli raccontai ciò che avevo visto nei suoi ricordi, il momento in cui la mia anima aveva sfiorato quelle di Duncan, Jerome e Lance ancora bambini e come, pur essendo contro natura, io fossi riemersa di mia spontanea volontà, certa di tornare proprio in quel branco, con quelle persone.
Forse era vero che qualcuno dava una spintarella alle nostre vite, visto come io e Duncan ci eravamo trovati, ma di questo non potei che esserne lieta.
Ero dove avevo deciso di essere ben prima della mia nascita, e ciò mi bastava.
Gordon mi fissò sbattendo le palpebre, trovando il mio discorso piuttosto empirico.
Rise nervosamente, dicendomi che solo io, che ero così razionale e con i piedi per terra, avrei potuto finire in un guaio così colossale e mistico.
Risi a mia volta, quando lo disse, e compresi che il suo sforzo di comprendere fatti che, anche a me, sembravano quasi impossibili, era solo il sintomo primo del suo grande amore per me.
Lo abbracciai, pur sapendo quanto questo lo mettesse in imbarazzo, e mormorai con calore: “Spero di avere il tempo di spiegarti con più calma tutto ciò che sono, che siamo. Ma sappi che ti vorrò bene per sempre.”
Gordon mi scostò da sé, ansioso, ed esalò: “Cosa vuoi dirmi?”
Gli carezzai il viso, di cui conoscevo ogni tratto, ogni pregio e ogni difetto.
Affettuosa, mormorai: “Il branco potrebbe non accettarmi come sua Prima Lupa, e potrei dover affrontare uno o più scontri, contro coloro che non mi ritenessero all’altezza di tale compito.”
“Ma… ma se hai detto che hai questi… beh, questi poteri con cui… con cui puoi fare quel che vuoi?” biascicò Gordon, balbettando spaventato, gli occhi enormi e colmi di una paura che avrei voluto dissipare con il mio affetto.
“Non si tratta di giudicare la wicca. Ho già ricevuto la mia Iniziazione, e tutti riconoscono il mio titolo. Si tratta di riconoscere la Prima Lupa, che è un’altra cosa. Neppure sanno che sono diventata un licantropo e, visto che ho ancora addosso l’odore di Duncan, nessuno se ne accorgerà finché non muterò di fronte a loro” mormorai con un sospiro.
“Odore?” borbottò Gordon, la confusione nei suoi occhi.
“L’odore di Fenrir è più persistente degli altri” annuii. “Mi ha marchiata come sua, per così dire, e di questo si renderanno conto tutti, e subito. Ma, prima di poter dare libero sfogo alle loro recriminazioni, c’è un’altra cosa di cui dobbiamo occuparci. Hai sentito ciò che ho detto ad Abraham, prima di aprire la sua mente ai ricordi, no?”
Lui annuì, attento a ciò che stavo dicendogli.
Seria in viso, proseguii dicendo: “Domani processeremo per falso, e condotta incresciosa, la vecchia coppia dominante del branco, rei di aver tenuto all’oscuro di tutti il fatto che Abraham fosse vivo, nonostante le colpe da lui commesse, colpe per cui avrebbe dovuto essere ucciso dal Freki del branco."
Sospirai, ma riuscii comunque a proseguire nel mio resoconto. "Lui uccise sua madre, una wicca come me, e scappò. Suo padre, il vecchio Fenrir di questo branco, non lo fece uccidere come avrebbe dovuto, e tenne nascosta la cosa al clan. Beh, hai visto cos’ha combinato, no, Abraham, spifferando quel che sapeva sulle wiccan a Patrick e i suoi cugini?”
Aggrottando la fronte, Gordon ringhiò: “Sì, ha rischiato di farti ammazzare. Per questo, papà ci portò in America, allora! Per proteggere te, la mamma e la nonna.”
“Esatto. Fu per il timore di ciò che avrebbe potuto accaderci se Abraham, o Patrick, avessero scoperto quali famiglie portavano con sé il dono delle wiccan” spiegai, scura in volto. “La famiglia della madre di Abraham, i Vaughan, è imparentata con noi, e questo legame di sangue li ha portati fino a me, la mamma e la nonna.”
Reclinando il capo, Gordon esalò: “Ti avrebbero uccisa solo perché… perché…”
Annuendo, dissi per lui: “…perché ero legata ai loro più acerrimi nemici? Sì.”
Sgomento, Gordon mi chiese: “E la mamma? Mamma e papà sono morti perché… per causa loro?”
Gli sorrisi tristemente, scuotendo il capo. “No. Quando ho toccato la mente di Abraham, ho cercato anch’io quel genere di informazione. All’epoca, ancora non sapevano dei McKenna, per cui fu solo un tragico incidente. Ma, quando Patrick ci prese con sé, sapevano, e attesero che io mi mostrassi per quella che ero, perché fossi in qualche modo d’aiuto per catturare i licantropi. Non sapevano che, senza licantropi nei dintorni, io non potevo destarmi al potere.”
Lo dissi con una punta di ironia nella voce e Gordon, sorridendomi appena, commentò: “Davvero pensavano che li avresti aiutati?”
Scrollando le spalle, borbottai: “Visto quel che volevano fare a Duncan quando lo trovai, immagino avrebbero usato sistemi di persuasione molto simili.”
Gordon rabbrividì, ed esalò scandalizzato: “Credi davvero ti avrebbero torturata?!”
“Sì” dissi senza mezzi termini. “Abraham pensava che avrei potuto condurli direttamente ai capi, grazie alle mie capacità di riconoscere i licantropi. Era questo il suo intento ma, finché non avesse avuto la certezza che il mio potere esisteva sul serio, non mi avrebbe mai portato al cospetto della loro cricca. Temeva lo avrebbero preso per un idiota.”
“E tu non avresti mai potuto esibirti in nulla, senza un licantropo nelle vicinanze. Ha un che di ironico. Probabilmente, se ti avessero condotta con loro durante una delle loro battute di caccia, avresti dato loro ciò che volevano, e senza accorgertene” commentò Gordon, sardonico.
“Già. Hanno giocato male le loro carte” annuii, scrollando le spalle. “Spero solo che, ora che Patrick e Abraham sono morti per cause apparentemente naturali, smettano di tenerci d’occhio. Ho cancellato i loro ricordi, perciò non dovremmo più essere di nessun interesse, per loro. Visto soprattutto che Mary B non faceva parte della cricca dei Cacciatori.”
“Io, fossi in te, dormirei con un occhio aperto, per intenderci” ammiccò Gordon, prima di tornare serio e aggiungere: “Presterai attenzione, vero, domani? Sono stanco di perdere i membri della mia famiglia.”
Sorrisi, e annuii convinta. “La posta in gioco è alta, ma io sono una che non si tira indietro. Mi batterò con tutta la forza che ho, per tornare da te, Mary B e Duncan.”
“Naturalmente, noi non potremo assistere?” osservò Gordon, scrollando le spalle come se fosse ovvia la mia risposta negativa.
“No. E’ una cosa che riguarda il branco. E onestamente, se tu fossi presente, mi sentirei male per te, e questo mi distrarrebbe” ammisi candidamente.
Annuì, forse soddisfatto dalla mia risposta, e mi promise: “Aspetterò qui con Mary B, e pregherò per te.”
“Grazie, Gordon” mormorai, sollevando poi gli occhi a scrutare il cielo, pregando che il giorno seguente non piovesse.

***

Raggiungemmo il Vigrond con passo tranquillo, impegnati a rimuginare su quanto sarebbe successo di lì a poco e, soprattutto, su come il branco avrebbe preso la notizia che io ero diventata, a tutti gli effetti, una di loro.
Prima di qualsiasi altra cosa, però, dovevamo portare a termine la faccenda legata a Sheoban e Connor. Loro dovevano essere il nostro obiettivo principe.
Poiché la maggior parte del Consiglio era composta di Anziani che avevano avuto a che fare – teoricamente – con l’insabbiamento operato da Connor, i Mánagarmr presenti sarebbero stati davvero tanti, cosa che mi angustiava non poco.
Speravo davvero non si arrivasse allo scontro perché, altrimenti, sarebbe corso più sangue di quanto avrei sopportato.
Quando infine arrivammo a costeggiare la radura del Vigrond, scorsi i due schieramenti nettamente separati tra loro.
I membri più anziani erano raggruppati nell’ombra, come se temessero lo sguardo di qualcuno in particolare, mentre i più giovani componenti della falange consigliare erano in attesa, riuniti in prossimità della quercia sacra.
A giudicare dai loro volti irritati, erano desiderosi di sapere cosa sarebbe successo alla vecchia guardia del Consiglio.
Tra essi, scorsi sopra a tutti Johnathan, che ammiccò, salutandomi.
Sorrisi, lieta che fosse in prima linea tra i consiglieri giunti al Vigrond per quell’adunata.
Scrutai uno a uno i volti degli altri membri, tra cui vidi anche una seria e rigida Marjorie, a cui però feci poco caso, dopodiché puntai il mio sguardo sugli imputati, fermi in mezzo alla radura circolare del Vigrond.
Lì, notai Sarah nelle oscure vesti di Freki, ferma accanto a Connor, un’espressione talmente glaciale sul viso che rabbrividii.
Ora era un sicario, non la dolce Sarah che conoscevo.
Accanto a Sheoban, che mi fissò con occhi velenosi, notai un uomo mastodontico, dai possenti bicipiti messi in evidenza dalla stretta maglia nera a maniche corte che indossava.
Ai lati del torace enorme, portava una doppia fondina da spalla con due pesanti pistole a portata di mano, quasi sicuramente caricate ad argento.
Agli avambracci erano legati due foderi di pelle nera dove splendevano, sinistri, un paio di coltelli da lancio dall’elsa metallica piatta e allungata.
Provai istintivamente un brivido di terrore salirmi lungo la schiena, all’idea di cosa avrebbero potuto farmi quegli affari, se mi avessero colpita.
Quel sicario dall’aria poco rassicurante non poteva che essere Geri.
Distogliendo lo sguardo da quelle armi letali, puntai gli occhi sul suo viso abbronzato e circondato da ricci capelli castano chiari, segnato da una cicatrice sottile che tagliava di netto il sopracciglio destro.
La sua espressione era non meno fredda e calcolatrice di quella di Sarah tanto che, per qualche motivo, la sua presenza mi fece ancor più impressione rispetto a quella di Freki.
Dietro di loro, controllati a vista da un numero non indifferente di alfa, si trovavano coloro che avevamo ritenuto in combutta con Sheoban e Connor.
Nel complesso, l’atmosfera era più tesa di una corda di violino ben accordata, e non me ne stupii.
Quella doveva essere una scena che non si vedeva tutti i giorni, al Vigrond. O almeno così sperai.
Duncan scrutò uno a uno i vecchi Gerarchi del branco assieme agli anziani Geri e Freki che, anni addietro, erano venuti meno al loro dovere.
Per un momento, l’astio dentro di lui parve consumarlo.
Il loro tradimento pesava sicuramente più di un insulto rivolto a lui personalmente, ma ero certa che non avrebbe mai permesso alla rabbia di cancellare dalla sua mente ciò che dovevamo fare.
Dopo aver preso un leggero respiro, come per chetarsi, si volse a fissare Geri per poi dirmi: “Lui è Branson Tyler.”
“L’avevo immaginato” rabbrividii, ghignando. “Quelle due specie di cannoni che ha addosso, sono caricate a…?”
“Ad argento, sì. E’ l’unico membro del branco a poterle usare. Essendo umano, Geri deve possedere qualche arma per poterci braccare con efficacia” ammiccò Duncan, salutando con un cenno rispettoso del capo i suoi due sicari.
Ci avvicinammo per diretta conseguenza e, dopo aver stretto la mano a Sarah, mi rivolsi finalmente a Branson. Sorridendomi per un attimo, lui fece un cortese cenno del capo e mormorò: “E’ un onore conoscerti, wicca.”
“L’onore è mio, Geri. Spero che la tua mano sia veloce, e lesto il tuo passo” replicai a mezza voce, cercando di non apparire impaurita dalle sue armi.
Ammiccò, battendo una mano su una delle pistole, e chiosò: “Li sono entrambi, wicca, non dubitare. Occhio e mano opereranno all’unisono per portare la giustizia.”
“Ne sono lieta” annuii soddisfatta, prima di guardare Sheoban e aggiungere: “Alla fine, giungiamo alla verità.”
“Non avresti dovuto impicciartene” mi sibilò contro.
Sollevai un sopracciglio con ironia e dichiarai divertita: “E lasciarti fare quel che volevi? No, grazie. Non mi faccio dire da nessuno come comportarmi, men che meno da una traditrice come te. Hai ottenuto il potere di fare quel che volevi grazie a Lionors, e desideravi fare altrettanto con me e Duncan, ma stavolta ti è andata male.”
Detto ciò, avanzai con Duncan per portarci in mezzo al cerchio di licantropi presenti, seguiti dalle occhiate curiose di tutti – e dallo sguardo astioso di Marjorie che, presumibilmente, aveva già compreso cosa fosse successo tra di noi.
Una volta raggiunto il centro esatto della radura, esclamai a gran voce: “Miei compagni e amici, come già Fenrir ha provveduto a comunicarvi in questi giorni, le prove della colpevolezza dei membri Anziani del Consiglio, schierati di fronte a voi, sono state portate qui per essere sottoposte alla vostra attenzione e al vostro giudizio!”
Jerome estrasse da una carpetta le foto incriminanti – che aveva tenuto saldamente in mano fino a quel momento – oltre ai documenti sulle wiccan che avevamo prelevato dai computer dei Cacciatori di Glasgow.
Serio e dignitoso, degno dello Skoll quale lui era, procedette a mostrare a tutti i licantropi ciò che avevamo scoperto.
Per diretta conseguenza, un brusio violento si levò tra i presenti.
Zittendoli con un gesto, aggiunsi: “Ho avuto modo di parlare con Abraham, figlio di Connor e Lionors, la nostra precedente wicca, , e ho scoperto cosa successe nell’infausto giorno della sua dipartita."
Attesi di avere la loro completa attenzione, prima di riprendere a parlare. "La paura per il sangue che scorreva nelle sue vene lo spinse all’omicidio, e questo scatenò nella sua mente il seme della follia. Dimenticò volontariamente il nome di suo padre, di cui non aveva saputo nulla fino all’età di sedici anni, e in lui rimase solo l’atavica paura nei confronti di quell’uomo, la cui colpa era di essere un mostro, ai suoi occhi. Oltre a ciò, portò con sé, nella mente e nel cuore, l’odio imperituro per la figura della madre, che lo aveva messo al mondo solo per il bene del branco, e non per amore.”
Nel dirlo, lanciai un’occhiata inferocita a Sheoban che, per contro, non calò minimamente lo sguardo, sostenendo la mia accusa con una faccia tosta che mi fece infuriare ancora di più.
Mi volsi verso di lei, domandandole formalmente: “Hai nulla da dire a tua discolpa, Lupa Madre?”
Pur non volendo, quel titolo onorifico le spettava ancora. Almeno, fino al verdetto definitivo del branco.
“Non ho nulla da dire a una ragazzina senza nervo come te, anche se nelle sue vene scorre sangue ancestrale” mi rimbeccò aspra. “Se fossi veramente degna del titolo che è in te fin dal momento della tua nascita, allora capiresti che ciò che feci fu giusto!”
Aggrottai la fronte ma non dissi nulla, ben decisa a non mostrare alcun segno di cedimento di fronte a lei, ma Duncan non fu di quell’avviso.
Mi oltrepassò fino a giungere di fronte a Sheoban e, con una rabbia che non gli avevo mai visto negli occhi, sibilò pericolosamente: “Tu risponderai alla nostra wicca… ORA!”
Quell’imposizione, urlata a denti stretti, oltre all'uso della Voce, fece paralizzare tutti, me compresa, che ora potevo comprendere fino in fondo il potere contenuto nel suo timbro vocale.
Rabbrividendo leggermente, gli sorrisi per un attimo quando lo vidi tornare da me, e mormorai: “Grazie, ma non era necessario.”
“E’ una legge del branco, wicca. Chi ti manca di rispetto, deve essere messo in buon ordine. Subito” mi spiegò, serio in viso.
Era ben lungi dall’essersi calmato, lo potevo notare dai pugni stretti lungo i fianchi e dagli occhi che, con mio timore malcelato, stavano colorandosi d’ambra.
Annuendo, proseguii dicendo: “Ti ripeto la domanda, Lupa Madre. Hai nulla da dire in merito?”
La vidi digrignare i denti, lottare con tutta se stessa per non abbassarsi ad accettare l’imposizione di Duncan, ma dovette cedere, non meno degli altri licantropi, al potere di Fenrir.
Forse era la prima volta in vita sua che doveva soccombere a un trattamento simile, lei, l’orgogliosa Lupa Madre di Matlock.
La fissai senza provare pietà – e sentendomi male per questo – mentre lei si mordeva un labbro a sangue per non parlare.
La gola vibrava, desiderosa di gettare fuori le parole che lei non avrebbe mai voluto dire, soprattutto non di fronte a tutte quelle persone, riunite per vederla crollare sotto il peso del suo stesso impero.
Parlò con il fiele nella voce, fissandomi come se avesse voluto tagliarmi la testa con lo sguardo – e cercò di farlo, in effetti.
Innalzando una barriera sufficiente per respingere il suo attacco mentale, ascoltai con attenzione ciò che la sua mente, contaminata dal potere oscuro, l’aveva spinta a desiderare.
“Tu non puoi capire, stupida ragazzina, cosa voglia dire venire dal niente e vedere la guerra approssimarsi alla tua casa, a quel poco di tuo che hai ottenuto con il sudore della fronte” mi sputò addosso, gli occhi grigi ridotti a due esuli fessure di fuoco. “Dovevo farlo! Il potere di Lionors ci avrebbe protetti tutti!”
“Non metto in dubbio questo, Lupa Madre, ma ciò che avvenne dopo” replicai gelida.
Levò il mento, fiera e superba come poche altre persone avevo conosciuto nella mia breve vita e, sfidandomi con lo sguardo, ringhiò: “Fenrir serve il branco più degli altri; era dovere  di Connor fare quanto dovuto per la sua protezione.”
“Ed era dovere tuo sfruttare i poteri di Lionors, una volta ottenuto da lei ciò che volevi, e cioè il figlio che l’avrebbe legata a vita al clan, o meglio, a te?!” le ritorsi contro, accigliandomi.
Non abbassò lo sguardo, né fece nulla per negarlo, e molti bisbigli inorriditi si levarono tra gli alfa presenti.
Avrei tanto voluto unirmi al loro disgusto, ma avevo quel processo da portare avanti. Mi sarei concessa in seguito di provare raccapriccio per ciò che stavo leggendo nel suo sguardo.
Fissando un momento Duncan, gli chiesi: “Puoi obbligarla a dire la verità, qualsiasi sia la domanda da me posta?”
“Sì, wicca” annuì, fissando Sheoban con una sorta di sadica soddisfazione.
Sheoban se ne accorse, perché disse sprezzante: “Fai il prepotente fin da quando lei è giunta qui e, a giudicare dall’odore ha su di sé, non ha impiegato molto per irretirti. Eri e rimani un debole, Duncan, esattamente come tuo padre!”
Cercai di non scagliarmi contro di lei come invece avrei voluto – la luna piena era passata, ma ero ancora troppo vicina al plenilunio per non sentire la bestia digrignare i denti e raspare con gli artigli, decisa a cercare giusta soddisfazione.
Serafica, mi limitai a dire: “Quel che riguarda me e Fenrir lo discuteremo più tardi.”
“Quanto a definirmi prepotente, penso di aver semplicemente aperto gli occhi su una cosa che andava avanti da fin troppo tempo, e ringrazio la Madre Terra per aver condotto sulla mia strada Brianna, perché ho finalmente compreso quanto stavi facendo a tutti noi” proseguì al posto mio Duncan, ammiccando nella mia direzione.
“Lo vedi? Sei sottomesso a lei!” ringhiò Sheoban, rivolgendosi poi ai presenti per esclamare con enfasi: “Non vedete come questa ragazzina sta plagiando il nostro Fenrir? Non dovreste permetterle di agire in questo modo! Uccidetela, e liberateci da questo spirito maligno!”
Oh, non faticavo a comprendere i motivi di un potere così duraturo, vista la veemenza e il sentimento contenuti nelle parole di Sheoban.
Se non avessi conosciuto perfettamente la verità, avrei dubitato anch’io di me stessa, temendo di aver spinto Duncan a fare cose in cui non credeva realmente.
Scorsi diversi sguardi puntati su di me, prima di vederli passare a Duncan, dubbiosi e indecisi.
Sospirando leggermente, distolsi lo sguardo da Sheoban per replicare infastidita: “Vi basta davvero così poco, per perdere fiducia nel vostro Fenrir? Bastano quattro parole dette di una donna dichiaratamente colpevole, per mettere in dubbio il potere e la forza della vostra guida?”
Nessuno parlò, ma molti si guardarono in viso, confusi, e Sheoban ne approfittò per continuare scaltramente nel suo piano.
“Deve addirittura farsi difendere da lei. Non vi rendete conto che non è in grado di governarvi?”
Duncan, che fino a quel momento era rimasto in silenzio ad ascoltare i suoi insulti, le si rivoltò contro. Ringhiò feroce, mettendo in mostra una fila di denti che stavano pericolosamente diventando zanne acuminate.
Con occhi saettanti d'odio, sibilò: “Di’ la verità su ciò che mi imponesti, una volta assurto al ruolo di Fenrir, donna, e mostra un po’ di rispetto verso il tuo capo, una volta tanto!”
Tutti rabbrividimmo, nel sentire il tono della sua voce.
Mi passai le mani sulle braccia, per scacciare il senso di gelo e di privazione sensoriale che ne seguì, e fissai sgomenta il volto di Sheoban, divenuto una maschera di autentico terrore.
Ora vedeva Duncan per quello che era, e ne era terrorizzata a morte. Fenrir si era finalmente mostrato, azzittendola.
Sheoban aveva infine perso il suo potere su di lui.
Il capobranco che tanto aveva tenuto a bada negli anni, ora le si rivoltava giustamente contro, chiedendo, bramando la sua giusta libertà, e lei ne era spaventata. Annientata.
“Prego, wicca. Prosegui pure” mi disse a quel punto Duncan, tornando cheto in pochi attimi, gli occhi ambrati gli unici testimoni della rabbia che, solo a stento, stava controllando.
Lo fissai leggermente stordita, ma assentii e, con voce non proprio sicura, dissi: “Rispondi a Fenrir, Lupa Madre.”
Ma Sheoban non mi stava ascoltando.
Il suo sguardo era ancora fisso su Duncan, che la squadrava con aperta ribellione, non più il suo fido cagnolino, ma un uomo adulto, libero di pensare con la propria testa. Un vero leader.
Le sue labbra tremarono, prima di lasciar sgorgare una verità che in pochissimi sapevano.
“Ti obbligai a prendere sulle spalle il peso delle colpe dei tuoi genitori, costringendoti a essere succube del potere del Consiglio, del mio potere sul Consiglio. Non ti ritenevo pronto, e perciò facilmente manipolabile. E lo sei stato, per lungo tempo. Ma poi…” voltandosi verso di me, i suoi occhi si fecero di ghiaccio e sale, “…poi hai condotto questa ragazzina qui da noi, e tu sei cambiato. Davi retta a lei, e non a me, così cercai di riprendere le redini del potere attraverso quella sciocca che, così ciecamente, si era innamorata di te.”
La fissai, odiandola con ogni fibra del mio corpo e lei, ridendo istericamente, esclamò: “Pensavi non me ne fossi accorta? I tuoi occhi erano così limpidi e sinceri! Non potevi nasconderlo a una come me! Sono troppo forte, per te! Sarebbe stato fin troppo facile far cedere Duncan al mio volere e metterti tra le sue braccia, portandomi così nuova linfa a cui attingere.”
Ci fissò con odio smisurato, misto a un desiderio feroce di riottenere la libertà, che ormai vedeva svanire inesorabilmente dinanzi ai suoi occhi.
Le sue iridi bruciarono fameliche quando, ghignando malignamente, mi fissò il ventre e ringhiò feroce: “Già adesso potresti portare in grembo il suo seme, ingenua e ignara del mondo come sei. Ma io saprò guidarti, se mi lascerai andare, e tutto si sistemerà.”
Lo disse con una convinzione tale che mi sconcertò. Non si rendeva conto di essere al capolinea?
Fissai Connor, che la stava guardando con un dolore negli occhi pari a quello di coloro che, per tanti anni, l’avevano sostenuta.
Provando un briciolo di pietà per loro, mormorai: “Non hai davvero rispetto per te stessa, Lupa Madre? Ti rendi ridicola, con questa affermazione. Pensi sul serio che io cederei me stessa a te, dopo quello che ho saputo?”
“L’ho fatto solo per il bene del branco. Io sola posso guidarlo. Come l’ho sempre guidato!” inveì contro di me Sheoban.
Connor sospirò, scuotendo il capo, e dichiarò affranto: “Sapevo che avresti voluto prendere il mio posto ogni giorno che abbiamo passato insieme, ma solo ora mi rendo conto che, attraverso me e il mio amarti troppo e troppo profondamente, hai ottenuto comunque ciò che volevi.”
Sheoban lo fulminò con lo sguardo, sibilando furiosa: “Sei sempre stato debole. Non meritavi il manto niveo!”
Nel vederla muoversi per avvicinarsi a Connor, Geri bloccò immediatamente Sheoban, mettendo mano a una delle pistole nelle fondine ascellari.
Con gelidi occhi da killer, ringhiò: “Non un passo di più, Lupa Madre, o giuro che la userò.”
Marjorie, facente parte dei membri più giovani del Consiglio, avanzò di un passo e asserì: “Non hai reso onore al branco, agendo come hai fatto. E meno ancora lo fai ora, mostrandoti per quello che sei realmente.”
Potevo gioire delle sue parole? Per il momento, mi dissi di sì.
La ringraziai con un cenno leggero del capo, cui lei rispose con un ringhio basso e di gola – no, non saremmo mai state amiche – dopodiché, fissando gli altri membri Anziani del Consiglio, che noi ritenevamo colpevoli, chiesi senza mezzi termini: “Sapevate del complotto ordito da Connor e Sheoban per nascondere la scomparsa di Abraham?”
Duncan ripetè la domanda usando la Voce del Comando e, con un brivido, gli imputati reclinarono colpevoli il capo, come liberati da un peso gravoso che, per troppi anni, avevano dovuto portare.
Non sarebbe stata necessaria la Voce, poiché avrei avvertito comunque le loro menzogne, ma era giusto che Fenrir fosse spietato, in quel momento.
Il branco doveva sentire, percepire sulla pelle, la forza di Duncan, o non avremmo mai vinto le loro reticenze.
Il vecchio Hati, passandosi una mano tremante sulla nuca, annuì mormorando: “Fui il primo a essere avvisato della morte di Lionors. Mi occupai in prima persona della sua sepoltura qui al Vigrond.”
Lance sbuffò, infastidito di fronte alla confessione del suo antico mentore mentre Jerome, fissando il proprio, lo vide reclinare a sua volta il viso, dichiarandosi colpevole di aver conosciuto tutto nei minimi dettagli, e di aver taciuto su espresso ordine di Connor.
“Usasti la Voce per bloccare i loro pensieri e obbligarli a eseguire i tuoi ordini?” chiese a quel punto Duncan, irritato e, sì, disgustato dal modo di agire della sua antica guida.
Era un gesto di per sé orrendo. Era come ingabbiare qualcuno a vita. Come tarpare le ali a un uccello. Un abominio.
Connor annuì, mentre Sheoban si esibiva in un’espressione così colorita da stupirmi oltremodo – neppure ero certa che sapesse cosa stava dicendo.
Duncan non la degnò minimamente di attenzione, e proseguì nella sua arringa domandando: “Salvasti Abraham perché era il tuo unico figlio?”
“Sì” gracchiò in un sussurro, prima di alzare lo sguardo e guardarmi spiacente. “Mi rendo conto solo ora del rischio che abbiamo corso, che tu e la tua famiglia avete corso, lasciandolo vivere.”
Aggrottai la fronte, cercando di contenere la rabbia che mi graffiava le pareti del cervello. “Avete rischiato di mettere in mano ai Cacciatori un’arma ben più che pericolosa. Se persone come me, in possesso del dono ma ignare di esso, fossero finite nelle mani dei nostri nemici, avete idea di quel avrebbe potuto succedere? Avete condannato alla fuga i miei genitori, messo a rischio la famiglia di Kate Alexander e quella di tutte le potenziali altre wiccan d’Inghilterra pur sapendo che, tenendo in vita Abraham, stavate commettendo un grave reato. Spero vi rendiate conto di dove, la vostra ricerca ossessiva del potere, ci ha portati.”
Sentii chiaramente le parole morte e vendetta, tra il brulicare di voci alle mie spalle e, ancora una volta, dovetti tenere a freno la bestia dentro di me perché non uscisse allo scoperto, obbedendo alla fiera rabbia del clan.
Presi un profondo respiro, passandomi una mano sul viso madido di sudore e Duncan, accigliato, chiese in un sussurro: “Riesci a contenerla?”
“Sì” dissi soltanto, a stento.
Alzai gli occhi per incrociare quelli di Sheoban solo quando fui sicura di non smascherarmi – preferivo tenere quella chicca il più possibile nascosta, almeno finché Duncan non mi avesse presentata come sua Prima Lupa.
Dura come il granito, a quel punto, dichiarai: “Sappiamo già del coinvolgimento di Geri e Freki, poiché su di loro avrebbe dovuto calare il peso del compito che Connor non affidò mai ai sicari del clan. Vuoi nominare qualcun altro che era in combutta con voi, o possiamo procedere?”
Non parlò, fissandomi come se non esistessi realmente, come se fossi un essere insignificante.
Lasciai perdere, poiché mi avrebbe solo indebolito, quando non ne avevo affatto bisogno. Ma Duncan la pensò diversamente.
Avanzò verso Sheoban, che rabbrividì e indietreggiò di un passo, andando a cozzare contro il torace muscoloso di Geri.
Scuotendo il capo, spaventata, esalò: “Non c’è nessun altro… wicca… nessuno.”
Ammissione totale. Anche del mio titolo.
Avevamo terminato.
Sospirai stancamente nello scrutare Duncan che, in qualità di Fenrir, avrebbe dovuto emettere la sentenza.
Sapevo già che sarebbe stata la morte per i traditori, ma sentirla scaturire dalle sue labbra, che solo poche ore prima avevano elargito parole d’amore, sarebbe stato uno shock per me.
Ritto e fiero in mezzo al Vigrond, imponente e maestoso come forse non era mai stato – e anche gli altri lo notarono, piegando rispettosi il capo e fissandolo di straforo con timore sempre crescente – declamò con voce possente: “Sia la morte, per coloro che hanno tradito il clan! Nessuna pietà per alcuno di loro, che su di noi e sugli altri branchi hanno portato pericolo e sofferenza! Un segreto, che non avrebbe dovuto essere svelato, è giunto alle orecchie dei nostri più acerrimi nemici perché la legge non è stata rispettata, perciò non mi mostrerò magnanimo nei confronti di chi ha violato il codice!”
Volgendosi verso i diretti interessati, la sua voce si fece roca, pervasa da un odio e un amore così profondi che percepii il mio cuore andare in pezzi per lui.
Quando lo udii parlare, ebbi chiara nella mia mente la portata del suo dolore. “Ritenevo voi mio padre e mia madre. Per amore, vi ho seguiti e ascoltati in questi anni, spesso non condividendo le vostre scelte, ma sempre rispettandovi come miei genitori putativi. E questo è stato il ringraziamento. Sapere dalle vostre labbra che, non meno di coloro che mi generarono, io non ero servito che a un solo scopo, non può che farmi provare un odio sconfinato nei vostri confronti. Volevate solo detenere il potere attraverso le mie mani, ma ora non vi sarà più concesso!”
Mi avvicinai per afferrargli una mano e lui, stringendomela con forza, proseguì con tono ancor più duro, ringhiando: “I miei genitori vennero divorati dal branco, perché i loro spiriti non potessero rinascere, ma io esigo ben di peggio, per voi, che due volte avete tradito.”
Lo fissai attonita, perché conoscevo solo una cosa ben più tremenda dello scomparire definitivamente da qualsiasi dimensione conosciuta.
Sheoban sbiancò in viso, crollando in ginocchio mentre Connor, ormai sconfitto, chiuse gli occhi per non dover sopportare oltre lo sguardo incollerito di Duncan.
Gelido come un mattino invernale, Duncan decretò: “Siano le vostre anime incatenate in eterno sulla Terra, vagabonde erranti senza una meta e senza la possibilità di reincarnarsi, mute testimoni di cosa hanno perso a causa della stupidità, e della sete di potere, di coloro in cui si sono incarnate.”
I brusii si fecero sussurri e gli occhi si sgranarono sgomenti, di fronte a una punizione che pochissime volte, nei clan, era stata comminata.
“Quanto al vostro corpo mortale, io vi condanno a vivere, a scorgere giorno dopo giorno ciò che le vostre azioni hanno prodotto, a riconoscere quanto avete perso e quanto mai otterrete. Le vostre anime irose sapranno tenervi giusta compagnia, facendovi vivere nell'incubo e nella tenebra fino all'ultimo respiro.”
A sorpresa, Connor sollevò fieramente il capo, sorridendogli – gli occhi stranamente pacificati – e sentenziò: “Sei Fenrir. E’ giusto.”
Non per Sheoban.
Lei fece per muoversi e scagliarsi contro Duncan in un estremo tentativo – o piuttosto, folle  tentativo – di difendersi da quella punizione definitiva.
Geri, però, estrasse una delle sue letali Smith&Wesson e la puntò sulla tempia della donna, sibilando: “Dammi un motivo anche minimo per fare fuoco, coraggio. Non vedo l’ora, traditrice.”
La Lupa Madre era sparita, soffocata dall’onta del tradimento e di una scomoda verità che era venuta a galla.
Non potevo, però, esserne felice poiché, in fin dei conti, quella condanna avrebbe ridotto lei a una larva, e la sua anima a niente più di uno spirito errante, di lì a pochi anni.
Stanca, mormorai: “Dimmi, Sheoban, è valso il sacrificio?”
“Non capirai mai quanto” mi sputò contro. “Spero che il suo seme non attecchisca mai in te!”
Sobbalzai, impietrita di fronte a quell’orrenda maledizione e Duncan, avvolgendomi le spalle con un braccio, mi scostò da lei, protettivo.
“Non darle retta. Non è in grado di lanciare malie. E’ solo alla disperata ricerca di un modo per renderti infelice.”
Annuii, pur non piacendomi lo sguardo di Sheoban, e ordinai: “Geri, conducila lontano dal mio sguardo. Il suo odio mi ferisce.”
“Con estremo piacere, wicca” annuì Branson, sogghignando e ammiccandomi complice, prima di strattonare per un braccio una Sheoban ormai ridotta al silenzio.
Sospirai, guardando Duncan che, rivolto al branco in attesa, ammise: “Il clan è stato riunito anche per un altro motivo.”
Marjorie si fece tesa, già presagendo quel che sarebbe seguito entro breve e Duncan, senza timore alcuno, proseguì dicendo: “Questa sera ho condotto qui al vostro cospetto colei che ho scelto come mia Prima Lupa.”
Mi guardò, l’amore che provava per me ben evidente nel suo sguardo.
Sorridendogli sicura, strinsi maggiormente la sua mano, mentre Duncan terminava il suo dire con voce tonante: “Brianna Ann Smithson sarà la nuova Prima Lupa del clan!”
Il ringhio furioso di Marjorie non avrebbe potuto essere più gelido e furibondo.









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N.d.A.:E dopo un bel processo alla "Forum", preparatevi con pop corn e bibite, perchè nel prossimo capitolo ci sarà da divertirsi nel vedere due donne accapigliarsi per un uomo. :)
Naturalmente, un grazie a tutti/e coloro che hanno letto e/o recensito!

  
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