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Autore: Mistful    08/06/2007    9 recensioni
Ecco a voi la traduzione della fanfic che ha vinto l'Oscar come migliore fanfic del 2005! Con la partecipazione di un Harry estremamente depresso, in un mondo di maghi lacerato dalla guerra, sul punto di essere colpito dallo shock più grande della sua vita nel momento in cui scopre che Draco Malfoy è leggermente più importante per lui di quanto avesse mai immaginato. Include un’amicizia molto strana, molta angst, sospetti, lealtà conflittuali, un Ron poco sveglio, una Hermione sul piede di guerra e due ragazzi alquanto incasinati.
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Harry
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate il ritardo, ma non sapete i salti mortali che abbiamo fatto io e Vale per finire questo capitolo

Scusate il ritardo, ma non sapete i salti mortali che abbiamo fatto io e Vale per finire questo capitolo. Godetevelo! ♥

  Underwater Light

By Maya

 

 

Tradotta da Luciana
Beta: Vale

 

 

Sommario: Ron fa sgradevoli scoperte, Draco fa due dichiarazioni d'amore e Harry fa piangere le ragazze.

 

Capitolo Diciannove

Esilio

I haven't felt the sun for weeks

So long, so far from home

I feel just like I'm sinking

And I claw for solid ground

If all of the strength and all of the courage

Come and lift us from this place...

I know I can love you much better than this

[E' da settimane che non sento il sole / Così tanto tempo, così lontano da casa / Mi sento come se stessi sprofondando / E cerco di artigliare la terraferma / Se tutta la forza e tutto il coraggio / Potessero sollevarci da questo posto... / So che potrei amarti molto meglio di così]

 

Più tardi quella notte, Harry uscì dalle docce dei dormitori e pregò che lo lasciassero in pace.

Ma dato che quelli che gli dei vogliono distruggere, prima li rendono Harry Potter (*), Ron era lì a parlare degli infiniti ‘e se' della chiusura di Hogwarts, cosa a cui Harry preferiva non pensare. Si frizionò intenzionalmente i capelli in direzione di Ron, ma Ron ignorò l'ovvio segnale.

"E mia madre dice che il cibo babbano può essere dannoso, cioè, loro credono che il cioccolato faccia male e... ehi," disse Ron. "Harry. Che hai fatto al petto?"

Harry lo fissò, poi abbassò lo sguardo sul proprio corpo traditore. C'era una scia di segni rossi fino allo stomaco, e... oh Dio... aveva un capezzolo gonfio.

"Io, ehm, ah, uhm," disse vago. "Mm. Porta. Ho sbattuto contro una porta...?"

"Una porta con i denti," disse piatto Ron.

Harry desiderò fortemente poter tornare a quando avevano quattordici anni, prima che Ron e Hermione iniziassero a pomiciare, quando Ron non avrebbe riconosciuto i segni dei denti nemmeno se avessero morso lui, e Harry, al sol pensiero di Draco Malfoy che gli mordeva la pancia avrebbe avuto un infarto e si sarebbe risparmiato tutti quei guai.

"E' un castello magico," insisté. "Con molte... porte magiche."

Ron era divertito. "Vuoi farmi credere che ti sei spupazzato una porta? Perché sei mio amico, Harry, e ci crederò. Inoltre lo dirò a Dean non appena arriva, e lo dirò a Hermione, e presto tutta la scuola saprà che Harry Potter flirta con oggetti inanimati..."

Harry nascose brevemente il viso nell'asciugamano, ma quando alzò gli occhi Ron era ancora appoggiato alla testiera del letto a ridacchiare come un matto. Cominciava a credere che sarebbe stato meglio restare al sicuro in quel bel sottoscala, durante tutti quegli anni.

"Va' al diavolo!"

"Avanti, Harry," disse Ron. "Ammettilo. Tanto lo so già."

"...Cosa?" chiese Harry. Come aveva fatto? Dove aveva nascosto il cadavere?

"E' piuttosto ovvio," continuò Ron.

"Oddio," disse Harry. "Sei arrabbiato? Sirius lo sa?"

"Credo di sì, Harry, dato che ti ha visto mentre la baciavi."

"La?" disse Harry. "Cioè... ehm, mi ha visto?"

"Ti abbiamo visto tutti! E guarda, non devi pensare che ce l'abbia con te solo perché è mia sorella. Insomma, sei un bravo ragazzo, e mamma sarà contenta."

Harry sentì un peso terribile sprofondargli nello stomaco. Quanto sarebbe stata semplice la vita, se avesse potuto semplicemente chinare la testa e mormorare sì, grazie, e concentrarsi sulla promessa di sicurezza e calore e vicinanza ai Weasley da lì all'eternità. Entrare a far parte di quella famiglia era tutto ciò che desiderava quando aveva quattordici anni. Sarebbe stato perfetto.

"Non è Ginny," disse cupamente. "Vorrei tanto che lo fosse. Cioè... no, non vorrei, ma vorrei... Vorrei tanto poterla desiderare."

Avrebbe voluto essere l'eroe semplice che di sicuro Ginny vedeva in lui, una persona priva di complicazioni e paure, con l'unico obiettivo di salvare il mondo e farle perdere la testa, e non invece un ragazzo furioso e insicuro e probabilmente destinato a morire presto, che pensava che in qualche modo i suoi pezzi infranti avrebbero potuto combaciare con quelli di Draco Malfoy.

"Voglio un'altra persona," proseguì a bassa voce.

Sollevò lo sguardo dai propri pugni stretti attorno all'asciugamano. Ron lo fissava cercando di controllarsi.

"Adesso mi devi spiegare," sbottò, "perché diavolo illudi mia sorella se ti stai scopando un'altra ragazza?"

"Non mi sto scopando un'altra ragazza!" esclamò Harry. "Io... ok, senti, perché non ti siedi?"

Se Ron si fosse seduto, Harry avrebbe guadagnato qualche secondo in più per fuggire. E poi, una volta sentito ciò che aveva da dire, Ron avrebbe potuto svenire e... sbattere la testa, o chissà che altro.

Ron si avvicinò al suo letto e si sedette lì, coi pugni stretti sull'orlo dell'ira, e Harry non poteva certo dargli torto. Non aveva pensato a Ginny. I Weasley meritavano di meglio, e Ron era il suo migliore amico. Si meritava... la verità, o qualcosa di simile.

Salì sul suo letto, si fissò le mani e inspirò a fondo, quindi tornò a guardare Ron. Ron era seduto immobile ma rigido, gli occhi azzurri concentrati e le ampie spalle pronte a scattare, come se si stesse preparando al momento in cui avrebbe colpito Harry o Harry avrebbe colpito lui. Per il momento, comunque, sembrava intenzionato ad ascoltarlo con attenzione.

Harry gli doveva almeno quello.

"C'è un'altra persona," disse, in un unico sospiro doloroso. "Da un po' di tempo."

"Da prima che baciassi Ginny," osservò Ron. Harry non pensava che la voce di Ron potesse suonare così severa.

Si mise la mano sulla fronte e guardò i drappeggi attorno al letto e le ombre familiari del dormitorio in cerca di supporto morale.

"Sì," disse. "Non... uhm. Non me ne sono accorto per un po', e poi è successa una cosa, ed è... Ron, è tutto folle e impossibile, ed ero a pezzi."

"Oh mio Dio," sibilò Ron, rientrando per un attimo nel territorio dell'amicizia. "La ami?"

Harry si schiarì la gola e ammise: "Sì. Solo che..."

"E' una professoressa?"

"No!" strillò Harry. Oddio, in effetti Ron avrebbe accettato molto meglio la professoressa Sinistra. "Ma è una cosa del genere," mormorò. "Questa persona..."

"Il tuo amore segreto," si intromise Ron, che aveva preso quelle parole da sua madre.

"Beh, sì, comunque... non è interessata, ed è un casino, io sono un casino, tutto è un casino, e sarebbe tutto molto dur... difficile, voglio dire..." si corresse Harry, sperando di non arrossire.

"Stai diventando rosso, amico," osservò critico Ron, prima di spalancare la bocca. "E' qualcuno di molto giovane, vero?" domandò. "E' Natalie McDonald, vero? Harry, ma è disgustoso, non ha neanche quattordici anni-"

"Non è Natalie!" scattò Harry. "Il fatto è che ero agitato per questa faccenda," continuò bruscamente. "Ed era ancora peggio, non ci parlavamo, ero ubriaco, e Ginny era lì... come anche..."

Si interruppe. Ron strinse gli occhi.

"Fantastico."

"Senti, non ne vado orgoglioso, ok?"

"Beh, cazzo, lo spero proprio!" esclamò Ron. "Dovrei prenderti a pugni, Harry. E' la mia sorellina-"

"Lo so. Puoi picchiarmi se vuoi, mi dispia..."

Ron saltò su con il pugno chiuso. "Non dirlo!" ordinò. "Che importanza ha? Non sei l'unico a pezzi, Harry! Ci siamo dentro tutti quanti, ed è davvero un casino. Hermione è nella sua stanza a mettere in valigia tutti i libri per i MAGO mentre piange come un agnellino, e non vuole nemmeno aprirmi la porta. Sta lì tutta sola perché le altre ragazze sono scomparse, e non vuole neanche..."

"E questo ti distrugge," disse Harry piano. "Lei ha il potere di distruggerti perché la ami, sono anni che non fate nient'altro che amarvi. Ora c'è una persona che amo, e..."

"Io non ho ferito nessuno!" urlò Ron. "Non uso nessuno quando lei mi fa soffrire. Lo so che sono stato fortunato, e pare che tu non lo sia, ma questo non cambia le cose. Hermione è a pezzi, ma lo è anche Ginny. Non aspetta altro che tu vada a salvarla perché è troppo paralizzata dalla paura per cercare di farlo da sola. Io la conosco. E' brava ad agire, e non deluderebbe mai nessuno, ma questa situazione... la gente che scompare e il male che si infiltra e noi che non possiamo fare niente... le ricorda di quando rischiò la vita per quel maledetto diario. Non sa cosa fare adesso, e non è nelle condizioni adatte per sopportare per sopportare questa situazione, te che la baci perché hai paura anche tu e finalmente sei tutto sottosopra per una ragazza. Non ne avevi il diritto!"

"Lo so!" gridò a sua volta Harry, e lo sapeva davvero.

Solo che non ci aveva pensato. C'erano state così tante cose a cui pensare, e lui non era mai stato bravo con i sentimenti, o con l'analisi delle emozioni altrui. Era un disastro nello stare accanto alle persone, nell'essere premuroso, e adesso aveva davvero deluso Ron.

"Colpiscimi," disse. "Dai, me lo merito."

Ron guardò Harry, poi il proprio pugno, con lo stesso stupore. Poi lo lasciò cadere.

"Sei il mio migliore amico, e sta andando tutto a puttane," disse. "Non ti colpirò. Sei stato un idiota, ma... anch'io lo sono a volte. E non avrei certo capito i suoi sentimenti, se non fosse stata mia sorella. Le cose vanno troppo male per mettersi a litigare... però, Harry, devi rimediare." Lo sguardo e la voce di Ron tornarono entrambi normali. "Vai da lei, ti spieghi e le chiedi scusa. E metti le cose in chiaro."

"Sì," disse Harry. "Va bene."

Ron espirò a fondo. "Ok. Harry... non è Hermione, vero?"

Era proprio da Ron essere così insicuro su Hermione da chiederlo, ma non prima di essersi accertato della situazione dei componenti della propria famiglia.

"No, non è Hermione," promise Harry.

"Bene," disse Ron. "Perché non puoi averla. Ora vai a parlare con Ginny, ma prima mettiti una camicia."

Harry pescò una maglietta dal disordine totale attorno al suo letto. Avrebbe dovuto raccogliere tutto quanto e metterlo in valigia prima che sorgesse il sole. Ron si buttò steso sul letto, e l'eventualità di una rissa si dissolse.

"Hermione ti prenderebbe a schiaffi se sapesse che hai dubitato di lei," osservò vagamente Harry, lottando con la maglietta.

"Ah sì?" disse Ron. "Beh, molto presto avrai una ragazza e potrò vendicarmi."

"Una ragazza? Io?" chiese Harry.

Ron roteò gli occhi. "Sì, Harry, stupido idiota. Non m'importa cosa ti sta dicendo la pollastrella: se si insinua sotto la tua maglia e ti morde lungo tutto il petto, probabilmente un po' le interessi."

"Ehm," disse Harry.

"Vai a parlare con Ginny. Altrimenti ti picchio. E ti picchieranno anche Fred e Gorge, e anche Percy - anche se di lui non ti accorgerai nemmeno - e infine ti picchierà Charlie. E avrà con sé dei draghi, per cui non credo che rimarrà molto di te, e questo farà incazzare Bill."

"Sei un amico, Ron," disse asciutto Harry.

Ron si mise a sedere di scatto e per poco non cadde dal letto. "Aspetta! Stavo per dimenticarmi di dirti una cosa. Forse è meglio se ti metti a sedere, sarà uno shock per te. So che apprezzi il ragazzo..."

"Cosa?" chiese Harry.

"Anche se secondo me è una serpe e avrebbero dovuto mandarlo ad Azkaban dalla nascita per risparmiare tempo, mi dispiace che tu debba scoprirlo così..."

"Cos'è successo a Draco?"

"Malfoy," disse Ron, "è una checca paurosa!"

"Oh," disse Harry.

Ron lo fissò incredulo, evidentemente aspettandosi che urlasse Una volta mi ha toccato la spalla nell'atrio! Non sarò mai più pulito!' e cadesse preda di un attacco di panico.

Harry si chiese se il sistema nervoso di Ron avrebbe potuto reggere lo shock di un'ulteriore rivelazione.

"A proposito di Draco," disse con cautela.

"Beh, cosa?"

"Viene con noi domani," disse in fretta Harry.

"CHE COSA?"

"Devo andare da Ginny," gli disse Harry, e fuggì.

*

Harry trovò Ginny nella sala comune. Lei e Dean stavano scrivendo lettere ai loro familiari. Entrambi sarebbero andati via con la professoressa Sinistra: i parenti di Dean erano Babbani, e non potevano proteggerlo, e i Weasley erano troppo nel mirino perché Ginny potesse essere al sicuro a casa.

La colpa era anche di Harry. Ginny sembrava così piccola col suo pigiama giallo, i capelli raccolti in due trecce mentre sorrideva alle battute di Dean per fargli piacere. I Weasley erano stati sempre buoni con lui, e lui li aveva messi in pericolo, e adesso avrebbe ferito la loro piccola.

"Ciao," disse.

Ginny sollevò il viso e gli rivolse un sorriso raggiante che lo fece sentire così in colpa da fargli credere che avrebbe vomitato. "Harry," disse. "Ciao."

"Posso, uhm." Harry esitò. "Posso parlarti?"

"Io vado," disse Dean all'improvviso. Raccolse in fretta i suoi fogli e disse che se ne sarebbe andato in ogni caso, parlando in modo da non costringere Harry e Ginny a farlo. Dean era premuroso, a differenza di un altro orribile essere umano che si trovava di fronte a Ginny.

La guardò, rivolgendole finalmente la sua totale attenzione. I colori giallo e rosso gli riempirono gli occhi, e pareva che la sala comune Grifondoro fosse il suo sfondo naturale. Ginny sarebbe stata molto felice di essere il posto in cui Harry potesse sentirsi a casa. Sarebbe stato tutto così semplice e confortevole.

Lei non sarebbe mai stata una sfida, non sarebbe mai stata al suo livello, ma nonostante questo Harry continuava a desiderare di diventare il tipo di persona che avrebbe potuto amarla. E non ferirla come stava per fare.

Dean uscì discretamente, rivolgendo a Harry un unico sguardo indecifrabile.

Harry si inginocchiò accanto al fuoco, ai piedi di Ginny. I coniglietti sulle sue pantofole lo fissarono con occhi minacciosi.

"Hai presente quando ci siamo baciati," buttò lì Harry, e subito si maledisse.

Complimenti, Potter, molto sensibile.

Ginny gli porse una mano, ma se l'avesse presa sarebbe esploso per il senso di colpa.

"Sì," disse lei, radiosa e imperturbabile.

"Ginny," disse Harry, sconsolato.

"Harry," rispose lei senza fiato.

Forse avrebbe fatto meglio a gettarsi giù dalla Torre di Grifondoro. Come opzione era molto più allettante.

La guardò a disagio.

"Harry," disse Ginny. "Non c'è problema."

"No?" chiese Harry, animato da una speranza folle.

Lei si piegò in avanti, e la dolce bellezza dei suoi occhi lo riempì di terrore. "Certo. So che sei timido, Harry, ma non c'è bisogno che me lo chiedi."

Era terribile, incredibilmente terribile. Si piegò ancora un po', le lentiggini simili a scie dorate alla luce del camino, e Harry desiderò tanto aver scelto Charlie, i draghi e la morte. Sarebbe stato molto rapido, bastava tornare da Ron e Ron sarebbe stato ragionevole, avrebbe organizzato tutto al meglio...

"Non sei tu," disse bruscamente.

Quella mancanza di tatto doveva essere una specie di difetto congenito.

Ginny sbatté le palpebre e deglutì. La bocca di Harry ormai era un treno in corsa, mentre il suo cervello si era fatto da parte per osservare l'imminente carneficina.

"Non sarai mai tu," proseguì. "Non può succedere, devi dimenticartelo. Mi dispiace tanto, Ginny, ma c'è un'altra persona. No..."

Harry si fermò e, non avendo trovato alcun tatto a cui ricorrere, andò avanti imperterrito con la cruda verità.

"Non c'è un'altra persona," disse piano. "C'è questa persona e basta. Non riesco nemmeno a pensare a qualcun altro, non così. C'è una persona, e... non c'è proprio spazio per te. So di averti trattato davvero male, e non ho scuse. Mi dispiace davve..."

"La ami?" La voce di Ginny era diventata un sussurro ferito e mortificato. "Lei ti ama? Cioè... ti ama davvero davvero?"

Harry esitò. Si era approfittato di Ginny, e adesso doveva dirle la verità. Inoltre, come gli suggerì la sua parte più egoista, avrebbe sopportato che Ginny gli voltasse le spalle. Non era importante quanto Ron.

"Lo amo," disse. "Per lui non fa tanta differenza."

Gli occhi di Ginny si aprirono a tal punto da farla somigliare a un elfo domestico. Harry continuò a fissarla con sincerità.

"Lui?" disse Ginny, con voce perfettamente piatta.

Harry tossì, ma non lasciò che il suo sguardo vacillasse. Non sarebbe stato giusto farle credere che provasse vergogna. "Già."

"Che stupida che sono," sussurrò Ginny, diventando rossa. "E' Draco Malfoy, vero?"

"Sì," rispose Harry. L'espressione di Ginny lo fece sentire più viscido di un verme. "Scusami, Ginny. Ti ho illusa, non avrei mai dovuto baciarti. Ero..."

"Avevi litigato con lui in quel periodo," disse con calma Ginny. "Me lo ricordo, e lui era... oddio, lui era nel pub, giusto?" La voce le si incrinò e si mise una mano sulla bocca. "Ero così felice," mormorò. "Sono stata proprio un'idiota."

"No, non sei un'idiota. E' stata colpa mia. Ginny, credimi, non volevo farti del male. Io... Tu sei mia amica. La tua famiglia è stata così gentile con me, e..."

Il luccichio dei suoi occhi, che Harry aveva sperato fosse dovuto al calore del camino o persino alla rabbia omicida, si tramutò in una lacrima.

"La mia famiglia. Non sono mai stata altro che un membro qualsiasi dei Weasley per te, non è così?"

"Io... non è vero, Ginny. Io ti voglio bene."

Ginny si asciugò le lacrime con le dita, velocemente, come se sperasse che lui non le avesse notate. "Ma non abbastanza," sussurrò. "Non più che a Draco Malfoy, Malfoy, per... Preferisci una persona razzista e crudele..."

"Basta, Ginny. Puoi dire qualsiasi cosa su di me, ma lui non ti ha fatto niente."

A quel punto non cercò più di nascondere le lacrime. Si raddrizzò sulla poltrona, mentre le lacrime le rotolavano lungo le guance e gli occhi affogavano e luccicavano insieme.

"No?" domandò. "Neanche suo padre mi ha mai fatto niente? Non mi ha mai consegnato qualcosa che ha rischiato di togliermi la vita, che mi ha fatto avere incubi ogni notte per anni, che mi fatta s-svegliare col sangue fino ai gomiti e quel terrore..."

"Ginny," disse Harry, cercando la sua mano.

Lei rispose con un verso simile a un grido e lo scacciò via. "No! Tu avresti dovuto salvarmi, non... non andare a letto col nemico!"

"Non sono andato a letto col nemico, e lui non è il nemico. Non è suo padre."

"No!" gridò Ginny. "Tu mi hai salvato da suo padre. Adesso di chi dovrei fidarmi?"

"Puoi fidarti di te stessa," disse Harry.

Ginny lo guardò per un lungo istante. "Forse lo farò," rispose. "Senti. Dimmi solo perché. Non capisco... tu dovresti essere un eroe, una persona buona... una persona grandiosa... perché mai dovresti scegliere un bullo assetato di potere?"

"Non è stata una scelta," tagliò corto Harry. "Nessun altro è mai neanche stato sulla lista. Almeno per lui non ero solo un eroe!"

Ginny si alzò in fretta quando Harry alzò la voce, e lo fissò dall'alto.

"Bene," disse secca. "Benissimo. Ora ho capito cosa devo fare." Lo guardò ancora per un momento. "Sei proprio un bastardo, Harry Potter," gli disse, e se ne andò.

"Mi dispiace tanto," disse Harry alla sua schiena coperta di giallo. Lei non si girò né si fermò mentre saliva le scale.

Beh. Sarebbe potuta andare meglio.

Forse non aveva tutti i torti su quella nota del bastardo, e ora aveva dichiarato il suo amore per Draco Malfoy ai Weasley più spesso che allo stesso Draco. Si sentiva male al sol pensiero. Non è che avesse molta esperienza in quel genere di cose... le persone amate andavano trattate come la propria famiglia, e lui non ne aveva mai avuta una. Tutto si sarebbe risolto in un disastro totale, e almeno questa idea gli era più familiare.

Stavano per chiudere Hogwarts e lui pensava alla propria vita sentimentale. Era davvero un bastardo.

Si sentì bussare dietro il ritratto della Signora Grassa.

"Scusa," disse una voce che riconobbe come quella del Portiere Natalie McDonald. "Avete finito? Perché vi ho sentiti gridare, ma devo proprio fare i bagagli..."

"Sì, certo, entra," disse Harry.

Natalie entrò timidamente. Era una bella ragazza, pensò Harry, ed era la seconda volta nel giro di pochi minuti che vedeva una bella ragazza sul punto di piangere. Disse, "Ciao, Harry" con l'aria di chi stesse per svenire.

Harry, mosso da un malnato desiderio di redimersi, la fermò e le chiese: "Va tutto bene?"

"Oh... sì," rispose lei. "Torno a casa da mamma e papà, per me va bene, ma... sono appena andata a trovare il mio ragazzo. Ha paura da morire, i suoi genitori non lo rivogliono a casa... per lui sarà molto difficile." Le tremò il mento. "Dovrà andare al Maniero Malfoy."

"Malfoy... Natalie, chi è il tuo ragazzo?"

"Malcolm Baddock," disse Natalie, sorridendo al suono di quel nome.

"Un Serpeverde?" chiese Harry sempre più interessato, visto che era il re dei bastardi.

"Beh, Harry, ormai nessuno è così stupido da avere pregiudizi sui Serpeverde."

"No, no," disse in fretta Harry. "Non ne ho mai avuti, comunque. Solo, uhm... goliardia tra case. Per divertimento."

"Non è ciò che ho sentito io," disse Natalie, aggrottando la fronte. "Comunque, sai cosa dicono."

"Non... esattamente," rispose lentamente Harry.

Natalie iniziò ad arrossire. "Beh, che i Serpeverde baciano meglio di tutti," disse. "Insomma, si dice che... i Grifondoro si buttano a capofitto, i Corvonero ci pensano a fondo, i Tassorosso ci provano con ardore... ma i Serpeverde conoscono tutti i trucchi."

"Ehm," disse Harry.

Era scioccante. Quando aveva quattordici anni, di certo né lui né i suoi amici andavano in giro a blaterare delle tecniche amatorie dei Serpeverde. All'epoca avevano cercato di sconfiggere il male, e... ok, si era fissato sull'invitare Cho Chang al ballo e riuscire a far espellere Draco Malfoy in maniera vergognosa, e Ron era rimasto indeciso tra fare il filo a Hermione e scrivere ‘Signor Fleur Delacour' sulla propria pergamena, e Hermione - sempre la più sveglia - aveva sedotto una star internazionale del Quidditch.

Inoltre, stando alle esperienze effettivamente limitate di Harry, Natalie aveva assolutamente ragione.

"Insomma, non è solo per quello," si affrettò a precisare Natalie. "Malcolm mi piace davvero. Sono preoccupata sul serio, lui... Vedi, Malfoy sarebbe dovuto andare con tutte le persone che hanno dei genitori Mangia... cioè, che non li rivogliono a casa, ma ora ha detto loro che Silente lo farà partire con te, e..." Si morse le labbra. "Arriveranno al Maniero Malfoy per stare con la madre di Malfoy, e lei non vuole prendersi questa responsabilità. Non... non sarà facile, e capisco che Malfoy deve essere tenuto al sicuro, ma..." Si sfregò le braccia, come se le fosse venuta la pelle d'oca nonostante il fuoco nel camino. "Malcolm è davvero terrorizzato," disse piano. "E io ho paura per lui."

Il senso di colpa era gelido nella gola di Harry. Era tutta colpa sua. Non era certo che avrebbe cambiato idea, se fosse stato possibile (era vero, Draco doveva essere protetto) ma avrebbe dovuto pensare alle conseguenze, così come avrebbe dovuto pensare a Ginny. Era ora di iniziare ad essere responsabile.

Si ricordò una cosa, strinse una spalla di Natalie con una mano e disse: "Tu non hai paura."

Natalie lo guardò come se fosse impazzito. "Oh sì che ce l'ho," rispose. "Te l'ho appena detto."

Al diavolo, allora.

"Beh, non dovresti. Perché ho intenzione di uccidere Voldemort," promise Harry, "dopodichè andrà tutto bene."

In effetti sembrava rincuorata, forse aveva capito che diceva sul serio. E lui diceva sul serio: voleva agire, voleva vendicare tutti, dai suoi genitori alla McGranitt, fino a Silente, così abbattuto da decidere di chiudere Hogwarts. Era schifosamente incapace di prendersi cura degli altri, ma aveva affrontato molti più pericoli di loro: le sue chance erano molto più alte.

Qualcuno doveva farlo, e lui doveva fare qualcosa.

Era quasi giugno, e dopo quell'estate passata a nascondersi avrebbe compiuto diciott'anni e non sarebbe più stato uno studente: avrebbe potuto fare l'addestramento con gli Auror, e poi un giorno, in qualche modo, sarebbe stato pronto per farlo. Non vedeva l'ora, già l'assaporava...

Vendetta o giustizia, non c'erano alternative. Doveva farlo e l'avrebbe fatto, per la salvezza di tutti.

Fino ad allora, ovviamente, era condannato a restare un terribile idiota che faceva piangere le ragazze.

"Vuoi che ti aiuti a fare i bagagli?" le chiese, non perché andasse fiero della sua abilità superiore nel piegare i vestiti, ma perché forse per lei sarebbe stato meglio avere qualcuno con cui parlare nel frattempo. Se fosse stato necessario, le avrebbe ripetuto che avrebbe ucciso Voldemort.

Natalie accettò. Mentre la aiutava, qualcun altro disse che aveva bisogno di una mano (o meglio, di una persona sicura e rassicurante) e lui accontentò tutti. Non era convinto di star facendo tutto al meglio, ma almeno stava facendo qualcosa.

L'alba era passata da un pezzo quando tornò nel suo dormitorio. Dette una gomitata a Ron finché non si tese e non esclamò, "Maledetti Vermicoli!"

"Ehm, sono io, Harry," disse Harry. "Ho parlato con Ginny. Uhm, ho fatto un casino. Scusami."

"Non mi aspettavo altro," mormorò Ron. "Senza offesa."

"Figurati."
Ron lo fissò incerto. "Malfoy viene sempre con noi, domani?"

"In realtà è oggi, comunque sì," disse Harry in tono colpevole.

"Oddio. Speravo che fosse tutto un incubo orren..." Ron si addormentò nel bel mezzo della frase.

Harry preparò le valigie con la comprovata tecnica di raccattare tutto dal pavimento sperando di non aver raccolto anche escrementi di gufo. Una volta finito guardò fuori dalla finestra. Il cielo era grigio e freddo, ma leggero luminoso, e alcuni tocchi di luce giungevano sulle colline attraverso dei varchi nelle nuvole, come ciocche bianche tra i capelli grigi di un'anziana signora. Era mattina.

Era inutile cercare di dormire, e aveva passato tutta la notte a dispensare rassicurazioni. Voleva...

Andò a cercare Draco.

*

Trovò Draco nella sala comune, impegnato a fare il giustiziere della notte. Piuttosto ironico.

"Non si tratta di ‘l'ho trovato e me lo tengo', perché non sei stato tu a trovarlo," stava dicendo severamente ad un ragazzino rosso di vergogna. "Tu ti sei intromesso nel suo dormitorio, hai aperto il suo baule con un incantesimo e l'hai preso, e soprattutto hai lasciato il baule aperto. E quindi sei stato beccato. Ti pare astuto? Restituisciglielo immediatamente, abbiamo una reputazione da mantenere qui."
Il ragazzo porse ciò che pareva un reggiseno con l'aria rattristata di chi sa che commetterà crimini peggiori in futuro.

"E voi ragazze! Cassandra, venderle la multiproprietà della tua statuetta di giada è stata un'idiozia da Tassorosso, ma è un oggetto piccolo e ve lo potrete inviare via Gufo. Riguardo a chi se la prenderà per prima, se avete in mente di lottare per deciderlo sono assolutamente disponibile a fornirvi una vasca piena di marmellata, costumini succinti e rinfreschi per il pubblico indubbiamente numeroso che raccogliereste. Se l'idea non vi garba - e personalmente credo che questo la dica lunga - potreste sempre lanciare una moneta."

La ragazza che aveva chiamato Cassandra, che Harry pensava fosse del sesto anno, sorrise e gli ammiccò. Draco ricambiò l'occhiolino.

Draco se ne andava in giro ad ammiccare con i pantaloni del pigiama e una vestaglia aperta. Si vedeva una parte del suo petto. Era assurdo. Così distraeva l'attenzione della gente dall'impegno per la guerra.

"Posso parlarti un attimo, o devo tornare dopo il combattimento?" chiese Harry.

Draco lo guardò e strinse gli occhi. "Penso che possiamo parlare adesso," concesse. "Cassandra, Ann, siete libere di cominciare a spogliarvi mentre sono via."

Si incamminò e Harry lo seguì. Avrebbe giurato che stesse imitando Hugh Hefner, se solo avesse creduto che Draco sapeva chi fosse Hugh Hefner.

"Ci state mettendo un bel po' a fare i bagagli," osservò Harry. "Dev'essere quella mancanza di rispetto per la proprietà privata a rallentare le cose."

"Non tutti i Serpeverde sono dei ladruncoli, Potter," disse Draco con dignità.

"Non cambia il fatto che ci state mettendo secoli."

"Beh, non ho detto che nessuno di noi lo è," disse Draco, con non meno dignità.

C'era una pergamena srotolata sulla sua scrivania, con la sua grafia sopra. Quando vide che Harry la stava guardando, gli rivolse un'occhiataccia e andò a ripiegarla.

"E' un Gufo per mia madre," spiegò, poi si girò e guardò Harry, il viso affilato e sgradevole come ogni volta che era teso. "Io... Senti. Potter. Ti devo delle scuse."

Harry lo fissò. "Come, scusa?"

Lo sguardo di Draco rimase fisso nel vuoto in mezzo a loro. "Sì, più o meno era quella la parola che avevo in mente. Io non... non mi approfitto dei miei amici. Non li uso. E non cerco di manipolarli per ottenere dei vantaggi. Tutti gli altri posso manipolarli, ma... non te. Quindi scusa. Non succederà più."

Era ufficiale: a Harry non succedeva mai niente di bello.

"Grazie del pensiero, Draco," disse Harry, mantenendo il volto impassibile.

Draco si incupì, apparentemente per uno dei nodi della sua porta. "Sono ancora furioso per il modo in cui verrò trascinato via," disse, appena più rilassato, come se per lui la rabbia fosse molto più naturale. "Hanno bisogno di me. Avresti dovuto chiedermelo."

"Avresti detto di no! E come potresti essergli d'aiuto, morto? Ragiona!"

"Sto cercando di ragionare," disse Draco tagliente. "Non mi va molto di litigare. Ma è stata una notte difficile."

"Sì," disse Harry con trasporto. "Sono tutti così spaventati."

"Tu no?"

Harry aggrottò la fronte. "Forse. Sono più... sono più incazzato. Mi guardo intorno, li vedo e vorrei uccidere qualcuno."

Un angolo della bocca di Draco si curvò in su. "Oh, sì."

Harry sollevò anche lui un angolo della bocca. Entrambi sapevano essere davvero stronzi.

Quel breve attimo di intesa, un momento fragile in cui sembrò che Draco potesse davvero guardarlo, fu infranto dalla comparsa di Pansy e Zabini. Appena fu sulla porta Zabini lanciò a Harry uno sguardo velenoso.

"Di nuovo il wonder boy onnipresente," osservò. "Vuoi assicurarti di prenderti qualcosa che serve ai Serpeverde?"

"Sta' zitto, Blaise," sbottò Draco. Zabini lo ignorò. Camminò fino a Harry e sollevò un po' il viso per guardarlo negli occhi.

"Mi fai schifo, Potter," disse con attenzione. "Non fai che andartene in giro come se questo posso fosse tuo, il cucciolino di Silente, ignorandoci quando non sei occupato a guardarci con quell'aria preoccupata da ragazzo d'oro. Draco e io ti abbiamo capito sin dall'inizio, e adesso per via di non so quale capriccio sei riuscito a fargli cambiare idea, e hai deciso di portarci via il meglio che abbiamo perché non hai mai, mai pensato che niente fosse importante quanto te!"

Mise entrambe le mani sul petto di Harry e lo spinse. Harry era troppo stanco per litigare.

"Allontanati, Zabini, non mi piaci in quel senso," scattò. "Anzi, non mi piaci affatto."

"Sì, smettila, Blaise," si intromise severa Pansy e, ora che aveva tutti contro, Blaise indietreggiò di un passo per guardare Harry con quegli occhi furiosi e spaventati. "Siamo tutti stufi delle scenate. Ormai non possiamo farci niente. Noi... sopravviveremo, e se Draco è in pericolo è giusto che vada dove sarà al sicuro."

Il mento le tremava leggermente. Harry Potter faceva piangere le ragazze.

"Non che io ti apprezzi, Potter," proseguì Pansy, girandosi verso di lui con un'espressione glaciale. "Ti intrometti troppo e sei sempre fra i piedi. Preferisco di gran lunga Weasley. Mantiene le distanze e mi compra la cioccolata. Dovresti essere più simile a lui."

"Per carità!" disse Draco.

Fu allora che Pansy rischiò di togliergli il fiato con un rapido e violento abbraccio. Lo strinse troppo forte e fu un'esperienza tutto sommato molto dolorosa.

"Abbi cura di lui," gli sussurrò minacciosamente all'orecchio. "Proteggilo, altrimenti ti taglierò le parti intime con un incantesimo e le terrò in un vasetto per farci degli esperimenti."

"Mmh," disse Harry, impaurito.

Pansy si staccò da lui con un sorriso incredibilmente falso. "E guardati le spalle anche tu, Potter. Non ti scoperà mai nessuno se finirai sfigurato da due cicatrici."

"Ok," disse Harry.

Pansy aveva evitato accuratamente di guardare Draco sin da quando era entrata nella stanza, ma ogni suo muscolo era attratto da lui. Continuò a non guardarlo persino quando gli andò accanto e si tese verso di lui, chinando il capo sull'incavo della sua gola.

"Ho mandato un Gufo a mia madre," disse Draco. "Sarete al sicuro."

Doveva aver mandato due Gufi a sua madre, visto che anche il foglio che aveva tolto dalla scrivania era diretto a lei. Strano. Harry si chiedeva cosa le avesse detto.

"Lo so. Mi occuperò io degli altri. Non ti preoccupare per noi, posso farcela," disse al suo collo con grande convinzione.

"Occupati anche di te," ordinò Draco, lisciandole i fitti capelli neri con una mano. "Mi mancherai, svergognata," aggiunse parlando tra i suoi capelli. "Soprattutto per gli abiti succinti con cui ti presentavi nella sala comune."

"Mi mancherai," sussurrò Pansy in risposta. Avvicinò la bocca al suo orecchio e disse, "Ti voglio bene."

Fu subito molto chiaro a Harry che doveva andarsene da quella stanza senza battere ciglio e senza fare rumori. A che serviva la magia se non permetteva una cosa del genere?

Draco chiuse gli occhi, il viso teso e livido, la pelle cinerea tesa sulle ossa. Mai aveva avuto quell'aspetto: così stanco, triste e spaventato era grottesco, e Harry avrebbe voluto tirare via Pansy per impedirle di ferirlo ancora.

"Anch'io ti voglio bene," disse Draco, e la voce gli uscì calma e perfettamente normale attraverso i denti serrati.

Pansy si mise a piangere. Harry si accorse che Zabini lo stava fissando con gli occhi neri pieni d'odio.

"Sparisci," disse a denti stretti. "Non ti basta quello che hai fatto? Vuoi restare per goderti la scena? Sparisci!"

Draco né Pansy parvero accorgersi che qualcuno stava parlando.

"Voglio che siano tutti al sicuro," disse Harry. "Ecco quello che sto cercando di fare. Voglio fare la cosa giusta, anche se nel modo sbagliato. Alla fine riuscirò a far sì che siano tutti al sicuro... persino tu, Zabini. Anche se non sei d'accordo."

"Un giorno o l'altro ti ucciderò, Potter. Sparisci!"

"Un giorno o l'altro ti aiuterò, Blaise," disse Draco, senza aprire gli occhi. "Harry, so che stavi cercando di fare la cosa giusta. E forse è davvero così. Ma in questo momento non conta. Ci vediamo dopo."

"Ok," disse Harry, e se ne andò.

La Sala Grande, vecchia e cupa, era pervasa da una luce grigiastra quando Harry vi entrò, e quel colore sbiadito quasi si confondeva col bianco della barba di Silente e con l'azzurro dei suoi occhi, mentre era lì in piedi a salutare gli alunni. Rivolse a Harry una versione triste e sottotono del suo vecchio sorriso, ormai privo di qualsiasi luce.

"E' meglio così," disse.

"No," disse Harry, stringendo i pugni. "Non importa a che prezzo, ma si continua a lottare. Non ci si arrende così. Io non lo farò."

Hogwarts stava per chiudere i battenti, la sua Hogwarts, e tutti erano straziati e terrorizzati. Non sapeva cosa fare per impedirlo, o almeno per migliorare la situazione, ma la rabbia cresceva in lui, ogni minuto più forte. Promise una cosa ad ogni pietra, ad ogni dolore e ogni persona che aveva conosciuto lì: che avrebbe ucciso Voldemort.

*

Lasciarono Hogwarts molto sommessamente.

Hermione aveva immaginato che ci sarebbero stati squilli di tromba, bandiere nere, una spada in fiamme a sbarrare l'uscita. Niente affatto: solo un gruppo di persone così strette da sembrare ancora meno di quante erano, che si dirigevano alla stazione e si dividevano in gruppetti attorno al professore assegnatogli. Quelli che sarebbero tornati a casa dai genitori arrivarono tutti insieme e a disagio, quasi vergognandosi della loro fortuna. Quelli destinati al Maniero Malfoy, le cui case erano abbastanza forti magicamente da essere sicure, ma per i quali tornare a casa avrebbe voluto dire unirsi a Tu-Sai-Chi, si erano raggruppati attorno a una Pansy Parkinson versione capo branco.

I ragazzi che avrebbero alloggiato al Maniero Malfoy erano più di quanto si aspettasse Hermione. Non pensava che così tanti Serpeverde avrebbero voltato le spalle ai genitori... d'altronde sarebbe stato normale voler tornare alla sicurezza e al confort di casa propria. Malfoy era più intelligente di quanto pensava, se era riuscito a convincere così tante persone che la sicurezza non stava dalla parte di Voldemort.

Sperava che Pansy Parkinson non lo deludesse, quella stupida gatta morta che si truccava decisamente troppo, si vestiva troppo poco e passava le lezioni a fare gli occhi dolci ai ragazzi. Per quanto ne sapeva, Pansy era brava solo a fare commenti acidi, neanche sinceramente crudeli come quelli di Malfoy ma piuttosto viscidi, tipicamente femminili e così ambigui che i ragazzi non se ne accorgevano mai, mentre le ragazze la odiavano sempre di più.

Tuttavia, quel giorno Hermione non aveva proprio tempo per i disprezzo. Pansy era agitata e aveva delle occhiaie profonde. Hermione guardò i volti pallidi dei Serpeverde (alcuni erano del primo anno) e le augurò buona fortuna.

Si sentiva in colpa per la gioia che provava al pensiero che almeno loro non erano così soli, e avevano con sé dei professori. Cercò di non pensare a come dovevano sentirsi sole le ragazze del suo dormitorio in quel momento, vedendo che nessuno correva ad aiutarle... e incontrò lo sguardo rassicurante di Lupin. Sentì Ron cercare la sua mano, e la allontanò in modo da non fargliela prendere. Non voleva crollare lì sul binario.

Tutti gli altri membri del gruppetto erano separati l'uno dall'altro: Lupin provato e silenzioso, Sirius che cercava di comportarsi come se stessero per partire per un'avventura, Harry con uno sguardo furioso che la spaventava. Malfoy se ne stava in disparte chiuso in un silenzio di protesta, con un'aria stupida per via degli abiti.

Il mondo babbano era grande abbastanza da perdercisi, aveva detto Lupin. Avrebbero viaggiato con i mezzi di trasporto babbani, non avrebbero ricevuto Gufi, avrebbero indossato uniformi scolastiche babbane e sarebbero stato dei normali studenti babbani accompagnati dai professori per un'escursione didattica sul latino. Hermione si sentiva come se l'avessero chiusa fuori dal suo mondo e rispedita alla vita che si aspettava quando aveva undici anni. Forse Harry provava la stessa cosa: dopotutto aveva mormorato qualcosa come Stonewall High.

Gli altri erano un po' strambi. Sirius si era agghindato in stile chic anni Ottanta, e Hermione non se l'era sentita di fargli presente che i jeans slavati non erano la scelta migliore per chi era più vicino ai quaranta che ai trenta; Ron continuava a tirarsi la cravatta come se fosse una catena pronta a strozzarlo, e la sua espressione lasciava pensare che fosse davvero stato intrappolato in una mise sadomaso e nutrisse seri dubbi circa il suo nuovo stile di vita. Prima di allora Hermione aveva dato per scontato che, essendo i Weasley abbastanza moderni da indossare jeans e felpe, si sarebbero sentiti a loro agio con qualsiasi capo babbano, ma evidentemente le cose non stavano affatto così. I pantaloni avevano lasciato Ron perplesso, la camicia con i bottoni l'aveva messo in agitazione, la cravatta l'aveva avvilito e il blazer gli era sembrato gratuitamente crudele.

Malfoy sembrava fosse andato in guerra. I pantaloni, fortunatamente, era riuscito a capirli, ma la camicia bianca leggera era tutta spiegazzata e abbottonata male, la cravatta era slegata e non c'era segno della giacca a vento. La sua bocca era tesa nella linea crudele che di solito aveva prima di dire ‘sporca mezzosangue', e guardava nel vuoto.

Persino quando Terry Boot gli si era avvicinato per salutarlo, non se n'era quasi accorto.

Era stato estremamente scortese da parte sua. Terry aveva detto: "Draco, voglio che tu sappia che io continuo a..." e Malfoy lo aveva fissato, lo aveva guardato truce e aveva detto: "Scusa, hai detto qualcosa?"

Hermione sapeva bene che il motivo per cui pensava solo ai vestiti, a Pansy e a tutto il resto, era che sperava di non sentire il discorso di addio di Silente. Stava per terminare, ancora un po' e sarebbe finito tutto, e le nuvole rendevano il cielo greve e tetro, come se fosse sul punto di cadere e schiacciarli tutti.

C'era Ginny nel gruppo della professoressa Sinistra, coi capelli brillanti che ondeggiavano attorno al suo viso triste. Stava sussurrando qualcosa a Dean, che avvicinò la mano alla sua con aria quasi speranzosa. Lei gliela lasciò stringere, il che era una novità...

Salirono tutti sulle carrozze. Hogwarts finiva lì.

Mantenne alta la testa e continuò ad allontanare la mano da quella di Ron. Harry le colpì la spalla con la sua quando salirono sulla loro carrozza.

"Lo ucciderò, e poi potrai fare gli esami," disse a bassa voce.

Hermione guardò i suoi occhi furiosi, e annuì. Forse si sentì anche un po' più leggera. Harry era la persona sentimentalmente più ottusa che conoscesse, col suo ostinarsi a ferire Ginny e i suoi gusti tremendi in fatto di ragazzi, ma si poteva contare su di lui nelle emergenze. Sapeva che era rimasto sveglio tutta la notte con metà torre di Grifondoro. Si poteva credere in Harry. Lei lo aveva sempre fatto.

Rimase alquanto sorpresa quando Malfoy occupò il posto accanto al suo prima che Ron potesse precederlo. Quando chiese direttamente a Lupin di sederglisi accanto, capì: aveva messo il broncio a Harry per una delle sue manipolazioni. Come se Harry non avesse già abbastanza motivi per essere infelice.

Il treno cominciò a muoversi. Scorse Silente fuori, una figura solitaria stagliata sul grigio. Si strinse le unghie nei palmi.

Lasciarono la stazione di Hogwarts.

Calò un silenzio teso e terribile. A Hermione faceva male la gola.

Malfoy lo ruppe, perché era un bastardo insolente.

"Secondo me avrebbero potuto... come dicono i Babbani? - postarci i MAGO. Lei avrebbe potuto supervisionarci, professor Lupin. Sono certo che la commissione si sarebbe fidata ciecamente di lei."

Un altro difetto di Malfoy, e ne aveva così tanti che era difficile tenere il conto, era che era un lecchino spudorato.

Ron gli rivolse uno sguardo schifato. "Oltre che un dannato Serpeverde, sei pure matto," disse. "E' meraviglioso averti tra noi, Malfoy."

"Beh, è una pagliacciata impedirci di fare i MAGO," disse Malfoy, e Hermione l'avrebbe quasi apprezzato se non avesse aggiunto: "Si aspettano che mi affatichi per niente? E che ne sarà delle nostre prospettive lavorative? Ci saranno ripercussioni sulla mia carriera politica?"

"Carriera politica? Oh, nessuno difenderà l'Inghilterra?" chiese Sirius a denti stretti.

"Ci saranno conseguenze sulle nostre carriere?" chiese Ron, improvvisamente teso.

Malfoy alzò le sopracciglia, "Non certo sul tipo di carriera che potresti avere tu, Weasley."

"Sta' zitto," disse stanco Harry.

Ron fu nobile e lo ignorò. "Sul serio, professor Lupin. Perché stavo pensando, ecco, di entrare in affari nel campo della magia pratica - sa, me la cavo abbastanza bene - e poi, ehm, insomma, di prendere un appartamento per due..."

"Harry ce l'ha già un appartamento," disse distrattamente Hermione.

Capì solo quando Ron arrossì fino alla punta dei capelli che, nel suo pensare ad altro, era stata incredibilmente ottusa.

"Ehm. Lo so," disse Ron. "Ma stavo pensando. Ehm. Se ti andasse, tra un anno o giù di lì... puoi pensarci quanto vuoi, davvero, se non hai nessun altro programma... Non avrai mica scritto a quell'idiota di Viktor Krum, vero?"

"No, Ron," gli giurò. Hermione, sorridendo. Era più o meno la centesima volta che glielo chiedeva.

"I giocatori di Quidditch viaggiano un sacco, e... hanno anche le groupies. E' uno stile di vita corrotto, Hermione, davvero, non credo che saresti felice..."

Ron che si comportava da stupido le era così caro e familiare che si mosse e prese la sua mano tra le sue, giocandoci. Le mani di Hermione si perdevano tra quelle di Ron, ma lui lasciò che tentasse di afferrarle.

"E' che non ci avevo pensato, Ron," disse. Lui la guardò con i suoi occhi blu decisi, a cui poteva aggrapparsi e sentirsi amata e protetta, e che nella loro muta richiesta contenevano la sua insicurezza passata. Hermione gli strinse le mani e continuò: "Ma ci penserò."

"Sì?" disse Ron, e si illuminò. "Grande."
Malfoy sbuffo e Hermione lo guardò truce mentre alzava gli occhi al cielo. "Grifondoro innamorati," li schernì. "Che teneri. Vi dispiace se vomito fuori dal finestrino?"

"Signor Malfoy, sia civile," disse Lupin, facendo sbuffare sia Harry che Sirius.

"Mi scusi, professore," si affrettò a dire Malfoy il leccapiedi. "E la prego, mi dia del tu."

"Va bene, Draco," disse Lupin spassionatamente.

Malfoy dedicò a Lupin il suo sorrisino provocante. Era il genere di sorriso che ti faceva dimenticare che aveva il naso a punta e la camicia sgualcita.

Lupin tirò fuori un libro. Malfoy iniziò a parlarne con lui.

L'atteggiamento di Malfoy suggeriva che non era ancora a stretto contatto con Harry, e che anche se l'aveva fatto, evidentemente in quel momento per lui non c'era alcun Harry. Hermione decise fra sé e sé di prendere da parte Malfoy al più presto e di ottenere risposte su cosa diavolo aveva in mente.

"Dobbiamo proprio usare i trasporti babbani?" chiese Malfoy all'improvviso. "Insomma, ci sono tutte quelle malattie particolari, no?, e non abbiamo Madama Chips con noi..."

"Oh, Malfoy, se pensi che siamo tanto disgustosi perché non scappi, invece di venire con noi?" domandò Hermione.

Malfoy la guardò, abbassò le ciglia argentee e assunse l'espressione più seria che mai gli avesse visto, prima di rispondere: "Ho le mie ragioni."

Hermione lo fissò confusa, ricordando i volti esangui di tutti quei giovani Serpeverde. Malfoy sembrava quasi vulnerabile in quel momento, con la curva della bocca tremante.

"Beh... perché, allora?" chiese, più gentilmente.

Con suo enorme stupore, lui si mosse verso di lei come per stringerle la mano, e parlò a bassa voce.

"Perché..." Si fermò e la guardò negli occhi. "Perché ti amo, Hermione," sussurrò.

Hermione restò a bocca aperta.

Malfoy ridacchiò. "La faccia che hai fatto non ha prezzo."

"Sei proprio uno stronzo, Draco Malfoy!"

Malfoy si limitò a scuotere la testa e a ridacchiare contento tra sé. Hermione guardò Ron e lesse il suo stesso oltraggio nei suoi occhi, poi guardò Harry, che stava scuotendo la testa sorridendo leggermente.

Malfoy era la peggiore influenza possibile. Bisognava occuparsi di lui.

Dovettero aspettare sul treno finché non furono scesi tutti. Loro erano gli ultimi.

Il treno era l'ultimo pezzo di Hogwarts che gli restava, e Hermione lasciò che Ron la abbracciasse perché non era certa di voler attraversare il muro del Binario 9 e ¾.

Tuttavia lo fece. Lo fecero tutti, e si ritrovarono alla stazione di King's Cross sul binario Dieci, insieme a uomini d'affari in abiti grigi, bambini dai volti sudaticci e una massa di gente di cui adesso aveva quasi paura.

Non dicevo sul serio quando ero stressata e desideravo di essere come tutti gli altri, pensò. Voglio tornare indietro, ho imparato a vivere in mondo fatto di incantesimi. Non so cosa fare qui, non per sempre. Voglio tornare indietro.

Le travi di acciaio li sovrastavano, il cemento era duro sotto i loro piedi. Non c'era alcuna macchina a vapore rossa e nessun castello. La magia era scomparsa.

Raggiunsero la biglietteria e Sirius fece i biglietti per tutti. Dovevano recarsi a Stonehenge, tutto lì. Malfoy camminava molto vicino a Lupin.

"Non avevo mai visto questa parte della stazione," disse col suo solito tono sarcastico, trattenendo a stento un fremito. "Il mondo babbano è enorme e brutto come questo posto, vero?"

"Sei sempre stato un codardo, Malfoy," disse tagliente Hermione.

"Non sono un codardo!" sbottò Malfoy.

"Non lo è," disse piano Harry.

Hermione lo guardò contrariata, ma non stava affatto guardando Malfoy col suo sguardo innamorato. Era ancora arrabbiato, e aveva parlato con pura convinzione. Lo credeva davvero.

Ripensò al modo in cui Malfoy l'aveva stretta dopo che avevano trovato la McGranitt, e aprì la bocca per chiedere scusa, ma... era un bulletto schifoso. La richiuse.

Il treno era un contenitore triste e rumoroso dall'aspetto squallido. Malfoy era così occupato a lamentarsi dei sedili sdruciti che Sirius, Lupin, Ron e Hermione occuparono i posti da quattro, e lui fu costretto a sedersi con Harry.

"Mi ripeta come ci organizzeremo per dormire e fare colazione," disse. "Posso dividere la stanza con lei?"

Hermione si rifiutò di mettere insieme il tono dolce e lusinghiero della sua voce e il modo in cui spalancò gli occhi per ottenere una spiegazione di quel comportamento. Perché non ci si comportava così con gli insegnati, perché era sbagliato, sbagliato, schifoso e sbagliato.

"Non dividerò la stanza con quel piccolo viscido... cioè, voglio dire, è meglio di no," disse Sirius, ricordandosi in ritardo di essere un educatore e tutore imparziale.

"Oh," disse Draco in tono piatto. "Perché, dovrei dividerla anche con lei, professor Black? Allora non fa niente."

Lupin, a cui Hermione fu appassionatamente grata per il modo in cui finse di non aver nemmeno sentito la richiesta scioccante di Malfoy, rispiegò i programmi. C'era una stanza con tre letti all'inizio del corridoio, due dei quali sarebbero stati occupati da Lupin e Sirius. Non c'erano finestre, per cui era la stanza più a rischio di attacco. Poi c'era una stanza con due letti, e l'ultima con un lettone a due piazze.

"Hermione può prendere la stanza col letto grande, e Harry starà con noi," decise Sirius, appagato.

Ron fece un verso strozzato di protesta. Hermione dedusse che il significato di ‘Gyaaargh!' era che Malfoy era il male, che probabilmente avrebbe ucciso Ron nel sonno, oppure - ancora peggio! - l'avrebbe molestato nel sonno, e insomma per farla breve, no.

"Non credo che Ron sia d'accordo," disse diplomaticamente.

"Beh, allora può dormire lui con noi," propose Lupin.

"Sì. La prego, sì," disse Ron disperato.

"No!" disse secco Malfoy. "No, scelgo Weasley."

Ron strinse Hermione in una morsa letale per non essere preso. Harry non disse una parola. Il suo silenzio era quasi assordante.

"Oppure Granger," proseguì Malfoy. "Granger andrà bene."

Hermione si stupì di sé. "Va bene," disse. Voleva parlare con Malfoy in privato. Quale opportunità migliore?

"Hermione!" gridò Ron.

Lupin era rimasto attonito. "Non sono sicuro che possiamo permettere ad un ragazzo e una ragazza di condividere la stanza..."

"Ascolti, professore," disse Hermione, avvicinandosi a lui e sorridendo. "Mi faccia il favore. Avanti. E' Malfoy. Ron non vuole dormire con lui, e... Ron non vuole dormire con lui, e a me non importa. Lo sa che piuttosto bacerei un Ippogrifo."

"Ammettilo, Granger, mi desideri."

Hermione lo guardò sconvolta e Sirius sbuffò molto forte.

"Perché parli così, piccolo idiota?" chiese quest'ultimo. "Ti è forse sfuggito che non sei altro che un albino?"

"Forse," disse altezzoso Malfoy, "ma ho una struttura ossea bellissima."

"Credo che possa andare bene," disse Lupin, e sorrise a entrambi. "Se mettessimo uno specchio nella stanza, Draco potrebbe anche non notare la presenza di Hermione."

Malfoy era felice di essersi ingraziato almeno un professore, e ricambiò il suo sorriso con un'aria attraente.

"Due me, dice? Sarà corretto nei confronti di Granger? Ha vissuto in modo appartato: potrebbe avere un infarto."

"Malfoy," esplose Ron, "i tuoi genitori avrebbero dovuto affogarti alla nascita."

Malfoy storse la bocca. "Non nominare i miei genitori solo perché ti preoccupi per le mutandine della tua piccola Mezzosangue."

"Oddio, Draco," tuonò Harry. "Sta' zitto."

Il suo urlo echeggiò nella carrozza. Ron e Sirius, entrambi sul punto di perdere la pazienza e iniziare a litigare, ammutolirono insieme agli altri. Malfoy girò la testa e guardò Harry, e Hermione si accorse che non lo aveva fatto una sola volta quella mattina.

"Sai benissimo che non diceva sul serio! Smettila di prendertela con chiunque, dobbiamo passarci tutti..."

"Oh, dubito che tu abbia la minima idea di ciò che sto passando io," sogghignò Malfoy.

Harry sbatté il pugno contro il plexiglas del finestrino. "No? Tu credi?" domandò. La sua mano si chiuse attorno al braccio di Malfoy, le sue dita così bianche che la pelle di Malfoy doveva essersi fatta rossa al di sotto. "Muoviti. Andiamo."

Si alzò in piedi e Malfoy si alzò con lui, solo per spingerlo all'indietro e oltrepassare la porta davanti a lui. Harry lo seguì e se la richiuse alle spalle.

"Perché sono amici?" chiese Ron. "Se litigano tutto il tempo, perché devono essere amici? Non potevano rimanere rivali? A me andava benissimo!"

Soffocate dalla porta, si udirono delle urla.

Sirius e Ron cominciarono a scommettere su quanto sarebbe durato Malfoy in caso di rissa.

*

Nel corridoio stretto tra le carrozze, Harry spinse via Draco per non colpirlo, e colpì forte la parete.

"Oddio, cazzo," disse. "Niente sta andando come avrei voluto! Mi sono scordato di dire addio a Hagrid, ti rendi conto? Lui è una delle persone che mi sono state vicino sin da quando ero piccolo, e me ne sono andato così."

La luce fluorescente era rotta, emanava un bagliore opaco solo da un lato. Gli occhi di Draco brillavano freddi nella penombra.

"Tu te ne sei andato così," disse sarcastico. "Hai la minima idea di cosa mi sono lasciato alle spalle io? Hai la minima idea di cosa... avevo promesso di proteggerli e ho dovuto abbandonarli! Hai la minima idea di quanto ti odio, cazzo?"

"Non m'importa!" gridò Harry. "Non m'importa, non m'importa, voglio solo spaccare qualcosa. Pensavo che tutto sarebbe andato bene se solo fossi riuscito a promettere a me stesso che avrei ucciso Voldemort, ma Hogwarts era la mia casa e ci abbiamo provato col Giovane Ordine e le riunioni nella tua stanza, ci abbiamo provato tutti e non è servito a un cazzo."

Draco avanzò nello spazio personale di Harry.

"Non parlarmi di cose inutili!" sibilò. "Ci ho messo tutto me stesso per unirli! Ora non so più cos'ho, non so più chi sono e non voglio essere un codardo!"

"Non sei un codardo, stupido idiota!" gli urlò Harry. "E non m'importa se mi disprezzi, preferisco quello piuttosto che saperti in pericolo, ma non ci sarebbe stato bisogno di scegliere se mi avessero permesso di combattere! Odio questa situazione. Odio tutto!"

Si mosse per spingere Draco contro la parete, pur di fare qualcosa, qualsiasi cosa, e Draco fece resistenza. Restò immobile, e Harry si accorse che aveva messo la mano sulla spalla di Draco e che i loro volti erano distanti pochi millimetri.

Ed era già sudato e senza fiato.

All'improvviso ammutolirono entrambi.

Harry riuscì a sentire l'alito caldo di Draco sulla guancia. Sentiva il battito del cuore di Draco sotto la mano, e mosse le dita fino ai muscoli del suo collo. La pelle era liscia e tremante al suo tocco.

Molto lentamente, Draco inclinò la testa nella giusta angolazione. Harry vide il luccichio della lingua e dei denti dietro le sue labbra dischiuse.

Poteva sentire ogni centimetro del corpo di Draco. Avrebbe potuto scattare e afferrare i capelli di Draco, e lui avrebbe aperto la sua bocca rovente sotto la sua. Se uno dei due si fosse mosso...

E Draco aveva già paura. Dopo una notte piena di donne in lacrime, Harry sentiva di doversi impegnare per essere meno insensibile, e... Draco aveva sempre voluto attirare l'attenzione, aveva sempre lottato per adeguarsi alle aspettative degli altri e fatto di tutto per far ridere. Harry se n'era accorto quando l'aveva visto cercare l'approvazione di Lupin. Draco aveva bisogno degli altri, e odiava sentirsi dipendente.

Draco era disperato.

Espirò a fondo, fece un passo indietro e crollò sul pavimento, appoggiandosi alla parete opposta e tenendosi le mani intorno alle ginocchia per non cadere in tentazione.

"Oh, merda," disse di nuovo, poi si tolse gli occhiali e si massaggiò la fronte. Quando li inforcò nuovamente e alzò lo sguardo, Draco si era seduto contro l'altra parete.

"Vedo che siamo in completo accordo," osservò Draco, con la tipica voce gelida Malfoy che Harry conosceva fin troppo bene, anche se i suoi zigomi erano spruzzati di un lieve colore. "Odi tutto? Anch'io odio tutto."

"Non ti odio sempre," disse stanco Harry.

"Beh," concesse Draco. "Forse non sempre." Esitò. "E neanche la maggior parte del tempo. So che stavi cercando di... proteggermi, o chissà che, ma non posso dimenticarmi di loro! E non posso perdonare te, adesso, per essere riuscito a fare l'eroe solitario del cazzo."

"Il fatto non è che sei un codardo, Draco," disse Harry, che ci aveva pensato su. "Il fatto è che hai il modo di pensare di un comandante di esercito. Vuoi delle forze armate per il tuo piano di battaglia."

Draco ci pensò su a sua volta, e sembrò apprezzare l'idea.

"E questo fa di me un guerriero più moderno ed efficiente," notò con ovvia soddisfazione. Harry alzò le spalle, e Draco aggiunse: "Non preoccuparti per Hagrid. Sono certo di aver fatto impallidire il povero Terry lì sul binario."

"Che peccato," disse Harry con assoluta sincerità.

"Non ti piace, vero? Come mai?"

"Ehm... i bibliofili. Non mi piacciono," rispose Harry.

Draco sollevò le sopracciglia. "Poveri me e Granger. Il favore di Harry Potter ci è stato ritirato. Si rende chiaramente necessario un patto suicida."

"Taci, cretino."

"Oooh, Harry, mi spiace davvero che i tuoi nobili istinti siano stati frustrati dalla vile resa di tutti gli altri a Hogwarts. Ti andrebbe di tornare con un treno occupato e cantare nobili inni di resistenza, esigere di fare i MAGO e tutto il resto? Scommetto che Granger si unirebbe a noi, se sentisse il pezzo sui MAGO."

"Forse non è un piano molto pratico," disse Harry con una certa dose di dispiacere.

"Cosa sento? Logica sulla bocca di Harry Potter," strascicò Draco. "Il mio bambino è diventato un ometto. Sto per mettermi a piangere."

Il treno sobbalzò e la luce si spense, poi si riaccese del tutto. Harry vide la luce evidenziare il sudore sul collo di Draco, e pensò a come sarebbe stato leccare quel punto morbido proprio sotto la sua mandibola.

"Ti rendi conto," disse Draco, con molta calma, "che ci urliamo contro e la pensiamo allo stesso modo? Se continuiamo così, entro domani ci ammazzeremo."

"Giusto," disse Harry, ripensando alla curva gonfia della bocca di Draco la notte prima. Scosse il capo. "Sì, giusto, hai pienamente ragione."

Il viso di Draco si contorse in qualcosa di simile al rimorso.

"Sono un genio, lo sai."

"Così continui a ripetermi," disse Harry, e sorrise.

"Ho peggiorato una situazione già brutta. E' colpa mia. Scusa, Harry, è stata una cosa irresponsabile e imperdonabile mentre sei... mentre non sai ancora niente di queste cose. Sono tuo amico e dovrei aiutarti anziché confonderti."

L'espressione di Draco suggeriva che si stava concentrando per un'autocritica privata e severa. Harry cominciava a sentirsi in estremo imbarazzo. Era stato quasi certo che Draco fosse... no, al diavolo, era sicuro che Draco fosse... ma era anche vero che Harry non aveva molta esperienza.

"Insomma, non hai ancora scelto uno stile di vita, non ne hai idea," continuò Draco, con voce severa e il labbro inferiore tra i denti.

"Oh," disse Harry. "Ci ho pensato. Ho deciso che non importa."

Draco chiuse gli occhi come se stesse provando dolore.

"Senti mai voci che non siano del Signore Oscuro, nella testa?" chiese con cautela. "Qualche voce che magari ti dice di bruciare qualcosa perchè il fuoco è bello, o magari di metterti un tutù giallo ed esibirti in un rituale di accoppiamento per ranuncoli?"

"Non sono pazzo, Draco."

"Certo che no," lo consolò Draco. "Ma sarebbe meglio se non ascoltassi le voci, Harry. Ti basta dirgli di no, è questa la chiave."

"E' solo che non m'importa. Cioè, non con tutto ciò che sta succedendo. Potrei finire senza alcuna vita per cui dover scegliere uno stile, e non vedo per quale ragione dovrei perdere tempo ad arrovellarmi su ciò che provo come un cretino, quando è tutto così semplice." Si concentrò a fondo sulle proprie mani annodate, cercò di superare il magone di mortificazione che aveva nello stomaco e disse: "Voglio te. Se ci sarà qualcun altro..."

"Quando ci sarà qualcun altro," lo corresse Draco, con voce flebile. "Quando, tra breve, ci sarà qualcun altro."

"Non credo," disse Harry, cocciuto. "Se ci sarà, allora mi chiarirò le idee. Per adesso non c'è nessun altro, quindi che importa?"

La bocca di Draco continuava a cambiare espressione, come se fosse incerto su come reagire a quella conversazione. Continuava a cercare di guardare Harry senza riuscirci.

Certo, Harry se ne accorse solo per gli sguardi sfuggenti che rivolse a Draco mentre si concentrava sulla linea bianca delle proprie nocche.

"Non puoi non accorgerti che è pura follia, Potter," disse infine, con un gesto vago. "Insomma... dai, non puoi mica volere che ci mettiamo insieme o cose simili."

Mettersi insieme. Che espressione stupida, stupida e imbarazzante.

"Non mi dispiacerebbe," mormorò, poi decise di mandare tutto al diavolo e guardò Draco dritto negli occhi. "Cioè, sì. Sì. E' quello che voglio."

Era la prima volta che Harry faceva una proposta del genere a qualcuno, per non parlare del fatto che non avrebbe mai pensato di rivolgerla a Draco, e che non si era certo immaginato che la persona a cui l'avrebbe detto avrebbe appoggiato la fronte sulle braccia e avrebbe detto: "Non può essere la mia vita, questa."

"Senti, Draco," sbottò Harry. "Ti è piaciuto? Ieri notte?"

Draco sollevò il viso dalle braccia, guardò Harry con prudenza e si piegò di nuovo.

"Sì," disse brevemente. "Sì, ma... non voglio mandare tutto a puttane perché tu sei confuso e io sono debole e in preda agli ormoni. Non voglio... non voglio non doverti più guardare in faccia perché quando andavamo a scuola ci fu qualcosa tra noi e tu non ricordi più per quale motivo."

"Me lo ricorderò," disse Harry, e quando Draco alzò lo sguardo gli porse un debole sorriso. "E' tutta colpa della struttura ossea. Ho un debole per le strutture ossee ben fatte."

Draco rise davvero, cosa che in quel giorno, fra tutti, era un risultato pazzesco.

"Va bene," disse dopo un minuto. "Allora torna lì dentro e racconta tutto a Weasley."

Harry lo guardò e si alzò lentamente in piedi. "Ok." 

"Siediti! Non muoverti, sei impazzito?"

Harry si sedette perché Draco era in preda al panico, anche se generalmente non obbediva a comandi strillati solo per rafforzare la convinzione di Draco di essere il Comandante Supremo dell'Universo.

"Ma non ti vergogni?" chiese Draco.

"Non credo che tu sia una cosa di cui vergognarsi," disse con calma.

Draco lo indicò con un dito. "Tu sei matto. Lo sapevo! E tutto ciò che ho detto è ancora valido," aggiunse. "I sentimenti sono bugie, poi arriverebbe il momento in cui ti renderesti conto di aver fatto una cazzata, e... non posso. Cioè, non voglio."

Non si aspettava altro, ed era già stato abbastanza ragazzetta senza fare la donnetta offesa. Si concentrò sul muro dietro la testa di Draco e cercò di parlare con voce normale.

"Ok," disse. "Tocca a te decidere. Sono contento che ci parliamo di nuovo, comunque, e che mi guardi di nuovo."

"Certo," replicò Draco, che al momento non stava facendo quell'ultima cosa. "Ora che abbiamo sistemato tutto e il mondo rimane un posto crudele e odioso, ed entrambi vorremmo tanto uccidere qualcuno, che ne dici di tornare dagli altri? Temo che Weasley si disperi senza di me."

Harry si alzò in piedi e porse una mano a Draco per aiutarlo. Draco la prese, con un'aria leggermente meno stanca.

Draco aveva bisogno degli altri, e per adesso aveva solo Harry. Non era giusto esserne felici.

"La tua camicia è un disastro," disse Harry, lasciandolo andare e toccandogli una spalla. "Cosa ci hai fatto, il wrestling? L'hai accartocciata finché non ti ha chiesto pietà e l'hai indossata?"

Draco lo guardò superbo. "Mi dava fastidio. Ecco il destino di tutti i nemici dei Malfoy."

"La cravatta andrebbe annodata, fra l'altro."

"Oooh, la tua esperienza in fatto di costumi babbani mi fa letteralmente fremere di ammirazione, davvero."

"Scusami tanto se le mie conoscenze sono superiori alle tue. Non è colpa mia se sono così colto."

Draco mantenne aperta la porta. "Dopo di lei, o eroe onnisciente," disse con voce annoiata.

Harry aveva già meno voglia di spaccare tutto.

*

Quando ritornarono stavano quasi sorridendo. Hermione si stupì lei stessa dell'occhiata che rivolse a entrambi, sicura che se fosse successo qualcosa di strano se ne sarebbe accorta. Per non parlare del fatto che sperava che Harry si comportasse con decenza, con Ron e Sirius ad una carrozza di distanza dall'arresto cardiaco.

Comunque, fu fastidioso vedere Harry visibilmente più calmo e felice dopo che Malfoy si era comportato da stronzo razzista e si erano gridati addosso. Era frustrante e inspiegabile.

"Perdoni le mie parole indelicate, gentile damigella," disse Malfoy, e Hermione fu certa che solo il suo sguardo assassino gli impedì di inchinarsi. Piuttosto sogghignò.

"Va bene," disse con poca convinzione.

"L'hai colpito, Harry?" chiese Sirius, sporgendosi verso di lui. "O l'hai prima messo in ginocchio?"

"Non gli ho fatto niente," rispose Harry. Anche la sua voce era più rilassata, e Hermione fu grata per quell'informazione.

"Ti ha colpito lui?" chiese Sirius. "Quel viscido furetto!"

Malfoy lo guardò tranquillo. "L'ho ucciso," disse felicemente, mentre lui e Harry tornavano a sedersi ai loro posti. "Poi ho trasfigurato il mio fazzoletto da tasca in Harry Potter, per sfuggire alle ripercussioni e ingannarvi tutti. Dite che la mia pezzolina riuscirà a sconfiggere il male?"

"L'idiota sta cercando di dire che nessuno ha colpito nessuno," disse Harry pazientemente.

A volte Hermione pensava che sarebbe stato semplice essere gentile con Malfoy, se solo Harry avesse continuato a sognare ad occhi aperti che Malfoy venisse mangiato dalla piovra gigante, piuttosto che disturbandola terribilmente usando quel tono che irradiava affetto. Non aveva alcun problema ad accettare che Harry fosse attratto da lui... ad alcuni piacevano quel genere di cose, Malfoy era biondo e vanesio. Non aveva mai capito neanche la sua cotta per Cho Chang. E Harry era ingenuo, per lui essere attratto da qualcuno era una cosa seria, per quello aveva lo sguardo da lunatico. Solo che ogni volta che Malfoy faceva o diceva qualcosa e Harry reagiva con quella gratitudine calorosa, le tornava in mente che era la persona che lui, lui, che era... la persona...

Le faceva venire la nausea, tutto lì. Una volta lei e Ron gli bastavano.

Malfoy, rilassandosi come un gattone contento, estrasse un libro dal suo borsone e lo gettò a Harry.

"E' sulle alternative vegetariane ai sacrifici di sangue," spiegò, riuscendo perfettamente a gestire la difficile impresa di strascicare con entusiasmo. "Insomma, sono sicuro che manchi di stile, ma siamo in un'epoca decadente e ci sono sempre meno vergini, quindi le radici innocenti sono il sostituto più vicino. Inoltre è soprattutto tecnico, rimarresti sconvolto dai punti in comune tra piante e persone. A volte si assomigliano davvero."

"Affascinante, Draco. Dico davvero," disse Harry serio.

Malfoy alzò le sopracciglia e ridacchiò. Si tuffò nel suo libro (che ad onor del vero sembrava interessante, e se avessero condiviso la stanza Hermione avrebbe approfittato della cosa per raccattare ogni libro che avesse lasciato in giro) e Harry guardò fuori dal finestrino.

O meglio, Harry guardò fuori dal finestrino per un po', ma era stata una lunga notte per lui. Tutti abbassarono la voce quando il respiro di Harry si fece più profondo, Sirius e Ron tornarono a discutere su chi dovesse del denaro a chi, Lupin tornò al suo libro e soltanto Hermione si accorse che Harry era scivolato nel sonno e la sua testa era finita sulla spalla di Malfoy.

Malfoy abbassò gli occhi su di lui, e il suo viso si rilassò nell'espressione più dolce che Hermione gli avesse mai visto. Poi sprofondò un po' sul sedile, tese l'altra mano e sfilò gli occhiali a Harry. Se li mise in tasca.

A quel punto si accorse che Hermione lo stava fissando e le rivolse uno guardo glaciale e torvo, posò la guancia contro i capelli di Harry e tornò al suo libro, mentre il suo viso ritornò al solito ghigno freddo.

Doveva prendere da parte Malfoy e parlargli il più presto possibile.

Una volta giunti alla loro fermata, Malfoy svegliò Harry dicendogli "Buh!" nell'orecchio e passandogli gli occhiali mentre Harry si muoveva, mormorava e apriva gli occhi a metà prima di sorridere. Il più presto possibile, promise di nuovo Hermione. Se si fosse trattato di chiunque altro, avrebbe giurato che Malfoy fosse dolce con Harry. Era ingiusto.

Quando furono fuori, e iniziarono a guardare le strade grigie e sudice di una delle zone meno attraenti di Salisbury al calare della sera, Hermione realizzò tutt'un tratto che aveva usato la vita sentimentale di Harry per non pensare a quanto erano lontani da casa.

Voleva Hogwarts. E se proprio non era possibile, voleva mamma e papà.

Aveva Ron che le stringeva la mano. Riuscì a non mettersi a piangere.

"Qualcosa mi dice che non siamo più in Kansas, Totò," disse Harry. (**)

Malfoy gli scoccò un'occhiata finto-scocciata. "Non siamo più dove? Con chi ce l'hai? Sei proprio matto, Harry Potter. Probabilmente è per tutto quel tempo nel sottoscala, l'ambiente è vitale per le menti giovani. Professor Lupin! Mi fa citazioni babbane. Non è gentile, e non è giusto."

Il gomito di Harry toccava l'interno di quello di Draco. Hermione si aggrappò alla mano di Ron e guardò il viso stanco di Lupin, gli occhi neri e irrequieti di Sirius, e capì che quelle persone erano l'ultima cosa che le restava del suo mondo.

Era patetico, ma aveva una paura tremenda.

Continuò ad aver paura quando irruppero nel bed and breakfast, e Lupin sorrise con fascino stanco alla donna del luogo porgendole una carta di credito, che Malfoy chiese di poter toccare.

"Carino questo denaro di plastica," disse. "Potrei averne uno per me?"

Harry gliela tolse di mano con decisione. Poi Malfoy si sollazzò denigrando Salisbury.

"E smettila," ringhiò Sirius alla fine. "Anche il Maniero Malfoy è nel Wiltshire, ci sono stato per un matrimonio. Sei uno del posto, dannazione."

"Non ho niente a che fare con le squallide periferie babbane," disse sdegnosamente Malfoy.

Lupin rimproverò Malfoy per aver detto la parola ‘babbane', lasciò guardare a Ron la carta di credito e propose di andare tutti a letto presto.

"Già, io e Granger vorremmo stare da soli," disse Malfoy, godendosi l'espressione omicida di Ron con gioia serena. "Non vede l'ora di sguazzare nell'innominabile lussuria carnale della mia pelle contro sulla sua," proseguì.

"Hai ragione, non vedo l'ora di darti un ceffone," lo informò vivacemente Hermione. "Adesso entra e cambiati per primo, e tu, Harry, vai nella tua stanza. Sei chiaramente a pezzi."

Harry obbedì piuttosto gentilmente, attraversando il corridoio imbiancato col tappeto marrone scuro e un lieve odore di medicinali. Gli altri erano così esausti che lo seguirono ed entrarono nelle rispettive stanze. Ron si fermò per darle un bacio.

"Tra un po' vengo a trovarti," promise. "Sopportare Malfoy, che eroina! Rimedierò io per lui. Ti cucinerò una cena, o magari..." arrossì, "eseguirò favori sessuali su richiesta, o cose del genere."

Hermione lo baciò dolcemente. "Un buon libro è sempre il benvenuto, lo sai," mormorò.

"Grazie tante," disse Ron, e la abbracciò forte prima di lasciarla andare.

Hermione rimase nel corridoio freddo e angusto e prese fiato. Poco dopo Malfoy uscì e lei strillò inorridita.

"Mettiti una maglietta, Malfoy!"

"Dormire con una delle mie camicie?" chiese Malfoy con voce glaciale. "Non credo proprio. Mi piego a indossare abiti da notte solo perché sei una signorina. Non ci sono abituato, e probabilmente non riuscirò a dormire. Mi verranno le occhiaie, e dovrai sentirti in colpa per aver guastato la mia bellezza radiosa."

"Oddio, sta' zitto," disse Hermione con passione, ed entrò.

Ora capiva come ci era riuscito. Aveva parlato con Harry fino a distruggergli il cervello e renderlo cera tra le sue mani. Gli aveva rubato la facoltà di pensare con le sue fastidiosissime chiacchiere senza fine.

Scelse il pigiama blu abbottonato fino al collo, si legò severamente i capelli, entrò nel letto e si tirò le lenzuola fin sotto il mento, poi disse a Malfoy che poteva entrare.

"Granger, splendida visione di delizia," strascicò Malfoy, trattenendosi sulla porta al fine, dedusse Hermione, di sembrare lascivo a petto nudo.

Conosceva decine di uomini più belli di lui e con delle belle spalle.

"Se hai intenzione di scocciarmi, Malfoy, puoi dormire nel corridoio," lo informò. "Mi farebbe comodo un fermaspifferi dietro la porta."

Malfoy alzò gli occhi verso le crepe nel soffitto, le scuciture del tappeto marrone e infine le lenzuola bianche di seconda mano.

"Qualsiasi cosa possa farti stare meglio in questo posto è mio dovere di gentiluomo."

"Beh... bene," disse Hermione, che preferiva l'approccio diretto. "Bene, perché voglio che tu faccia una cosa per me."

"Hai capito, la gattina," disse Malfoy, fintamente scandalizzato.

"Puoi smetterla di fare lo scemo, entra nel tuo letto e parlami."

Malfoy roteò gli occhi. "Mi stai spezzando il cuore," dichiarò, e si gettò drammaticamente sul letto con una mano sulla fronte. Hermione rise leggermente, perché era chiaro che era quello l'obiettivo di Malfoy, e in effetti era piuttosto divertente.

"Credo che sia giunta l'ora di fare quattro chiacchiere."

"Allora parla, Granger," disse pigramente Malfoy.

"Voglio parlare di Harry."

Malfoy si irrigidì. "Cosa c'entra lui?"

Hermione voleva incrociare lo sguardo di Malfoy, ma lui restò fermo sotto le lenzuola, appoggiato sui gomiti, con gli occhi fissi davanti a sé. Hermione vedeva solo il suo profilo duro e indecifrabile.

"Ci tengo a lui, tutto qui. Immagino che tu lo sappia, ovviamente."

"Infatti," disse Malfoy distaccato.

Continuava a non guardarla, e Hermione pensò che forse era stata ingiusta. Quel pensiero la fece arrabbiare al punto che si mise a sedere e sbottò.

"Malfoy, voglio solo sapere cosa sta succedendo! Dici che sei dalla nostra parte, bene, penso che le cose siano già messe abbastanza male senza bisogno di te che manipoli Harry. Voglio sapere cosa stai facendo con lui. Voglio sapere cos'hai in mente."

"Qualcosa di terribile," rispose Malfoy, in tono piatto.

"Da te non mi aspetto altro! Non fa che attraversare alti e bassi da quando avete iniziato a frequentarvi. Ho bisogno di sapere che non stai cercando di ferirlo. Ho bisogno di sapere che sei davvero suo amico!"

"Sono suo amico, allora!" scattò Malfoy, rivolgendole uno sguardo avvelenato e tendendosi in avanti. "Sono suo amico, o perlomeno tornerò ad essere suo amico, dopo che si sarà tolto queste stupide idee dalla testa, e non puoi impedirmi-"

In quel momento inopportuno, Ron entrò nella stanza. Hermione non era mai stata così infelice di vederlo.

Ron interpretò la sua espressione accusatoria come un segno di benvenuto, e andò a sedersi sul letto cingendola con un braccio.

"Ehi," disse. "Volevo controllare come te la cavavi col maledetto Malfoy."

Avevano proceduto bene fin quando non si era fatto vivo Ron, ma Hermione chiuse gli occhi e si appoggiò a lui quando le baciò la tempia. Era così stanca, e si sentiva così sola. A quell'ora di solito faceva l'appello.

Ron le baciò l'angolo della bocca e lei sospirò e lo accarezzò.

"Oh mio Dio," esclamò Malfoy. "Rituali di accoppiamento Grifondoro davanti ai miei occhi. Perché a me?"

"Oh, chiudi il becco, Malfoy," disse Ron, e la baciò di nuovo.

Si sentì uno sfregare di lenzuola, ma Hermione tenne gli occhi chiusi e si lasciò rapire da quelle breve illusione di calore e sicurezza. Poi la voce sgradevole di Malfoy ruppe il silenzio.

"Vado a dormire con Harry," annunciò, e sbatté la porta.

Bastardo!

*

Harry era steso nel letto e pensava a Draco.

Oh, e qual era la novità? Pensò esasperato, girandosi sul fianco. Avrebbe dovuto pensare a Voldemort, al pericolo che stavano affrontando, all'indomani. Era un eroe dannatamente patetico, che lasciava che i pensieri su Draco vincessero gli altri e vi si sovrapponessero.

Cosa penserebbe Draco, cosa avrebbe direbbe se sapesse... o più semplicemente, come sarebbero le cose se avessi Draco con me in questa situazione? Con me nel senso di mio.

Quel costante desiderio amaro. Se era quello l'amore...

Era maledettamente stupido!

Era così umiliante essere costretto dal suo subconscio, ogni notte, a richiamare alcune immagini e ad aggrapparvisi, cercando di convincersi che fosse Draco, Draco, Draco...

Draco si intrufolò nella sua stanza.

Harry era così certo che fosse un sogno che afferrò gli occhiali, e cominciò a crederci solo guardando Draco attraverso le lenti e le impronte delle sue dita sudate.

Draco era lì che lo guardava. Indossava solo un paio di pantaloni neri del pigiama, e nonostante la mente di Harry cercasse disperatamente una spiegazione alla sua presenza, una parte di lui era impegnata a catalogare immagini con fare da maniaco.

La curva bianca delle sue spalle, il torace liscio e pallido. Il modo in cui il tessuto nero gli mordeva dolcemente i fianchi. I piedi nudi e, ovviamente, quella fastidiosa aria sicura di sé, come se fosse tutto assolutamente normale.

"Non fraintendermi, Harry," strascicò, "ma posso entrare nel letto con te?"

La bocca di Harry era troppo secca per rispondere, con sua tremenda vergogna. Riuscì solo a fare un gesto tipo ‘fa pure'.

Si sentiva estremamente sensibile, come capita dopo un bel bagno caldo. Ogni suo poro gli urlava messaggi.

Sentì il soffio di aria fredda quando Draco sollevò le lenzuola. Il peso di un altro corpo sul materasso, una cosa che Harry non aveva mai provato in vita sua e che francamente era meravigliosa. Il calore del corpo di Draco, che sembrava irradiarsi verso Harry in modo indecente.

E poi l'aspetto di Draco, steso accanto a lui, coi capelli appena un po' gonfi sul cuscino. Harry provò una gioia improvvisa e oscena.

"Weasley è entrato nella stanza di Granger," spiegò Draco, scivolando più a fondo sotto le lenzuola. "Se l'abbia fatto per le coccole o per una scopata, non ho voluto scoprirlo. Non mi serve quel tipo di trauma."

Harry ritrovò la voce. Era impossibile che fosse la sua, la sua non gracchiava in modo tanto allarmante.

"Non fa niente."

L'angolo della bocca di Draco si contorse leggermente.

"Potter, Potter, se ti ecciti tanto per una dormita la testa potrebbe esploderti, se Ginny Weasley decidesse di offrirsi a te."

"Smettila," disse secco Harry.

L'espressione che assunse Draco lasciava trasparire un certo dispiacere. Harry dovette combattere l'impulso di voltarsi e baciarlo.

"Scusa," disse Draco, con la sua voce meno sincera.

A Draco piaceva suonare falso quando diceva cose che pensava ma che non avrebbe voluto dire.

Harry sospirò. Adesso capiva Draco, pensò. Riusciva a interpretare la maggior pare dei segnali che l'avevano frustrato, confuso e infine intrigato. Sapeva che Hermione non ci credeva, ma sarebbe dovuto essere cieco per non accorgersi che era un grande stronzo, metà del tempo.

E lo amava terribilmente, cosa che naturalmente rendeva uno stronzo anche lui.

"Ok."

Il sorriso di Draco si fece malizioso.

"Beh, buonanotte, Harry. Domani sarà una lunga giornata, quindi cerca di non prenderti libertà con la mia persona, mentre dormo."

"Buonanotte, Draco," rispose asciutto Harry.

Draco rotolò sul fianco, volgendo la schiena a Harry, e sembrò prepararsi ad addormentarsi.

Se pensava che in quel modo avrebbe aiutato Harry a distrarsi, si sbagliava di grosso.

Harry rimase steso a guardare il profilo di quella schiena, la definizione fin troppo nitida delle sue scapole e la linea dritta della spina dorsale.

Smettila di sbavare su una schiena, Harry Potter. Stai diventando veramente triste.

Piuttosto si mise a dormire.

*

La prima cosa che vide nel sonno fu una sfera di cristallo con dentro luci e urla, poi un sovrapporsi di immagini sfocate e suoni confusi.

Una risata acuta che conosceva e odiava.

Un mantello nero che svolazzava su un sentiero di pietre, ombre e le fiamme di varie torce che si mescolavano in alto. Una donna che cadeva sulle pietre, una donna che gridava un nome. Il tonfo orrendo di una testa sulla pietra.

Il terrore corse gelido nelle sue vene o in quelle di qualcun altro, provò un senso di panico, urgenza, ma soprattutto incredulità. Qualcuno si chiedeva come potesse essere vero...

Occhi rossi nel buio. Occhi rossi con il sangue di mille vite dentro, e un bagliore di luce lunare su capelli biondi.

Chi...?

"Non credere che non ti punirò."

Una donna urlava di dolore stavolta, dolore orribile e insopportabile... non poteva fare niente per lei... solo testimoniare e gridare in silenzio, gridare perché se non si fossero fermati quella donna sarebbe...

"No!"

Harry si alzò a sedere, col petto che fremeva e tutto sudato sotto la maglia del pigiama. Il mondo era sfocato intorno a lui, e per un attimo pensò di essere ancora... lì - dovunque si trovasse - con quella donna...

Harry sbatté gli occhi.

Era nel letto, i capelli di Draco splendevano sul cuscino accanto a lui. Era... Era stato solo un altro sogno su Voldemort, uno di quelli...

Harry si morse forte il labbro e gettò la testa all'indietro finché il suo labbro non sanguinò e i muscoli del suo collo urlarono di dolore.

Solo un altro sogno in cui era costretto a sapere che qualcuno stava soffrendo, e che non poteva fare altro che saperlo. Non poteva mai fare niente per aiutare, non c'erano indizi, non c'era niente tranne svegliarsi disperato e tremante, scosso da un terrore lancinante. Ora che Hogwarts era stata chiusa, non poteva nemmeno metterlo nel Sognatoio. Non serviva a niente!

Cercò di calmarsi, si stese con l'odore della propria paura nelle narici e quell'insopportabile nodo di disperazione nel petto. Aveva gli occhi così secchi che gli bruciavano.

Appena la sua testa ricadde sul cuscino la voce di Draco raggiunse il suo orecchio, impastata per il sonno.

"Harry...?"

Harry cercò di respingere il magone nella sua gola.

"Va tutto bene. Era solo... un brutto sogno."

Aveva freddo, e stava iniziando a tremare." Quella donna che urlava... e lui non poteva fare niente.

"Mmmh," mormorò Draco, il verso di chi tornava a dormire. D'altronde non si era mai svegliato del tutto.

Fu allora che Harry si accorse che stava tremando contro Draco. Doveva essere balzato su di lui, svegliandosi. Avrebbe dovuto spostarsi di nuovo.

Con una lentezza addormentata, le braccia di Draco lo cinsero.

Harry si immobilizzò all'istante. La sua mente continuò a catalogare. Devo ricordare questo, e questo, e questo...

Un braccio attorno alle spalle di Harry, stretto sulle sue scapole. L'altro poggiato sul fianco di Harry, le dita piegate sulle sue costole. La sensazione del petto caldo di sonno di Draco schiacciato contro quello di Harry.

La sua guancia e il solletico appena accennato dei suoi capelli sul viso di Harry, il sussurro di calore della sua bocca sul collo di Harry.

"Mmmh," mormorò Draco, muovendo le labbra sulla pelle della gola di Harry e facendogli venire i brividi. "Shhh. E' tutto a posto."

Harry non era mai stato abbracciato dopo un incubo prima di allora, figurarsi abbracciato da una persona che amava. Il primo impulso fu quello di cercare di avvicinarsi, baciare, accarezzare e stringere, ma aveva il terrore che il proposito gentile e filtrato dal sonno di Draco potesse cambiare. Se si fosse svegliato un po' di più...

Harry restò fermo per un attimo, quindi mise le braccia con cautela intorno a Draco. Draco fece un verso leggero, simile a quello di un cucciolo che cercasse di dormire comodamente. La sua pelle era morbida, e Harry lo accarezzò lungo tutta la spina dorsale.

Sentì la bocca di Draco curvarsi sul suo collo.

"Harry," disse a bassa voce. Harry sentì il corpo di Draco rilassarsi ancora di più contro il suo. Era quasi liquido, acciambellato accanto a lui, e la mente di Harry stava per frantumarsi per il benessere.

Perché nessuno gli aveva mai detto che gli incubi potevano sparire, con una cosa tanto semplice?

"Ti amo," sussurrò Harry, e stavolta non sembrò così tremendo, né spaventoso.

Draco si era già riaddormentato. Harry baciò un angolo del suo occhio e spinse più forte il viso contro il suo. Il dolore si disciolse delicatamente, lasciandolo abbandonato e rilassato e, nonostante tutto, quasi felice.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(*) dal celebre aforisma di Euripide:
"Quelli che gli dei vogliono distruggere, prima li rendono pazzi."

 

(**) citazione da "Il mago di Oz". Scusate, queste note non ci sono in originale, ma forse per noi sono meno familiari. D'altronde Maya fa matta per la letteratura per l'infanzia!

 

 

 

  
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