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Autore: Sidney Rotten    21/11/2012    2 recensioni
Improvvisamente non mi importava più del resto del mondo.
C’eravamo io, lui e nient’altro.
Il cibo, l’acqua, le altre persone, problemi e soluzioni, sembravano essere usciti dai miei pensieri. Pian piano le mie priorità riguardavano sempre meno la sopravvivenza e sempre più la nostra relazione.
Ci fu un momento in cui credetti addirittura di aver smesso di respirare.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le rispondo che sinceramente non lo so nemmeno io. Poi mi fa la domanda riguardante il pensiero che sto cercando di evitare dal momento stesso in cui ho aperto gli occhi. E’ uno di quei pensieri che sono come un ronzio, che si fa via via più insistente, che mira a farmi crollare. Non posso più far finta di non sentire, devo affrontarlo. “Dove sei finita ieri sera?” mi domanda, sorridendo. Subito, però, la sua espressione cambia, vedendo che mi sono rabbuiata di colpo. Dice allora a Rob, il suo collega, che esce un secondo; una volta fuori, le racconto tutto della scorsa notte, le racconto della fabbrica abbandonata, dei graffiti, di Alex. Poi arriva il momento di dirle del bacio e esito. “Mi sono svegliata che lui giocava con i miei capelli. Avrei voluto restare, ma era meglio se tornavo alla Comune, quindi mi sono alzata, ma lui mi ha ritirata giù, e.. insomma.. mi ha baciata.- faccio una breve pausa, per riprendere fiato.-Però è stato un bacio lieve, delicato, ci siamo appena sfiorati le labbra, ma è stato incredibile. Mi ha scaldata dentro, con la sua leggerezza, mi ha fatto sussultare. Poi sono tornata a casa e ho cercato, fino ad ora, di non pensarci, perché non so come interpretarlo e mi faccio 104586377543455 paranoie.” Vedo che beth incespica nel parlare: non sa cosa dirmi. Anche io, fossi in lei, non saprei cosa diavolo rispondermi. E’ una siuazione a dir poco strana. Jimmy è “famoso” tra noi ragazzi delle Comuni, perché è considerato il nuovo Gesù della Periferia, proprio come Saint Jimmy. Porta anche lo stesso nome. Penso sia solo una coincidenza. Alcuni dicono persino che abbia una sua Bibbia, cioè un piccolo libricino, dove annota tutti i suoi pensieri, le sue canzoni, la sua filosofia, ma sono solo voci, non so se è vero oppure no. Comunque si capisce che non è un ragazzo “normale”. Ha quell’aura leggermente mistica e ipnotizzante di chi ha tutte le ripsoste a portata di mano. Lui sa cose, risposte di cui io neanche conosco le domande. Non ho mai letto nulla di ciò che ha scritto nel suo libricino, in pochi l’hanno fatto. A questo punto mi chiedo come sia possibile che l’ho conosciuto solo ora, visto che è il migliore amico del ragazzo di Beth. Forse Phe già lo conosceva, gira sempre con Sam, d’altronde.. Il filo dei miei pensieri viene interrotto da Beth, che mi dice qualcosa, ma non afferro subito. Ho il cervello appannato e le chiedo di ripetere. “Sono felice per te. Voglio dire, in poche possono vantarsi di ricevere attenzioni da.. Lui.” Sorrido, poi esce Rob che richiama la mia amica, che è arrivato un cliente. Mentre torno indietro, mi accendo una sigaretta. Passo davanti alla fabbrica abbandonata, mi fermo a conteplare l’edificio. Ora, sembra molto ppiù abbandonato, senza nessuna luce ad illuminare quelle orbite vuote. Chissà dov’è ora Jimmy- penso. Sto per andarmene, ma qualcuno mi prende la mano. Mi giro, pensando di trovare Beth, invece ci sono Phe, con la mia mano tra le sue e affianco a lui, Jimmy e Sam. “Ehilà” escalma mio fratello. Rispondo al saluto, poi guardo Jimmy e lui mi fa giusto un cenno con la testa, abbassando lo sguardo. A pensarci, non credevo davvero che l’avrei mai visto abbassare lo sguardo. Fino ad ora, sono sempre stata io, nelle occasioni in cui mi ha guardata negli occhi, ad abbassare lo sguardo per prima. “Noi andiamo a bee qualcosa di caldo al CBGB, vieni anche tu?” mi propone Sam. Accetto, quindi andiamo alla Comune a prendere la macchina di Phe e andiamo in centro-città. Davanti, Phe guida e difianco a lui c’è Sam, mentre io e Jimmy finiamo nei sedili posteriori e non proferiamo parola. Mentre io mi limito a guardare fuori dal finestrino, lui è molto interessato a guardarmi, scrutarmi, come se volesse leggermi nel pensiero e ogni volta che lo guardo di nascosto, lui si gira verso la strada, come se non volesse farsi scoprire. Quando arriviamo al locale, ci sediamo nel solito tavolino, in un angolo. Da quando vengo qui penso di non essermi mai seduta ad un altro tavolo. Ordino un tè caldo, mentre gli altri ordinano una cioccolata calda. Probabilmente, chiunque, qui dentro, vedendoci, si aspettava ordinassimo alcolici, invece siamo così.. normali. E’ vero, siamo punk e viviamo in una Comune, ma siamo più “regolari” di tanti altri, considerati persone per bene, che in realtà si ubriacano un giorno si e l’altro pure, si imbottiscono di droghe. Mentre io, a quasi vent’anni, mi sono ubriacata solamente una volta e la cosa più contro la legge che faccio è fumare. E’ una delle tante, troppe cose che mi fanno schifo della società in cui viviamo. Mentre il fottuto figlio di papà che tutti stimano e a cui i tuoi genitori ti dicono che dovresti assomigliare, si fa di coca e sniffa persino la colla, io, la sregolata punk con in capelli verdi, da cui tutti ti dicono di stare lontano perché ti porterei sulla brutta strada, ordino un maledetto tè caldo. Un normalissimo tè caldo. I miei pensieri sociomicidi, vengono bruscamente interrotti dall’arrivo del cameriere che ci porta le ordinazione. Il mio tè è bollente e lo bevo a piccolissimi sorsi e quasi mi va per traverso quando Jimmy si alza di scatto, facendo cadere la sedia su cui era seduto. Come sempre, i suoi occhi dicono tutto e anche questa volta mi parlano di qualcosa che non capisco molto bene, a metà tra l’indecisione e la volontà di fare qualcosa che non si dovrebbe fare. Tutti lo stiamo guardando con aria interrogativa, anche gli altri clienti del CBGB. Noto che il suo sguardo è puntato all’esterno, su una donna, fuori dal locale. E’ bionda, bassa, emanciata, con il viso bianco come il muro, scavato all’eccesso, con gli occhi grandi e sporgenti spalancati verso Jimmy. Penso che sia sulla quarantina, anche se profonde rughe segnano il suo volto. Rimangono così, ad osservarsi, poi lui raccoglie la sedia e e le dice, muovendo solo le labbra “Vai via”, allora la donna sembra riprendersi dalla trance e se ne va, a testa bassa. Lui si risiede, ma è scuro in volto. Sam da voce ai nostri pensieri: “Amico, chi era?”, Jimmy esita a rispondere, quindi si limita ad un gesto con la mano, come per dire “lascia perdere”. Finchè non usciamo dal locale, nessuno dice più nulla. Torniamo alla Comune che teoricamente è ora di cena, ma nessuno di noi ha fame e rimaniamo in camera mia, svaccati sul mio letto a guardare la tv. Sam e Phe, verso le nove, ci dicono che escono, allora rimaniamo io e Jimmy; siamo vicini e la sua mano sfiora la mia. Stiamo zitti per un po’, poi lui, senza girarsi verso di me, senza guardarmi, dice: “Era mia madre”.
   
 
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