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Autore: Bitter_sweet    11/06/2007    4 recensioni
L’isola di Drum ormai è un piccolo puntino all’orizzonte che non riesco ben a definire in questa notte bianca, illuminata dalla luce della luna, ma la ricordo. [Versione riveduta e corretta]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Neve
Neve

Inspiro, espiro, inspiro, espiro.
Mi piace guardare le nuvolette di fiato che escono dalle mie labbra e che si condensano con quest’aria gelida davanti ai miei occhi.
Il clima stanotte, al contrario di quello della mia isola, è gelido ed innevato.
Non l’avrei mai detto, ma mi piace la neve. Bianca, incolore, inodore, fresca e bagnata, si attacca al lungo cappotto nero che ho preso a Kureha prima di scappare. Non l’ho rubato, sia chiaro che non era nel mio intento, ma il mio era inutilizzabile a causa di Rufy che l’ha distrutto.
Devo ricordarmi di aggiungerlo alla lista.

Forse, però, per questa volta potrei anche chiudere un occhio.

La febbre ormai è scesa, ma se Chopper, il nostro nuovo acquisto nonché mio medico personale, sapesse dove sono ora credo darebbe di matto.
Lo so, non dovrei essere fuori al freddo, ma quando stavo per entrare nella mia stanza che divido con Bibi mi sono arrestata e sono tornata fuori sul ponte il più silenziosamente possibile.
La festa, che c’è stata fino a qualche ora fa, è finita ed il ponte è il luogo ideale per godermi questo spettacolo abbagliante nel suo candore.
Non avevo mai visto così tanta neve nella mia vita, ad essere sincera non l’avevo mai vista prima, ed ora, dopo aver provato sulla pelle cosa significhi realmente rischiare di morire, non volevo perdermi questo spettacolo.
L’isola di Drum ormai è un piccolo puntino all’orizzonte che non riesco ben a definire in questa notte bianca, illuminata dalla luce della luna, ma la ricordo. Nella mia mente è nitida, come una fotografia. Mi ha riportato con la memoria alla mia isola, a mia sorella Nojiko, a Genzo ed a Bellmer.
La storia che mi ha raccontato Kureha mi ha fatto ripensare a loro, mi è sembrata così famigliare ma anche diversa dalla mia di storia. E mi è salita la rabbia, una rabbia cieca e sorda e per un istante mi era venuta l’idea di alzarmi da quel letto ed andarmene via, lontano.
Non ce l’ho con te Chopper, credimi. Ma per pochi secondi quel pensiero mi ha annebbiato la mente, so che tu puoi capirlo, sai quanto sia difficile dimenticare, lasciarsi alle spalle qualcosa che ti ha segnato così profondamente ed in maniera indelebile nell’animo e nel corpo. È un’esperienza devastante, che ti logora lentamente dall’interno senza lasciarti scampo. Ma credo, anzi ne sono sicura, che sia stata la scelta giusta quella di seguire Rufy in questo viaggio strampalato di cui non si conosce la fine ma solo l’inizio.
Non so spiegarne il motivo, ma credo che qui riuscirai a curare le tue ferite.
Non intendo le ferite del corpo, quelle prima o poi guariscono da sole e tu più di tutti lo sai bene, anche se possono lasciare un segno, una cicatrice come quella che ho sulla spalla sinistra, io intendo un altro tipo di ferite, intendo quelle del cuore. Quelle ferite che nessuno vede ma che esistono e che continuano a sanguinare.
Non so il perché ma le mie -e ne ho parecchie- si stanno pian piano rimarginando, grazie a voi.
È per questo che sono contenta del tuo arrivo.
E scusa, Chopper, se sono ancora qui fuori al freddo, ma sto bene ora. Davvero, sto bene in questo momento e posso assicurarti che non è una delle mie solite bugie -e ne ho dette parecchie di bugie io nella mia vita-, ma ora non voglio tornare dentro.
Si sta bene qua, te lo posso assicurare.

E forse dovrei chiedere scusa anche a te Zoro, ma non lo farò.
Non per paura di interrompere questo piacevole silenzio che ci ha avvolti, e nemmeno per non svegliarti -perchè so che ti sei addormentato, lo sento dal tuo respiro calmo tra i miei capelli-.
Non lo dico perché entrambi siamo orgogliosi e so che ad un mio scusa per averti fatto preoccupare tu risponderesti, con il tuo solito tono beffardo che riservi solo a me, che non eri preoccupato ed altre mille cose che mi avrebbero fatto saltare i nervi e che inevitabilmente ci avrebbero portato a litigare, ma ora non voglio litigare con te, so che in realtà eri preoccupato -anche solo un pochino per me- altrimenti non ti saresti tuffato nelle acque gelide, no?
Come faccio a saperlo?
Me l’ha raccontato Usop stasera durante la festa.
Non pensare che io creda alle fandonie che di solito racconta, so bene che le sue sono solo gesta inventate, ma Bibi ha assicurato che quella era la verità, e di lei so di potermi fidare -una principessa non racconta bugie-. E poi ti conosco, so che in realtà tu non sei così, freddo ed insensibile, ti ricordo che so mentire meglio di te.
Ma non importa, non mi importa sentirmi dire che eri preoccupato per me -mi farebbe piacere però-, perchè lo capisco solo guardandoti negli occhi, e so che quella che mostri è solo una facciata del tuo carattere, come la mia del resto.
Ed è per questo che non ti chiedo scusa -anche se vederti imbarazzato sarebbe uno spettacolo unico che non mi perderei per niente al mondo- e poi le parole tra noi sono sempre state inutili e sarebbe come sprecare fiato, tanto sai benissimo cosa sto pensando in questo momento.

Però grazie Zoro.
Grazie per non avermi mandato via.
E scusa se la mia testa può sembrare pesante, ma la tua spalla è comoda e calda ed io sto bene ora che sono qui appoggiata a te, non sento nemmeno più il freddo di questa serata.
   
 
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