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Autore: Rik Bisini    12/06/2007    6 recensioni
Questo è il racconto della drammatica notte descritta ne "Il Principe Mezzosangue", come è stata vissuta da Ninfadora Tonks, tra le ansie per l'avvenire ed un amore da esprimere.
Premessa non indispensabile alle vicende è la mia one-shot "Cresciuta dentro", in cui ho già affrontato il tema del rapporto tra Remus e Tonks.
Questa storia è dedicata a Marilena, con i miei sinceri auguri ed immenso affetto, in occasione delle sue nozze.
Genere: Romantico, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'e'
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L'ora più buia * Ronda notturna
A Marilena - 26 maggio 2007

Spesso un dono raffigura in una certa misura la persona che lo offre.
Tra queste pagine è presente quella parte di me che ama perdersi in invenzioni, narrazioni, trame articolate.
Una parte di me che, dopo aver letto altri miei scritti, mi hai confidato di ritenere sinceramente di valore.
Come desideravi, ho scritto questa storia, nella speranza di esprimere al meglio questo valore, che mi è stato anche esso donato.
E a te la offro, dedicandotela nel giorno delle tue nozze.
Con immenso affetto,
Riccardo

L'ora più buia

Ronda notturna

Il sole era calato dietro i monti, in una calda sera di estate. La sola luce della luna e delle stelle non bastava a far emergere dall'oscurità i contorni delle alte torri e delle massicce mura del castello.
Ma Ninfadora Tonks non aveva bisogno della minima luce per indovinare le dimensioni di ogni singolo elemento architettonico del mausoleo che era attorno a lei.
Conosceva alla perfezione la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dove aveva studiato per sette anni durante l'adolescenza e dove era tornata, nell'ufficio della Vicepreside, Minerva McGranitt.
Ninfadora, che da tempo tutti chiamavano Tonks, era una ragazza dal viso a forma di cuore, incorniciato da capelli grigio topo che le conferivano un'aria vagamente depressa. Nella stanza, assieme alla ragazza c'erano altre tre persone, una donna e due uomini. Alla scrivania sedeva la donna, un'anziana con occhiali quadrati ed i capelli raccolti in uno chignon. Ad occupare le altre due sedie accanto a lei c'erano un bel giovane dai lunghi capelli rossi che scendevano in una lunga coda e un uomo dall'aspetto stanco, con striature di grigio sui capelli castano chiaro.
Tonks lasciò che la sua fantasia le suggerisse la teoria delle torri e dei porticati che si estendeva al di là del muro che si ostinava a fissare, pur di non volgersi verso l'uomo che sedeva sulla sedia accanto a lei.
« Credo che Albus abbia già lasciato Hogwarts. » annunciò la donna, « È probabile che non torni prima di domani. Quindi, questa notte, ho disposto i turni in modo che la scuola sia sorvegliata ininterrottamente da noi docenti, con il vostro aiuto. Non c'è bisogno che vi ricordi che siamo in guerra contro Voldemort e che i suoi Mangiamorte sono più pericolosi che mai, dopo l'incursione dello scorso anno al Ministero della Magia ».
Incrociò le dita delle mani.
« Bill, » continuò rivolta al giovane dai capelli rossi, « tu dovrai sorvegliare la torre di Grifondoro. Mentre tu, Remus, e tu, Tonks, » aggiunse rivolta agli altri due, « controllerete il corridoio del settimo piano e quelli dei piani inferiori ».
Remus si irrigidì sulla sedia e intervenne.
« Minerva, non ritieni opportuno che sia io a rimanere da solo? Non metto in dubbio le capacità di Bill e di Tonks. Ma io appartengo all'Ordine da molto più tempo di loro e so di avere la piena fiducia di Silente ».
Bill lanciò all'uomo un'occhiata incuriosita. Tonks si decise a inquadrare un istante il suo vicino di sedia, per poi tornare a puntare lo sguardo verso il muro. La McGranitt lo squadrò, prima di rispondere con un forzato sorriso condiscendente.
« Remus, » osservò, « la missione che svolgi in questi mesi è molto sfibrante. Pensavo che avresti preferito un compagno di ronda. E d'altra parte Bill è certamente in grado di custodire da solo quella area della scuola. Ma sia come tu vuoi ».
Gli occhi della Vicepreside cercarono per un istante quelli di Tonks, ma trovarono solo la sua chioma color topo.
Pochi minuti dopo, Tonks camminava con Bill lungo il corridoio del settimo piano.
« Non ha chiesto di essere solo perché non ha fiducia in te. » esordì la giovane.
Bill annuì.
« Comunque non riesco a spiegarmi il suo atteggiamento, » rifletté, « Remus è sempre pronto a mediare tra chi si trova in disaccordo. Oggi invece ha rischiato di creare un contrasto ».
« Non ha potuto farne a meno. » sospirò Tonks.
« Perché? Che cosa lo turba? Si sente messo alla prova dall'Ordine? Ha dell'ostilità verso qualcuno di noi? »
Tonks rifletté. « Abbiamo una differenza di vedute. » gli confidò. « Ed abbiamo avuto una specie di diverbio, questo pomeriggio. Ma non si tratta di ostilità ».
Bill scosse la testa. « Capisco la sua posizione, » commentò, « ma la preoccupazione di Minerva è giusta. E se lui ha chiesto di rimanere da solo, pur non essendo in grado di farlo... »
« Sono preoccupata anche io, Bill, » replicò Tonks, « ma lui mi aveva già detto che ha le forze necessarie e io gli credo ».
Bill alzò gli occhi meditabondo.
« Noi siamo abituati a certi agi. » continuò la ragazza, « Per noi, cibo e riposo non sono solo necessità, ma anche dei piaceri ».
Bill soffocò una risata. « Non dire mai nulla del genere a mia madre ».
« Sii serio, » lo rimbeccò Tonks, con un sorriso incupito dal suo stato d’animo, « quello che voglio dire è che a causa della sua malattia, a causa dei pregiudizi verso quelli come lui, Remus ha dovuto privarsi di molti agi. È uno stato di necessità che lo ha portato a questa virtù ».
« In effetti, » considerò Bill pacatamente, « non è certo invidiabile quello che ha dovuto sopportare, ben prima dell’inizio della guerra ».
« È la sua vita. » gli rammentò Tonks, con un fugace scintillio negli occhi « E per quanto sia la vita di un Lupo Mannaro, per quanto sia diversa da quella di un mago comune, lui ci è caro per quello che è ».
Bill annuì convinto.

La mano di un Remus di circa venticinque anni, con un sorriso cordiale ed un aspetto molto meno affaticato, si posò sulla testa piena di ricci di una bambina di una decina di anni.
« Arrivederci, Ninfadora. » si accomiatò l'uomo.
« Aspetta signor Lupin. » lo pregò la bambina. « Mamma, accompagno io il signor Lupin alla porta, posso? »
La donna presente nella stanza, già in piedi accanto ad una poltrona, inarcò con dolcezza un sopracciglio.
« D'accordo, Ninfadora. » convenne, « Remus a presto ».
« A presto, Andromeda. » replicò Remus avviandosi verso la porta, seguito subito dai rumorosi passi di Ninfadora.
Lasciato il salotto, attraversarono un breve corridoio e giunsero in uno spazioso ingresso. Ninfadora salì su uno sgabello e porse il mantello a Remus. Mentre l'uomo si avvolgeva nell'indumento lo sgabello traballò e Ninfadora atterrò su di un piede, recuperando rapidamente l'equilibrio. Andromeda non si era mossa dalla sua posizione accanto alla poltrona e teneva gli occhi fissi sulla figlia.
« Posso farti una domanda, signor Lupin? » sussurrò Ninfadora.
« Un'altra? » puntualizzò Remus con un sorriso, « Ti ho già detto molto di Hogwarts e presto vedrai con i tuoi occhi tutto quanto. Dimmi, cosa vuoi sapere? »
« Non è qualcosa di Hogwarts, » spiegò la bambina con un sussurro appena percettibile. « volevo sapere perché non rimani per cena con noi stasera ».
« Come ho detto a tua madre, » replicò l’uomo, « non voglio darle il pensiero di avere per cena una persona in più ».
« Guarda, » precisò la bambina, « che mamma comunque la cena l’ha già preparata quasi tutta. E poi tu devi avere fame, non hai preso nemmeno un biscotto nel tè ».
Remus rise di cuore.
« Mi hai osservato con attenzione! » commentò.
« Allora? » insisté Ninfadora imperterrita.
« Ad undici anni, » argomentò Remus, « una persona deve ancora crescere ed è giusto che mangi in abbondanza e riposi serenamente. Da adulti, è bene imparare ad avere misura in questo genere di cose. Non ci fa bene alla salute mangiare in continuazione, tutte le volte che si vuole. E poi pensando sempre e solo ai propri bisogni, questi non svaniscono. Anzi rischiano di diventare la sola cosa a cui riusciamo a dare importanza ».
Ninfadora lo guardò scettica.
« Non mi credi? » domandò l’uomo.
« Non lo so. » rispose Tonks, « Lo vedrò quando sarò cresciuta anche io. Ma tu, sicuro di non dover mangiare? » abbassò di nuovo il tono della voce ad un sussurro. « Mamma mi dice sempre che devo mangiare di più quando sono pallida. E tu oggi sei pallido ».
Remus distolse per un attimo lo sguardo.
« Non è per quello che mangio. » riferì con un sospiro, « ho avuto una malattia e non mi sono ancora ripreso del tutto ».
« Ho capito. » annunciò Tonks, « Allora ti auguro di guarire presto ».
Remus sorrise con un velo di amarezza. « Grazie. » disse.

Tonks represse uno sbadiglio. Udiva chiaramente il suono dei suoi passi e del suo respiro. L'aria soffiava con dolcezza dalle strette finestre, in alto verso il soffitto. Era rimasta per molti minuti sola con i suoi pensieri, dopo aver incrociato Bill a metà di uno dei corridoi al sesto piano.
Pensieri che si discostavano dalla notte di ronda per tornare agli anni trascorsi tra quei corridoi, in quelle aule, tra lezioni e colleghi. In quel tempo, dopo la temporanea caduta di Voldemort, il mondo dei maghi conosceva una lunga tregua e quel luogo era inconfutabilmente al sicuro dalla crudeltà di efferati assassini.
Un rumore di passi affrettati la scosse. Sollevò di scatto il capo per individuare la direzione del rumore. Si affrettò verso un rampa di scale e si diresse al settimo piano. La sua familiarità con i passaggi del castello la portò esattamente alle spalle di un gruppo di ragazzi. Non esitò a riconoscere le vivaci chiome rosse che due di quei ragazzi possedevano.
« Ron! » chiamò, « Ginny! »
Fu la ragazza a voltarsi, una bella ragazza non molto alta e con vivaci occhi castani.
« Tonks! » esclamò. « Sei qui. Ci sono i Mangiamorte nel castello! Malfoy li ha aiutati ad entrare ».
« Cosa? » trasalì Tonks.
« Seguici! » la esortò Ginny.
Tonks si affrettò a raggiungere il gruppo. Con Ginny e Ron c'era un terzo ragazzo, bruno e dal volto rotondo, che si trovò subito a chiudere la fila.
« Quanti sono, Ginny? » domandò Tonks.
« Non lo sappiamo. » rispose per lei Ron, voltandosi a controllare che tutti seguissero il suo lungo passo. « Si è fatto tutto buio quando li abbiamo incrociati. Ma abbiamo sentito diverse persone correre via ».
« Dove? » domandò Tonks.
« In questa direzione. » ansimò il ragazzo bruno. « Ma ci sono diverse strade che avrebbero potuto prendere ». Il viso di Tonks si illuminò.
« Fermiamoci! » ordinò perentoria.
I tre le ubbidirono. Ron e Ginny la fissarono disorientati, l'altro ragazzo si chinò a prendere fiato. Tonks estrasse la bacchetta e l'agitò con un ampio gesto. Apparve un luminoso fumo argenteo che prese via via maggiore consistenza e la forma di un grosso animale con quattro zampe. I tre ragazzi fecero appena in tempo a distinguerne vagamente la forma che corse via, in un silenzioso lampo.
« Se non sapete quante persone sono penetrate nel castello, né dove sono » spiegò, « potrebbe succedere facilmente che uno di loro si apposti per un agguato. O potremmo trovarci in campo aperto ed in numero inferiore ».
« Oh! » commentò Ron.
« Che facciamo allora? » chiese Ginny.
Tonks abbozzò un incerto sorriso.
« Quello, » illustrò alludendo alla creatura da lei evocata, « era il mio Patronus. Ho avvisato del pericolo la professoressa McGranitt. I professori sono in ronda. E ci sono anche Bill e Remus ». Mentre pronunciava l'ultimo nome il suo sorriso svanì del tutto.
« E noi? » s'informò con un filo di voce il ragazzo bruno.
« Restiamo con Tonks, Neville. » rispose decisa Ginny. Guardò la giovane. « Ci hai appena ricordato che può essere pericoloso trovarsi contro troppi Mangiamorte ».
« Non posso dire che non vi siate dimostrati validi al Ministero lo scorso anno, » convenne Tonks, « ma usate tutta la cautela che vi è possibile ».
« Naturalmente Tonks, » concordò Ron con un sorriso sornione, « ma questa sera so che avremo fortuna! »
« Io e te, Ron, » precisò Ginny. « Ma non siamo solo noi in pericolo, ora. Tonks ha ragione. Non dobbiamo agire con leggerezza ».

Remus Lupin, con l'aspetto molto stanco e muovendosi con difficoltà insolita per i trenta anni che dimostrava, si avvicinò alla porta di casa e girò la maniglia, respirando a fatica. Oltre la porta si rivelò trovarsi una ragazza di circa diciotto anni, con capelli color rosa acceso e un sorriso solare.
« Buonasera, Remus. » esordì.
« Ninfadora! » esclamò, « Ma perché sei qui? »
« Remus, » si indignò lei, « ti ho pregato di chiamarmi Tonks! »
La ragazza varcò l'uscio senza dare modo all'uomo di riprendersi dalla sorpresa. Con sé trasportava un voluminoso borsone, pieno fino all'orlo. Remus la guardava allibito mentre si dirigeva verso il camino all'angolo della stanza.
« Che stai facendo? » domandò perplesso.
« Non ricordi? » replicò Tonks « Ti ho mandato un gufo per dirti che sarei passata per cena, questa settimana ».
« Io non ho risposto a quel gufo. » ricordò Remus.
« Esatto. » convenne Tonks, « Quindi non avevi nulla in contrario. Dove hai le pentole? »
Remus indicò il basso mobile accanto al camino. Tonks aprì uno sportello.
« Ohibò! » commentò Tonks, « C'è un sacco di spazio qui dentro. Hai incantato il mobile di cucina, vedo ».
« Non avevo molta scelta, » osservò Remus, « non posso mettere in questa casa mobili grandi e non posso permettermi una casa più grande ».
Tonks si rivolse all'uomo con uno guardo di sincera partecipazione.
« Capisco. Non è facile trovare lavoro per chi ha il tuo male. Tutti credono che tu sia pericoloso ».
Remus scosse la testa.
« Io sono, » sottolineò l'ultima parola, « pericoloso. Sono un Lupo Mannaro. Anche tu devi usare cautela quando ti avvicini a me. Sai quanto manca alla prossima luna piena? »
« Un bel pezzo. » tagliò corto Tonks, ridacchiando. « Comunque sei il Lupo Mannaro meno pericoloso del mondo. Anziché aggredire la gente, la schivi. Che ci metto nello stufato? »
Remus lasciò cadere le braccia.
« Capisco che lo sprezzo del pericolo sia una dote importante per un'aspirante Auror, ma... »
« Senti, » propose Tonks frugando nella sua borsa, « ho con me peperoni colti in giornata. Ti piacciono, no? Cosa dicevi degli Auror? »
« Che non devono agire avventatamente. » continuò Remus, « Nessuno di loro darebbe la schiena e preparerebbe la cena ad un Mannaro, senza riflettere ».
« Ma io stavo riflettendo! » protestò Tonks indignata, « Pensavo di insaporire la carne con un bel fungo porcino ».
Remus si avvicinò alla ragazza, a braccia incrociate e con sguardo serio.
« Sai bene che quando divento un Lupo Mannaro perdo l'uso della ragione. Sai perfettamente che divento preda dell'istinto a sopravvivere, a nutrirmi. E non certo di stufato con i peperoni, ma di carne fresca, cruda, come la tua. Quanto manca alla luna piena, Tonks? »
La ragazza si alzò in piedi ed indietreggiò, con aria ferita.
« Non so quanto manchi alla prossima luna piena Remus, » confessò, « ma sono certa che non c'è pericolo, oggi ».
« Hai ragione. » confermò Remus, « Perché se fossi in pericolo ti avrei già mandata via. Ma non puoi contare sempre sugli altri per proteggerti ».
Tonks diede nuovamente le spalle a Remus, la sua voce era rotta dall'emozione.
« Credo di sapermi proteggere, Remus ».
Girò il capo e fissò l'uomo con occhi lucidi. « È passato appena un giorno dalla fine dell'ultimo plenilunio ».
Remus spalancò la bocca. Tonks diede un calcio alla sua borsa, che si afflosciò.
« Accidenti a te, Remus! » gridò. « Non pensavo che anche tu mi vedessi come una inguaribile pasticciona. Perché credi che io sia venuta, stasera? So perfettamente che dopo la trasformazione e tutta la notte chiuso nella tua stanza blindata senza mangiare è una fatica per te prepararti un pasto decente! »
Remus chinò il capo e fissò i suoi piedi. « Tonks, » sussurrò, « mi dispiace sinceramente, io... »
« Tu cosa? » berciò Tonks.
« Io vivo nell'incubo di costringere altri alla vita che sto facendo. » spiegò l'uomo.
« E io vorrei solo renderla un po' migliore. » insisté la ragazza stizzita.
« Non vorrei dirlo, Tonks, ma non ci riuscirai così. » disse Remus con uno strano sguardo.
« Davvero? E perché mai? » ringhiò lei.
« La borsa ti sta prendendo fuoco. » constatò Remus.
Tonks si girò di scatto verso il caminetto ed estrasse la bacchetta. Ne scaturì un potente getto d'acqua che estinse le fiamme sulla borsa, facendo salire un fumo grigiastro e maleodorante.
La ragazza tornò a volgersi verso Remus. Arrossì.
« Credo che mi concederò il lusso di una cena fuori. » suggerì l'uomo, che evidentemente stava sforzandosi di rimanere serio, « Sarai mia ospite, vorrei scusarmi per come mi sono comportato oggi ».
Tonks scoppiò a ridere e Remus si unì alla risata.

   
 
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