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Autore: Fog_    28/11/2012    1 recensioni
Seth è una angelo custode, ma odia fare il "baby sitter agli umani".
Bliss è la sua protetta, ma preferirebbe spararsi piuttosto che avere quel ragazzo intorno.
Ma una delle cose che entrambi dovrebbero imparare è che niente è come sembra.
Perchè Seth in realtà non è l'angelo spavaldo che finge di essere, no. Lui convive ogni giorno con la convinzione di aver ucciso l'unica persona a cui voleva bene; lui a Bliss ci tiene davvero; lui vorrebbe solo essere salvato.
Perchè Bliss in realtà è più forte di quello che sembra, eppure ha ancora della debolezze che non riesce a combattere e Seth è una di queste. Lei non è solo l'anoressica a cui è scomparso il fratello, no, lei è la miccia per far esplodere una guerra che si teme da troppo tempo.
Cosa faresti se il mondo che hai sempre creduto reale ti voltasse le spalle? Cosa saresti disposto a sacrificare per salvare la persona che ami? Cosa sceglieresti tra angeli e demoni, tra bene e male?
Seth avrebbe risposto il male.
Bliss il bene.
Ma le cose possono sempre cambiare.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Riassunto capitoli precedenti: Seth è un angelo custode che fa di tutto tranne custodire chi dovrebbe e Bliss, il suo nuovo incarico, è una ragazza piena di segreti. Il fatto che non riesce a scoprire niente sul suo conto lo affascina quindi inizia ad indagare sul suo oscuro passato partendo da Allyson, la migliore amica di Bliss, invitandola in quello che viene ritenuto dai suoi amici il miglior locale di sempre. Il crush 90.95


3
Crush 90.95

BLISS
 
«ti prego, ti prego, ti prego, ti pregooo» mi implorò per la decimillesima volta Allyson, ormai in ginocchio già da un pezzo. «solo per sta sera, te lo prometto, poi non rivedremo più quel posto che inspiegabilmente odi»
Già, inspiegabilmente , a volte quasi mi scordavo che Allyson non conosceva davvero tutta la mia storia.
«no» risposi secca, come alle altre preghiere. La mia vita di prima era legata a quel locale e di certo non avevo voglia di tornarci.
«Dai, per favore» continuò imperterrita, doveva davvero pensare che quel Seth fosse il ragazzo migliore del mondo per fare tutto quel casino «e poi lo sai, si dicein giro che il venerdì ci va sempre Logan»
«Altro buon motivo per non andare» controbattei, ma non prima di sentire il mio stomaco arrovellarsi. Sapevo che il venerdì era giorno di Crush per Logan, Zach e Cher, lo sapevo meglio di chiunque altro, forse perché una volta uno dei posti sul loro divanetto era mio. Sembravano essere passati secoli da quei momenti.
Mi rigirai nel letto e affondai la testa nel cuscino per soffocare quei maledetti pensieri. Non pensare a loro. Non pensare a loro. Continuai a ripetermi.
«Ascoltami, Seth è il ragazzo più bello che io abbia mai visto, e ha chiesto a me – a me! – di uscire. Cioè, non è proprio un appuntamento, ma ha detto che gli avrebbe fatto piacere vedermi e non puoi neanche immaginarti quanto piacere possa fare a me. Quindi, sai che non ti chiedo mai niente, sai che non invado mai la tua privacy facendoti domande alle quali non vorresti rispondere, ma te ne prego, vieni con me al crush sta sera, sai che non ci andrei mai senza te.» Abby usò quel tono da cucciolo bastonato a cui non potevo non dare retta quindi mi costrinsi almeno a guardarla. Era inginocchiata per terra davanti al letto e i capelli rossi le cadevano sul viso più scompigliati che mai, dandole un’aria da bambina. Sorrideva speranzosa, negli occhi leggevo tutta la sua determinazione. Non potevo dirle di no…
Così mi alzai dal letto senza darle una vera risposta. Attraversai la stanza e con due falcate raggiunsi l’armadio, lo aprii e mi ci gettai dentro finchè le mie mani non trovarono ciò che stavano cercando: uno scatolone di carta perfettamente impacchettato.
«Cosa stai facendo?» chiese Abby allungando il collo per cercare di capire cosa stavo combinando, ma prima che potesse domandare altro sollevai il pacco e glie lo lasciai davanti ai piedi. Lei iniziò a fissarlo curiosa.
«Se vuoi andare al Crush,» iniziai cercando di togliere lo scotch per mostrare alla mia amica il contenuto del misterioso scatolone «avremo bisogno di questi»
Abby si sporse per poter vedere cosa nascondevo con tanta cura e quasi non le venne un colpo, non potei che sorridere alla sua reazione.
«O porca...» esclamò esterrefatta gettandosi a capofitto nel mio paradiso personale. O meglio, il paradiso di un tempo, perché quelli lì dentro erano i miei vecchi vestiti del venerdì sera al Crush ed era quasi un anno che non li indossavo.
 
Un’ora dopo io e la mia amica, vestite, pettinate e truccate di tutto punto, scendemmo dalla sua Mini appena parcheggiata in un posto riservato solo a quelli in possesso del pass per il privè con non poca sorpresa da pare sua, eppure non fece domande. Ecco perché era mia amica.
Coprimmo lo spazio di marciapiede che ci separava dall’ingresso del locale in pochi passi accompagnate dal solito rumore dei tacchi sul cemento e Ally fece per mettersi in coda tra le altre decine di persone, ma le afferrai il polso e la allontanai dalla folla superando lateralmente tutta la fila. Una volta davanti al bodyguard dell’entrata aprii la pochette di pelle verde e ne estrassi un cartoncino plastificato che non ebbi neanche il tempo di mostrargli perché aveva capito e subito si era affrettato ad aprire un varco per farci entrare. Le persone con un pass come il mio lì venivano trattate meglio della famiglia reale. 
Superato l’ingresso in vetro oscurato entrammo in una familiare saletta con il pavimento in linoleum nero e le pareti rosse. Lì si iniziava già a sentire la musica, ma grazie alle pareti insonorizzate era come un ricordo lontano. Mi guardai intorno e qualcosa mi prese lo stomaco, non avevo più messo piede in quel posto dal sedicesimo compleanno di mio fratello. Sembravano passati decenni anziché pochi mesi e, per quanto potesse sembrasse una cosa stupida, quel posto mi era mancato. O forse erano le persone con cui ci andavo un tempo a mancarmi?
«Non posso crederci! Bliss? Bliss Strathmore?» chiese una voce familiare dall’interno della biglietteria che occupava gran parte della stanza. Sorrisi con un tuffo al cuore e mi avvicinai al bancone invasa dai ricordi.
«Scott Belling» dissi al ragazzo dai capelli corvini che se ne stava seduto lì dietro per dimostrargli che per lo meno mi ricordavo di lui «si, sono proprio io»
«Bella come sempre» Sorrise e scorsi i suoi occhi divertiti da sotto la visiera di un cappellino degli Yankee. Scott aveva sempre avuto un debole per me e, se non ricordavo male, una notte era anche riuscito a strapparmi più di un bacio, ma al tempo avevo un ragazzo più importante a cui badare e a cui tenevo più che a lui. Non che il brunetto non fosse bello, ma…
Un colpo di tosse di Ally mi riportò con i piedi per terra. Quella sera ero decisamente troppo pensierosa.
«Devo mostrarti il pass VIP o ci  lasci passare?» gli chiesi scherzando e lui fece di “no” con la testa, indicandoci poi la porta a due ante che dava sulla sala. Mi girai verso la mia amica che si guardava intorno disorientata e le feci cenno di seguirmi, ma prima che potessimo lasciare quell’anticamera la voce di Scott mi fermò.
«Si è sentita la tua mancanza qui, senza di te il Crush non è lo stesso» disse in tutta la sua semplicità, togliendosi anche il cappellino così che riuscissi a guardarlo negli occhi. Non potei fare altro che sorridergli mentre dentro di me un mix di sensazioni diverse facevano a cazzotti tra loro. Avrei voluto dirgli che anche a me mancava tutto quello, ma sarei sembrata debole e Bliss Strathmore non era debole. Assolutamente no. Gli mandai un bacio prima di tornare a fissare la porta che mi si presentava davanti. Ci poggiai le mani sopra ricordando tutte le altre cento volte che l’avevo fatto e aprii entrambe le ante, come d’abitudine.
La musica improvvisamente alta ci catturò nella sua bolla e dando un’occhiata veloce in giro mi resi conto che tutto era come prima. Le stesse facce, la gente che ballava, le luci soffuse, il bancone illuminato, i divanetti in pelle, il privè sopraelevato.
Come se niente fosse successo. Come se niente fosse cambiato.
«Benvenuta al Crush 90.95» dissi alla mia amica cercando di nascondere il groppo che mi si era creato in gola.
Ehi, sono tornata a casa.
 
SETH.
 
Quando entrai al Crush capii che tutti gli aggettivi positivi che quei tre fissati usavano per descriverlo non erano esagerati, anzi. Insomma, quel locale aveva qualcosa di più rispetto agli altri… forse era per la gente, forse  perché quel divanetto sul soppalco che faceva da privè era davvero la fine del mondo, forse perché ero lì da ore e non avevo ancora ascoltato una canzone fuori posto, uno sbaglio del Dj o cose di quel genere o forse perchè al bar mi avevano fatto un cockail davvero assurdo. Fatto stava che ero lì da quasi un’ora e già mi ci ero affezionato.
«Ti farò avere il pass VIP quanto prima amico, con quello puoi entrare quando vuoi e portare chiunque. Naturalmente a questo tavolo puoi starci solo con noi, ma per il resto fai quello che cazzo ti pare.» mi spiegò Zach per la decima volta, troppo esaltato che finalmente non erano più solo in tre. Probabilmente era tempo che speravano nell’arrivo di un tipo come me che movimentasse la situazione, del resto cosa poteva mai succedere di interessante in una città come Brighton? Della mia vecchia vita lì ricordavo il sabato sera al molo  e le mitiche feste nella mega palestra di scuola, ma niente di più. Tanto era noioso che per movimentare la mia vita ero addirittura riuscito a farmi uccidere…
«Ragazzi guardate chi c’è» la voce stridula di Cher attirò la mia attenzione. La guardai  e notai un sorrisetto strano sul suo viso, quasi malvagio. Fissava un punto indefinito nella folla. No, non un punto, qualcuno. «la piccola Bliss»
Improvvisamente una parte del mio cervello sembrò illuminarsi. Bliss. Aveva detto Bliss.
La cercai con lo sguardo tra i corpi che si dimenavano, imperlati di sudore, ma di lei  non c’era traccia. Semplice, era giusto un po’ più in là, lontana dalla marmaglia.  Se ne stava seduta su uno sgabello del bar, le gambe accavallate coperte a malapena da una sottile calza di pizzo, lo sguardo ostile, come se nessuno in quel posto fosse davvero degno di lei. O, più semplicemente, come se non le interessasse niente di loro.
Tornai di qualche secondo indietro con i pensieri. Era stata Cher a nominarla, quindi…Cher conosceva Bliss. Forse solo per sentito dire, ma la conosceva. Era la prima persona che la nominava da quando ero in città.
«Dai Logan, è tutta sola, vai a farle un po’ di compagnia» scherzò Zach e con la coda dell’occhio lo vidi dare una gomitata al biondino. Lui, di tutta risposta, borbottò un “vaffanculo” e si alzò dal divanetto. Sparì tra la folla in meno di un minuto con un'aria seriamente turbata. Che cazzo gli aveva preso?
«Chi è Bliss?» chiesi facendo finta di niente. Spostai lo sguardo da Cher a Zac e viceversa, penetrandoli con i miei occhi e usando una pressione maggiore del necessario. Avrei potuto farne a meno, ma non avevo voglia di perdere tempo. Nonostante la mia insistenza, comunque, Cher ci mise un bel po’ a rispondere. Era come se stesse facendo di tutto per evitare di dare una risposta a quella domanda.
«Una vecchia amica» disse piano, misurando una ad una le parole che si lasciava sfuggire. Guardò Zach e catturai un briciolo di preoccupazione nei suoi occhi. Qualcosa non quadrava.
«Vecchia? Cosa è successo?» continuai deciso a non mollare, non a quel punto. Magari erano loro la chiave di tutto. Magari sarebbero riusciti a spazzare il caos che non mi lasciava conoscere niente di lei.
«Sei nuovo qui» rispose Zach alzando le spalle come se bastasse a spiegare tutto. “sei nuovo qui” ripetei nella mia mente. Ci avrei riflettuto più tardi sul significato di quelle parole, ammesso che ne avessero uno. Avevo bisogno di pace e tranquillità, che non erano esattamente gli aggettivi giusti per descrivere quel posto. Lì c’era bisogno d’azione e di certo non me ne sarei rimasto con le mani in mano.
«Ho una cosa da sbrigare, torno tra un po’» feci liquidando i due. Mi alzai e scesi tra la gente comune, poi calcolando approssimativamente le mosse di chi mi stava accanto riuscii ad attraversare la sala senza subire neanche una minima spinta e, una volta che fui abbastanza vicino alla mia preda, feci in modo che lei mi guardasse.
Bliss posò lo sguardo su di me, un po’ stordita, e fui improvvisamente invaso da un senso d’angoscia. No, non era mio. Era suo. Lo sentivo grazie al legame che ci univa. Lei aveva paura di me. Fico.
Montai un sorrisetto malizioso e mi avvicinai al bancone, poggiandomi proprio al suo fianco. Un brivido la percorse.
«Ehi, tu sei l’amica di Allyson vero?» chiesi allungando ancora di più le labbra. Bliss si mise una ciocca dei lunghi capelli castani dietro le orecchie e sentii il suo respiro farsi più lento. Stava cercando di convincersi che io non ero un pericolo. Sbagliato.
«A quanto pare…» commentò lei fredda, anzi, gelida. Mi rivolse uno sguardo stroncante, ma io non ci cascai. Quella doveva essere la sua procedura per allontanare la gente, peccato per lei che io non fossi come tutti gli altri. Povera, piccola, Bliss.
Mi sporsi verso l’interno del bancone e schioccai le dita per attirare l’attenzione del barman. «Due White Angel» gli gridai. Il rossiccio mi guardò storto e fece per avvicinarsi a chiederci i documenti, ma bastò una mia occhiata a fargli cambiare idea.
 «Senti, Allyson ti sta cercando, dovresti andare da lei» mi suggerii Bliss non provando neanche a nascondere il ribrezzo che provava nei mie confronti. Dovetti ammettere che un po’ mi diede fastidio, infondo non mi conosceva neanche.
«Non sai niente di me» affermai ignorando la sua proposta precedente. «Mi guardi come se fossi una minaccia, ma non abbiamo mai parlato prima d’ora quindi mi sembra lecito chiederti: perché?»
La ragazza iniziò a fissarmi, studiando ogni singolo particolare di me. Vidi il suo sguardo soffermarsi sulle mie labbra, deglutì, poi tornò sui miei occhi.
«Che lenti usi? I tuoi occhi fanno troppa paura per essere veri» commentò cercando di sviare il discorso. Ghignai.
«Sono veri e si, lo prenderò come un complimento»
«Se fossi il tuo medico ti prescriverei un’iniezione di  umiltà, hai picchi di egocentrismo che mi spaventano»
«Oh, quindi vuoi giocare al dottore? Io ci sto»
«Si voglio giocare. Io sono il medico legale e tu il cadavere da sottoporre all’autopsia»
«Hai una lingua tagliente»
«posso fare di peggio»
Quello scambio di battute aveva risvegliato un qualcosa in me e mi faceva sentire euforico, come se potessi fare tutto, davvero tutto, anche ciò che era oltre le mie capacità da angelo-balia. Quando i due cockail arrivarono brindammo senza distogliere lo sguardo dai nostri occhi e bevemmo tutto d’un sorso. Quasi non sentivo più il calore dell’alcol che mi bruciava in gola, il mio corpo lo espelleva prima che riuscisse ad entrare in circolo nelle vene, ma quello lo percepii. O forse era colpa dei suoi occhi che, ostinati, non volevano lasciare i miei. Avrebbe significato sconfitta e da quello che vedevo Bliss non era una che accettava sconfitte. Era un’informazione che avrei dovuto aggiungere nel suo portfolio.
«Oh guarda, ecco Allyson» la ragazza indico il profilo dell’amica tra la folla con un cenno del mento. In realtà già sapevo che era lì, ma non volevo lasciare Bliss da sola. O meglio, non volevo lasciarla e basta. Forse per ottenere informazioni sul suo conto potevo semplicemente farla ubriacare, magari sedurla, farla rispondere alle mie domande mentre gridava il mio nome. Solo la prospettiva sapeva di eccitante. Ma non potevo giocarmi subito quella carta, prima dovevo sondare meglio il territorio, ed Allyson era lì che aspettava solo me, pronta a regalarmi qualsiasi informazione.
«è stato un piacere conoscerti» le sussurrai avvicinandomi al suo orecchio, poi afferrai la sua mano e portandomela alle labbra lasciai un bacio sulle sue nocche.
«Vorrei poter dire lo stesso» rispose con un sorriso strafottente. Se nel mondo ci fosse stato qualcuno come me, quel qualcuno sarebbe stato lei, che mi assomigliava in tutto e per tutto.
Quella tra noi due sarebbe stata una lotta ad armi pari.
Con Allyson, invece, era tutta un’altra storia. La raggiunsi da dietro e le posai una mano sul fianco, facendola girare verso di me.
«Ciao bellissima, per fortuna ti sei decisa a venire» le sussurrai senza neanche dovermi sforzare a fare una voce sexy. Sentii il brivido che la percorse, poi il battito accelerato del suo cuore accompagnato da un sorriso.
Praticamente, era già mia.
 
 
BLISS
 
L’aria nel locale quella sera sembrava particolarmente soffocante, o forse ero io che ero stata stupida a non mangiare niente prima di uscire e quindi a bere con lo stomaco vuoto. Certe cose sembravo non impararle mai. Poi, per la prima volta nella mia vita, mi sentii a disagio su quello sgabello, in quella sala. Era stata la mia seconda casa per molto tempo, ma sembrava non appartenermi più. C’era qualcosa fuori posto e quel qualcosa, più che sicuramente, era il brunetto che aveva Ally spiaccicata addosso. Quel Seth non mi piaceva per niente.
Decisa a prendere una boccata d’aria mi allontanai dalla zona bar e mi avvicinai al soppalco del privè, cercando di confondermi tra la gente per non farmi vedere da Zach e Cher. Una volta superato indenne il loro divanetto raggiunsi il corridoio sulla destra che solo in pochi conoscevano e salii le scale che mi si presentavano davanti quasi di corsa, come se mi sentissi affogare e la porta lì in cima fosse l’unico modo per poter respirare ancora.
Quando uscii sul terrazzo il vento tirava impetuoso e le luci di Brighton sembravano oscillare nel buio di quella notte. Faceva un freddo cane, eppure qualcun’altro aveva avuto la mia stessa idea. Una figura appoggiata alla ringhiera, alta, ben vestita, con i capelli biondi scompigliati e un buon profumo familiare che riuscivo a percepire anche da lì. Una persona che avevo incontrato fin troppe volte su quel terrazzo. Una persona che mancava ad ogni atomo del mio corpo, ma con cui non avevo intenzione di parlare. Non in quel momento. Feci dietrofront e cercai di tornare dentro, ma la sua voce mi bloccò.
Era tanto che non la ascoltavo.
«Bliss, non scappare» gridò girandosi a guardarmi, i nostri occhi si incontrarono nella penombra «non da me» aggiunse mostrando per la prima volta come si sentiva davvero.
Frustrato.
Spento.
Solo.
Proprio come me.
 

 



   
 
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