6. Goodnight, goodnight
Get back in my life_Maroon 5_
Goodnight, goodnight_Maroon 5_
“Ed,
hai spento il telefono? È da ieri sera che provo a chiamarti ma trovo sempre la
segreteria”
Già. L’ho spento e non ho intenzione di accenderlo, ho fatto una cazzata e ho
paura delle conseguenze, faccio il grande uomo, ma sono un povero stupido.
Alice è arrivata questa mattina presto, e nonostante non abbia impegni, ha
deciso di farmi compagnia con Peter, lo ha cambiato, e lo sta coccolando senza
sosta da quando è arrivata, quanti vizi al mio paperotto.
“Edward, accendi il telefono, Bella ha scritto a me, dai non fare il coglione,
le hai scritto un sms bene, non mi vuoi dire cosa hai scritto, male, ma ora fai
l’uomo”
Alice, hai ragione. Mi avvio verso il cassetto di camera mia dove ieri sera
preso da un momento di rabbia ho riposto il cellulare spento. Premo sul tasto
dell’accensione con poca convinzione, e il telefono rimante spento.
“Guarda che puoi spingere un po’ di più, non si rompe “ Mia sorella mi ha
raggiunto e con Peter in braccio, mi osservano mentre premo con più forza il
tasto ed ecco che lo schermo si illumina.
Dovevo buttarlo in mare ieri, non nel cassetto, mi tremano le mani, non ho il
coraggio e Alice continua a piantonarmi.
Uno squillo.
“Leggi
quel sms, ora”
Il
viso di Alice è serio, non ho scampo. Peter sorride e fa le bolle con la
saliva, hai ragione piccolo mio. Apro l’sms ed
è di Bella, ovviamente. Ho paura, paura di cosa leggerò, ieri sera ho
esagerato, non dovevo scriverle quell’sms. Alice più veloce di me e
disinteressata alla mia privacy, ha già letto il messaggio e mi osserva senza
capire.
“Ma cosa le hai scritto?”
Ecco,
doppia figura di merda.
“Lascia
stare” e ritorno a leggere l’sms di Bella.
Please
don’t resist anymore, I’ll never leave you alone.
Un’altra
citazione di una mia canzone, e questa volta Bella si è spinta molto più oltre
di quanto ho fatto io.
“Fratello,
cosa le hai scritto?” Alice continua, non molla, come sempre.
“Sorella,
Bella ha lasciato intenzionalmente una canzone nel mio stereo, e l’ultima frase
diceva ‘ I’m swinging from you’ e le ho scritto se stava succedendo davvero, è strano
a parlarne, non la conosco, so pochissimo di lei, ma mi sono spaventato” e ora
sarà contenta, maledetta Zanzarina.
“Ed,
non so che dire, ti piace proprio?” Si avvicina e mi accarezza una spalla,
Peter continua a parlottare da solo ignaro di tutto, lo invidio, per lui così
piccino tutto è semplice.
“Penso
di si” l’unica cosa semi furba che riesco a dire.
E Alice diventa incontenibile; le prendo Peter dalle mani mentre saltella nella
stanza. Il mio piccolo guarda la zia e inizia a sorridere, tranquillo tesoro,
imparerai ad avere a che fare anche tu con i momenti di pazzia della zia.
“Lo sapevo, lei è una tua super fan, lo sapevo che poteva nascere qualcosa” mia
sorella riprende l’uso della parola e quello che dice è capace di spaventarmi
ancora più di quanto non lo sia già di mio.
“Ehi, non corriamo. Non può nascere niente, o almeno non ancora. Vola basso
Ali”.
Cerco di troncarle le ali immediatamente, ma
il luccichio nei suoi occhi mi fa capire che la sua mente sta macchinando già
troppo.
“Ed…” Basta non voglio altre domande.
“Ali,
basta così, ne abbiamo già parlato anche troppo, oggi Bella verrà qui,
parleremo, ci conosceremo, ma se il tuo cervello sta pensando che ci lanceremo
in camera da letto, la risposta è no.”
Alice
annuisce, ma capisco benissimo che non ha smesso di pensare, ma non voglio
sapere altro.
La verità l’ho detta a voce alta per la prima volta da alcune settimane, da
quando ho visto Bella, lei mi piace, mi è entrata dentro, i suoi occhi, i suoi
modi pacati, mi piace e tanto, ma non ho le forze per iniziare nulla; sono un
padre, mio figlio prima di tutto.
Mio figlio che mia sorella mi ha strappato dalle mani, mio figlio che sorride
ed è felice, non voglio rischiare che mi veda come quando sua madre se ne è
andata, non voglio rischiare di cadere in un abisso ancora più profondo e non
riuscire più a rialzarmi, una volta si può fare, due no.
“Papino, andiamo in spiaggia noi”
Osservo
i due piccoli Cullen uscire in spiaggia e i brutti
pensieri lasciano spazio alle solite faccende casalinghe; cerco di sistemare il
meglio che posso il caos che si lascia dietro Alice, preparo il biberon per
Peter e mi riporto sulla veranda, l’aria
di mare mi calma, speriamo riesca a farlo anche più tardi con Bella.
“Pete, dove è papà?” Nascondo il viso dietro alle mani e
sento il piccolo ridere.
“Ecco papà” apro le mani e Peter si lascia andare in un’altra risata
spalancando la bocca e tirando fuori la lingua. Sta sbavando e si sta bagnando
tutto, mi alzo e cerco il suo bavaglino e glielo appunto al collo, evitiamo di
sporcare duecento magliette al giorno, grazie.
Torniamo
al nostro consueto gioco che lo fa divertire più di tutte quelle cosine che gli
portano Emmett e Alice quando suonano alla porta: è
lei, è arrivata.
“Forza
piccolo, andiamo ad aprire, abbiamo compagnia oggi”
Mi avvio con il piccolo in braccio e con una mano apro la porta.
Per calmarmi oggi ci vuole molto più che aria di mare, ci vuole un getto di
aria fredda puntato in faccia e non solo. Lei è bellissima. Bella è magnifica;
fasciata in un paio di jeans scuri, scarpe da ginnastica, t shirt
bianca e un gilet grigio, si è fatta una coda alta e porta un paio di grandi
occhiali da vista, penso siano di scena, come Alice, mode stupide, ma la
rendono ancora più sexy di quanto sia normalmente.
Peter, in braccio, si accorge del mio irrigidimento e inizia a lamentarsi,
Bella sorride e gli prende una manina per dargli un tenero bacio sulle dita.
Vorrei farlo anche io, ma non sulle dita di mio figlio. Edward, calma.
“Accomodati! Benvenuta a casa nostra!”
Ma
che cazzo dico? Mi drogo forse?
“Grazie
Edward e grazie Peter”
Penso
di non sentirmi così imbarazzato dai tempi del liceo, e delle prime uscite con
le ragazze, che poi questa non è un’uscita ‘galante’ per dirla alla Carlisle, è una giornata per conoscere una nuova amica,
continuare a ripetermelo, mi aiuterà a crederci, forse.
Bella avanza e la accompagno in soggiorno, siedo Peter nel suo posticino e la
faccio sedere sul divano.
“Scusa
per il messaggio di ieri sera, diciamo che non è stato un bel momento”
Finalmente riesco a dire una cosa sensata; Bella sorride ed è ancora più bella,
come immaginavo si è tolta gli occhiali e li ha appuntati sul collo della
maglietta.
“Tranquillo, non voglio chiederti niente, la canzone l’ho lasciata perché, beh,
è la mia preferita”
Si
stringe le mani in una morsa e non alza lo sguardo su di me, è imbarazzata
forse più di me e non me ne sono nemmeno accorto, troppo impegnato a pensare a
me e ai miei innumerevoli problemi mentali.
“Bella, lascia stare quelle povere mani” le sfioro le dita e una scossa mi
raggiunge dritto fino al cervello, Bella alza lo sguardo e i suoi occhi
incontrano i miei ancora una volta. Voglio baciarla, ho voglia di avvicinarmi,
prenderle le mani e posare le mie labbra, che stanno diventando sempre più
secche sulle sue. È arrivata da nemmeno dieci minuti e l’atmosfera in casa è
già insostenibile, non sono per niente un buon padrone di casa.
Restiamo
immobili, senza fiatare, le mie mani sono ancora pericolosamente vicine alle
sue, ma cerco la forza e mi allontano, mi rifugio sul seggiolino di Peter e lo
prendo in braccio, non sarà corretto, ma uso il mio bambino come scudo, invece
che difenderlo è lui che difende me.
Bella
senza aggiungere niente altro inizia a parlottare con Peter, gli stringe le
mani, lo fa sorridere e lui, come il padre, sembra pendere dalle sue labbra; le
faccio vedere il nostro gioco, passo Peter in braccio a Bella e mi nascondo
dietro le mani, Peter sorride ma Bella no. Cosa è successo? Cosa ho combinato
di nuovo?
“Ehi, tutto ok?” Provo a dire, Bella annuisce e maschera un finto sorriso sul
volto.
“Bella, cosa succede?”
“Allora è proprio vero che gli uomini con figli diventano più sensibili”.
Sorrido
e la vedo accarezzare il piccolo.
“Sai vederti così con tuo figlio, mi fa venire in mente quanto non ho vissuto
questi bei momenti io da bambina; i miei genitori si separarono quando avevo
circa l’età di Peter e la mia vita è stata sempre un movimento, non che mi sia
dispiaciuto, ho avuto la possibilità di crescere con entrambi i genitori, ma
diciamo che forse è colpa della mia infanzia che anche ora non ho una casa. Fin
da bimba mi sono sentita una nomade, e ancora oggi la mia vita funziona così”.
“Alice
mi ha detto che ti dividi tra New York e Los Angeles” .
“Non
solo, Chicago, Miami e ogni settimana i direttori della rivista mi aggiungono
altre mete, amo il mio lavoro ma inizio a non riuscire più a tollerare questo
mio essere sempre in giro, conosco persone, mi affeziono, ma devo ripartire, è
stressante”.
Ci sono anche io dentro a queste ‘Persone’?
“Penso
di capirti, almeno in parte, ieri al lancio del disco, parlavo con i dirigenti
della mia casa discografica e si parlava del tour; una parte di me non vede
l’ora di iniziare, l’altra non vuole, non vuole lasciare Peter”.
Continuo
a parlare e lei mi ascolta rapita.
“Il pensiero di essere solo a pochi chilometri da lui mi fa stare male,
immaginati dall’altra parte del mondo, ho accettato il tour del paese, ma
l’internazionale ancora no, sono un padre, single, non posso affidarmi così
tanto alla mia famiglia, ho scelto io la mia vita e non posso far finta che
Peter non ci sia e continuare la mia vita di prima. Se ne risentirà il mio
lavoro sarà giusto così.”
“Che
concerti farai allora?”
“Per adesso ho accettato serate intorno a LA e una a New York, da viziato quale
sono, mi hanno gentilmente concesso un volo privato così da tornare il prima
possibile da mio figlio, non prenda appunti Signorina Swan
per un articolo su ‘Quanto sono viziati i cantanti americani’” rido e lei con
me, ma c’è qualcosa che la tortura e penso sia la stessa cosa che infastidisce
me.
Lei non vive a Los Angeles, vuole fermarsi, magari con una di quelle persone a
cui si è affezionata e io non so cosa voglio, o almeno in questo momento mentre
è ritornata a giocare con Peter so decisamente quello che voglio.
Peter
le ha preso una ciocca di capelli dalla coda e ha iniziato a tirare.
“Piccolo, molla la presa” Sfilo i capelli dalle manine di mio figlio e
trattengo la ciocca tra le mie.
I suoi capelli sono morbidi, li passo tra un dito e l’altro, i suoi occhi sono
di nuovo nei miei, la voglia di baciarla è ancora più forte, mi avvicino e la
coda si è allentata, i capelli sono usciti e le cadono disordinatamente sulle
spalle, le porto la ciocca dietro l’orecchio e le sfioro il collo. Bella
socchiude gli occhi, e capisco che anche lei vuole quello che voglio io. Peter
è immobile e osserva senza capire cosa sta succedendo tra di noi. Bella allunga
una mano e incontra il mio braccio, lo stringe, mi sorride ancora: mi sta dando
il via libera, e sto per cedere. Non c’è nulla che ho desiderato nella mia vita
che questo bacio, mi avvicino e Peter si lamenta, non lo ascolto e sono sempre
più vicino, la mia fronte contro la sua, il mio naso sfiora il suo, chiudo gli
occhi e mi riempio del suo profumo, è fruttato, dolce, mischiato all’odore di
latte del mio piccolo che ha in braccio.
Peter. Non posso farlo. Un bacio, non riuscirei a fermarmi, non posso farlo.
Mi allontano con la scusa di andare a preparare il latte a Peter e la lascio
sul divano, non mi volto ad osservare il suo viso, guardo il mio dallo specchio
in cucina e mi basta per immaginare il suo.
“Il
piccolo ci sta lasciando”.
Peter finalmente ha deciso di chiudere gli occhi, è stato tutto il pomeriggio
in braccio a Bella, lui ha fatto tutto, nelle possibilità di un bimbo di cinque
mesi, che suo padre non ha saputo fare.
La giornata è andata avanti tra chiacchiere e musica.
Bella
mi ha raccontato del suo lavoro e delle difficoltà che incontra ogni giorno nel
essere un capo redattore giovane, ha grinta, farà carriera sicuramente.
In
quanto a me, beh ho avuto altri momenti di crisi, c’è stato un momento che se
non fosse stato per la chiamata di quella curiosa di Alice, l’avrei baciata
sicuramente; non so nemmeno io perché mi sto trattenendo a questo modo, un
bacio non ha mai ucciso nessuno.
Le ho raccontato della mia routine di padre single, ma non ho accennato a
Jessica, arriverà il momento che le racconterò la nostra storia, ma non il
primo appuntamento. Sì, perché questo è decisamente il nostro primo
appuntamento.
Bella
mi accompagna a portare a letto Peter e come l’altra sera la vedo e il mio
cuore salta nel petto.
I suoi gesti sono gentili, Peter si lascia mettere nel suo lettino senza fare
nemmeno un versetto, lo accarezza e lo copre con il lenzuolo. Osservo la scena
appoggiato allo stipite della porta, lei è così tenera, così gentile, i suoi
gestii sono così speciali e beh vederla china sul lettino spinge via ogni
pensiero romantico, sono un uomo, un uomo che non vede una donna da troppo
tempo. Calma Edward, respiro e respiro ancora.
“Edward
hai caldo?” Bella si è voltata e ha notato il mio rossore.
Piccola
sapessi quanto ho caldo.
“Ehm
… si, tu no?” Un’altra ottima risposta, Edward sei un idiota.
Bella
sorride, si avvicina, mi accarezza un braccio e il mio viso penso possa
prendere fuoco.
Lo
sta facendo di proposito.
“Così non vale però”
Le
blocco una mano e la trascino verso di me, porto una mano sulla sua schiena e
con l’altra tengo ancora imprigionata la sua mano, la spingo verso di me, non
tanto vicino, non vorrei che percepisse qualcuno che non dovrebbe esserci e
invece ci ha raggiunto. Ancora una volta in questo lunghissimo pomeriggio il
mio fiato è corto, chiudo gli occhi. E avvicino le mie labbra, la sento
fremere, vuole un contatto più di me. Ma ancora non sono pronto, porto le labbra
sul suo collo e le lascio un piccolo bacio. Per me è già una conquista.
La libero e Bella si allontana, è scossa, ma l’ennesimo sorriso della giornata
segna il suo viso.
Mi prende per mano e ci riportiamo in soggiorno, ha capito e non sta cercando
di insistere, è perfetta, Bella mi sta stregando.
Sulla
mia terrazza, l’aria di mare ancora tiepida ci riscalda, è fine aprile ma si
può stare ancora. Abbiamo ordinato una pizza e l’abbiamo mangiata con il salino
che ci scompiglia i capelli e il pomeriggio si è trasformato in serata insieme,
sto bene e non ho intenzione di privarmi della sua compagnia.
“Mi
dica, Signorina Swan, ma è davvero una mia fan
scatenata come dice Alice?”
Chiedo
ammiccando, sto facendo il divo; Bella alza un sopracciglio e arriccia le labbra.
“ Beh, diciamo che non sono mai stata di quelle fan urlanti, ma conosco molto
bene le tue canzoni, ho i tuoi album, ho sempre letto le tue interviste, ho un
comprato lo speciale di Rolling Stones
dove sei in copertina, ho un poster gigante in camera mia, e ho il cuscino con
il tuo viso … “
“Ehi
frena, basta, meglio se non mi dici altro”.
Scoppiamo a ridere, bevo un altro sorso di birra e ripenso a quello che ha
detto.
“Il
poster e il cuscino stavi scherzando vero?”
“Beh,
il poster l’ho comprato per davvero, era in una rivista per ragazzine e l’ho
preso, con la scusa di un’indagine tipologica per Vogue”
“Geniale”
Ridiamo ancora e non riesco a ricordare una giornata dove mi sono divertito
così tanto, con una donna, che non sia un membro della mia famiglia.
“E
dove lo tieni?”
“Signor
Cullen lei è troppo curioso”
“Ha
ragione, Signorina Swan. Parliamo d’altro, perché hai
comprato il disco, te ne potevo dare una copia io”
Ripenso
alla foto di ieri, l’ho salvata sul telefono, come un ragazzino.
“Ma
volevo sentirlo assolutamente, non potevo aspettare”
“Grazie,
mi fa piacere”
“Fa
più piacere a me se me lo autografi”
“Ma
Bella, ma dai”
“No,
dai!”
Ma
che imbarazzo!
Bella si alza, entra in cara, raggiunge la borsa e estrae il cd e un
pennarello.
“Eri
pronta”
“Certo,
sono sempre pronta io”
Non
dirmi così Bella, camera mia è troppo vicina, non dirlo più.
“Puoi
scrivere ‘A Bella’ anche? Grazie”
La
guardo e muovo la testa in segno di disapprovazione.
“Guarda
te cosa mi tocca fare anche a casa mia”
Apro
il cd, prendo il pennarello e mi nascondo dalla vista di Bella.
Scrivo
un pensiero, ma non voglio che lo legga ora.
“Fatto,
ma non aprire il cd prima di arrivare a casa, prometti!”
“Promesso!”
Si
risiede e finiamo di bere rilassandoci con altri mille discorsi. Non voglio che
questa serata finisca.
“Hai
preso tutto?” le chiedo accompagnandola
alla porta.
È
tardi e sfortunatamente lei domani deve andare a lavorare.
La
vedo intrufolarsi in camera di Peter, la seguo e si sporge per fargli una
carezza, è così tenera, sempre un pensiero per mio figlio.
“Beh,
grazie di tutto Edward”
Grazie
a te piccola, mi hai regalato una giornata stupenda.
“Grazie
a te Bella”
Quello
che riesco a dirle.
“Domani
torni a New York?”
“Sì,
ho il volo in serata, ci sentiamo se ti va”
“Mi
farebbe piacere”
La
conversazione più strana della mia vita, tutta la confidenza di pochi minuti
fa, ha lasciato spazio a una finta freddezza tipica di un arrivederci.
“Leggi la dedica,quando arrivi a casa” .
Le
sussurro avvicinandomi al suo orecchio, chiudo gli occhi, e respiro ancora il
suo profumo, la sua mano raggiunge la mia schiena, mi stringe in un abbraccio
che ricambio; Bella appoggia la testa sul mio petto e potrei morire ora.
“Buonanotte,
Bella”
“Buonanotte,
Edward”
Con
rapidità sale sulle punte dei piedi raggiunge la mia guancia e mi lascia un
bacio, la stringo io questa volta e non vorrei più lasciarla andare, ma un
rumore dal monitor ci interrompe per la milionesima volta oggi, è Peter, ha
bisogno di me e devo andare.
“Vai
da lui”
Sorride e apre la porta, il taxi che abbiamo chiamato è già arrivato, le ho
detto che caricavo Peter in auto e la accompagnavamo noi, ma non ha voluto
disturbare il sonno di mio figlio.
La
osservo salire sul taxi, la saluto ancora e mentre parte torno dal mio piccino
che si è decisamente svegliato.
“Arrivo
Paperotto, papà è qui”.
Finalmente
Peter è di nuovo tranquillo nel lettino e posso concedermi di andare a dormire
anche io. La serata è stata bellissima ma ho dovuto usare gran parte del mio
autocontrollo per cercare di evitare che con Bella la situazione degenerasse.
Continuo a pensare a come sarebbe stato baciarla veramente, che mi sia fissato
di non riuscirci e di non poterlo fare quando sarebbe stata la scelta più
facile? Non so, sono confuso, tutto è così complicato, non riesco a capire cosa
sia facile e cosa no. Credo di non sapere cosa voglio, ma invece lo so bene e
cerco di negarlo alla mia mente: voglio Bella dal primo momento che l’ho vista
e la giornata di oggi ne è la prova.
Ho
sbagliato tutto, dovevo lasciarmi andare un pochino di più.
Tolgo il cellulare dalla tasca e non mi sono accorto del messaggio in arrivo, è
di Bella, deve aver letto la mia dedica.
“A
Bella,
I
know we're only half way there
But you take me all the way, you take me all the way.
Edward.”
Le
ho citato ancora una volta la canzone che ho cantata per lei al barbecue, quella
che ho scritto dopo averla incontrata, la canzone che più segna la mia voglia
di riniziare.
Adoro quella canzone. Non potevi
scrivere nulla di meglio. Ti penso. B.
Che
giornata.
Ti penso anche io, non lo scrivo, ma sappi che ti penso, troppo.
***********
“Edward allora
avremmo deciso per la promozione dell’album di fare un piccolo live a New York
settimana prossima, ti va? Il tour lo iniziamo il mese prossimo, come abbiamo
concordato, con date solo in Usa”
Aro mi spiega le novità decise dalla casa discografica e annuisco.
Il
momento è arrivato, devo parlare con Esme e chiederle
se è sempre d’accordo sull’aiutarmi con Peter in questi momenti nei quali dovrò
lavorare.
Il pensiero di andare a New York non mi spaventa, anzi, sarà la scusa per
andare a incontrare Bella; non ci siamo più visti dal nostro appuntamento, non
è più tornata a Los Angeles ma, come ci eravamo promessi, ci scriviamo
praticamente tutti i giorni.
Esco
dall’ufficio e i paparazzi mi sorprendono, scappo e mi infilo in macchina, in
direzione casa; mia madre è con Peter, le potrò parlare subito del viaggio di
settimana prossima a New York.
Ma
prima voglio dirlo a Bella, prendo il telefono e compongo l’sms.
Ciao. Settimana prossima sono a NY.
Spero di poterti salutare. E
La
risposta è immediata.
Ciaoo, vieni a cantare? Dammi dettagli! B.
Sono
le 7 di mattina a New York e Bella è già sveglia.
Le nostre piccole conversazioni via cellulare sono stati dei momenti di sorriso
e anche di tenerezza in questi giorni, ho cercato di sbottonarmi anche io, le
ho scritto che mi mancava, e che non smettevo di pensare al nostro appuntamento
e Bella ha risposto con un messaggio pieno di baci; quel bacio che ancora non c’è stato e che voglio più che
mai.
Sarai la prima. Buona giornata, un
bacio. E
Alice
ha voluto sapere tutto della giornata passata ed era felice per me e per Bella,
mi ha rassicurato di aver fatto bene ad aver aspettato, che il nostro bacio
sarà ancora più intenso di quanto pensiamo. Lo penso anche io.
Buona giornata anche a te. Bacione. B
In
alcuni minuti sono a casa e Esme mi apre la porta con
Peter in braccio.
“Paperotto,
sei sempre in braccio, quanti vizietti al mi bimbo”
Lo prendo in braccio e lo alzo al soffitto, Peter ride e io con lui.
Oggi
iniziamo lo svezzamento, il pediatra ha deciso di iniziare con un po’ di
anticipo vista la continua crescita di Peter, lui è un campione è bravo in
tutto.
“Oggi
facciamo la pappa nuova!” Lo faccio saltellare in braccio.
“Vieni
Edward, lezione di cucina numero 1 per il papà del anno!” mia madre ha voglia
di prendermi in giro.
“Mamma,
Aro mi ha detto che si inizia con la promozione, settimana prossima dovrò
andare a New York, sei sempre disponibile per aiutarmi con Peter? “
“Ma
certo tesoro, che bella notizia! New York, incontrerai Bella?”
Alice
ha parlato.
“Penso
di sì. Grazie mamma.”.
Esme
si allontana sorridendo, le donne Cullen, sono tutte
uguali.
La
cucina è un disastro. Pentole, pentolini, piatti, è decisamente la cosa più
difficile che ho fatto nella mia vita, mia madre si è divertita parecchio, mi
ha aiutato, ma in disparte.
L’aspetto positivo di questo delirio è che Peter sembra gradire, ha cercato il
biberon, ha pianto un po’ ma si è fidato e ha assaggiato la pappa e non ha più
smesso di mangiare. Abbiamo fatto aeroplanini ,
trenini, si è divertito e ha mangiato. Ora è seduto in attesa di digerire,
mentre io e Esme cerchiamo di rimettere in ordine il
campo di battaglia.
“Edward, non voglio fare la pettegola, ma Bella è davvero una cara ragazza”
Eccola
ancora.
“Lo
so, ma non voglio dire niente, è troppo presto, capisci?”
“Certo
tesoro, hai ragione”
Continuiamo
a pulire e mi accorgo che Peter si è addormentato con il viso che ciondola da
una parte all’altra; lo indico a mia madre e lo porto nel suo lettino per il
consueto riposino post pappa.
“è
stato bravo oggi, non pensavo si facesse convincere a mangiare”
Dico,
tornando ad aiutare Esme in cucina.
“Il
mio nipotino è un tipo tosto, proprio come il suo papà”
Mamma.
“Grazie
per aiutarmi, i mesi che verranno saranno più complicati”
“Io
e tuo padre siamo pronti per aiutarvi”
Ed
è la verità. Non avrei potuto fare nulla nella mia vita senza il loro aiuto.
Esme
dopo aver finito di pulire con me la cucina mi saluta e mi da appuntamento
all’indomani.
E
mi concedo un po’ di relax, accendo lo stereo, scelgo la canzone e ho voglia di
sentire Bella, non posso chiamarla però, non so cosa stia facendo potrei
disturbarla e come consuetudine le invio un sms.
Oggi Peter ha mangiato per la prima
volta la pappina. È stato bravissimo. Dovresti vederlo. E.
Non vedo l’ora, dagli un bacio e
fattene dare uno a te.B.
Non
vedo l’ora sia tu a darmelo, Bella.
*******
“Jake, la scaletta è questa allora?”
“Esatto,
4 canzoni!”
Il
volo privato per New York è appena atterrato al JFK, accendo il telefono e
scrivo ad Alice, mi risponde immediatamente di non stare a preoccuparmi, Peter
sta bene e di godermi la serata.
Rileggo ancora una volta il programma, ci sarà uno shooting
fotografico con il cd e poi il mini concerto in un teatro sulla Fifth Avenue. Adoro New York, la vitalità che c’è nell’aria
non si trova in nessun altra città del mondo. L’auto ci fa salire e in un’ora
grazie al traffico newyorkese siamo in centro, mi fanno scendere nel retro e
entro nel teatro senza la solita calca dei paparazzi , i fotografi di NY sono
meno invasivi di quelli di Los Angeles.
Mi accoglie una ragazza e mi fa vedere la sala, è grande, iniziamo le prove
audio ed è perfetto, Jake dall’ear-monitor
mi conferma che la prova è stata ottima, ringrazio tutti e mi faccio trascinare
in sala trucco per la preparazione per le foto; odio questa parte del mio
lavoro ma devo farlo.
Sono
seduto in sala trucco e invio un sms a Bella, sono nella sua stessa città, è da
quando ho saputo di dover venire a New York che fremo per rivederla.
Siamo nella stessa città, NY è magica. Riesci a passare? E
Il
parrucchiere cerca, invano di sistemare i miei ciuffi ma la risposta di Bella
non arriva, controllo il telefono ogni minuto ma nessun messaggio, starà
lavorando, lo spero.
Jacob entra nel mio camerino e mi da alcuni consigli per il live, ma non
ascolto praticamente nulla, ho la mano in tasca sul telefono in attesa che
squilli , vibri, in attesa di Bella.
“Ed, tutto ok?”
“Si,
scusa, stavo pensando ad una cosa”
“Stai
tranquillo, Peter è con i tuoi no?”
E
le parole di Jacob mi fanno sentire ancora peggio, dovrei essere in ansia per
mio figlio, e invece lo sono perché ho paura di non riuscire ad incontrare una
donna, non è giusto, per mio figlio.
“Hai
ragione Jake, dai andiamo a fare queste foto”.
E come ogni volta mi sento il più ridicolo dell’universo; il fotografo mi dice
dove mettermi, come sorridere, mi dice qualunque cosa e io mi sento un salame.
Sono in piedi con una chitarra in mezzo alle gambe e sono duro come un legno,
come possono dire di farmi foto per vendere, dovrebbero usarle per ricattarmi.
Per
fortuna la tortura dura poco e in poco tempo mi ritrovo nel salone, sento le
urla della folla in sala, ancora sai che ci doveva essere poca gente, Jake mi da segno di entrare e la platea si ammutolisce per
scoppiare in un urlo ancora più fragoroso.
Mi
guardo in giro e la gente è davvero tanta stipata nel teatro. Sorrido al
pubblico e inizio a cantare la prima canzone, la band mi segue, amo cantare dal
vivo con la musica dal vivo. Jake mi fa segno che sto
andando benone quando il fiato si blocca, la testa vola sulla prima fila;
continuo a cantare ma sono scollegato, il cervello mi ha abbandonato per andare
di nuovo sulla prima fila.
E
lei è li, che mi guarda, mi sorride e si muove per la mia musica, Bella è in
prima fila, e il ricordo di queste scene già vissute con un’altra persona
ritorna a galla e quasi mi fa venire la nausea.
Continuo
a cantare con Jake che mi fa segnali, ha capito che c’è
qualcosa che non va, ma non voglio interrompermi, voglio continuare, lo devo a
tutti i miei fan.
Bella
mi osserva, canta con me e in lei rivedo Jessica, rivedo il nostro primo
incontro , solo che io sono diverso, non ho voglia di flirtare, non ho voglia
di fare lo scemo, ho paura.
Un brivido mi sale lungo la schiena, la canzone finisce, ringrazio e attacco la
seconda. Mi muovo sul palcoscenico come un matto, lancio occhiate a Bella e non
sta sorridendo, anzi, dovrei guardarla, dovrei sorriderle, la volevo prima,
cosa è cambiato in pochi secondi.
Continuo
a cantare e finisco anche la seconda canzone, ringrazio ancora una volta e
inizio la terza, è “Love Somebody” , la canzone di
Bella, guardo la prima fila e lei non c’è più.
Sono un coglione, ho rovinato tutto, sono venuto a New York per lei e la paura
di un ricordo è riuscito a rovinare ogni cosa. Concludo il live, mi chiedono un
bis, canto un'altra canzone, sorrido, ringrazio e scappo. Scappare ormai è l’unica
cosa che riesco a fare.
Mi
rifugio in camerino e senza dire niente a nessuno, nemmeno a Jake, chiamo un taxi, devo rimediare al casino che ho
fatto, devo raccontarle la verità, devo dirle che sono un sociopatico, che ho
paura di soffrire, devo raccontarla di come ho conosciuto Jessica, devo trovare
Bella.
Bella, sono un coglione. Mi sono
spaventato, devo raccontarti cosa mi è successo. Devo raccontarti il mio
passato. Sono in taxi, dove sei? Scusami. E
Ovviamente
non arriva nessuna risposta.
Cazzo ho fatto un bel casino, ma me lo merito. Dovevo raccontarle tutto a casa
mia, ne ho avuto l’opportunità e magari lei avrebbe capito la mia confusione.
Sono
sul taxi e non so dove sto andando, ho detto al taxista di partire che mi
informavo sulla via, ma Bella non risponde, so a chi chiedere aiuto.
“Ali,
sono io, non fare domande, sai l’indirizzo di Bella?”
“Edward
cosa hai combinato? Aspetta”. Per
fortuna le ho detto di non fare domande.
“Sulla
venticinquesima, Luton Palace 34° piano interno 9”
“Grazie,ti chiamo dopo”
E
chiudo la chiamata, non le ho chiesto niente di Peter, non è giusto, ma voglio
pensare a rimediare a quello che ho fatto; dico al taxista l’indirizzo e in
alcuni minuti mi lascia fuori dal palazzo, mi sento osservato, ma forse è solo
la mia solita abitudine di avere i paparazzi al seguito; mi infilo nel palazzo
e chiamo l’ascensore, fa che sia in casa, fa che ci sia, mi ritrovo a dire
salendo.
Arrivo
alla porta e le gambe sono pesanti come se fossi salito dalle scale, ho paura,
ma è arrivato il momento.
Busso,
busso ancora, busso e chiamo Bella, niente, non è in casa.
La
chiamo, non risponde, le mando un altro sms, non risponde.
Ha
ragione, è la fine giusta che dobbiamo dare a questa pseudo storia, ma voglio
dargli ancora un tocco di mio. Busso alla porta vicina e una signora mi apre,
mi scuso per l’orario, mi riconosce e sorride, le chiedo se può darmi un foglio
e una penna e corre in casa, ritorna con un block notes intero e un astuccio
probabilmente rubato a qualche figlia.
Scelgo
la penna e ringrazio, la signora mi dice di tenerla e mi saluta.
Mi
siedo per terra e scrivo il biglietto.
Bella,
sono stato uno stronzo, ma se non ti
spiego come sono andate le cose nella mia mente, rischio di impazzire e di
perderti se non l’ho già fatto.
È ad un mio concerto, in prima fila,
che ho conosciuto la madre di Peter, mi sono spaventato, il ricordo dell’abbandono
è ancora troppo fresco, ho avuto paura di riprovarlo di nuovo, e ho fatto un
casino. Ho pensato che non guardandoti fosse più facile e invece sono qui, sul
tuo pianerottolo con un foglio e una penna della tua vicina a scriverti che non
voglio perderti; ti conosco da poco, ma sei la cosa più bella che mi è capitata
in questo periodo.
Scusami.
I'm sorry, I did not mean
To hurt my little girl
It's beyond me, I cannot carry
The weight of a heavy world
So goodnight, goodnight, goodnight
Goodnight, hope that things work out all right
Edward.
Infilo
la lettera sotto la porta e scendo, l’ascensore è occupato, prendo le scale,
devo andare via da qua il prima possibile. In strada chiamo al volo un altro
taxi, e mi faccio riportare al teatro, il cellulare è ancora muto. Bella chiamami.
“Scusami
Jake, è successo un casino, ti spiego sul volo”.
Prendo
la mia sacca dal camerino e mi infilo nell’auto che ci porta al nostro volo per
tornare a Malibù, la mia mente è ancora sul
pianerottolo di Bella, e su quel foglio, ma evidentemente solo la mia,Bella non
mi ha scritto, è passata più di un’ora ma niente.
Arriviamo in aeroporto, non serve il check-in, ma il nostro aereo privato non è
ancora pronto, ci dicono di aspettare prima del controllo passaporti e ne
approfitto per sedermi al bar e ordinare da bere, ordino una birra; appoggio la
testa, sulle braccia, la sento pesantissima.
Non
so quanto tempo passi, ma dei passi di corsa attirano la mia attenzione, una
voce, mi fa alzare dal mio torpore, è lei, è qui; è impossibile, è la mia
immaginazione.
Alzo
la testa e non credo ai miei occhi: Bella, con in mano il mio foglio che si
guarda in giro, mi cerca, sta cercando me.
“Bella”
Si volta e mi vede, ha il viso rigato di
lacrime, sono stato io, sono uno stronzo.
“Bella,
stai piangendo”
Si
avvicina e vorrei allontanarmi ancora, non voglio che lei pianga per me.
“Non
devi piangere per colpa mia”
“Edward”
Si
avvicina e non so cosa sto facendo, ma la attiro a me e la stringo.
“Andiamo
via di qui, mi sento osservato”
La
prendo per mano e la porto nel locale riservato alla mia band, Jake ci vede entrare
e capisce al volo, esce e si porta dietro i ragazzi.
E
finalmente siamo solo io e lei.
“Bella,
mi dispiace …”
“Non
ora, ci sarà tempo per spiegare”
La
stringo forte e le mie labbra finalmente raggiungono le sue, e Alice aveva
ragione è la sensazione più forte che abbia mai provato in vita mia. Le mie
mani accarezzano il suo viso, i suoi capelli, scendono sui suoi fianchi, la
stringo e lei mi lascia fare, mentre le sue mani si incastrano a perfezione
dietro il mio collo.
Non
voglio staccarmi da qui, non voglio che questo momento magico finisca.
Le
nostre bocche sono ancora legate, il suo respiro entra caldo dentro di me e si
mischia con il mio.
“Bella,
scusami”
“Edward,
ne parleremo, fine settimana torno a Los Angeles, avremo tempo per parlare,
spero”
“Tutto
il tempo che vuoi”
Ci
baciamo ancora, questa volta con più irruenza, la voglio, la desidero, ora; ma
il bussare alla porta è segno che è ora di andare.
“Vorrei
restare qui, ma Peter mi aspetta”
“Vola
da tuo figlio, ci vediamo quando torno”
Ancora
un bacio e usciamo dalla sala d’attesa, ci salutiamo ancora e non vorrei
partire davvero, ma il visetto di mio figlio torna prepotente nella mia mente, ha
ragione Bella, ci sarà tempo per parlare, le faccio un cenno con il braccio e
vado a prendere l’aereo che mi riporta da Peter.
Buonasera!
Ecco a voi il capitolo non è betato, quindi se ci sono errori è colpa mia XD.
Grazie a chi è passato, chi ha messo la storia tra le liste e chi ha recensito. Se avete Pinterest passatequi
, ho creato una board con immagini della storia!Grazie, grazie e grazie!