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Autore: Remeny    28/11/2012    1 recensioni
Alterius non sit qui suus esse potest (Non appartenga a un altro chi può appartenere a se stesso) - Cicerone
Aron ha diciassette anni e un passato non esattamente felice alle spalle.
E' uno di quei ragazzi che dalla vita hanno ricevuto una forte sberla, senza una valida motivazione nè una consolazione dopo. Per questo si limita a vivere per se stesso, come gli hanno sempre insegnato.
Colin è il ragazzo delle consegne, così simile a Justin Taylor, il protagonista di Queer As Folk, che Aron adora.
Dopo un primo incontro non esattamente normale e una notizia sconvolgente, i destini di questi due ragazzi saranno legati per sempre.
Ma..in che modo?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
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Turning slowly, looking back, see
No words, can save this, you're broken and I'm pissed
Run along like I'm supposed to, be the man I ought to
Rock and Roll, sent us insane, I hope someday that we will meet again
You go your way and I'll go my way
No words can save us, this lifestyle made us
Run along like I'm supposed to, be the man I ought to
Rock and Roll, sent us insane, I hope someday that we will meet again.

- Kasabian, Goodbye Kiss.



Il mattino dopo si svegliò con un forte mal di testa e, dopo circa dieci minuti di stordimento, I ricordi della notte precedente lo investirono come un fiume in piena. Non aveva idea di cosa gli fosse capitato, ma era sicuro che non gli fosse mai successo prima.
Gli attacchi di panico, i momenti nostalgici erano cose a cui era abituato ma quella… come definirla poi? Non aveva proprio una definizione adatta. Per un attimo, gli era sembrato di non poter muovere un muscolo, perso nei ricordi che gli si proiettavano davanti agli occhi come se li stesse rivivendo ancora e ancora, e quando aveva sentito la voce di Colin, aveva pensato fosse impossibile che fosse davvero lui, dal momento che neanche lo conosceva a undici anni.
Undici anni.
Vi siete mai chiesti come ci si sente a perdere tutto a undici fottutissimi anni?

Quella mattina non guardò la foto sul comodino, come faceva di solito, e decise che non sarebbe andato a scuola perché non ne aveva voglia. Scese al piano inferiore dove Helena, Phil e Colin facevano colazione, Lyn non era ancora rientrata.
Gli venne da vomitare per la visione di quel bel quadretto familiare. E, prima ancora di salutare tutti, lo fece, senza troppi preamboli.
Corse in bagno e rigettò... nulla. Il nulla che la sera prima aveva mangiato.
Tornò in cucina e si versò dell’acqua, ma lasciò il bicchiere lì sul piano cottura.
<< Buongiorno >>, gli disse Phil con un sorriso stampato sul viso.
<< Notizie da casa vostra? >>, gli chiese lui, senza neanche guardarlo negli occhi. Poi si accomodò accanto a Colin e cercò il suo sguardo, ma quello era occupato nella comprensione di un passo del De profundis.
<< Nulla di positivo, temo. Oltre alle tubature, abbiamo perso anche le fondamenta, per delle infiltrazioni >>, rispose Colin, continuando a leggere attento.
<< Cosa leggi? >>, gli domandò allora.
Come se non lo sapessi , gli fece notare la sua vocina interiore. In effetti, Wilde era stato uno dei suoi autori preferiti fino al mese precedente, gli aveva fatto capire tante cose riguardo la sua sessualità e gli aveva dimostrato che, nonostante tutte le avversità che un coming-out comporta, bisogna esternare ciò che si ha dentro.
Bè, lui in realtà esternava unicamente il contenuto dei suoi boxer, ma non era più o meno la stessa cosa?
<< Wilde, è interessante >>, gli rispose Colin, alzando per un secondo lo sguardo e puntandolo nel suo.
Le budella di Aron si mescolarono tra loro, fino a diventare qualcosa di indistinto. Aveva certi occhi, quello stupido idiota.
<< Oh, si, le lettere di un povero poeta al suo amato, un perditempo squattrinato che si diverte a scialacquare il patrimonio del suo amante, lasciandolo sul lastrico e facendolo finire in galera con l’accusa di sodomia. Parecchio interessante, lo credo anch’io >>, commentò sarcastico, facendo calare il silenzio nella stanza. Giusto per un secondo, però.
Si disse che avrebbe potuto fare di meglio.
<< Un povero poeta che si rende conto di essere stato ingannato dalla persona che più amava al mondo, a cui avrebbe venduto persino l’anima se avesse potuto, che sputtana pubblicamente il sopracitato perditempo squattrinato >>, ribatté Colin, alzando nuovamente lo sguardo e puntandolo nel suo per la seconda volta.
<< Sputtana pubblicamente? Non mi risulta, visto che il manoscritto venne immediatamente ritirato dalla circolazione per volere del padre di Douglas e fu pubblicato solo post mortem dell’autore.
Wilde ha avuto la sua vendetta in ritardo, era stato già divorato dai vermi e, forse, anche Douglas >>, concluse scrollando la spalle.
Quanto aveva amato Wilde e Douglas? Quante volte aveva pensato al loro come ad un rapporto malato ma incontrovertibile, un rapporto che legava con un doppio filo indissolubile la rovina di uno con la crescita dell’altro. E poi arrivava Colin, a mettere in discussione le sue posizioni.
<< Quindi conosci Wilde, eh? >>, gli chiese cambiando argomento.
<< Ho letto qualcosa di suo, si >>, si costrinse ad ammettere, nascondendo un leggero imbarazzo.
<< Mh, capisco. Comunque, de gustibus non disputandum est, giusto? >>
<< Conosci anche il latino? Ma che bravo >>, commentò sarcastico annuendo tra se e se.
<< Non c’è nulla che non conosca o che non sappia fare >>, s’intromise Helena con uno sguardo adorante.
E ad Aron tornò la voglia di vomitare.
<< I fatti miei. Non so proprio farmi i fatti miei >>, le rispose Colin.
<< Questo è vero >>, convenne Aron, guadagnando uno sguardo truce dal ragazzo.
<< Facciamo finta che un mio amico abbia un attacco di panico. Io accorrerò da lui e gli presterò aiuto, quando invece dovrei lasciarlo semplicemente crepare >>, disse alzandosi e uscendo da quella casa a passo di marcia.
<< Questa era cattiva >>, gli urlò dietro Aron, ma quello si era già chiuso la porta alle spalle.
<< Cosa gli sarà preso? >>, chiese Helena.
<< Avrà le sue cose >>, le rispose Aron e poi aggiunse: << Oggi niente scuola per me, torno a dormire >>, ignorando le proteste di sua madre.

Dopo circa due ore, sentì la porta di casa sbattere, segno che era finalmente solo. Scese a controllare , giusto in caso non fosse Lyn, ma scoprì di avere ragione.
Con un sorrisone salì nuovamente al piano superiore e si bloccò di fronte alla porta della camera di Colin.
<< Neanch’io so proprio farmi i fatti miei, sai? >>, chiese alla porta, immaginandosi di avercelo davanti. Entrò e si mise a curiosare qua e la.
Nulla di particolare, qualche foto con una ragazza, con alcuni amici, con un cane e con una donna, che Aron immaginò dovesse essere sua madre, vista la tremenda somiglianza tra i due.
Poi trovò la foto che non gli aveva fatto chiudere occhio la notte precedente, di quei due abbracciati e poco ci mancò che la strappasse. C’era un quaderno posato sul comodino; lo prese e lo aprì. Sfogliandolo trovò testi di canzoni e appunti di ogni tipo, c’era persino una frase scritta in quello che immaginò essere italiano, a cui aveva aggiunto la traduzione sotto.
Mi costringono a sognare ad occhi aperti e con la luce spenta.
They force me to dream with open eyes and switched light.

Era indubbiamente una bella frase, chissà come faceva a conoscere l’italiano, Phil non gli sembrava un così grande poliglotta.
Posò quel quaderno e alzò lo sguardo, dove su una mensola troneggiavano libri di ogni genere e ordinati in base all’autore. Era un grande lettore il ragazzino, da Dumas a Poe, Wilde, persino Freud e Jung, e ancora Bukowski, la Austen, Baudelaire, Goethe, Neruda.
Aveva proprio di tutto. Prese Le affinità elettive di Goethe, libro che da bambino aveva letteralmente divorato, e quando lo aprì trovò a fargli da segnalibro un pacchettino con al suo interno qualcosa che ben conosceva. Una polverina bianca con cui aveva un rapporto di amore/odio da un bel po’ di tempo.
Una polverina per il quale in passato aveva fatto delle cose non propriamente nobili.
Rimase a guardare quel contenitore di cellofan per parecchio tempo, poi posò il libro e uscì con il pacchettino in mano.
<< Guarda il ragazzino >>, iniziò a dire mentre entrava in camera sua.
<< Si sa anche drogare >>, continuò sarcastico. << Sono stupito >>, aggiunse ancora.
<< Bè.. certe occasioni non vanno sprecate, no? >>, e detto questo tornò in camera di Colin e si arrotolò quella polvere bianca, che di solito avrebbe inalato, non sapendo neanche cosa fosse. Erba certamente no, forse anfetamine? Ma le ricordava in pillole bianche. Che le avesse sbriciolate? O forse era cocaina?
Ma chi se ne fotte?
Accese la sigaretta e iniziò ad aspirare con una lentezza esasperante , godendosi ogni boccata. Dopo la prima arrivò la seconda, poi la terza e con essa una sensazione di leggero e caldo torpore, di felicità assoluta, che ben ricordava.
<< Di sicuro non ringrazierò quel bastardo per questo fumo. Prima sembra carino e coccoloso, mi fa innamorare e poi… >>, si riscosse improvvisamente, senza finire la frase.
Cos’è che aveva appena detto?
Da quando Aron Dust parlava d’amore?
Da quando, per essere precisi, lui provava amore?
E da quando, per essere pignoli, l’oggetto del suo amore era Colin Larson?... E da quando conosceva anche il suo cognome?!
Cristo, troppe domande.
Non era amore quello, non poteva esserlo. Lui non era fatto per i legami, aveva perso la capacità di provare un qualsivoglia sentimento, che non fosse attrazione, per qualcuno che non facesse parte della sua famiglia, da molto tempo ormai.
Ecco, forse era semplice e pura attrazione. D’altronde, da quanto lo voleva nel suo letto? Aveva perso il conto dei giorni.
Il suo corpo, magari quei suoi capelli che sembravano così morbidi, o forse i suoi occhi, la sua voce, magari quel sorriso sghembo che gli usciva fuori quando tentava di consolarlo, quel suo profumo di casa, la sua bravura in tutto, la sua capacità di sorprenderlo, forse la sensazione di calore che provava nel suo abbraccio o magari… NO.
Doveva smetterla. Ne parlava come se ne fosse innamorato, quando magari sarebbe bastato semplicemente farselo. Forse, se il Fato era dalla sua per una volta, Colin a letto era un imbranato e lui odiava gli inesperti, nonostante un tempo lo fosse stato a sua volta.
Ecco, magari sarebbe bastato provare com’era a letto e tutto sarebbe passato.
<< Si, farò così >>, annuì convinto, accendendosi la quarta- o forse quinta?- sigaretta.
In quello stesso istante entrò Colin con un’espressione stanca sul viso.
Ma quanto tempo è passato?, si chiese ma quello non diede segno di averlo visto; poggiò la borsa a terra, si allentò la camicia e solo in quel momento si rese conto della presenza che si era liberamente intrufolata in quella stanza.
Fece un balzo indietro, sbattendo contro la porta; di contro, Aron si alzò e, dondolando come un ubriaco, si avvicinò impercettibilmente a lui, dando un altro tiro alla sigaretta. Colin ci mise pochissimo tempo a realizzare ciò che era successo, e sul suo viso comparve un’espressione inebetita.
E’ anche intuitivo
<< Stai scherzando, vero? Sei fatto? Ti sei fatto la mia roba?! >>, strillò senza il minimo ritegno, mandando il suo orgoglio maschio a farsi benedire.
Aron sogghignò, avvicinandosi maggiormente.
<< Quante domande. E’ una storia simpatica, sai? In realtà l’ho trovata per caso… >>, iniziò ma quello non gli permise di finire.
<< Per caso? Per caso?! Era chiusa in un libro, cazzo! >>
Quindi si arrabbia anche lui?
<< Shh, non urlare Cole, non ce n’è bisogno >>, ridacchiò con tono vagamente civettuolo facendo l’ennesimo passo avanti, ormai erano davvero vicini.
Com’è che l’aveva chiamato? Ah, si, Cole. Perché l’aveva fatto? Non aveva tempo di spiegarselo, in ogni caso.
<< Non ci posso credere, davvero! >>, continuò quello con tono isterico, sembrava quasi che non lo stesse ascoltando.
E Aron odiava non essere ascoltato.
<< Su, Cole, calmati >>, biascicò parandoglisi davanti e intrappolandolo in un abbraccio.
Finalmente.
Quanto gli era mancato quel corpo?
Ma non l’avrebbe ammesso neanche sotto tortura, per la miseria. Non ci sarebbe riuscito in ogni caso.
<< C-cosa fai, Aron? >>, gli chiese quello contro la sua spalla, impossibilitato a muoversi, con tono quasi impaurito.
<< Ah, vedi che hai smesso di urlare? Adesso ti farò calmare, vedrai >>, disse ancora e iniziò a baciarlo.
In realtà, non era un bacio, e Aron lo sapeva bene, era quasi una violenza che la lingua del ragazzo stava cercando di fare sulla bocca di Colin, che tuttavia rimaneva serrata.
<< Dai, cosa ti costa baciarmi? >>, gli chiese allora, vagamente infastidito.
<< Ti sei forse dimenticato del nostro primo bacio? >>, domandò ancora.
<< Aron, allontanati >>, gli rispose quello, con tono leggermente più deciso.
<< Non ci credo. Forse non ti vado bene? >>, e stavolta rideva sardonico.
<< Sei fatto, non sai quello che dici. Allontanati >>, gli ripeté di nuovo ma quello non lo ascoltava e aveva preso e carezzargli una guancia, con fare lascivo.
<< Sei bello, te l’hanno mai detto? >>, continuò.
<< Non lo ripeterò un’altra volta, allontanati >>.
Aron per tutta risposta grugnì e lo baciò di nuovo.
Era un bacio lento stavolta, non voleva forzarlo, voleva semplicemente averlo, se non il suo corpo, almeno la sua bocca. Voleva assaporare quelle labbra, giocare con la sua lingua, probabilmente voleva solo conoscerlo più a fondo.
In un primo momento, incredibilmente, sembrò quasi che quello ricambiasse, ma improvvisamente, quasi si fosse riscosso da uno stato di trance, lo scostò di colpo e lo spinse via.
<< Non ti avvicinare mai più, mi fai schifo, capito? Schifo! >>, gli urlò contro e, allontanandolo ulteriormente, riuscì a sbattergli la porta in faccia.
Mi fai schifo, capito? Schifo!
Mi fai schifo, capito? Schifo!
Mi fai schifo, capito? Schifo!

<< No, basta >>, sussurrò portandosi le mani alla testa, quelle parole che ancora gli riecheggiavano nella mente.
Si rintanò in camera sua, trovò il letto senza accendere alcuna luce e si stese lì, in posizione fetale.
<< Basta >>, continuò sussurrare, con una sola parola in mente: Schifo.
Che cos’è lo schifo?
Quando una persona arriva a dire che un’altra gli porta ribrezzo, ripugnanza, disgusto.
Quali sono le condizioni che spingono una persona a pronunciare una parola tanto grave?
Cosa gli aveva fatto?
<< Io… ho davvero?... >>, ma non riuscì a terminare la domanda.
Ho davvero cercato di costringerlo a stare con me?
E pianse. Tutte le lacrime che aveva in corpo, le gettò via una ad una.
Forse era la droga ad esser stata tagliata male.


Note finali!

Salve a tutti!
Chi non muore si rivede, eh?
Ok, sul serio, mi dispiace di questo aggiornamento ritardato ma non avevo ispirazione e non volevo farvi leggere qualcosa di orridamente schifoso.
Questo capitolo… a me piace.
Specialmente la parte finale, in cui Aron entra nella camera di Colin. Mentre lo scrivevo, ascoltavo i Kasabian con Goodbye Kiss, ascoltatela anche voi. A me ha dato un retrogusto amaro, quasi di antico, che ha reso la scena perfetta. Immaginavo Aron preso dal fumo, confuso, perso nel mondo di Colin.
Bah, chissà che non abbia fumato qualcosa anch’io, eh?
Per quanto riguarda la frase: Mi costringono a sognare ad occhi aperti e con la luce spenta, qualcuno sa di chi è? 
Alla prossima, fatemi sapere cosa ne pensate, perché in realtà queste poche recensioni mi deprimono un po’, ma ehi, si va avanti, no?
Alla prossima,
Rem.
  
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