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Autore: Mary P_Stark    29/11/2012    6 recensioni
Un incubo. O una premonizione. La giovane Brianna, studentessa modello di Glasgow, si sveglia di soprassalto, nel sangue un obbligo insopprimibile. E, nel modo più impensabile, si scontra con una realtà che non avrebbe mai pensato di scoprire. Né di vivere sulla propria pelle. Per Duncan, fiero licantropo e Alfa del suo branco, avviene la stessa cosa e, dal loro incontro, si scateneranno forze che neppure loro immaginano. Il mito di Fenrir, di ancestrale memoria, tornerà per avvolgere nelle sue spire Brianna, facendole comprendere che neppure lei, contrariamente a quanto pensa, è una comune umana. PRIMA PARTE DELLA TRILOGIA DELLA LUNA.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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XXXI.








 

Non avevo avuto dubbi, fin dall’inizio. Lei sarebbe stata la mia nemesi, finché una di noi due non avesse ceduto.
Mi fissò con una rabbia pari, se non superiore, a quella che avevo letto negli occhi di Sheoban, quando si era resa conto di essere stata sconfitta.
Sospirai, già sapendo che non si sarebbe tirata indietro, e mi feci avanti per chiedere: “Qualcuno ha motivo di non volermi al fianco di Duncan?”
Parlottii, brusii più o meno concitati, occhiate di straforo, dubbi, proteste dette a mezza bocca, assensi, aperto consenso.
C’era tutto questo, e molto altro, nelle menti e sulle bocche dei presenti al Vigrond.
Marjorie, però, fu l’unica a esprimersi direttamente, protestando: “Non sei un licantropo. Per quanto tu possa essere forte come wicca, e su questo non metto voce, non potrai mai capirci realmente, neppure in una vita passata al nostro fianco.”
Scambiai uno sguardo d’intesa con Duncan, prima di replicare: “E’ il tuo unico problema? Il fatto che io non sia una di voi?”
“Non è l’unico. Rivendico il diritto di detenere quel ruolo, perché sono il Mánagarmr femmina di più alto grado nel branco, perciò spetterebbe a me il titolo di Prima Lupa” aggiunse Marjorie, tenendo lo sguardo fisso su di me.
Sarah mi scrutò per un momento, rivolgendosi poi alla mia nemesi con tono stentoreo: “Proponi una sfida, dunque, Marjorie?”
Marjorie rise, di fronte a quella richiesta. “E come potrei accettare io stessa, visto che Brianna non potrebbe usare i suoi poteri di wicca per difendersi? Conosco le regole, Freki, e vincere così mi disgusterebbe. Oltretutto, mi inimicherei Fenrir che, a quanto pare, è piuttosto preso dalla ragazza. No, non propongo una sfida, ma un ritiro della proposta.”
Scossi il capo, ben decisa a non cedere.
Duncan, allora, intervenne con decisione. “Non ritiro nulla. Apprezzo il fatto che tu non voglia batterti contro Brianna per i motivi appena accennati. Rendi onore a te stessa e alla tua famiglia, Marjorie, ma Brianna non avrà problemi ad accettare la tua sfida, poiché è licantropo non meno di te.”
Quel commento fece fiorire un vociare prepotente tra i presenti e io, sorridendo complice a Jerome - che mi strizzò l’occhio - spiegai loro i motivi di quella novità.
“E’ successo pochi giorni fa, quando Jerome giunse a Glasgow per riportarmi in seno al branco. Ci fu una colluttazione, in cui sia io che Jerome fummo feriti dalla stessa lama. Il suo sangue venne in contatto con il mio, mutandomi.”
“E’ troppo giovane per sostenere una sfida, Fenrir!” protestò vibratamente uno dei giovani membri  del Consiglio. “Non è Mánagarmr!”
“Secondo le vostre regole, mi è possibile combattere da almeno un anno a questa parte” replicai serena. “So che Duncan non permette a nessun lupo di sfidare alcun membro del branco, fino alla maggiore età, ma io ho già superato quello scoglio.”
“Non hai ancora sostenuto nessuno scontro, perciò il tuo primo combattimento non può essere per un ruolo così importante all’interno del branco” replicò un altro licantropo, fissandomi a metà tra il preoccupato e l’ansioso.
Gli sorrisi grata, comprendendo quanto quelle parole fossero dettate dall’unico desiderio di difendermi in modo legittimo, ma io replicai: “Ho già sostenuto un combattimento, ma grazie per l'interessamento.”
A quel punto, la sorpresa fu tale che il vocio si spense, e tutti si chiesero confusi contro chi avessi potuto lottare in quel breve lasso di tempo.
Ma, soprattutto, chi si fosse prestato per darmi l’opportunità di accedere a quella disfida.
“Sì è battuta con mia figlia” spiegò Sarah, orgogliosa. “E’ Mánagarmr a sua volta da poche settimane. Hanno lottato al primo sangue proprio ieri notte, e io ne sono testimone, così come Fenrir. Ciò che intende fare la nostra wicca è perciò del tutto regolare.”
L’uomo che era intervenuto in mio soccorso – Anthony, rammentai – annuì rabbonito, e asserì: “Allora auguro a te, wicca, un equo combattimento.”
“Te ne sono grata” ribattei con un sorriso. “Oltre a Marjorie, c’è qualcun altro che vuole mettere in discussione la proposta di Duncan?”
Nessuno parlò e Marjorie, storcendo il naso, commentò sprezzante: “I tuoi poteri li intimoriscono, a quanto pare.”
Scrollai le spalle, serafica. “Ma non intimoriscono te.”
Marjorie si limitò a sorridere, chiosando: “Perché ti ho capita meglio degli altri, e so che non abuseresti mai del tuo dono.”
Annuii con un gesto ossequioso del capo, rendendole merito, e dissi: “Accetto la tua sfida, dunque, e stanne pur certa che, se vincerò io, non avrai di che temere da me.”
Se, hai detto bene” sogghignò Marjorie, assottigliando gli occhi per fissarmi con astio.
Duncan si avvicinò a me, afferrandomi alle braccia e, piegatosi sul mio orecchio, sussurrò: “Ricorda, nessuno sfoggio dei poteri. Solo tu e lei, come semplici licantropi. Vince la prima che dice basta. O la prima a morire.”
Quelle ultime parole mi fecero rabbrividire, ma annuii.
Lui allora mi baciò dietro l’orecchio, fuggevolmente, e aggiunse: “Sai che il mio amore è con te, vero?”
“Lo so” assentii, allontanandomi da lui per portarmi lontano dai licantropi, sul limitare del Vigrond, dove ci saremmo scontrate di lì a qualche minuto.
Marjorie lanciò uno sguardo colmo di desiderio a Duncan che, lentamente, si stava allontanando da me per portarsi accanto agli altri membri del branco.
Mi fissò subito dopo con aria rabbiosa, e dichiarò: “Sai di avere preso per te qualcosa che era mio, vero?”
“Non ho preso nulla. Mi è stato donato tutto” precisai, allungando una mano verso di lei. “Niente mosse proibite, okay?”
Marjorie allontanò la mia mano con la propria, sospingendola via di malagrazia per poi replicare piccata: “Solo gli umani lotterebbero disonorevolmente.”
“Beh, è una fortuna, allora, che nessuna delle due lo sia” la rimbeccai, allontanandomi di un passo per spogliarmi.
Marjorie sogghignò, facendo lo stesso e dimostrando molta più disinvoltura di me, nel farlo.
Beh, dopotutto, lei era davvero ben più abituata di me!
Mi confortò, in ogni modo, notare come nessuno dei licantropi ci stesse guardando con interesse sessuale. Tutti erano unicamente concentrati su quanto stava per accadere.
Mi piegai su un ginocchio, scrutando Marjorie mentre eseguiva con grazia gli stessi movimenti e, sorridendole sardonica, celiai: “Ti ho preparato una sorpresina che, forse, apprezzerai.”
“Non vedo l’ora di vederla” ribatté, ghignante.
Sorrisi con maggiore enfasi e, trionfante, esclamai: “Ammira chi sono diventata!”
Lo so. Fu vanagloria allo stato puro, ma dovevo pure distrarla in qualche modo, almeno per i primi dieci secondi!
Il pelo chiaro del mio manto cominciò a fluire attraverso i pori della pelle, ricoprendo il mio corpo mutevole mentre un caldo liquido ambrato si liberò dalle carni, favorendo il cambiamento da donna a lupa.
Sentii le mie ossa spezzarsi per poi assumere nuova forma, i miei muscoli tendersi e delinearsi attorno allo scheletro quasi pronto, mentre il mio muso assumeva una forma allungata.
Gli occhi, puntati sulla mia nemica, acquisirono una prospettiva più schiacciata, ma infinitamente più dettagliata.
Un licantropo in fase umana, ci vedeva bene. In fase animale, di più.
Mi scrollai, avvertendo il dimenarsi della folta coda scura e lunga, mentre mormorii di sorpresa e di sgomento si levavano tra i presenti.
Marjorie mi fissò con una rabbia che, ben poche volte, avevo scorto nello sguardo di qualcuno.
Ero più grande di tutti gli altri lupi, imponente esattamente come Duncan. Nessuno di noi sapeva il perché, ma tant’era.
Forse, il mio potere superiore mi permetteva di correre alla pari con i Gerarchi, ma non potevo esserne certa. Questo particolare, però, non fu cosa gradita per lei.
Per niente.
Mi attaccò non appena i suoi artigli affondarono nel terreno, a mutamento ultimato.
Piegandomi un poco sulle zampe posteriori per assorbire l’aggressione, avvertii dentro di me una scarica tremenda di energia, non appena i nostri corpi cozzarono l’uno contro l’altro, al pari delle prue di due navi.
Vi fu un rimbombo nel Vigrond, e subito Marjorie si rimise in piedi e mi affrontò, snudando le zanne e puntando al mio collo, desiderosa di mettere la parola fine a quel combattimento appena iniziato.
La schivai di un nulla, niente più di una bava di tela di ragno e, con una zampa, cercai di toglierle appoggio sull’anteriore. Invano.
Balzò indietro, ringhiando e raspando a terra mentre io, scrutando lesta attorno a me, cercai di comprendere gli stati d’animo delle persone che mi circondavano.
Sentivo i loro pensieri, vorticosi dubbi misti a cori speranzosi, e percepivo le loro auree, in un misto di poteri che mi diedero l’ebbrezza, per un momento.
Erano dentro di me, come fuori, fasci palpitanti di energia che sfrigolavano attorno al campo di battaglia, come a formare una rete di protezione, tale da inglobare la forza mia e di Marjorie, così da impedire che essa debordasse oltre i confini del Vigrond.
Quando ci scontrammo nuovamente, in aria, capii che era proprio così.
Non come l’innocuo scontro tra me ed Erika, servito solo a dare il via al mio stato di Mánagarmr a tutti gli effetti, ma una vera, sanguinosa battaglia in cui le nostre auree si scontravano ogni volta che i nostri corpi erano troppo vicini.
Da lì, i rombi che avevo udito – prodotti dallo scontro delle due auree – e che i membri del branco tenevano a bada con i loro poteri.
Se il riverbero delle nostre auree fosse rimbalzato fuori dal Vigrond, con tutta probabilità avremmo abbattuto mezza foresta.
Uggiolai, quando gli artigli di Marjorie affondarono nella carne della spalla destra, ferendomi.
Preoccupata, notai lo sguardo affranto di Duncan, le sue mani strette a pugno e i suoi muscoli tesi allo spasimo.
Non volevo che soffrisse per me, ma Marjorie era dannatamente brava a combattere, e non era facile tenere a bada i suoi affondi.
“Pensi troppo a lui, e poco a me, Brianna! Guardami e combatti, invece di limitarti a difenderti, oppure ti ucciderò al prossimo assalto!” gridò nella mia testa, Marjorie.
Aveva ragione. Mi stavo limitando a difendermi, con il terrore che qualsiasi mia mossa potesse mettere in ansia Duncan, ma stavo sbagliando.
Lui era forte abbastanza per sopportare tutto questo, o non si sarebbe mai preso la libertà di chiedermi di partecipare a quest’ordalia.
Si fidava di me e della mia forza, perciò io dovevo fidarmi della sua, e lasciare che mi vedesse combattere davvero e, eventualmente, mi vedesse a terra ferita. O morta.
Ringhiai, rialzandomi dopo l’ennesimo capitombolo che mi fece fare Marjorie e, slanciandomi verso di lei a zanne snudate, le afferrai malamente una zampa posteriore, prima di sentirmela scivolare da sotto i denti aguzzi.
Non uggiolò, ma notai il suo sguardo adirato fisso su di me; le avevo procurato una ferita. Non esaltante, ma pur sempre una ferita.
Lance annuì lieto e Jerome si esibì in un grido di giubilo ben poco sportivo mentre Duncan, sorridendo orgoglioso, mi disse: “Pensa solo a combattere, e non a me. Posso sopportare di vederti lottare, perché so che lo hai deciso di tua spontanea volontà. Perciò stupiscimi, Figlia della Luna.”
Annuii col muso e mi lanciai a testa bassa contro Marjorie che, colta di sorpresa da quella mia tecnica del tutto inusitata, per un lupo, venne colpita in pieno petto dalla mia testata, finendo rovinosamente a terra.
Sfuggì un risolino a parecchi di loro, a causa della mia carica non proprio ortodossa - e più adatta ad una partita di rugby.
La mia mossa sgraziata, però, mi permise di azzannarla a una zampa anteriore e, con tutta la forza che riuscii a trovare, affondai i denti nella sua carne, facendo sgorgare il suo sangue.
Questo mi inondò la cavità orale, dilaniando il mio autocontrollo e spingendomi ad aumentare la pressione sulla sua zampa che, in uno scricchiolio di ossa e muscolo e pelo, cedette, spezzandosi.
A quel punto, Marjorie ululò per il dolore, cercando di mordermi a sua volta, pur trovandosi distesa a terra, e perciò in netto svantaggio rispetto a me, che la sovrastavo.
La luna si incuneò tra le rade nubi alte in cielo, lasciando scivolare la sua luce tra le fronde spesse della foresta.
Quel chiarore d'argento illuminò il sangue scarlatto di Marjorie, che stava scivolando dalla ferita aperta che le avevo procurato.
Mollai a stento la presa, faticando a dominare la parte più animalesca della mia mente che, a gran voce, chiedeva il suo sangue sparso sul terreno del Vigrond.
Indietreggiando di un paio di passi, esclamai al suo indirizzo: “Stavolta ti è andata bene, ma non so cosa potrà succedere, se continuiamo. Arrenditi!”
“Tu sei folle!” mi gridò contro, lasciando che ogni particella di umanità scomparisse dai suoi occhi.
Senza più alcun controllo, si alzò a stento da terra e, reggendosi a fatica sulle tre zampe buone, mentre la quarta sanguinava copiosamente, balzò contro di me per azzannarmi alla gola.
La colpii come un ariete, usando tutta la mia forza fisica per mandarla a terra.
Aprii poi la bocca, facendo scintillare i denti affilati e infine strinsi le mie zanne attorno al suo collo, affondando finché non sentii la carne sotto di me.
Lì mi fermai, ansimante per lo sforzo di mantenere bloccati i miei istinti primari – la caccia, il sangue, la carne calda nella bocca – e urlai con foga: “Arrenditi! Pensa a Sean!”
Gli occhi di Marjorie si dilatarono, sconvolti, e la sua testa ricadde sul terreno, il corpo divenuto flaccido e inerme. Ritirando le fauci per allontanarmi da lei, le chiesi: “Ti arrendi?”
“Ti prenderai cura di lui, se dovesse succedermi qualcosa?”
“Sì, è ovvio, ma…” cominciai col dire, confusa dalla sua richiesta, prima di vederla riprendere vigore in un battito di ciglia e aggredirmi proditoriamente.
Mi atterrò, sollevando un coro di ‘ah’ tra la folla di licantropi presenti mentre io, divincolandomi sotto la sua stretta ferale, cercavo di liberarmi dai suoi denti, piantati nella carne del mio collo.
“Non devi mai abbassare la guardia! Mai!” mi gridò nella mente, affondando ancora di più i denti.
Sentii un dolore immane riverberare nel mio corpo, attraverso la miriade di terminazioni nervose che si estendevano in ogni parte del mio essere e, con tutta la forza che fui in grado di trovare dentro di me, gridai: “Duncan!”
Lui rabbrividì, percependo il mio grido, i suoi occhi a incrociare i miei, terrorizzati.
Quando li incontrai, lessi in loro tutta la fiducia che ancora serbava in me, e ne fui lieta.
Non era triste, o addolorato. Ma fiero. Non lo stavo facendo soffrire. Era orgoglioso di me.
Strinsi i denti, gonfiando i muscoli del collo così come ogni altra parte del mio corpo steso a terra e, con un poderoso colpo di reni, mi risollevai, facendo caracollare Marjorie quel tanto che bastò per liberarmi dalla sua presa micidiale.
Questo atto di pura forza mi permise di replicare al suo attacco.
Azzannai con così tanta ferocia da farla guaire.
Senza alcuna pietà, la spinsi verso terra per averla sotto di me in posizione di sottomissione, e le urlai nella mente: “Non rinuncerò mai a lui! Non lo avrai mai! Cedi! Non voglio ucciderti! Ma non te lo lascerò mai e poi mai!”
Lei mi ringhiò contro, pur provando un dolore sordo e pungente dove i miei denti affondavano nella carne.
Sentito tutto ciò che provava, e questo contribuiva a rendermi sia più furiosa che più triste.
Ritentando, aggiunsi: “Dici di amarlo, ma non ti rendi conto di volere qualcosa che non avrai mai?! Lui mi ama, come io amo lui. Non potrai mai fargli cambiare idea, neppure in mille anni!”
Marjorie volse il muso a fatica, mentre io continuavo a stringere furiosamente
Duncan, allora, la fissò con occhi inespressivi, accettò quel confronto silenzioso e mormorò nella sua mente: “Cosa speri di ottenere, Marja, con questa ordalia? Se anche vincessi, e non mi pare sia questo il caso, pensi ti amerei? Pensi che la tua ennesima dimostrazione di forza bruta possa farmi cambiare idea?”
“Non mi chiamavi Marja da quando avevamo dodici anni.”
Le sorrise appena, dimostrando un’antica amicizia che si era annullata nel corso degli anni, quando entrambi erano diventati adulti.
Dolcemente, le disse: “Ti volevo bene ma, da quando sono diventato Fenrir, tu sei cambiata. Ti sono sempre interessati di più il potere e l’orgoglio, rispetto a qualsiasi altra cosa… me compreso.”
Quelle parole mi sorpresero, come sorpresero Marjorie. Duncan l’aveva amata, in gioventù? Era questo che voleva dire?
“Lasciami andare, Brianna. Hai vinto. L’ordalia è terminata” sussurrò all’improvviso Marjorie, la voce pacificata dall’odio e colma soltanto di un profondo senso di sconfitta e prostrazione.
Ma che era successo?
Mollai la presa, leccandomi le zanne e assaporando con un po’ troppa soddisfazione il suo sangue – benedetta gioventù lupesca! Mi sembrava di essere un vampiro, non un licantropo.
Guardandola dubbiosa mentre si rimetteva dolorosamente sulle quattro zampe, le chiesi: “Come mai questo voltafaccia improvviso?”
“Hai ragione” ammise, sgomentandomi al punto da farmi uggiolare sorpresa. “Come ha ragione Duncan. Ho puntato sulle cose sbagliate, e ho perso l’amore di chi volevo al mio fianco prima ancora di rendermene conto. Ora lui ama te, glielo si legge negli occhi. E adesso posso riconoscere quello sguardo perché anch’io lo vidi, anni fa, ma non seppi riconoscerlo.”
Una lieve fitta di gelosia mi colpì il cuore, pensando a un giovanissimo Duncan innamorato della bella Marjorie.
Lei si limitò a ridere divertita, esalando: Tu, gelosa di me, Brianna? Mi sembra che, alla fine, la meglio l’abbia avuta tu, o sbaglio? Tu hai saputo risvegliare in lui l’amore, mentre io l’ho ucciso. Perciò, merito di perdere l’ordalia, poiché i motivi della sfida si basavano appunto su questo, e su null’altro. Accetterò qualsiasi tua punizione, Prima Lupa.”
La fissai seria per diversi minuti, mentre il branco in attesa ci scrutava dubbioso, desideroso come Duncan di conoscere la mia scelta.
Mi aveva riconosciuta come Prima Lupa, accettando la sconfitta con onore, perciò non meritava di essere bollata come traditrice, o peggio.
E io non me la sentivo di infierire su chi si era battuto onestamente contro di me.
Non avrei mai amato Marjorie, e nessuno avrebbe potuto farmene una colpa, soprattutto dopo aver scoperto quanto aveva fatto a Duncan in tenera età, ma neppure me la sarei presa con lei per come si era comportata.
Aveva sfruttato il diritto di battersi con me e aveva perso, riconoscendo i propri errori. Era sufficiente.
Chiusi gli occhi, e lentamente tornai umana.
La mia nudità non mi diede alcun fastidio, quando mi ritrovai a fissare Marjorie con i miei occhi di donna, mentre lei mi fissava con altrettanta serietà.
Non che i membri del branco avessero molto da guardare, in quel momento.
Eravamo entrambe coperte di lividi bluastri e ferite più o meno profonde, che lasciavano scie di sangue scarlatto sulla nostra pelle sporca di fogliame e terriccio.
Eravamo tutto tranne che belle, o interessanti.
Mi avvicinai a lei di un passo, e decretai: “Non ho motivi di punirti, visto che ti sei limitata a usare un diritto acquisito all’interno del branco. Hai accettato di aver commesso un errore, e tanto mi basta. Ma non potrai restare in seno al clan di Matlock, poiché non posso fidarmi ciecamente di te, e dobbiamo cominciare fin d’ora ad avere intorno a noi persone di cui non doverci preoccupare a ogni minuto che passa” nel dirlo, lanciai un’occhiata veloce a Duncan, che annuì.
Jerome e Lance annuirono a loro volta, e tanto mi bastò. Avevo il loro supporto. Quello del branco, sarebbe venuto a tempo debito.
“Ti bandisco dal clan di Matlock e, se per te va bene, chiederemo a Bright di Aberdeen di prenderti in seno al suo clan, assieme a tuo fratello. Avrai un salvacondotto e una lettera di referenze, ovviamente, e il tuo grado sociale non verrà annullato. Sarai alfa anche là.”
La cosa la stupì non poco.
Non ero obbligata a chiedere a Bright un simile favore, ma mi sembrava il minimo, visto che avrei costretto Sean ad allontanarsi da casa per un disguido di cui lui non era colpevole.
Marjorie me lo lesse nella mente e sogghignò, chiosando: “Mi sembrava strano che lo facessi per me.”
Scrollando le spalle, ammisi: “Tuo fratello mi piace e, se tu entrerai nel nuovo branco come alfa, avrà meno problemi anche lui. Non dovrà essere costretto a vederti combattere ogni santo giorno, per  scalare la vetta del potere all’interno del clan di Aberdeen. Naturalmente, ci saranno delle lupe che storceranno il naso, ma sono sicura che farai loro abbassare la cresta. O sbaglio?”
Lei sorrise, chiudendo gli occhi un momento e, reclinando ossequiosa il capo, mormorò: “Accetto con onore la tua decisione, Prima Lupa. Sei stata generosa e onesta, e nessuno potrà contestare questo.”
Come prevedeva il rito dell’Ordalia, poggiai una mano sul capo chino di Marjorie e dichiarai: “Possa il vento condurti in una nuova foresta brulicante di vita, Figlia della Luna, e che il tuo passo possa essere lesto. Io qui chiudo la disfida, e che nessuno abbia a ridire su ciò che è stato deciso.”
Marjorie annuì, replicando: “Il vento gioisca per la tua ascesa, Prima Lupa, e la luna brilli al tuo passaggio. Sei Prima Lupa di fronte a tutti, e che nessuno abbia a ridire su ciò che è stato deciso.”
Uno dopo l’altro, i membri del branco si inginocchiarono intorno a noi, Duncan compreso e, in un coro sommesso di voci, sentii loro dire: “Sei Prima Lupa. Sei Alfa. Sei la nostra Signora.”
Sospirai stremata. Non ce la facevo più. Era tutto finito, finalmente, ma io non potei gioire di questo.
Chiudendo lentamente le palpebre, la mano scivolò via dai capelli di Marjorie mentre le mie ginocchia cedevano sotto il peso della stanchezza.
Sgranando gli occhi nel vedermi crollare a terra, fu lesta a prendermi prima che potessi cadere rovinosamente, accompagnandomi sul letto di foglie del sottobosco mentre un coro di 'oh' si levava tra il branco.
Duncan fu subito da me, mentre Marjorie mi scostava una ciocca di capelli, madida di sudore.
Scrutando il viso ansioso di Fenrir, Marjorie lo rassicurò immediatamente sulle mie condizioni. “E’ solo stanca, Fenrir. Si riprenderà dopo un buon riposo. Che mi prenderò anch’io, se posso. Combattere contro di lei mi ha stremata.”
Duncan si sfilò la camicia per farmela indossare – durante la lotta, i nostri vestiti erano stati calpestati così tante volte da essersi ridotti a brandelli – e, annuendo a Marjorie, asserì: “Sì, riposa Marjorie. La decisione di Brianna richiederà qualche settimana per essere messa a punto, perciò hai tutto il tempo che ti necessita.”
“Grazie… Fenrir” annuì, reclinando ossequiosa il capo.
“Duncan?” sussurrai, allo stremo.
Lui mi sollevò da terra, sorridendomi, e mormorò: “Ti riporto a casa, mia compagna. Ora, nessuno oserà più sfidarti. D’ora in poi, potrò difenderti da ogni male.”
“Voglio solo una doccia calda e il mio letto” brontolai.
Una risatina collettiva sciolse le ansie del branco e Duncan, rivolgendosi a loro, esclamò: “La riunione è terminata. La Prima Lupa ha bisogno di riposo, ora. Tornate alle vostre case, e che la luna sia vostra protettrice.”
Con inchini e benedizioni, il branco si allontanò mentre Sarah, Branson e gli alfa preposti al controllo dei condannati, riportavano alle loro case gli Anziani del Consiglio ormai deposti.
Ci sarebbero state altre decisioni da prendere, poteri da usare, un Consiglio da smantellare, ma non quel giorno.
Ora, dovevo solo riposare. Ora che ero Prima Lupa, tutto sarebbe andato bene.

***

Riaprii gli occhi quando sentii dei passi concitati intorno a me, oltre al singulto strozzato di Mary B.
Sbattendo le palpebre un paio di volte, fissai il viso rilassato di Duncan, biascicando: “Siamo già a casa?”
“Sì. Ti sei addormentata appena usciti dal Vigrond, così ti ho lasciata riposare” mi spiegò Duncan prima di sorridere a Mary B, che mi stava sfiorando la testa con una mano. “Stia tranquilla. Sta bene. E’ solo un po’ acciaccata.”
“Ma è… è ricoperta di lividi e sangue” tentennò Mary B, dubbiosa.
Gordon, che saltellava al suo fianco senza sapere bene cosa dire - gli occhi percorsi dal dubbio e dalla paura - riuscì a brontolare un ‘cavoli che roba!’, prima di sogghignare e chiedermi: “I tuoi vestiti li hai venduti, sorella?”
“Sbriciolati” sussurrai. “Puoi portarmi di sopra, Duncan? Voglio farmi un bagno, prima di lasciarmi sistemare da Lance. Credo che una costola si stia saldando male.”
A quella menzione, Gordon sbuffò disgustato e io, ghignando, borbottai: “Vorrei vedere te, se avessi le ossa che ti si sistemano nel giro di poche ore.”
“Non c’è nulla che possa fare?” si offrì Mary B, sempre più in ansia.
Lance entrò in quel momento dalla porta e, sorridendole, le disse: “Se vuole darmi una mano, Mary, ne sarei lieto. Di certo, Brie si divertirà ben poco quando le sistemerò quella costola e, credo, anche la caviglia. Ha una piega davvero strana, sai, principessa? Sembri passata sotto un TIR.”
Nel vederlo ridacchiare in maniera assurdamente orgogliosa, esalai: “Stai godendo come poche altre volte, eh?”
“Sì” ammise candidamente, dando un colpo sulla spalla di Duncan per poi dirgli: “Vieni anche tu, Duncan. Avrò bisogno anche del tuo aiuto, per tenerla ferma.”
“E io? Non posso fare nulla?” si offrì Gordon.
“Prepara del caffè per tutti. Ne avremo bisogno” lo pregò Lance, sfiorandogli un braccio con la mano, per consolarlo. “Specialmente tua sorella. Oggi ha lottato come una tigre, e merita una razione doppia di caffeina.”
Gordon sorrise e ammise: “Non stento a crederlo. E’ sempre stata isterica come una gatta.”
Jasmine, che era trotterellata in casa dopo di noi, soffiò all’indirizzo di Gordon quando gli sentì dire quelle parole e il ragazzo, ridacchiando, la prese in braccio per rabbonirla. “Non intendevo te, Jasmine. Solo mia sorella.”
Tutti risero, tranne la sottoscritta – provate a ridere con una costola rotta, e poi mi saprete dire – e Duncan, con le lacrime agli occhi per l’ilarità, decretò: “Su, andiamo di sopra, prima che la nostra Brie estragga di nuovo gli artigli.”
“Non sia mai!” esalò Lance, ridendo ancora.
Mary si lasciò andare a un sorrisino più tranquillo e, insieme, ci dirigemmo al piano superiore per permettere ai miei dottori di darmi una rattoppata.
Ero Prima Lupa. Il mio regno al fianco di Duncan era iniziato con un’espulsione e il crollo del Consiglio.
Non sapevo se questa fosse una cosa buona o meno ma, di certo, io e Duncan non ci saremmo fatti scoraggiare da quel cambiamento improvviso delle gerarchie di potere.
Potevamo guidare il branco, e l’avremmo fatto. Insieme.





______________
N.d.A.: Mi scuso ancora per il tremendo ritardo, ma purtroppo la vacanza del mio PC è perdurata più del pensabile. Manca solo un tassello alla fine di questa prima avventura, per i nostri eroi. Tra qualche mese, posterò il seguito.
Nel frattempo, per chi di voi avesse letto "Occhi di Lupo" e "L'eredità del Lupo", non appena terminerò questo racconto, posterò il terzo e ultimo capitolo di quest'altra saga, e si intitolerà "Artiglio di Lupo".

  
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