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Autore: Astrea_    02/12/2012    6 recensioni
“Tu e tuo fratello dovete avere sicuramente un magnifico rapporto se una sua sola telefonata è capace di renderti così tranquilla!”, commentò poi Allie, facendosi più vicina.
Le sorrisi, annuendo con fare convinto.
“Lo adoro.”, confessai con un filo di voce, poi con la mano le feci segno di sedersi accanto a me.
Così, senza neppure sapere esattamente come o perché, io ed Allie iniziammo a parlare delle nostre vite.
-Tratto dal primo capitolo-
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Take me home

Never felt like this before.

Attesi ancora qualche secondo, mentre sentivo il rumore del motore affievolirsi fino a spegnersi del tutto. 
"Ho già fatto sistemare le valigie nella tua stanza. Per qualsiasi evenienza sappi che puoi comunque fare affidamento su tuo fratello.", annunciò mio padre con fare austero, ma dal suo tono di voce potei ben intuire che stesse cercando di mascherare un senso di irrequietezza e preoccupazione.
Era strano per me vederlo così semplicemente umano.
Annuii con fare convinto, poi l'autista spalancò la portiera alla mia destra.
"Prego.", disse soltanto per invitarci educatamente a scendere dall'abitacolo.
Senza indugiare oltre, uscii dal veicolo e per qualche istante mi persi ad osservare il paesaggio che mi circondava.
Eravamo a Londra, ma non c'era alcuna traccia del caos o del traffico cittadino, persino i bus rossi sembravano un lontano ricordo.
Davanti ai miei occhi si estendeva una piccola e lieve collina, il cui prato verde spiccava in contrasto con il cielo plumbeo e nuvoloso che non lasciava trapelare alcun raggio di sole.
Oltre il cancello si apriva una piccola stradina che conduceva ad un'enorme struttura la cui architettura ricordava vagamente quei grandi palazzi antichi realizzati su rigore classico.
Ai suoi lati si ergeva una lunga serie di edifici. Riconobbi subito la biblioteca che avevo visto in fotografia su decine e decine di brochures illustranti le diverse opportunità offerte da quel college.
"Dal vivo è ancora più bello che in foto!", mi lasciai scappare in un sussurro senza rendermene neppure conto, mentre sulle mie labbra si disegnava uno spontaneo e genuino sorriso.
Certo, l'idea della lontananza mi spaventava non poco, ma allo stesso tempo ero terribilmente elettrizzata al pensiero della nuova avventura che di lì a qualche minuto avrei intrapreso.
Per la prima volta potevo contare solo ed esclusivamente sulle mie forze e sulle mie capacità, ma ciò non mi terrorizzava affatto, non più almeno.
"Credo sia ora di andare.", affermai con tono più sicuro qualche istante dopo, voltandomi in direzione dei miei genitori che nel frattempo mi avevano affiancata.
Mio padre annuì con fare sommesso accennando ad un lieve sorriso, mia madre si limitò a lanciarmi un fugace sguardo pieno d'amore, prima di abbassare lievemente il capo come affranta.
"Ricorda di telefonarci almeno una volta al giorno.", mi rammentò stringendo le sue mani fra le mie, probabilmente voleva assaporare quegli ultimi istanti insieme.
Annuii energicamente con fare convinto, quasi come se con tale gesto potessi trasmetterle maggiore fermezza.
"Lo farò.", la rassicurai abbracciandola.
Lei posò un lieve bacio sulla mia guancia sinistra, mentre con le braccia mi stringeva al petto. 
Ci salutammo con calma, senza fretta alcuna, poi quando ritenemmo opportuno separarci fu il turno di mio padre. 
Mi avvicinò a se, mi sorrise, poi fece aderire la mia testa al suo petto. Poggiò una mano sul mio capo, sfiorando i miei capelli.
Odiavo quel gesto tremendamente infantile, ma in quel momento non riuscii a lamentarmi. Rimasi in silenzio, beandomi di quei pochi attimi in cui tutto, persino i miei perfettamente perfetti genitori, sembrava più vulnerabile e fragile.
"Ci vediamo per le vacanze di Natale.", affermò poi allontanandosi di qualche passo.
"Cominciate da adesso a cucinare dolci, perché prevedo di tornare particolarmente affamata!", scherzai sentendo un improvviso bisogno di sdrammatizzare le circostanze.
Mi sarebbero mancati, di ciò ne ero più che consapevole, ma quello non era di certo il momento adatto ai sentimentalismi.
Loro mi sorrisero, quasi forzatamente, ma feci finta di non accorgermi delle loro tristi e titubanti espressioni.
"Allora ciao!", li salutai infine, alzando l'angolo destro delle labbra.
"Abbi cura di te, Lizzie!", mormorò mia madre mentre si avvolgeva tra le sue esili braccia.
"Fatti valere, spacca tutto!", mi incoraggiò mio padre facendomi l'occhiolino.
Li osservai ancora una volta, poi mi decisi a voltarmi, incamminandomi finalmente per il sentiero che mi avrebbe condotta alla struttura principale.
Non sapevo affatto cosa avrei dovuto fare o come mi sarei dovuta muovere all'interno del college, ma ero certa che avrei presto imparato.
Seguii il mio istinto, nonostante ciò mi pareva piuttosto avventato. Non ero solita agire al di fuori degli schemi che avevo precedentemente stabilito, ma non mi risultò difficile lasciarmi semplicemente guidare per una volta.
Oltrepassai la grande arcata a tutto sesto che sormontava l'entrata dell'edificio, ritrovandomi in una sorta di atrio le cui dimensioni erano davvero smisurate. 
Giunsi davanti a quelli che riconobbi essere gli uffici della segreteria, poi bussai sulla prima porta a destra sulla quale c'era affisso un cartello di metallo che ne indicava la funzionalità. 
Non ricevetti alcuna risposta, così mi convinsi ad entrare, spingendo timidamente la maniglia.
"Permesso.", la mia non era una domanda, ma solo un modo per palesare la mia presenza alla donna seduta dietro la scrivania di quel piccolo ma grazioso ufficio.
Lei alzò la testa da quella pila di fogli che teneva tra le mani, puntando il suo sguardo inquisitorio su di me, ancora ferma sullo stipite della porta. Per qualche istante mi sentii veramente a disagio, tanto che mi risultò difficile non abbassare la testa.
"Entri pure!", disse la donna con tono garbato, invitandomi con un cenno della mano ad accomodarmi su una delle due sedie poste esattamente di fronte a lei.
Accennai ad un lieve sorriso, mentre con passo svelto ma ancora indeciso, seguii il suo suggerimento.
"Il suo nome è...?", continuò lei dopo qualche secondo di silenzio. 
Solo allora mi resi conto di non aver ancora proferito parola, di non essermi ancora presentata. Mandai giù un groppo di saliva, spaventata ma allo stesso tempo consapevole del mio atteggiamento insicuro che di certo non aveva dato una buona immagine della sottoscritta. 
Cercai di riacquistare la fermezza con la quale ero solita affrontare ogni tipo di situazione.
"Sono Elisabeth Virginia
Tomlinson.", annunciai con una ritrovata sicurezza.
"Sono appena arrivata, dunque le sarei grata se potesse darmi delle informazioni riguardo al mio alloggio e alle lezioni.", continuai poco dopo con voce risoluta e decisa.
"È un piacere fare la sua conoscenza, signorina
Tomlinson ", disse in maniera cordiale, porgendomi una mano che non esitai a stringere.
"Io sono la segretaria dell'ufficio didattico, ma può tranquillamente rivolgersi a me per ogni eventualità.", aggiunse subito dopo, continuando a sorridermi.
"Le chiedo solo la cortesia di attendere qualche secondo, il tempo di prendere la sua cartella dal fascicolo delle matricole ed avrà tutte le informazioni di cui necessita.", affermò poi mentre si alzava per avvicinarsi ad una serie di scaffali ricolmi di documenti.
Cercò per qualche minuto il mio nome tra le varie cartelle, poi ne estrasse una e me la porse. 
"Al suo interno può trovare gli orari dei corsi e i luoghi dove si terranno le varie lezioni, oltre che il nome dei singoli professori ed una accurata e precisa cartina del campus. La sua stanza è segnata sul modulo d'accoglienza che troverà in seconda pagina, subito dopo il benvenuto ufficiale da parte del rettore. Le chiavi delle stanze sono rilasciate dall'apposito personale dell'ufficio logistico che si trova al primo piano del plesso alloggi. Per qualsiasi domanda sono a sua disposizione.", concluse poi, tornando a sedersi dietro quel tavolo di legno intarsiato. 
Sorrisi appena, cercando di riassumere tutto quel fiume di notizie che mi avevano letteralmente travolta.
"Grazie, è stata molto chiara.", ammisi qualche istante dopo. 
"Bene, allora spero si trovi bene qui!", disse a mo'di saluto mentre io mi alzavo, tenendo la cartellina ben salda tra le mani.
"Lo spero anche io.", dichiarai quasi sovrappensiero.

Una manciata di minuti dopo, mi ritrovai nuovamente a vagare per i verdi prati del campus.
Avevo riposto il fascicolo nell’enorme borsa che tenevo poggiata sulla spalla destra, mentre con la mano sinistra reggevo la cartina che mi era stata appena consegnata, piegata in modo che si potesse vedere solo l’area che mi interessava.
Mi piaceva quella strana atmosfera che aleggiava intorno a me.
Dei ragazzi scherzavano seduti sotto una vecchia e grande quercia, altri invece fissavano completamente rapiti dai loro pensieri la bacheca degli avvisi.
Un gruppetto di ragazze parlottava, inserendo di tanto in tanto nel loro vociare delle risate acute e talvolta sguaiate.
Sembrava quasi di trovarmi in una di quelle scene che introducono un film d’amore ambientato in un college americano.
Sorrisi per l’assurdità e la banalità di quel pensiero, poi scossi il capo, ritrovando la concentrazione di cui necessitavo per evitare di perdermi.
Abbassai la testa un’altra volta sul foglio di carta che ancora stringevo tra le mani e controllai che stessi percorrendo la giusta direzione.
In realtà non fu difficile raggiungere il plesso adibito all’alloggio degli studenti.
Feci come la segretaria mi aveva detto pochi minuti prima, dunque a passo spedito andai verso l’ufficio logistico, dove un signore sulla cinquantina mi consegnò le chiavi del mio appartamento.
Certo, prima volle controllare documenti e modulo d’accoglienza, ma poi si dimostrò talmente gentile da indicarmi minuziosamente il percorso che mi avrebbe condotta alla stanza numero duecentosei, la mia.
Quando finalmente spalancai la porta, rimasi completamente sorpresa dalla vista che si parò davanti ai miei occhi.
Non era esattamente ciò che mi aspettavo.
Sulla parete di destra era collocata una scrivania, sulla quale erano poggiati tre pile di libri ed un portatile. Al suo fianco, pochi metri più in là, c’era un letto sormontato da una serie di valigie aperte dalle quali fuoriusciva un numero indefinito di vestiti.
L’altra ala della stanza, invece, sembrava essere ancora intatta. Ai piedi del letto riconobbi immediatamente il mio set di valigie, quello che mi era stato recapitato qualche ora prima del mio arrivo.
Sulla scrivania vidi poggiata la custodia del mio portatile, accanto alla quale spiccava la mia borsa azzurra, nella quale ero solita sistemare i libri.
Accanto alla porta, invece, era sistemato un unico armadio, di dimensioni piuttosto modeste.
L’unica fonte di illuminazione proveniva da una finestra che si apriva sulla parete davanti ai miei occhi.
Con lo sguardo ripercorsi velocemente tutto il perimetro della stanza, notando solo allora la presenza di un’altra porta, che dedussi essere quella del bagno.
Certo, ero perfettamente consapevole del fatto che avessi espressamente chiesto a mio padre di far in modo che ricevessi lo stesso ed identico trattamento di un qualsiasi studente, ma di sicuro non era questo ciò che mi prefiguravo.
“Ciao!”, mi salutò all’improvviso una voce femminile alle mie spalle, facendomi sobbalzare.
Mi voltai di scatto, incontrando subito l’ampio e caldo sorriso di una ragazza che si trovava a pochi metri da me.
Aveva dei capelli ricci e biondi che le ricadevano sulle spalle e facevano da contorno ad un grazioso viso a cuoricino dal quale spiccavano degli occhi di un azzurro particolarmente acceso e chiaro allo stesso tempo, mentre dalle labbra rosse aperte
in un sorriso s’intravedevano due file di denti bianchissimi.

“Ciao.”, ricambiai distogliendo lo sguardo dalle forme del suo viso, porgendole la mano.
Lei la afferrò, poi si avvicinò a me fino a lasciarmi due leggeri baci sulle guance, cogliendomi del tutto alla sprovvista per quel gesto.
“Io sono Elizabeth Virginia Tomlinson.”, mi presentai immediatamente, piegando lievemente le labbra all’insù.
Lei sgranò gli occhi, forse leggermente sorpresa a causa del tono formale che la mia voce aveva assunto.
“Allison Carley Matthews, ma puoi chiamarmi semplicemente Allie!”, esclamò con fare gioioso, prima di lasciar andare la mia mano.
Sorrisi e provai a rilassarmi.
“Ho iniziato a sistemare le mie cose. Non ti dispiace, vero?”, aggiunse mentre raggiungeva la sua parte di stanza, per poi lasciarsi cadere sulla sedia posta a qualche centimetro dalla scrivania.
“Assolutamente no.”, risposi, chiudendo la porta alle mie spalle.
Non ero sicura riguardo alla procedura che si adottava per socializzare, quindi quella situazione mi metteva piuttosto a disagio.
Camminai fino a raggiungere il mio letto, poi mi sedetti su di esso, continuando a fissare la ragazza bionda, sperando mi ponesse qualche domanda.
Quel silenzio mi imbarazzava molto più del dovuto.
“Allora, Lizzie, sei di Londra?”, mi chiese dopo qualche interminabile istante.
Non potei non notare il nomignolo che aveva utilizzato ed un sorriso spontaneo prese vita sulle mie labbra.
Certo, non conoscevo affatto quella ragazza, ma i suoi modi familiari e travolgenti mi piacquero sin dal primo momento.
“Mi sono appena trasferita da Doncaster. Tu, invece, sei della zona?”, continuai dopo averle risposto, nel tentativo di intavolare una conversazione duratura.
“Sì, sono nata e cresciuta a Londra, ma dall’altro lato della città, così ho preferito trasferirmi nel campus piuttosto che spostarmi di continuo!”, dichiarò con aria raggiante.
Non ebbi neppure il tempo di pensare ad un’altra domanda che sentii la suoneria del mio cellulare.
Mi alzai di scatto ed afferrai la borsa, per poi frugare con fare frettoloso in essa.
Solo dopo qualche secondo riuscii finalmente a trovare quel dannato aggeggio e, senza neppure controllare chi mi stesse cercando, risposi a quella chiamata.
“Si?”, chiesi, facendo con la mano un cenno di scuse ad Allie.
“Sorellina cara!”, squittì una voce dall’altro capo del telefono.
Sorrisi immediatamente non appena lo riconobbi e quasi percepii il cuore sciogliersi.
Bastava davvero poco per darmi la sensazione di essere a casa.
“Louis!”, esclamai con un tono di voce forse troppo euforico.
“Come stai, piccolina mia?”, mi chiese subito dopo.
“Bene, sono appena arrivata nella mia stanza.”, lo informai, mentre tornavo a sedermi sul mio letto.
“Hai già conosciuto qualche bel ragazzo dal quale mi tocca venire a salvarti?”, continuò lui in tono giocoso, ma in realtà sapevo benissimo quanto mio fratello potesse essere iperprotettivo e spropositatamente geloso.
Sbuffai sonoramente, facendolo ridere.
“In realtà ne ho conosciuti ben tre.”, scherzai, ma dallo strano silenzio che mi giunse inaspettato, pensai avesse creduto per davvero alle mie parole.
Risi divertita da tutte quelle sue mille attenzioni.
“Tranquillo Tommo, per il momento ho incontrato solo la mia compagna di stanza.”, lo rassicurai, sperando che nel frattempo non fosse stato colto da un improvviso infarto.
Lo sentii sospirare di sollievo.
“Ecco, meglio! E cerca di non conoscere nessun altro, allora!”, borbottò ironico qualche istante dopo.
“Andiamo, ora sono al college! Smettila di preoccuparti come se fossi una bambina di tre anni!”, mi lamentai quasi piagnucolando.
“Elizabeth Virginia Tomlinson!”, mi richiamò con voce fintamente dura. “Tu sei e rimarrai per sempre la mia piccola sorellina!”, concluse con fin troppa sicurezza nel tono di voce.
Scossi la testa, rassegnata.
“Piuttosto, quando hai intenzione di venire a trovarmi?”, gli chiesi cambiando del tutto l’argomento della nostra conversazione.
Lui parve essere piuttosto titubante riguardo alla risposta.
“Stasera purtroppo non posso, devo esibirmi con la mia band in un locale in centro.”, mi spiegò con un filo di voce.
Probabilmente si preoccupava per una mia eventuale reazione negativa.
Presi un profondo respiro.
Avrei davvero voluto passare del tempo con mio fratello, ma di certo non gli avrei impedito di partecipare a quella serata, soprattutto sapendo quanto importante per lui fosse la musica.
“E va bene. Però promettimi che nel fine settimana riusciremo a vederci!”, quasi lo supplicai, bisognosa com’ero di trascorrere anche solo qualche minuto con lui.
“Domenica sei invitata a pranzo a casa del sottoscritto!”, declamò allora.
Sogghignai lievemente.
Era buffo notare come riuscisse a mettermi sempre di buon umore anche solo con una semplice frase.
“Va bene, fratellone.”, acconsentii.
“Lizzie, ora devo andare. Ci sono le prove e dobbiamo…”, iniziò, ma non gli diedi neppure il tempo di finire.
“Tranquillo, ho capito.”, esclamai per interromperlo, prima che iniziasse uno di quei suoi interminabili flussi di parole sconnesse.
“Ti voglio bene, Lizzie!”, mi salutò.
“Anche io! E in bocca la lupo per stasera!”, ricambiai prima di chiudere la chiamata.
Mi lasciai cadere con la schiena sul materasso, ancora con il sorriso stampato sulle labbra.
“Tu e tuo fratello dovete avere sicuramente un magnifico rapporto se una sua sola telefonata è capace di renderti così tranquilla!”, commentò poi Allie, facendosi più vicina.
Le sorrisi, annuendo con fare convinto.
“Lo adoro.”, confessai con un filo di voce, poi con la mano le feci segno di sedersi accanto a me.
Così, senza neppure sapere esattamente come o perché, io ed Allie iniziammo a parlare delle nostre vite.
Ebbi quasi la sensazione di conoscerla da tempi immemorabili, come se fossimo due vecchie amiche che non si vedevano da tanto, troppo tempo.
Non c’era più imbarazzo o disagio, solo uno strano clima familiare e confidenziale.
E, forse per la prima volta, non trovai alcuna difficoltà a parlare della mia vita privata con una perfetta sconosciuta.

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Angolo Autrice
Salve a tutte!:D
Per prima cosa chiedo venia per tutto il tempo trascorso tra la pubblicazione del prologo ed il primo capitolo, ma sappiate che ci ho messo davvero tutta la buona volontà!
Questo fine settimana non sono neppure tornata a casa ed ora sto dettando telefonicamente questo messaggio a mia sorella. Per questo motivo ancora non ho potuto rispondere alle vostre meravigliose recensioni, ma entro mercoledì dovrei riuscire a rimediare anche a questo!;)
Allora, siamo al primo capitolo, che è piuttosto introduttivo: spero sia riuscita a far capire di che tipo di personaggio si tratta. Tra l'altro ho anche presentato la compagna di stanza di Lizzie, per sottolineare le differenze comportamentali.
Per ora non dico nulla sull'identità del ragazzo, anche perché la storia sarà piuttosto travagliata.
Piuttosto, volevo ringraziare coloro che hanno inserito la storia tra le preferite e le seguite e quelle splendide persone che hanno lasciato un commento!
Per chi stesse aspettando l'epilogo di Every piece of your heart arriverà mercoledì al massimo!;) 
Beh, fatemi sapere cosa ne pensate se vi va!
Alla prossima,

                                             Astrea_


  
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