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Autore: giasten    02/12/2012    4 recensioni
'..Quell’unica speranza che le era rimasta di essere adottata e di vivere in una famiglia felice, con delle persone che le volevano bene, sebbene non fossero i suoi veri genitori. Era sola. Non aveva nessuno.Era come una punizione. Ma per cosa?Eccolo, quel bambino che le metteva paura ma allo stesso tempo lo affascinava. I suoi boccoli castani e quegli smeraldi che aveva al posto degli occhi lo facevano sembrare un angelo sceso in terra. Purtroppo non era così. La prima volta che la piccola Rachel stava cercando di dire tutto ad una delle suore le fu dato uno schiaffo in pieno viso, proprio da HARRY.'
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO UNO.
‘Posso andare ora?’
 chiedeva la ragazza dai capelli castani e lunghi, un po’ spazientita, alla donna che sedeva dietro quella scrivania in legno, leggermente consumata dal tempo e perciò di un marrone appena sbiadito ma abbastanza visibile. Indossava come sempre una tunica lunga e nera, com’erano solito fare le suore di tutti i conventi e orfanotrofi esistenti su quel pianeta.
La suora alzo’ lo sguardo dall’ammucchio di carte posato sulla scrivania e le rivolse un leggero sorriso. Quella donna era comprensiva nei confronti della ragazza, sapeva che aveva voglia di uscire quel brefotrofio  che l’aveva accolta da quando aveva appena imparato a dire qualche parolina fino a quel momento. Ora Rachel aveva diciotto anni, era maggiorenne, aveva il diritto di essere libera ed avere una vita tutta sua.
‘Puoi andare, cara.’ Disse alzandosi aggraziatamente ed accompagnando una delle sue ‘bambine’ (come lei stessa definiva) alla porta di quella stanza né molto ampia né troppo piccola.
Uscita dalla porta, la ragazza sorrise dolcemente alla donna di fronte a sé, scrutando le rughe abbastanza calcate sul suo volto e l’abbraccio’ sussurrandole un ‘grazie’ sfuggente, lieve. Potè, però, giurare di aver sentito la suora sorridere a quell’unica parola che parlava chiaramente e che diceva tutto. Sciolsero l’abbraccio dopo pochi secondi.
‘Abbi cura di te, piccola. Torna a trovarci presto.’ Rachel sorrise ancora e dopo aver fatto un cenno col capo a mo’ di saluto rivolto alla donna ormai anziana ferma allo stipite della porta, si allontanò, camminando silenziosamente per i corridoi.
Varcato il cancello di quell’edificio, Rachel emise un sospiro, da una parte per la tristezza e dall’altra per la felicità. Avrebbe lasciato quel luogo che le aveva arrecato tanto dolore in diversi anni della sua fanciullezza che non avrebbe mai dimenticato,pur volendolo.
Spostò il capo verso destra, ammirando quell’edificio dai mattoni grigio chiaro con tutte le finestre, alcune coperte da tende bianche, altre completamente spalancate. Ricordò quando due mesi prima, dinnanzi quel cancello, aveva salutato calorosamente una delle sue compagne, quella a cui era più legata, Aysha. La ‘rossa’, era solita chiamarla poiché aveva una chioma di un rosso vivace e riccioluta al posto dei capelli. Increspò un leggero sorriso, piegando lievemente in su un angolo della bocca ripensando a tutto cio’.
Ricordò anche quando aveva poco più di sei anni e veniva rinchiusa in uno sgabuzzino da alcuni bambini affinchè non fosse adottata da nessuna coppia di coniugi. A quel ricordo che le sfiorava la mente, la ragazza s’irrigidì e serrò i pugni, stringendo il trolley che teneva nella sua mano destra. Un branco di ragazzini senza cuore che erano solamente invidiosi di lei, della sua benevolenza e della sua tenerezza. Era semplicemente quello, invidia. Ne era più che sicura. Ma ora era pronta a fare un passo in avanti, a mettere da parte quei ricordi lievemente offuscati dal tempo. Gettò un ultimo sguardo e andò via, cercando di puntare al futuro e non ripensare al passato.
Cammino’ sui marciapiedi di Chelmsford affiancata dalla sua valigia verde scuro attrezzata di rotelline e che teneva saldamente per la mano. Improvvisamente si sedette su una panchina, chiamando un taxi.
Nell’attesa la ragazza dagli occhi grigi si divertiva ad osservare tutti i movimenti dei bambini che si trovavano nel parco di fronte e che non avevano la minima voglia di fermarsi un attimo e riposare. Quei bambini avevano voglia di giocare, volevano essere liberi. Lei lo capiva bene.
Il suo profondo pensare fu interrotto da un taxi che affiancava proprio la panchina dove era seduta la ragazza. Salì in macchina e indico’ la via in cui era diretta all’autista il quale sfreccio’ a tutta velocità facendo sentire un tonfo all’interno della gabbia toracica della ragazza. Per la paura, Rachel appoggiò una mano sul suo petto e sospirò lentamente, dopodiche’ si riprese da quello sbando. Dopo una decina di minuti, l’auto gialla frenò di botto e si fermò di fianco ad un palazzo bianco. La ragazza, evidentemente spaventata, pagò velocemente e uscì fuori con i suoi bagagli.
Osservò poi la casa in mattoni grigio chiaro per qualche secondo: era abbastanza grande, a due piani e da fuori appariva davvero graziosa. Un leggero venticello di ottobre le pizzicava la pelle e le scompigliava leggermente i capelli, cosa che lei non sopportava affatto. Si avvio’ all’entrata col suo trolley, cercando di recuperare le chiavi in una delle tasche del suo giubbotto in poliestere.  Prese le chiavi, apri’ la porta ed entro' in una sala accogliente e grande.
Le pareti erano bianche con qualche quadro appogiatovi sopra raffigurante paesaggi di ogni tipo. C’erano poi dei divani in pelle neri ed un tavolino di vetro di fronte ad essi, qualche pianta snella qua e la’ e infine un camino bianco acceso con qualche poltrona accanto.
Aspetta, un camino acceso? Rachel sapeva che doveva dividere la casa con una ragazza altrimenti non ce l’avrebbe fatta a pagare da sola l’affitto, ma la suora le aveva confidato che la sua coinquilina sarebbe arrivata qualche giorno più tardi.
Sentì dei rumori provenire dai piani superiori ed incuriosita salì le scale, lasciando i suoi bagagli a piano terra. Si diresse verso la porta dalla quale provenivano i rumori e, dopo aver aspettato qualche secondo, l’aprì di scatto. Si ritrovo’ davanti un gran pezzo di ragazzo completamente stravaccato su un lettino, il quale indossava dei pantaloni blu di una tuta e una canottiera bianca attillata. Aveva i capelli di un biondo miele tirati in su in una cresta ed un fisico mozzafiato che si poteva ammirare grazie a quella maglietta che indossava. 
Per un attimo la ragazza dai boccoli castani rimase immobilizzata, ma si riprese subito dopo che si accorse che il biondo la stava osservando con fare divertito.
“E tu chi sei?” La sua voce, che le uscì di qualche nota più alta, rimbombò nella stanza, sovrastando quella della televisione accesa.
“Ehy, calmati baby! Mi chiamo Ryan e sono il tuo nuovo coinquilino!” Disse il biondo scattando in piedi e sorridendole leggermente. Sembrava un tipo amichevole e anche molto carino. Rachel scosse leggermente la testa cacciando via quei pensieri. “Ma mi avevano assicurato che ci sarebbe stata una ragazza a dividere la casa con me!” esalò stizzita, sedendosi sul lettino ricoperto perfettamente da un copriletto azzurrino con fare di chi non aveva idea di cosa stesse succedendo.
Non le piaceva dividere un appartamento con qualcuno che non conosceva e soprattutto con un ragazzo!
“Cambio di programma” disse il biondo sorridendole a trentadue denti  facendola rincitrullire del tutto. “Andremo d’accordo come coinquilini, ne sono sicuro” disse il biondo.
La ragazza annui’ poco convinta increspando un lieve sorriso. “Io sono Ryan” si presento’ tendendole la mano che subito dopo strinse.“Mi chiamo Rachel, Rachel Cooper.” Rise a  fior di labbra.



Rachel passeggiava per le strade di Chelmsford stretta nel suo giubbotto bianco di un tessuto sintetico per il vento freddo che le provocava dei brividi sulle braccia e sulle gambe snelle.
Era sera ed il buio stava già calando, colorando il cielo di un blu chiaro con qualche nuvola sparsa qua e la’. Di colpo, la bruna si fermò dinnanzi ad una vetrina. Non aveva visto un vestito che la colpiva, e neanche qualche dolciume che le avrebbe fatto venire l’acquolina in bocca. Semplicemente aveva notato un cartello attaccato ad un vetro di un ristorante e dopo avervi letto un “Cercasi cameriere/a” si fiondo’ subito dentro. Lei aveva bisogno di un lavoro per mantenersi, per mantenere le sue spese.
“Scusi, sa a chi posso chiedere per il lavoro di cameriera qui dentro?” si rivolse ad un uomo sulla trentina, vestito con giacca e cravatta e con un’aria intraprendente.
“Puo’ dire tutto a me, venga nel mio studio.” L’uomo si avvio’ in una stanza e si sedette su una sedia in pelle marrone, dietro una scrivania color vaniglia, seguito dalla ragazza la quale si accomodo’ di fronte. Dopo alcuni secondi di silenzio assoluto, l’uomo si decise ad aprire bocca.
“Allora, raccontami un po’ di te. Quanti anni hai, le esperienze lavorative che hai avuto.” Disse, appoggiando entrambi i gomiti sulla scrivania e unendo le due mani a mo’ di preghiera poggiandovi il capo sopra. La ragazza raccontò un po’ di se e spiego’ che non aveva mai avuto alcuna esperienza lavorativa.
Dopo dieci minuti Rachel smise di parlare e l’uomo sfoglio’ vari fogli posati ordinatamente sulla scrivania mentre un silenzio assoluto calava in quella stanza. “Posso darti del tu?” chiese l’uomo sorridendo. La ragazza annui’.
“Puoi iniziare anche ora, ma è solo una prova. Porterai ai tavoli le bevande e i piatti che ordineranno. Alla fine di questa serata ti dirò se potrai lavorare o meno qui. Questa è la divisa, va bene?” Disse porgendole una maglia bianca a maniche corte, dei jeans e un grembiule nero.  Rachel annuì sorridendo a trentadue denti e ringraziò più volte l’uomo.
Uscì dalla stanza estremamente felice ed andò a cambiarsi in uno dei bagni per donne. Si diresse poi a prendere un blocchetto dove avrebbe annotato tutte le ordinazioni e inizio’ con il suo lavoro. Andava avanti e indietro, dalla cucina alla sala dove c’erano i clienti.
Sbadata, Rachel fece cadere dell’acqua per terra.
“Sono un caso perso!” Esclamò inginocchiandosi e iniziando a pulire il pavimento con della carta. Fu affiancata ben presto da una ragazza dai capelli neri, lunghi fin sopra il seno e lisci. Aveva un viso grazioso e un’aria cordiale ed affidabile.
“Ti aiuto io, meglio che il capo non veda questo disastro.” Disse benevolmente arricciando gli angoli della bocca in un riso a fior di labbra. Rachel le sorrise riconoscente del favore.
“Grazie mille, non so come avrei fatto senza di te.. uhm..” “Julia” La interruppe lei.
“Sono Julia. E tu sei nuova, vero?” chiese evidentemente incuriosita.
“Gia’, mi chiamo Rachel. E’ meglio andare, lo stomaco dei clienti reclama cibo.” La mora sogghigno’ per poi tornare al suo lavoro.
La ragazza dai lunghi boccoli si diresse verso l’altra sala, formata da divanetti e tavolini in vetro dove c’erano ragazzi che bevevano i propri drink. La stanza era illuminata da una sottile luce offuscata che ogni tanto cambiava colore e della musica bassa di sottofondo. Rachel si diresse verso tre ragazzi.
“Buonasera ragazzi. Volete ordinare?” chiese cordialmente la ragazza guardandoli uno per uno mentre loro facevano lo stesso con lei. Uno aveva i capelli castani e delle pozze azzurrine al posto degli occhi, proprio come il biondo di fianco. L’altro aveva capelli ricci e occhi smeraldo. Aveva un’aria così familiare.
Il biondo si decise a parlare, interrompendo i pensieri della ragazza. “Portaci due bacardi e una birra, dolcezza.” Calcò l’ultima parola con la voce. Gli altri due sogghignarono mentre la ragazza, infastidita, andava nella cucina.
“Bel culo comunque!” urlò lievemente il riccio, increspando un sorriso sghembo.
Rachel si girò, lanciandogli un’occhiataccia indecifrabile.






SAAALVE!
siamo di nuovo qui! 
questo è il primo capitolo della storia, speriamo vi piaccia. c:
nel prologo abbiamo avuto nove recensioni, jshgdkyua, siete delle meraviglie!
unico avvertimento: non sappiamo se potremo aggiornare ogni giorno, soprattutto durante la settimana, ma ci impegneremo per farlo.
vi chiediamo come sempre di lasciare una piccola recensioncina a noi due sfigate. c':
un grande bacio.
C&G.

 
  
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