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Autore: Shirangel    05/12/2012    8 recensioni
Di giorno, siamo i ragazzi che nessuno vede.
Di notte, siamo i ragazzi che tutti vogliono.
Ci prendiamo i tuoi soldi in cambio della nostra dignità.
Usaci pure quanto vuoi, ma ricordati che dopo devi pagare.
[My Guardian Angel: Sasuke x Naruto]
[Requiem for a Dream: Zabuza x Suigetsu ; Kakashi x Suigetsu]
[1° classificata al contest "Naruto... All star!" indetto da Shark Attack sul forum di EFP]
[1° classificata al contest "La speranza vive in una creativa realtà" indetto da HopeGiugy sul forum di EFP]
Genere: Angst, Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Tolto tutto il male, muori

 

Non si fugge da una prigione di specchi: rischi solo di andare a sbattere contro te stesso.

Io e Sasuke ci abbiamo provato, davvero. Io ho sbattuto contro la mia solitudine, lui contro il suo odio.

La cosa peggiore è che, se tentassimo insieme, ce la faremmo; da soli però non siamo niente.

 

- I’ll stand up with you forever -

                                                                                                              

Non ho ricordo né di mia madre né di mio padre: l’unica nozione che appresi dai direttori dell’orfanotrofio riguardava la loro morte, avvenuta in circostanze poco chiare e che non mi furono mai spiegate nel dettaglio. Non mi sorpresi molto quando venni a conoscenza del fatto che la maggior parte dei ragazzi che vivevano con me condividevano un vissuto, se non identico, simile al mio.

L’unica eccezione era Sasuke. Lui era orfano perché suo fratello aveva trucidato entrambi i loro genitori, insieme a tutta la famiglia, e poi era scappato. Non potevo immaginare quanta sofferenza il mio compagno di sventura si portasse dentro, ma anche da fuori mi appariva così amara che non volevo nemmeno provarci.

Per avere queste misere indicazioni sul suo passato avevo collezionato una frase alla volta, estorcendogli informazioni con molta pazienza, perché alle mie domande rispondeva con monosillabi oppure non rispondeva affatto. Forse era egoistico da parte via voler scavare in quell’ammasso purulento di dolore, ma ritenevo che solo mettendo a nudo la sua anima sarei potuto entrare dentro di lui.

Non ci riuscii comunque: Sasuke Uchiha rimase per sempre il mistero più insondabile della mia vita. Non gliene feci mai una colpa.

La parte più intima di sé che accettò, seppur malvolentieri, di condividere con me, era quella riguardante il suo unico desiderio. Anche in questo si discostava da me e da tutti gli altri: non voleva fuggire da lì, gli bastava solo uccidere suo fratello e poi riposarsi morendo. Mi faceva venire i brividi, ma mi affascinava pensare che ci fosse qualcuno libero dall’ossessione di abbandonare tanta miseria, sebbene la sua agonia fosse molto più crudele della nostra. Lui moriva più lentamente di noi e i suoi coltelli erano più affilati dei nostri.

Quando aveva quindici anni era stato adescato da Orochimaru, colui che gestiva il nostro incubo, e per lui era stato l’inizio della fine. L’uomo aveva promesso che lo avrebbe aiutato a trovare Itachi se si fosse unito alla sua schiera di ragazzi maledetti e Sasuke ci aveva creduto. Erano passati tre anni e ancora ci credeva. O almeno faceva finta di farlo.

Forse si era accorto del mio stupore nello scoprirlo tanto ingenuo, perché per giustificarsi aveva aggiunto che Orochimaru era stato in contatto con Itachi per lavoro, in passato. Quale fosse il genere di lavoro di cui si erano occupati non aveva voluto dirmelo, ma non facevo fatica a immaginarlo, considerando la principale fonte di introiti del nostro aguzzino.

Trafficking. Anche dopo due anni non riuscivo a credere di essere coinvolto in una situazione di cui prima sentivo parlare solo al telegiornale. Non riuscivo a credere nemmeno di essere stato tanto stupido, in realtà: ero fuggito dall’orfanotrofio quando avevo appena sedici anni e avevo vissuto per strada, chiedendo l’elemosina e rubacchiando quel che potevo. Non ci era voluto molto prima che i trafficanti di prostitute mi acciuffassero.

Al contrario di tutti quelli che vivevano con me, non mi preoccupavo minimamente dei soldi: sarei potuto fuggire anche senza niente in mano, per me l’importante era andarmene. Avevo già vissuto con le tasche piene solo di paura.

L’unico problema era che, avendo o non avendo del denaro con sé, era impossibile scappare: forse era per questo che tutti gli aspiranti fuggitivi si affannavano a mettere da parte quel che potevano.

Perché era l’unica cosa che potevano fare per illudersi di starsi avvicinando alla libertà. Il ricordo di Kiba che si fa ammazzare per qualche moneta e un paio di banconote ancora mi tortura.

Io avevo provato a rubare, all’inizio, giusto per impegnarmi in qualcosa, e i lividi non si erano cancellati dalla mia pelle per una settimana; lo sguardo che mi aveva lanciato Sasuke quando se ne era accorto mi aveva fatto pensare che volesse aggiungerne qualcun altro, ma non lo fece mai.

Bastavano i suoi occhi. Erano quelli la mia punizione più grande: vederli vuoti anche quando era arrabbiato era come ricevere una pugnalata nei polmoni a ogni respiro. Tenevo a lui in un modo che non capivo, ma andava bene lo stesso. L’affetto mi salvava dal baratro, per quanto assurdo e malato fosse, anche se penso che mi abbia fatto male più di tutto il resto. Quando tocchi il fondo arrivi a un tale punto di annullamento da non accorgertene nemmeno, quando sei a metà strada tra la vita e la morte ogni secondo è una consapevolezza che ti distrugge.

Sasuke si infuriò anche quando persi la mia unica occasione di lasciare l’inferno. Probabilmente perché avevo preso la scelta che aveva preso anche lui.

Eravamo appena all’inizio di un turno e il guardiano si era allontanato di qualche passo per pisciare, ignaro che il suo collega nel furgone si fosse appena addormentato. Ino, non ancora morta, si dava da fare nel vicolo lì accanto con un cliente. Non c’era nessun Cerbero a sbarrarmi la strada, eppure non potevo approfittarne.

Avevo un istante per decidere e una vita per pentirmi. Sasuke mi sibilava all’orecchio, furioso, di correre, di sbrigarmi, di andare via da quella fogna.

«Ti copro io, idiota! Vattene, cazzo, muoviti!»

Era così agitato da confondermi. L’unica cosa che riuscii a dire fu una frase che entrambi non scordammo più.

«E tu?»

Lui no, lo sapevo. Ma non potevo andare senza chiederglielo, non sarei potuto andare comunque. Mi sentivo appiccicato al suo destino come un prigioniero alla sua catena. Non era amore, né un sentimento fraterno: nemmeno adesso so cosa fosse, so solo che, pur inconsciamente, capivo di non doverlo spezzare.

Quelle due parole segnavano la mia rinuncia, e lui ne era così consapevole da odiarsi.

I suoi occhi, a metà tra la rabbia e lo shock, mi spiegavano ogni cosa: mi voleva lontano da sé perché non poteva seguirmi, né io dovevo restare. Avrei fatto qualsiasi cosa per lui, ma questo no.

«Se non alzi il culo da quella panchina giuro che ti…»

Poi ammutolì. Il guardiano era tornato e per il puro gusto di esercitare il suo potere mi aveva appioppato un calcio sugli stinchi. Aveva colpito solo me, ma ci aveva ucciso entrambi.

Sasuke non me lo disse mai, quello che mi avrebbe fatto, né lo fece. Mi odiò soltanto con tutto il cuore e mi spinse via con cattiveria quando un uomo si fermò davanti a me: fu ancora più doloroso del solito vederlo scendere da quella macchina al posto mio, con le tasche piene e il cuore vuoto. Gettò i soldi ai miei piedi con tutto il disgusto che riuscì imprimere in quel gesto e la sua rabbia mi fece bene. Avevo bisogno di lei, volevo sentirmi male. Volevo che il mio dolore fosse acuto quanto il suo.

«Prendi – disse solo. – Continua a vivere per niente. Muori per niente, se è quello che vuoi.»

Non gli dissi che avrei voluto morire per lui, né mi chiese perché avevo rinunciato alla fuga. Credo lo sapesse, comunque.

Sapeva tante cose, Sasuke, anche se non ci voleva credere.

Orochimaru non gli avrebbe consegnato suo fratello, lui non sarebbe comunque stato in grado di uccidere Itachi, noi saremmo morti entrambi lì e io probabilmente per primo, lasciandolo solo col suo odio e costringendolo così a rivolgerlo verso se stesso.

Sapeva tutte queste cose, Sasuke, ma faceva finta che non esistessero.

Non poté però ignorare il fatto che, quella stessa sera, lo presi per mano e iniziai a correre un attimo prima di salire sul furgone che ci avrebbe portato a casa. Volevo scappare dal primo momento in cui ero stato catturato, non l’avrei mai negato, ma avevo bisogno che lui venisse con me perché da solo non potevo farcela. Da solo non potevo vivere e senza di lui non potevo morire.

Durò appena pochi istanti e fu bellissimo: l’aria era più fresca e la luna più brillante, in quella porzione di spazio e di tempo in cui avevamo smesso di essere puttane che si drogavano l’uno dell’altro ed eravamo più simili a due ragazzi innamorati.

Sorrisi, stupido, e il mondo, bastardo, ricambiò.

Poi Sasuke mi strattonò all’indietro, riportandomi bruscamente nel luogo della mia mente dove eravamo di nuovo schiavi, ed evitò che il coltello del guardiano contro cui stavo correndo mi infilzasse la pancia.

L’uomo alzò il braccio e la lama incise un taglio verticale tra le sopracciglia. Il sangue mi colò sugli occhi e il mondo ridiventò rosso, esattamente come prima.

«Salite sul furgone, pezzi di merda.»

Sasuke mi guidò verso il veicolo e io mi lasciai condurre, ferito come se il pugnale mi avesse davvero squarciato lo stomaco. Mi voltai e vidi i nostri fantasmi che scappavano e andavano a vivere.

«Sei un imbecille.»                                                                           

Non mi sforzai nemmeno di annuire, ma rifiutai di lasciare la sua mano e lui accettò di stringere la mia. Non eravamo sicuri se eravamo appena scampati alla morte o se era stata la morte ad evitare noi, fatto sta che eravamo ancora suoi prigionieri.

Non c’era bisogno di spiegargli perché avevo tentato così scioccamente di scappare, pur sapendo che non ci sarei mai riuscito: avevo bisogno di provarci e fare finta che i suoi sacrifici per me non fossero stati inutili. Lui non mi aveva impedito di trascinarlo via perché sapeva che ci avrebbero fermato e che necessitavo di quella pietosa corsa verso il nulla come dell’aria. Così come per lui era indispensabile rimanere lì e pensare di avvicinarsi ogni giorno di più a suo fratello, anche se non era vero.

Eravamo così diversi. Lui odiava, io – nel mio egoistico modo di farlo – amavo. In realtà volevo amare per non essere solo. Lui odiava per provare qualcosa. Non so chi dei due fosse più miserabile, forse lo eravamo entrambi così tanto da stare insieme per illuderci di essere persone.

Quella notte lo baciai. Non volevo ringraziarlo per avermi salvato ancora una volta: lo facevo per me, avevo bisogno di sentire cosa si provava ad essere liberi come i nostri fantasmi che erano scappati via da noi. Lui accettò senza scomporsi e io non capii se lo stava aspettando da quando ci eravamo conosciuti o se voleva solo accontentarmi.

Eravamo stesi su un letto pagato con la sua dignità venduta, sotto lenzuola sottili come carta scambiate con la sua anima in pezzi, ma non ci importava. Eravamo sporchi, stanchi, pieni di lividi e con le occhiaie, magri da far paura e vuoti da fare schifo, ma non ci importava. Non avevamo alcuna possibilità di sopravvivere né di poterci innamorare l’uno dell’altro, ma non ci importava.

Avevo il labbro spaccato perché la guardia mi aveva punito con un pugno in piena faccia, ma Sasuke mi leccò via il sangue senza badarci. Mi eccitai subito sentendo il suo corpo contro il mio, ma non ci venne neanche in mente di scopare.

Quella era la nostra rivincita contro tutti i bastardi che ci compravano ogni giorno. Potevano avere il nostro corpo, ma tutto il resto apparteneva a noi e non glielo avremmo mai consegnato. Ci stavamo baciando e quello bastava, quello non lo avrebbero mai preso. Sarebbe stato per sempre nostro: era un puro e semplice inno a quella vita che ci stava abbandonando.

Non ne parlammo, né lo facemmo più: troppa speranza non fa bene a coloro che camminano sul braccio della morte. 

Quella notte rimane ancora oggi il mio ricordo più prezioso, che non cederò mai a nessuno.

Quella notte capii che anche i morti possono amare.

Riuscii ad aggrapparmi solo a quella notte quando Sasuke mi lasciò.

 

 

Note dell’autrice:

Innanzitutto devo ringraziare tantissimo tutte le persone che hanno recensito: non sapete davvero quanto mi ha fatto piacere che la storia vi piaccia! Sarà che sono indecisa per natura, poi anche per il fatto di questo tema un po’ “inusuale” ero molto in ansia. Intendevo aggiornare una volta alla settimana, ma le recensioni dello scorso capitolo mi hanno colpita tanto che ho deciso di farvi aspettare un po’ meno (anche perché ho un briciolo di tempo oggi per farlo :DD). Vi ringrazio tutti ancora una volta, anche chi ha dato una possibilità a questa storia leggendola. Ci sentiamo la settimana prossima per l’ultimo capitolo, e magari per chi è interessato con qualche informazione sull’eventuale raccolta di spin-off di “Tolto tutto il male, muori” (che d’ora in poi per ragioni di tempistica chiameremo TTMM). Saluti e abbracci,

shirangel

   
 
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