Genere: introspettivo - romantico
Personaggi: Piton e Personaggio originale
Era: Post
Harry a Hogwarts
Il primo appuntamento (Ranze)
La neve
cadeva da giorni su Kensington Road, nella periferia di Salisbury.
Alle volte
minuscole briciole d’argento turbinavano nella rapida ed agile danza del vento;
talvolta, invece, i fiocchi si facevano più grandi e compatti mentre la loro
discesa diveniva lenta e monotona.
La guerra
era cessata da tre anni soltanto ed i maghi portavano i segni, esteriori ma
soprattutto interiori, di tutto quel sangue e dolore.
Le casette
vittoriane di Kensington Road, però, immerse in quella coltre ovattata,
parevano un’oasi di tranquillità, un piccolo angolo di paradiso, come se mai
fosse stato sfiorato dagli orrori perpetrati da Lord Voldemort e dai suoi
fedeli Mangiamorte.
I bambini
giocavano a palle di neve e costruivano felici i pupazzi nel giardino di casa,
mentre gli adulti vegliavano su di loro attraverso le finestre.
Un’anziana
signora, infagottata sotto un pesante pastrano blu, passeggiava per la via,
guardando gli alberi spogli di foglie ma coperti di neve, così come la strada
ed i tetti.
Osservando
da lontano quel pacifico quadretto, nessuno avrebbe potuto immaginare ciò
ch’era successo.
Anche a
Kensington Road, però, molte famiglie erano state barbaramente spezzate e tanti
di quei bimbi che giocavano con la neve erano rimasti orfani di padre, di madre
o di entrambi i genitori e vivevano presso i nonni o altri parenti
sopravvissuti alla strage.
Severus
s’avvicinò alla vetrata del salotto e scrutò il cielo, seguendo con lo sguardo
il cadenzato ondeggiare dei fiocchi, immerso nei suoi pensieri.
Aveva
lasciato Spinner’s End definitivamente quattro anni prima, dopo il matrimonio
con Alice Rivens e la nascita di Markus, il loro bambino.
Si voltò a
guardarlo. Colpito da una lieve infreddatura, il piccolo era stato costretto a
rimanere a casa e giocava con due pupazzetti, accovacciato accanto al fuoco sul
tappeto rosso, il preferito della madre.
-Papà.-
disse infine, avvicinandosi all’uomo -Ma tu e la mamma come vi siete
innamorati?
Severus si
sedette su una poltrona di chintz rossa e lo prese in braccio.
-E’ una
lunga storia, piccolo mio.- mormorò accarezzandolo dolcemente sul capo -Ma te
la racconterò.
***
Era il
primo settembre 1971.
Le
matricole, timide ed un po’ spaurite, seguirono una giovane Minerva Mc Granitt
attraverso le imponenti porte della Sala Grande.
Era il loro
giorno, quello in cui avrebbero scoperto in quale nobile Casa sarebbero state
accolte.
Severus
stava abbacchiato in un angolo e sembrava volersi estraniare da tutta quella
situazione: -Intanto mi sbatteranno subito fuori, perché dovrebbero volere un
buono a nulla come me?- si disse, fissandosi in silenzio la punta delle scarpe.
Il Cappello
Parlante intonò la sua canzone ad un cenno della docente e, una volta ch’esso
ebbe terminato, la donna lo prese tra le mani e l’appoggiò sul capo della
piccola Erika Abbot, per poi cominciare a chiamare, in ordine alfabetico, tutti
gli altri ragazzini.
-Piton.-
disse ad un tratto –Severus Piton, è il tuo turno.
Il giovane
marciò lentamente verso l’insegnante, gli occhi fissi a terra, attendendo
pazientemente la sua sorte.
-Mmm… -
fece il Cappello- Grande talento, ottime doti…
-Ma non
farmi ridere.- gli rispose laconico Severus.
-Tu puoi
diventare qualcuno, ma ricorda che questo implica grandi responsabilità. Prendi
bene le tue decisioni o te ne pentirai… in eterno… Serpeverde!
Un boato di
grida e applausi si scatenò dal tavolo ornato di verde ed argento e centinaia
di ragazzi lanciarono in aria i loro berretti in onore del nuovo compagno.
Una volta
tornato il silenzio, Minerva scorse il dito sulla pergamena dei nuovi iscritti
e lesse il nome successivo: -Rivens, Alice.
Fu allora
che Severus la vide per la prima volta.
Era una
ragazza alta e snella dalla bellezza acerba dell’adolescenza e profumava di
buono, di sapone e fiori di campo.
I capelli
castani le ondeggiavano dolcemente sulle spalle, mentre avanzava verso
Quando
incrociò lo sguardo di Severus abbozzò un timido sorriso e le sue guance si
tinsero d’una tenue sfumatura di rosso, mentre il ragazzo scrutava i suoi occhi
di diamante, ammaliato dal loro scintillio.
-Com’è
bella… - pensò, raggiungendo il tavolo di Serpeverde –Sembra una principessa
delle favole…
Entrambi,
in quel magico istante, espressero il desiderio di riuscire a conoscersi, ma la
timidezza, cattiva consigliera di entrambi, fece sì che non si scambiarono mai
nemmeno un saluto fugace.
***
Il sole
scintillava sui vicoli di Hogsmeade.
La
primavera era arrivata da un pezzo e le piccole aiuole di cui il borgo era
pieno traboccavano di primule, violette, candide margherite, rossi papaveri,
giunchiglie odorose e splendide orchidee, dai colori accesi e brillanti.
I ragazzi,
in gita con la scuola, passeggiavano a coppie o gruppetti e formavano chiassosi
capannelli davanti alle vetrine dei negozi, primo tra tutti Mielandia, dove
finivano per entrare e spendere buona parte dei loro risparmi in Api Frizzale,
lecca-lecca, gelatine Tutti i Gusti+1, gelati, Cioccorane ed altre prelibatezze
che il famoso caramellaio offriva loro a piene mani.
I
professori sfruttavano la giornata di libertà per gustare un pranzo
pantagruelico a base di vitellone e punte d’asparagi fritte, innaffiato da
Burrobirra o dal sublime Idromele di Madama Rosmerta e per parlare del più e
del meno con la simpatica proprietaria del locale.
Ma non
Severus.
Egli
detestava le chiacchiere inutili e, per di più, la carne non gli piaceva
affatto.
Preferiva
ripiegare sulla parte più antica del borgo, ormai disabitata e passeggiare,
meditando in silenzio, da solo. Così, anche quel giorno s’era staccato dal
gruppo ed aveva raggiunto la zona di Oldtown.
La strada,
coperta di ciottoli irregolari, era piuttosto scomoda e piena di buche, ma
l’uomo l’amava così com’era: vissuta, provata dal tempo, con le sue luci e le
sue ombre, proprio come lui.
-Severus!
–una voce familiare lo riscosse dai suoi pensieri.
L’uomo si
voltò e sorrise timidamente:-Alice, come mai non sei da Rosmerta con gli altri?
-Troppo
rumore.- rispose allegra- Volevo stare un po’ con me stessa e visitare di nuovo
questi luoghi, vedere come sono cambiati. Sai, sono anni che non vengo qui ed
anche il vecchio mi sembra nuovo.
-Già.-
ammise lui –Sei stata lontana per molto tempo…
Avrebbe
voluto dire “per troppo tempo”, ma non se la sentì di mettersi in gioco fino a
quel punto.
-Sì e poi…
io preferisco il pesce!
Passeggiarono
fianco a fianco per un’ora circa, un po’ in silenzio ed un po’ parlando, ma
senza mai osare sfiorarsi.
-Alice.
–disse infine Severus.
-Sì?
-Mi
chiedevo se… visto che abbiamo la serata libera… non ti andrebbe di venire a
casa mia per cena?
La donna
avvampò all’istante:-Io… volentieri…
-Cucinerò
io per te e, ti assicuro, sarà la cena più buona della tua vita.
***
L’affilata
lama del coltello affondò nelle morbide carni fresche del tonno, producendo
tagli precisi e regolari. Strisce lunghe e sottili s’allineavano pian piano sul
tavolo della cucina di Spinner’s End, dove Severus stava lavorando alacremente.
-Tonno…
cetrioli… come da tradizione…-si disse.
Affettate
anche le verdure, l’uomo iniziò la preparazione del riso, una sorta di rituale,
quasi come una pozione.
Prese
un’ampia ciotola colma d’acqua molto fredda e v’aggiunse il gohan, mescolandolo velocemente con la
mano. Poi lo schiacciò, facendo scolar via tutta l’acqua e ripeté l’operazione
più volte, finché non fu morbido al punto giusto.
Dopo averlo
fatto sgocciolare a dovere, lo pose in una casseruola con abbondante acqua
calda e lo lasciò un quarto d’ora a bollire, durante il quale preparò il
condimento a base di sale, aceto, zucchero, wasabi
e salsa di soia, che incorporò a cottura ultimata.
-E ora la
parte più complessa…- mormorò, ponendo l’alga nori su uno stuoino di bambù –Bene, nori, uno strato di riso, un
pizzico di wasabi per dare un tocco di piccante in più, tonno e cetrioli...
perfetto…
Avvolse con
maestria l’alga su se stessa, aiutandosi con lo stuoino e tagliò il rotolo in
fettine non troppo spesse.
Infine le
dispose ordinatamente e le guarnì con gamberetti e salsa di soia.
-E’ pronto
e farà un figurone.- apparecchiò la tavola in stile orientale, aprì una
bottiglia di saké e si sedette in attesa: Alice sarebbe arrivata entro breve.
***
Quando
Severus aprì la porta rimase senza
fiato.
Alice era
perfetta come una dea, fasciata da un lungo abito di seta verde trifoglio,
memoria dei suoi natali.
Portava una
margherita tra i capelli ed aveva quel profumo, lo stesso profumo della prima
volta.
-S... sei
bellissima.
Lo guardava
con quegli occhi di rugiada e sorrideva...
-Accomodati
pure nella mia umile dimora. –disse e, da perfetto cavaliere, la scortò fino al
tavolo, la fece sedere e le servì un bicchiere di saké –Ho una sorpresa per te…
ACCIO!
Il vassoio
del maki-sushi si sollevò lentamente e fluttuò fino al centro del tavolo, dove
si posò con dolcezza.
-Sushi!
Fantastico, sono anni che non lo mangio!
-Spero che
ti piaccia, assaggia.
La donna
sollevò una fettina con le bacchette di bambù, mentre Severus la fissava
tesissimo.
-Ottimo!
-D…davvero?
-Sì,
perfetto, sei veramente un ottimo cuoco, oltre ad essere un pozionista
eccezionale… proprio come ai tempi della
scuola.
Fu così,
con un piatto di maki-sushi, che la timidezza si sciolse, lasciando libero il
loro desiderio di aprirsi, parlarsi, amarsi.
***
-Papà… la
mamma era bella?
Severus lo
abbracciò, con gli occhi lucidi:- Sì, Markus, era bellissima… bellissima… te ne
saresti innamorato anche tu se solo… se solo il Signore Oscuro non ce l’avesse
portata via.