Ed eccoci
qua...questo è l’ultimo capitolo...vorrei ringraziare innanzitutto tutte le
persone che mi hanno continuata a recensire...so che probabilmente questa FF vi
sarà sembrata troppo corta, e forse nemmeno particolarmente originale, ma rappresenta
un periodo della mia vita al quale sono piuttosto legata, e del quale forse,
adesso, finalmente, potrà rimanermi solo un bel ricordo.
Buona
lettura...ecco a voi il capitolo finale :
Capitolo 7
– Tutto va come deve andare
I ragazzi
pranzarono straordinariamente in silenzio. La signora Weasley,
mentre serviva le sue solite abbondanti porzioni di cibo, notò che i ragazzi
mangiavano senza dire nulla. Chiese lievemente preoccupata : - Tutto bene? –
Harry annuì
con la bocca piena, ma gli altri due continuavano a tacere. Finito di mangiare,
dato il caldo, Harry si andò a stendere sul prato, all’ombra della grande
magnolia del giardino dei Weasley. E lentamente, mentre
i fili d’erba gli solleticavano il collo, cullato dal pensiero di un imminente
ritorno di Ginny, si assopì.
Intanto Hermione era tornata nella camera e, raccolti i capelli in
uno chignon, iniziò a tirare fuori i vestiti dal suo baule per riporli nel
vecchio armadio sgangherato. Sentendo poi un rumore alle sue spalle, si voltò
di scatto. Ron.
- Ah, sei
tu –
Il ragazzo
la guardò con un sorriso storto : - Aspettavi qualcun altro forse? –
Lei non
rispose. Lui scrollò le spalle e si girò per andarsene.
- Ron!- Hermione lo fissò glaciale.
- Che c’è?
– il ragazzo si voltò
- Ma che
diamine. Non puoi entrare qui e poi andartene, così, senza motivo –
- E perché
no di grazia? – Ron si appoggiò allo stipite della porta incrociando le braccia
al petto, con una spavalderia non da lui.
- Non dopo
quello che è successo! – sbottò lei
- Non è
successo proprio nulla –
Hermione trasalì. Si impose di restare
calma. Il suo orgoglio non le permetteva una scenata di collera. Non in quel
momento, almeno:
- Allora se
è così puoi anche uscire dalla camera. E chiudi bene la porta! –
Ron sorrise.
Poi lentamente le si avvicinò. Lei non si voltò, nemmeno quando lui fu così
vicino che poteva sentire il suo fiato caldo solleticarle la nuca. Si limitò a
spostarsi, e a prendere una pila di magliette nel baule. Lui si infastidì:
- Perché
fai così? –
Finalmente Hermione si girò a guardarlo, il volto contrito dalla
rabbia:
- Ma si può
sapere cosa-vuoi-da-me-Ron?? Io non ti capisco,
davvero. Non so più come devo comportarmi; se provo ad avvicinarmi a te mi
scansi, se mi allontano ti arrabbi...mi sono davvero stancata di starti dietro!
-
Ron ascoltò
queste parole con un leggero sorriso che gli increspava le labbra, che però
fece totalmente perdere la pazienza ad Hermione, la
quale gettò alle ortiche ogni proposito di autocontrollarsi:
- E
piantala di sorridere in questo modo idiota!Io...
Bacio.
Ron l’aveva
baciata.
Proprio
così. La stava baciando. Lei rimase immobile per qualche secondo, aspettando
che le sue labbra decidessero cosa fare. Poi si abbandonò fra le braccia del
ragazzo che la avvolgevano stretta, per la prima volta senza impedimenti né
timori. Si baciarono a lungo, come a voler recuperare tutto quel tempo in cui
avrebbero voluto farlo, ma non l’avevano fatto. Si gettarono insieme sul letto,
senza smettere di rimanere così, avvinghiati l’uno all’altra.
Non sapendo
bene cosa fosse ciò che stavano provando.
Ma nemmeno
troppo ansiosi di saperlo, perché in fondo lo stavano vivendo.
Harry si
svegliò nel tardo pomeriggio. Si sentì stranamente spossato, come se il sonno
anziché averlo riposato, lo avesse indebolito. Il prato era umido, e si era
sollevata una leggera brezza; si scompigliò i capelli con il solito gesto della
mano e si aggiustò gli occhiali sul naso. Poi, alzatosi, entrò in casa e si
diresse in camera, non preparato a quello a cui stava per assistere. Attraverso
la porta socchiusa vide Ron e Hermione che ridevano
insieme; lei lo stava aiutando a disfare i bagagli. Poi si scambiarono un
bacio. Si lasciò scappare un sussulto. I ragazzi si accorsero della sua
presenza e, arrossendo, tentarono di spiegargli cosa era successo...
- Wow...-
Harry si era accasciato sul letto e doveva ancora realizzare bene quello che i
suoi amici gli avevano appena raccontato.
- Non sei
arrabbiato con noi? – Ron pareva preoccupato. Harry scoppiò a ridere:
-
Arrabbiato? Scherzi? Era ora che vi deste una mossa! –
I ragazzi
rimasero fino alla sera scherzando, godendosi finalmente la nuova situazione
con un po’ di tensione in meno. Dopo cena Harry, accorgendosi di quanto gli
fosse difficile addormentarsi, decise che avrebbe aspettato in camera di Ginny il ritorno della ragazza, cosi che avrebbe potuto
parlarle quella sera stessa. Si avvicinò al letto, che aveva quel suo leggero
profumo di fiori, e ci si sdraiò sopra, imponendosi di non addormentarsi per nessuna
ragione al mondo.
Un paio
d’ore dopo, nel salotto, un lampo di luce si sprigionò dal camino. Ginny si scrollò la cenere dai rossi capelli, e cautamente,
cercando di non fare rumore, attraversò il corridoio buio e salì le scale
dirigendosi verso la sua camera. Arrivata, senza accendere la luce, posò la
valigia per terra e si gettò esausta sul letto. Un gemito sotto di lei la fece
sussultare, e si trattenne dal gridare vedendo una sagoma che si stropicciava
gli occhi.
- Harry! –
sussurrò
- Shhh!Sì sono io –
- Ma – Ginny accese una candela per illuminare la stanza – si può
sapere cosa diavolo ci fai addormentato sul mio letto? –
Harry
sospirò. Che cretino, si era addormentato davvero.
- Non avrei
voluto addormentarmi. Mi ero solo messo qui per aspettarti –
Ginny non seppe cosa dire. Le si scaldò
il cuore. Harry, incoraggiato dal suo silenzio, continuò :
- E’ che ti
devo parlare, Ginny –
- Ora?
Harry è mezzanotte!-
- Lo
so...ma so anche che se non lo faccio adesso, non troverò più il coraggio e le
parole per farlo –
La ragazza
si tirò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, poi si sedette pazientemente
sul letto, in ascolto. Lui rimase in piedi.
- Io sono
giunto alla conclusione che sono un idiota –
Ginny trattenne un risolino : - Tutto
qui? –
Harry
sospirò: - Dicevo, sono un idiota, perché sto facendo l’esatto contrario di
quello che voglio –
- Me ne ero
accorta – osservò la ragazza ironicamente
- ...e
perché non ha senso non vivere le cose per paura che finiscano. E perché non
posso continuare a preoccuparmi sempre di tutto. E perché non faccio altro che
pensare a te –
Ginny lo guardò nella profondità degli
occhi:
- Harry sai
che, dicendomi questo, tu mi rendi ancora una volta totalmente impotente di
fronte a te? E che se per caso tu non pensassi realmente tutto quello che mi
hai appena detto, io potrei soffrire ancora una volta? E che fra una settimana
o poco meno partirai senza di me alla ricerca degli Horcrux
e mi lascerai qui? Lo sai tutto questo? –
- L’unica
cosa che so ora è che ho bisogno di te –
- Come
faccio a sapere che non mi lascerai di nuovo? –
- Non succederà
–
Ginny si alzò. Avrebbe voluto dire
qualcosa, qualsiasi cosa. Ma dalla sua bocca usciva solo un respiro tremante, e
un po’ spaventato.
La fiamma
tremula della candela li illuminava, come ombre furtive.
Harry le
prese il volto fra le mani.
Le sfiorò
il naso con il suo. E poi la baciò, piano. Ritrovando la Ginny
che gli sorrideva sul campo da Quiddich. La Ginny che aveva spesso un’espressione dura e splendente di
felicità. La Ginny che prendeva in giro Fleur. La Ginny che aveva colto
due margherite sul prato di Hogwarts, ridendo come
una bambina. La Ginny delle tremende fatture orcovolanti. La Ginny senza
lacrime del funerale di Silente. La Ginny che ballava
scatenata al matrimonio nel suo abito di raso troppo stretto. La Ginny che aveva desiderato. La Ginny
che ora era di nuovo sua.
La luce
della luna filtrava dalle tende della camera.
Forse in
fondo Silente aveva ragione: essere capaci di amare è spesso una fregatura. Ma
può essere anche la fortuna più grande del mondo.
- fine -