Il giorno successivo andai a scuola a piedi, la notte aveva nevicato e mi piaceva camminare in mezzo alla neve fresca.

Stava procedendo tutto normalmente, quando all'intervallo mi ritrovai davanti a qualcosa di inaspettato.

Assieme a Jake e ai suoi amici, c'era un nuovo ragazzo, e dalle voci che giravano in quel periodo nella scuola ero sicura che fosse suo cugino, quello che si era trasferito nella nostra città da poco. 

Mi spinsero nel bagno, come sempre.

Volevano dei soldi, e avrei dovuto dare loro tutti quelli che avevo per il pranzo.

Stavano iniziando a picchiarmi e a darmi spintoni. Tutti ridevano, nessuno escluso.

Stavo cominciando a porre resistenza, quando Jake mi spinse addosso al lavandivo e vomitai.

Un'istante dopo, quando i ragazzi stavano rovesciando il mio zaino per rubare i soldi, quello nuovo, il ragazzo nuovo, si mise a fissarmi e parlò. Si mise ad urlare contro Jake, contro gli altri, diceva loro che stavano esagerando e non era più divertente.

Prese il mio zaino e lo buttò fuori dal bagno, sotto gli sguardi sbigottiti degli altri.

Mi sollevò dal lavandino e mi portò in corridoio sussurrandomi un debole «corri, vattene», per poi ritornare dai suoi amici.

Rimasi un momento immobile, senza capire cosa stesse succedendo, senza sapere cosa fare, e ritornai velocemente in classe.

"All my windows still are broken

but I'm standing on my feet."

Le due ore seguenti passarono abbastanza velocemente, e nell'ultima, con stupore, mi resi conto di essere nello stesso corso di biologia del ragazzo nuovo. Aveva la mia età e si chiamava James Benson. Era alto, muscoloso e abbronzato, dall'aspetto sembrava più grande rispetto all'età che aveva e doveva provenire probabilmente dalla California. Aveva i capelli scuri e gli occhi chiari, profondi come l'oceano.

Alla fine delle lezioni mi avvicinai a lui per ringraziarlo per avermi difeso da Jake e i suoi amici, e con un po' di coraggio riuscii a parlargli.

«Ehi, grazie per prima.»

«Non ho idea di cosa tu stia parlando.»

«C..Come no? Mi hai difesa.»

«Non capisco, scusa. Devo andare ora, ci si rivede.»

Era assurdo che si fosse dimenticato di ciò che era successo all'intervallo e non riuscii a farmi una ragione percui facesse finta di non capire.

Quando mi disse quelle parole, sembrava in imbarazzo e che volesse nascondere quello che aveva fatto.

Non mi davo pace a pensare al perchè di quel comportamento e ci pensai tutta la sera.

In fondo però era stato gentile, e questo mi fece stare meglio. A quanto pare, forse, tutto avrebbe potuto risolversi prima, anche se i pensieri positivi che giravano nella mia mente erano pochi ed ero quasi del tutto convinta che si fosse trattato di un caso.

Comunque, quella giornata era andata meglio del previsto.

Accolsi mio padre con un caloroso sorriso quella sera e con una deliziosa cenetta preparata con tanto amore.

Ed un altro giorno era andato.

"You can take everything I have,

you can break everything I am

like I'm made of glass,

like I'm made of paper.

Go on and try to tear me down,

I will be rising from the ground

like a skyscraper."

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Buonasera a tutti!

Spero vi piaccia la continuazione della storia,

che continuerà sicuramente.

In qualsiasi caso, mi farebbe piacere se lasciaste

delle recensioni dove esprimete il vostro parere.

Grazie mille,

Olga.