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Autore: Annabelscrive    15/12/2012    1 recensioni
Ero la solita abitudinaria, senza un obbiettivo nella vita.
Da quel giorno tutto è cambiato, dentro quelle mure tutto cambia, tutto diventa oscuro.
Per uscire sarei dovuta cambiare completamente.
Credevo fosse facile, non fu mai così.
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
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E fuori, l’acqua bagnava le pareti della mia finestra.

Scorreva giù, senza fermarsi, odio i vetri bagnati, per me è come se mancasse qualcosa.

E vederla andar giù tra i minuscoli vetri  di quella  microscopica cella mi intristiva ancora di più.

Cercavo costantemente di ritornare alla mia quotidianità, mentre mi prendevo le ginocchia  avvolgendole con le braccia.
Ricordavo tutto di ciò che mi era successo prima di ritrovarmi qui.

L’estate oramai,è quasi finita, e con quel ticchettio delle gocce dal mio davanzale riuscivo  già  a sentire tutto ciò che questo autunno aveva da riservarmi.

Onestamente, non odio, la pioggia, anzi, essa rende tutto così, fresco, ma d’altra parte detesto le cose bagnate.
Sebbene tutto questo ho un ribrezzo, ancora, a portare l’ombrello.

“Piuttosto arrivo zuppa a casa, ma l’ombrello non lo uso”.

Il sol pensiero di dover ripararmi da qualcosa di naturale mi faceva riflettere, “ se la pioggia fa parte del nostro universo, non ci potrà mai fare del male, allora perché ci dobbiamo riparare da qualcosa che fa parte di noi?”

Mi giravo di tanto in tanto per vedere se quel ticchettio era finito, quest’ultimo si sentiva di meno. 

“Tra poco finisce di piovere, era solo una pioggia passeggera!”

Aveva smesso.

Pensai, che per me fosse tempo per uscire.
Mi vestii , con il mio solito ottimismo, quindi nonostante  fino a pochi istanti fa ci fosse una pioggia così forte, indossai pantaloncini corti e canottiera.
Purtroppo niente da fare per le scarpe, infatti le indossai chiuse.Ovviamente non mi portai l’ombrello.

Preparai, la mia fedele borsa della Eastpak, dove inserii il portafoglio.

Cercai disperatamente un paio di cuffie, non potevo sapere quanto sarei stata fuori, e il mio mondo è nulla senza un po’ di musica.

Di certo il mio ordine non mi aiutò, ma  ricordai  dove li avevo messe dopo l’ultima volta,infatti le trovai dopo solo pochi minuti dalla ricerca.

Uscì, con la borsetta tracolla, e il cellulare nella mano.

Chiusi  la porta,la mia eleganza, non ha limiti, e quindi finì, come al solito per sbatterla.

Indosso le cuffie,appena entrata in ascensore.

Misi musica casuale, ma alla fine finisco sempre per cambiare e sentire le solite 3- 4 canzoni per tutta la durata della mia passeggiata.

Questa volta il mio cellulare, mi propose come prima canzone, l’amore è un altra cosa, di Arisa.

Mi intristisce così tanto  quella canzone, ma la purezza della voce che ha lei, ha un effetto peggio della droga così, misi immediatamente la ripetizione automatica.

Ho intenzione di ascoltarla per un po’.

Nel frattempo  sono già metà del mio percorso abituale.

Quella “droga” mi fa cantare, adoro cantare.

Non mi sono mai fatti tanti problemi a cantare con le cuffie, nessuno mi ha mai guardato e ascoltato per più di tanto. Nessuno per fortuna mi ha mai detto: “Guarda sei stonata smettila, subito!”.

Abbasso la voce quando sono troppo vicina a una persona, ma  non smetto mai.
Arrivai alla mia prima destinazione: Libreria.

Sinceramente, non so bene perché mi piace così tanto andarci, dato che in verità di libri da leggere ne ho.

Ma in realtà credo che sia per quell’odore di pagine nuove, e la cordialità dei commessi del negozio.

Finisco sempre per soffermarmi dalla parte artistica, e dai libri di viaggio.

Sfogliai  un libro, e mi soffermai su un immagine.
Guernica di Pablo Picasso così c’era scritto sulla didascalia di quella pagina.
 La  osservai per un po’ riflettei sulla vita di quel artista, e pensai che mi piacerebbe anche a me disegnare in quel modo.

Mi spostai verso il reparto viaggi,o Lonely Planet, come la chiamo io.

Presi uno di quei libri, così pieni di energia e che mi fanno ancora sognare.

Ricordai  i viaggi già fatti e quelli che avrei fatto in futuro e quelli che mi prometto di fare.

In verità mi converrebbe dire dove non vorrei andare dato che, sono così poche le città e i paesi, che per ora non mi piacciono. Sono sicura pero che cambierà la mia idea prima o poi.

Ancora con la stessa canzone nell’orecchio girai ancora un po’, e mi arrestai sui libri di Paulo Coelho, lessi un pezzo della trama dell’ultimo libro: Aleph.

L’unico che manca a casa mia. Mia madre li ha tutti.

Devo ammetterlo,purtroppo,ultimamente non ho letto tanto, ma Coelho mi ha fatto riprendere l’ossessione per la lettura grazie a quei due capolavori. Entrambi, mi hanno portato a sorridere, e a vivere l’avventura del protagonista.

E Aleph, sembra proprio un richiamo del cammino di Santiago, e dell’Alchimista.

Credo che prima  o poi lo comprerò, con la scusa, regalo per mia madre.

Sfogliai  qualche  altro libro in giro.

Guardai  attorno e vidi   i libri di Arthur Block, lo scrittore che a portato su carta le leggi di Murphy.

Odio quel personaggio, non in senso negativo, con la sua probabilità di sfortuna, credo che nella quotidianità abbia sempre avuto ragione.

In fondo mica le cose fanno sempre male, ma la nostra suggestione dalle leggi, ci fanno pensare che tutto va sempre storto.

Quest’oggi guardai il secondo libro delle leggi di Murphy.

A furia di andare in libreria, ho finito di girare tutte le pagine del primo. 

La canzone oramai mi aveva stufata e decisi di cambiarla 

Disattivai la ripetizione automatica e schiacciai il tasto, seguente.

Chissà che altra canzone mi avrebbe portato il mio cellulare, qualunque essa fosse ero già con il tasto cambio.
Ma non servi. 

Mi propose un’altra canzone che mi piace tanto, Princess of China dei Coldplay e Rihanna.

Pensai: “Per un po’ ascolterò questa”

E di nuovo con la ripetizione automatica attiva.

Nel frattempo mi ero già incamminata verso il mio secondo obbiettivo.

Il negozio della Brisso, amo quel negozio.

Amo quei capi d’abbigliamento, così morbidi, e amo anche il profumo che quel negozio emana, e un po’ come una seconda droga.

Purtroppo finisco sempre per passare e non comprare niente, i prezzi sono un po’ troppo altri per il mio budget. E quindi fantastico un po’ davanti alla vetrina.

Me ne andai.

Osservai un po’ il cielo, completamente sereno, senza una nuvola.

E pensare che fino a poche ore fa diluviava.

Come un fulmine.

Due, anzi tre uomini con il passamontagna entrano nella negozio, mi afferrano  e urlano:
“Questa è una rapina, se non volete vedere questa ragazza morire dateci tutto ciò che avete”.

Mi caddero le cuffie dalle orecchie, rimasi immobile.

La gente che si ritrovava li si mise subito a terra, mani sulla nuca e faccia giù.

In quegli attimi ricordo ancora il mio cuore che batteva all’impazzata, le vene pulsare sul coltello freddo appoggiato sul mio collo.

La negoziante non si muoveva.

Capii che erano già abbastanza spazientiti, infatti iniziò a fare più pressione sul  mio collo.

Cadde una goccia di sangue e urlai.

Immediatamente un’altro mi tappò la bocca.

Ricordo ancora la faccia della commessa, occhi grande, faccia pallida, e sudore che usciva dalla fronte.

Un uomo urlo: “ Allora svelta, metti tutto dentro a questa borsa!”

La donna senza neanche guardare  tiro fuori tutti i soldi, e con gli occhi fissi davanti a lei, li mise tutti dentro la sacca.

Pensavo che a quel punto mi avrebbero lasciato andare.
Uno di loro tirò fuori una pistola e uccise tre persone che si trovavano li.

Degli innocenti a dirla tutta.

Lo stesso uomo mi disse: “ Se non vuoi fare la fine di questi poveretti, ti conviene seguirci!”.

Io non sapevo ne che dire ne che fare, forse alla fine annui.

Prima di uscire uccisero anche la commessa.

Avevo capito io era l’unica testimone.

Perché allora non uccidermi?

Mi voltai indietro mentre uno di loro con il coltello puntato sulla schiena mi faceva incamminare più in là.

Camminavo e piangevo. 

Era la prima volta che vedevo veramente delle persone morire.

Non era come lo vedevo tutti i giorni a CSI.

 L’ultimo della fila si tolse la maschera e, si fece scendere una lacrima.

A passo svelto lasciammo il luogo.

 

 

Guardai un po’ attorno a me.

Per la prima volta dopo un ora decisi di osservare il posto dove mi trovavo rinchiusa.

Fino ad ora ero troppo immersa nei miei pensieri che non mi  accorsi  che accanto a me si trovavano altre due celle. 

Quel luogo presentava due enormi vetrate, non curate da tempo.

Infatti avevano già fatto la muffa.

Un odore sgradevole, probabilmente degli avanzi di cibo di altra gente,un po’ come qualcosa di putrefatto unito alla naftalina, mi salì al naso.

Immaginai fosse per cacciare via i topi, anche se fino a quel momento ne avevo visti a bizzeffe.

Probabilmente loro avevano fatto scaturire l’istinto di sopravvivenza abituandosi per fino all’insopportabile odore della naftalina.

Fissai le sbarre della mia cella, mi parvero vecchie ed arrugginite.

Le sfiorai, erano persino unte.

“Che schifo” pensai.

Credei   che fosse per il sudore della gente che si trovava qui, per tutti i disperati tentativi di chiedere aiuto e picchiare sulle sbarre.

Io non le toccai.

Solo il pensiero di dover toccare quei pezzi di metallo mi faceva rabbrividire.

Il pavimento munito di assi di legno un po’ dissestate tra di loro.

Osservandole più da vicino mi accorsi che presentavano  molti chiodi e dei buchi vuoti.

Qualche tentativo di fuga,sicuramente!

Al centro della cella  si trovava il letto.

Dava  l’idea di qualcosa di vecchio, e che stava cadendo a pezzi.

Rivestito con fodere blu, e possedeva un cuscino tutto sfilacciato.

Ed emanava una puzza terribile.

Rabbrividì al pensiero di doverci dormire.

Nella stanza si trova quel che rimaneva di un comodino in legno, mangiato completamente dai tarli.

Sopra si trovava una sveglia digitale, con dei numeri enormi.

L’avrebbe potuta leggere per fino un cieco.

Mi misi di nuovo sull’unico luogo pulito della stanza: la finestra.

Osservai i vetri bagnati e continuai a riflettere su ciò che era successo quel giorno.

Arrivammo alla macchina,salii e mi colpirono con un oggetto, mi bendarono.

Mi presero la mia fedele borsa....

Non ricordo nient’altro.

   
 
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