∞∞∞
Era
il vent'uno
Novembre. In apparenza un martedì come tutti gli altri e io,
come tutti i
giorni a quell'ora, fissavo la lancetta dei secondi dell'orologio che
passava
fin troppo lentamente da un dodici all'altro.
Meno
tre, meno due,
meno uno. Le cinque!
Finalmente
le cinque.
Ciò poteva significare solo una cosa: avevo finito la mia
giornata lavorativa!
Non che lo odiassi il mio lavoro anzi, essere socia alla pari con una
mia
carissima amica di una splendida azienda di decoratori è
più o meno sempre stato
il mio sogno, ma alla lunga ogni lavoro stanca, anche se è
il tuo preferito.
Così,
inebriata
dall'odore della libertà fuori dall'ufficio, presi la mia
borsa a tracolla e il
cappotto rosso per dirigermi nell'ufficio accanto dove si trovava la
mia socia.
Bussai
alla porta già
aperta « Au revoir, io per oggi ho finito, ci vediamo domani
Kate!»
Lei
mi ignorò per
qualche secondo continuando a schiacchiare i tasti del pc alla
velocità della
luce, per poi premere un secco "invio" e chiudere il laptop.
Stava
sicuramente
chattando con uno dei suoi spasimanti, inutile dirlo.
« Spacchi
il
secondo, eh? A domani Audrey. E cerca di arrivare puntuale per l'amor
del
cielo...»
« Ma
io arrivo
puntuale ogni giorno!» Ribattei sorridendo, cosciente del
fatto che non era
vero
« Se
tu sei
puntuale, io sono una suora di clausura.» Risi di gusto ad
immaginarmi Kate
suora, cosa che non sarebbe potuta accadere neanche in un universo
parallelo,
credo.
E'
completamente
negata a tenere in piedi una relazione, ma di certo non se le fa
mancare mai!
M’incamminai
verso
l'uscita infilando il cappotto e dopo aver stretto per bene il cordone
sulla
vita aprii la porta facendomi travolgere dall'aria fresca di Parigi.
Mentre
avanzavo verso la fermata della metro notai che il solito barbone era
sempre
seduto sul marciapiede della mia azienda.
Quell'uomo
mi faceva
tenerezza, anche se non lo conoscevo. In realtà, non l'avevo
nemmeno mai visto
in faccia: portava sempre un cappello peruviano con tanto di sciarpa e
occhiali
scuri. Per non parlare del suo enorme, o meglio, abnorme giubbotto
nero...
Comunque, nonostante l'aspetto mi era particolarmente simpatico...
Sarà
stato perché un
giorno, lo scorso inverno, dalla finestra del mio ufficio avevo visto
dei
bambini lanciargli addosso delle palle di neve, ma lui niente.
Impassibile.
Non
mosse neanche un
muscolo, tanto che pensai fosse morto dal freddo, infatti su consiglio
di Kate
andai in missione a verificare che fosse vivo.
Mi
armai di qualche
spicciolo -in caso fosse stato vivo, non potevo andare a fissarlo e
basta- e
scesi di corsa fingendomi una passante.
Chinandomi
per
lasciar cadere gli spiccioli nel barattolo di latta che teneva vicino a
se',
potei udire un «Grazie» molto pacato e rauco, al
suono di quegli unici euro
appena caduti là dentro. Quindi era vivo.
Da
quel giorno ogni
volta che uscivo da lavoro gli lasciavo qualcosa dentro al barattolo,
una volta
mi sentii più generosa del solito e gli diedi cinque euro:
il giorno dopo aveva
comprato un paio di guanti.
Per
quello mi faceva
tenerezza: non era il solito barbone che usa i soldi per comprarsi
dell'alcool.
Così
giorno dopo
giorno gli davo quel che potevo; e anche quel giorno mi incamminavo
verso di
lui per lasciargli la solita mancia, ma forse avrei dovuto concentrarmi
un po'
più su dove mettevo i piedi piuttosto che fantasticare a
occhi aperti come mio
solito.
Fu
questione di un
secondo, quando il mio piede s'imbattè in una maledettissima
foglia bagnata che
mi fece quasi essere alla pari con un campione di sci.
Presi
tutti gli
ostacoli, compreso il barattolo di latta del barbone, per poi cadere
poco
aggraziatamente di schiena.
« AHIA!
Mannaggia-la-miseria. Stupida foglia!» Commentai ancora stesa
a terra mentre mi
massaggiavo la testa, ignara del fatto che il barbone mi stesse
fissando: ero
caduta precisamente davanti a lui. Che figura.
Mi
rialzai dolorante
« Mi scusi! Non volevo quasi caderle addosso, ma la foglia...
non l'ho vista
e-»
« Il
barattolo.»
Puntò l'indice per indicarmelo: era finito qualche metro
più avanti e sembrava
proprio che lo dovessi andare a riprendere io.
« Hey,
potevo
rompermi un'osso! E se avessi un trauma cranico? -continuai mentre
andavo a
prendere il cilindro di latta- Potrei perdere conoscenza proprio qui
davanti a
lei e lei pensa al suo barattolo?! Tanto è vuoto,
perché diciamocelo, se non ci
fossi io col cavolo che ci sarebbe mai qualcosa.» Sbottai
porgendoglielo e
mettendoci qualche spicciolo dentro -tanto per continuare la
tradizione-.
Lui
rise sonoramente
a quel mio gesto, mostrandomi un sorriso un po' malcurato ma
stranamente
familiare... Si bloccò subito notando che lo guardavo
più del dovuto, tornando
serio.
« Beh
grazie. E
comunque lei sembra tutta intera: nessun trauma, può star
tranquilla, quindi
non vedo perché tante storie per andare a riprendere il
barattolo che lei
ha fatto rotolare via.» Mi sorrise divertito
« Ah,
quindi lei
è un barbone solo per hobby, poi la notte si trasforma in un
dottore
specializzato, giusto?» Stavo esagerando, non avrei dovuto
toccare quel punto.
Insomma, chi mai andrebbe a rinfacciare ad un barbone di esserlo?!
Fece
un ghigno un po'
abbattuto « Come, non lo sa? Ormai tutti hanno una doppia
vita.» Esclamò con
leggerezza, cercando di nascondere l’offesa
« Ok,
mi scusi.
Battuta infelice, non volevo...» Abbassai lo sguardo per
fissarmi i piedi
decisamente pentita, ma si posò invece su un particolare
alquanto diverso: un
tre, tatuato sulla mano sinistra dell'uomo.
Il
mio neurone si
accese improvvisamente come una lampadina, e i miei occhi si spostarono
velocemente dal tatuaggio al sorriso, poi di nuovo alla sua mano, poi
ancora al
sorriso.
Spalancai
gli occhi
incredula e l'uomo, dopo aver ritratto la mano e aver smesso di
sorridere,
indietreggiò.
« Ehm...
Che
c'è?» Chiese, sicuramente spaventato dalla mia
espressione da maniaca
« Ommioddio
anche la voce!» Sussurrai più a me stessa che a
lui, che però mi sentì lo
stesso e fece per serrare le labbra: cosa che aumentò di
molto il mio strano
presentimento.
L'uomo
iniziò ad
innervosirsi sotto il mio sguardo fisso, e per cercare di calmarsi si
grattò la
testa e subito dopo passò a sistemarsi i baffi con l'indice
e il pollice.
Come
faceva sempre,
pensai. Ossantamadonna è lui.
Ok
Audrey, smettila
di fissarlo, smettila di fissarlo, smettila di fissarlo!
« E
va bene,
come mi hai scoperto?» Ovviamente aveva capito di essere
stato smascherato, e
senza troppe cerimonie iniziò a darmi del tu. E
così feci anch’io.
Scossi
piano la
testa, credendo di sognare « Non lo so, penso sia stato il
tatuaggio sulla mano
a farmi salire il dubbio, anche se quando hai sorriso avevo
già notato qualcosa
di familiare... sapevo di averlo già visto quel sorriso, ma
non sapevo dove. E
poi quel modo di "accarezzarti" i baffi, con quello ho capito tutto.
Lo facevi sempre, magari quando ti consegnavano un premio ed eri
nervoso perché
non ci credevi, allora ti sfioravi i baffi in quel modo...»
Ho
gli occhi lucidi,
vero?
Ero
sconvolta, non ci
potevo credere, avevo davanti a me l'uomo che mai nella vita mi sarei
sognata
di incontrare, il mio idolo, l'Adone più bello di sempre e
l'attore più bravo
del mondo -per me-: Johnny Depp. Vestito da barbone, ma pur sempre
Johnny Depp.
Perché
poi fosse
conciato in quel modo non lo sapevo, ma avrei scoperto tutto a tempo
debito, ne
ero certa. Intanto però che fare?
Dovevo
parlarci. No,
ci avevo già parlato, più o meno. Dovevo rapirlo.
Sì,
lo metto in un
sacco di patate e lo rinchiudo in cantina. Nessuno saprà
niente. No, no,
rapirlo no. Gli salto addosso. Okay, no, magari saltargli addosso non
è una
cosa da fare subito, forse più tardi... chissà.
Un
caffè. Potrei
offrirgli un caffè così mi spiega anche
perché diamine fa il barbone sotto la
mia azienda...
Macché
Audrey, non sa
manco chi sei. Presentati razza di idiota!
« E'
assurdo. Mi
hai riconosciuto da un gesto?!» L’attore, che solo
allora si decise a dir
qualcosa, sembrava più scioccato di me.
Ma
perché, è così
strano che l'abbia riconosciuto da quello? Sono forse una fan maniaca e
fissata?! Oddio.
« Ehm...
si.»
« Eri
una mia
fan?» Chiese stranito, anche se credo sapesse già
la risposta
« Lo
sono
ancora... Piacere io sono Audrey Morel, molto felice, imbarazzata e
incredula
di conoscerti!» Partii in quarta, senza pensarci troppo e gli
feci sfuggire un
sorriso.
« Piacere
mio,
Audrey.» Disse stringendomi la mano « Immagino non
ci sia bisogno che mi
presenti anche io»
Risi
« No infatti...
Senti, giusto perché forse non mi capiterà
più nella vita: vorrei davvero
sapere che ci fai qui.
In
cambio ti offro un
caffè o qualsiasi altra cosa tu voglia, ci stai?»
Feci lo sguardo più ammaliante
che mi uscì per cercare di convincerlo.
« Ti
capita
spesso di offrire caffè agli sconosciuti?»
« Ma
tu non sei
uno sconosciuto! Tu sei Johnny Depp!!! Non so se ti è ben
chiara la cosa, e poi
come ho già detto, non credo mi ricapiterà
più nella vita.» Mi giustificai
tutto d’un fiato
« Va
bene, va
bene, non lo urlare ai quattro venti però.
Andiamo.» Sorrise mentre iniziò a
camminare senza una meta.
Non
so perché pensai
che mi stesse solo dando il contentino, ma dopotutto stavo andando a
prendere
un caffè con Johnny Depp, cosa che mai nella vita mi sarei
sognata di fare,
quindi ignorai quella vocina nella testa che mi diceva che lo stavo
praticamente costringendo e mi decisi a raggiungerlo iniziando a
camminare al
suo fianco
« Allora
signorina Morel, dove andiamo?»
« Cafè
de Flore.
Ti va?» Chiesi timidamente. Non volevo aspettare decenni per
sapere tutto,
quindi scelsi il più vicino: proprio dietro l'angolo.
Ci
passavo spesso a
quel Cafè, era piccolo ma molto accogliente.
« Bella
scelta,
lì nessuno noterà che vai in giro con un
barbone» Rise, anche se credo si
vergognasse del suo aspetto così trascurato.
« Ma
che dici,
ho scelto questo perché voglio sapere tutto subito, ed
è l'unico nei paraggi.»
Risposi decisa mentre allungavo la mano per aprire la porta del piccolo
Cafè,
ma lui mi precedette mettendosi davanti e aprendo la porta, facendo
passare me
per prima.
Gli
sorrisi
calorosamente ed entrai, prendendo posto ad un tavolino vicino alla
vetrata
colorata con diversi fiori disegnati.
Lui
prese posto
davanti a me, e dopo esserci tolti i cappotti sapevo che dovevo
iniziare io la
conversazione, almeno per metterlo a suo agio.
« Non
ce n'era
bisogno» Dissi riferendomi al gesto di poco prima
« Le
buone
maniere non le ho ancora perse, è il minimo»
Rispose mentre si toglieva gli
occhiali neri, permettendomi finalmente di osservare i suoi occhi
scuri, anche
se un po' spenti.
Ordinammo
e inizammo
a parlare, prima del più e del meno, poi del tempo, poi
volle sapere qualcosa
su di me. Così gli raccontai del mio lavoro, di quella pazza
di Kate,
dell'altra mia migliore amica Charlotte e del mio ex fidanzato Andrew,
con il
quale ero stata per due anni.
Ci
eravamo lasciati
da poco, neanche due settimane, ma Andrew era il tipo di ragazzo
testardo che
non capisce quando una cosa arriva al termine.
E
credetemi, era
finita molto prima di quelle due settimane. Ma di certo non volevo
annoiare il
mio idolo con questa storia, solo che non sapevo più che
dirgli sul mio conto.
Che
si può dire su
Audrey Morel? Fa una vita abbastanza monotona, e dalle cinque del
pomeriggio in
poi non ha assolutamente niente da fare.
A
meno che una delle
sue strampalate amiche non decida di trascinarla in qualche locale
Parigino a
far baldoria, senza una motivazione di solito, ma in questo periodo la
motivazione era la rottura con And. Ecco, di nuovo a parlare di lui,
che
diamine.
Devo
trovarmi
qualcosa da fare dopo questi due anni di "prigionia dal mondo
esterno".
« Ora
scusami,
ma basta parlare di me» Dovevo assolutamente arrivare
all'argomento principale,
cioè lui.
« Oh
ti prego,
speravo non arrivasse mai questo momento...» Si mise le due
mani sulla faccia
sbirciandomi attraverso le dita. Io istintivamente alzai il
sopracciglio per
incitarlo a parlare
« Devo
proprio?»
Mugugnò, e io risposi con un «
Assolutamente».
E
così, dopo uno
sbuffo iniziò.
Mi
raccontò di come
fosse caduto sempre più in basso dopo l'uscita di Dark
Shadow, di come tutti i
giornali, le riviste e i paparazzi l'avessero messo in cattiva luce e
di conseguenza
nessuno aveva più voluto lavorare con lui. Neanche Tim, che
dopo la lunga
assenza dal mondo del cinema aveva rinunciato alla sua presenza sui
suoi set.
« ...
Litigammo,
io e Tim. Forse mi arrabbiai troppo con lui, gli diedi le colpe di
tutto, dissi
che alla fine ci stavo rimettendo io solo per averlo assecondato in
quello
stupido film.
E
da quel giorno non
lo sentii più. Per quanto riguarda Vanessa, litigai anche
con lei, ma so che
aveva ragione: dopo il casino con il lavoro... beh, diciamo che tornai
il
Johnny quindicenne di molto tempo fa.
Mi
creai anche un
sacco di debiti e nel tentativo di eliminarli persi tutto. Da qui la
sua
decisione di andarsene, almeno fino a quando non avrei messo di nuovo
tutto a
posto.
E
ora, eccomi qui a
prendere un caffè con te, Audrey. Fine della mia tragica
storia.» Si mise a
ridere, ma per quanto fosse un attore favoloso non riusciva proprio a
darmela a
bere.
Era
triste, sempre.
Più lo osservavo e più lo notavo, nei suoi occhi
non si vedeva più la
profondità di una volta, quella scintilla che da
più piccola mi faceva stare
ore incollata a guardare chissà quale sua intervista.
Quando
parlava di
Vanessa poi, glielo si poteva leggere in faccia che le mancava, e
tanto.
Dei
figli non aveva
parlato, e io non mi ero azzardata a chiedere, forse sarebbe stato
troppo.
« Mi
dispiace
davvero tanto, è terribile tutto questo. Ma com'è
possibile che tu sia finito
per strada? Tutti i tuoi amici? La tua famiglia? Dove sono,
perché nessuno ti
ha aiutato?» Era davvero assurdo: con tutta la gente che
conosceva possibile
che non ce ne sia stato uno, dico uno, pronto a dargli una mano?
« Sai
Audrey, se
c'è una cosa che ho imparato da tutto questo è
che la frase "Gli amici si
vedono nel momento del bisogno" è tremendamente vera.
Infatti,
li puoi
vedere tutti benissimo. La mia famiglia invece... beh, è
stato un po' come con
Vanessa.»
La
conversazione
stava peggiorando, mi rendevo conto che le mie domande e la mia
curiosità non
facevano altro che aumentare i suoi brutti ricordi,
quindi
decisi di non
chiedergli più niente, mi limitai solo ad un « E'
assurdo».
E
lo era davvero,
perché nonostante tutto a me dispiaceva per lui, eppure non
lo conoscevo.
Quindi il solo pensiero che la sua famiglia e i suoi amici se ne
fossero sul
serio fregati mi infastidiva più di quanto potessi
immaginare.
« Non
prenderla
male, ma tu non hai qualcosa da fare stasera? Insomma, si è
già fatto tardi...»
Quella domanda mi fece riatterrare sul pianeta terra e mi costrinse a
guardare
l'ora. Erano già le otto. Avevamo passato tre ore dentro ad
un Cafè -che tra
l'altro stava per chiudere- a parlare delle nostre vite.
Però
si, io qualcosa
da fare in realtà l'avevo, dovevo andare ad una stupidissima
cena tra amici
dove ci sarebbe stato anche Andrew.
Fantastico.
« Veramente
sì,
ho una cena a cui sfortunatamente non posso mancare, cosa che in
realtà farei
volentieri.» Sbuffai lasciandomi cadere sullo schienale della
sedia.
« Beh,
allora la
smetto di annoiarti e ti lascio andare, non vorrei facessi tardi per
colpa mia»
Ma sentitelo, annoiarmi, lui... Che assurdità!
Però
ripeto, dovevo
assolutamente andare.
« Mi
ha davvero
fatto piacere Johnny, non sai quanto!» Dissi infine,
rassegnata all’idea di
doverlo abbandonare
« Anche
a me, e
grazie di tutto.»
Ci
alzammo, ognuno
prese i suoi effetti e dopo aver pagato uscimmo dal Cafè,
con gran sollievo del
proprietario aggiungerei; credo ci volesse aggiungere alla mobilia
ormai.
« Allora...
ci
si vede» Disse sorridendo mentre si infilava il giubbotto
« Già...»
Ero
talmente presa ad osservarlo andar via che stavo dimenticando un
particolare
essenziale.
Ma
dove cavolo stai
andando, Audrey?! Lo lasci così? Ti sei forse dimenticata
dove l'hai
incontrato? No perché, come minimo starà tornando
lì.
« Hey
aspetta!
–gridai per fermarlo- Ma... si insomma, tu un posto per
dormire ce l'hai,
vero?» Si voltò e attese un attimo prima di
rispondermi
« Certo,
non ti
preoccupare...» Inizio a pensare che forse hanno
fatto bene a non volerlo
più sui set...
In
conclusione, non
ci credetti nemmeno per un secondo. Mi precipitai a prenderlo per un
braccio.
Per portalo dove, non lo sapevo.
« Andiamo.»
Rise
di gusto «
Faccio davvero schifo come attore.»
Sì
Johnny, me ne sto
accorgendo.
Qualche
mezz'ora più
tardi -caso strano- eravamo di nuovo nei paraggi del cafè.
« Ma
non ci
siamo già passati qui? Stiamo girando in tondo...»
Se non ci fossi tu a
dirmelo guarda...
Esatto,
non avevo
ancora la minima idea di dove portarlo, e si stava veramente facendo
tardi. Due
cose erano sicure: non l'avrei abbandonato di nuovo per strada, ma non
l'avrei
neanche portato a casa, non mi sembrava il caso... e poi ho solo un
letto.
Va
bene Audrey,
pensa...
« Ci
sono!»
Esclamai bloccandomi di colpo e costringendo lui a fare altrettanto,
visto che
non avevo ancora mollato la presa dal suo braccio.
Mi
guardò con aria
interrogativa e lo trascinai su una panchina poco distante, avevo come
la
sensazione che quello che dovevo fare avrebbe richiesto un po' di tempo.
« Mi
hai trovato
un alloggio? E' comodo...» Scherzò sedendosi, e io
lo fulminai mentre prendevo
il telefono dalla borsa e componevo il numero dell'unica
-ahimè- persona che ci
avrebbe potuto aiutare: Leo.
Un
mio carissimo
amico, estremamente gay, snob all'inverosimile e guardate un po':
direttore di
una locanda.
« Sul
serio
Audrey, non disturbarti per me, me la so cavare» Ed ecco di
nuovo la frase che
non smetteva di dire da almeno un'ora, lo ignorai e premetti il tasto
verde del
cellulare.
Leo
rispose subito.
« Zucchevo!»
Non
era mai riuscito a pronunciare la “r”, e dopo un
periodo di risate mi ci ero
abituata.
« Leeeo...
Come
stai tesoro?»
« E
va bene,
cosa ti sevve stavolta? Una bavca? Un' elica? Un piccolo pezzo di legno
che poi
incollevai ad un muvo e chiamevai: Avte?»
« Ehm,
no.
Diciamo qualcosa di più impegnativo... Però mi
devi assolutamente aiutare, Leo.
Ti prego, ti prego, ti prego!»
« Spava.»
« Un
posto alla
locanda. Giuro che troverò modo di pagarti prima o
poi!» Bugia. Perché la
locanda di Leo, si da il caso fosse una delle più care a
Parigi.
A
meno che non avessi
vinto alla lotteria, non avrei mai potuto permettermi due notti
là dentro.
« Stai
schevzando?! No.» Rispose deciso, sapendo già che
me l’avrebbe dovuto dare
gratis.
« Ma
Leo... è
davvero, davvero importante, lo sai che se no non
ti avrei chiesto niente...»
Cercai di convincerlo parlando con la voce più tenera che
riuscii a fare
« No.
E poi
siamo al completo!»
« Non
ti credo.
Sei pessimo quando menti.» Lo fulminai, mentre Johnny se ne
stava seduto sulla
panchina a cercare di capire cosa stesse accadendo.
« Gvazie.»
« Leo...
Lo sai
che ti voglio un mondo di bene, vero?» Ok, questa
è sempre stata la mia ultima
carta da giocare, e fin ora ha sempre funzionato.
« Quanto
sei
vuffiana Audvey. Ci vediamo qua tva un'ova, e non povtavmi cani vandagi
o cose
simili. Te ne pvego!» Mi riattaccò il telefono in
faccia, ma Leo è fatto così:
totalmente privo di affetto "o cose simili", come dice lui.
Io
intando mi spalmai
il palmo della mano sul viso. Leo non avrebbe mai accettato Johnny in
quelle
condizioni, forse a stento l'avrebbe riconosciuto, figuriamoci.
« Allora?»
Mi
domandò con aria curiosa, facendomi spuntare un sorriso
spontaneo
« Fra
un'ora
avrai un alloggio tutto tuo! - risposi con un po' troppa enfasi- Prima
però,
dobbiamo fare una piccola tappa a casa mia.» Già.
Dovevo almeno cercare di
rimetterlo un po' apposto, barba, capelli... E poi io ero in un ritardo
assurdo
per la cena, dovevo prepararmi.
L'avrei
accompagnato
alla locanda e poi sarei andata, sì. Un piano
perfetto.
Tranne
per il fatto
che non avrei mai avuto il coraggio di dirgli che avrebbe dovuto
rendersi
presentabile per Leo. Lui ancora non sapeva neanche chi fosse Leo, e
non sapeva
neanche del suo carattere snob, acido e –per chi non lo
conosce-
insopportabile.
Insomma,
lo stavo
conducendo nella tana del lupo.
Primo
capitolo! *Ma va?*
Lo
so, lo so, il modo in cui si sono incontrati è banale e per
niente originale.
Ma
dovete sapere che io quando camino per strada immagino sempre di
incontrare
persone improbabili, in modi improbabili.
Praticamente
è così che è nata questa cosa xD *Ci
ho fatto un’intera storia... Ora potete
rinchiudermi seriamente!*
Son
davvero curiosa di sapere cosa ne pensate però, quindi
sbizzarritevi!
Anche
critiche eh, non mi offendo u.u
Dal
prossimo capitolo in poi ci saranno anche i Johnny’s Pov,
contente?
Spero
di sì.
Ah,
il personaggio di Leo, lo devo dire, è totalmente ispirato a
Michelle di
“Gilmore Girls” o brutalmente tradotto in
“Una mamma per amica”.
Quindi
boh, immaginatelo così se volete xD
Bene,
lascio spazio a voi e mi dileguo.
Un
bacione e grazie ancora a tutte quelle che recensiscono/seguono, ci
vediamo al
prossimo!
June.