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Autore: June_    15/12/2012    8 recensioni
Un Johnny Depp barbone costretto a chiedere l'elemosina nelle strade di Parigi e una giovane donna che tenterà di farlo tornare il famoso attore di sempre. Insieme riusciranno nell'intento?
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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∞∞∞

 

 

Era il vent'uno Novembre. In apparenza un martedì come tutti gli altri e io, come tutti i giorni a quell'ora, fissavo la lancetta dei secondi dell'orologio che passava fin troppo lentamente da un dodici all'altro.

Meno tre, meno due, meno uno. Le cinque!

Finalmente le cinque. Ciò poteva significare solo una cosa: avevo finito la mia giornata lavorativa! Non che lo odiassi il mio lavoro anzi, essere socia alla pari con una mia carissima amica di una splendida azienda di decoratori è più o meno sempre stato il mio sogno, ma alla lunga ogni lavoro stanca, anche se è il tuo preferito.

Così, inebriata dall'odore della libertà fuori dall'ufficio, presi la mia borsa a tracolla e il cappotto rosso per dirigermi nell'ufficio accanto dove si trovava la mia socia.

Bussai alla porta già aperta « Au revoir, io per oggi ho finito, ci vediamo domani Kate!»

Lei mi ignorò per qualche secondo continuando a schiacchiare i tasti del pc alla velocità della luce, per poi premere un secco "invio" e chiudere il laptop.

Stava sicuramente chattando con uno dei suoi spasimanti, inutile dirlo.

« Spacchi il secondo, eh? A domani Audrey. E cerca di arrivare puntuale per l'amor del cielo...»

« Ma io arrivo puntuale ogni giorno!» Ribattei sorridendo, cosciente del fatto che non era vero

« Se tu sei puntuale, io sono una suora di clausura.» Risi di gusto ad immaginarmi Kate suora, cosa che non sarebbe potuta accadere neanche in un universo parallelo, credo.

E' completamente negata a tenere in piedi una relazione, ma di certo non se le fa mancare mai!

M’incamminai verso l'uscita infilando il cappotto e dopo aver stretto per bene il cordone sulla vita aprii la porta facendomi travolgere dall'aria fresca di Parigi. Mentre avanzavo verso la fermata della metro notai che il solito barbone era sempre seduto sul marciapiede della mia azienda.

Quell'uomo mi faceva tenerezza, anche se non lo conoscevo. In realtà, non l'avevo nemmeno mai visto in faccia: portava sempre un cappello peruviano con tanto di sciarpa e occhiali scuri. Per non parlare del suo enorme, o meglio, abnorme giubbotto nero... Comunque, nonostante l'aspetto mi era particolarmente simpatico...

Sarà stato perché un giorno, lo scorso inverno, dalla finestra del mio ufficio avevo visto dei bambini lanciargli addosso delle palle di neve, ma lui niente. Impassibile.

Non mosse neanche un muscolo, tanto che pensai fosse morto dal freddo, infatti su consiglio di Kate andai in missione a verificare che fosse vivo.

Mi armai di qualche spicciolo -in caso fosse stato vivo, non potevo andare a fissarlo e basta- e scesi di corsa fingendomi una passante.

Chinandomi per lasciar cadere gli spiccioli nel barattolo di latta che teneva vicino a se', potei udire un «Grazie» molto pacato e rauco, al suono di quegli unici euro appena caduti là dentro. Quindi era vivo.

Da quel giorno ogni volta che uscivo da lavoro gli lasciavo qualcosa dentro al barattolo, una volta mi sentii più generosa del solito e gli diedi cinque euro: il giorno dopo aveva comprato un paio di guanti.

Per quello mi faceva tenerezza: non era il solito barbone che usa i soldi per comprarsi dell'alcool.

Così giorno dopo giorno gli davo quel che potevo; e anche quel giorno mi incamminavo verso di lui per lasciargli la solita mancia, ma forse avrei dovuto concentrarmi un po' più su dove mettevo i piedi piuttosto che fantasticare a occhi aperti come mio solito.

Fu questione di un secondo, quando il mio piede s'imbattè in una maledettissima foglia bagnata che mi fece quasi essere alla pari con un campione di sci.

Presi tutti gli ostacoli, compreso il barattolo di latta del barbone, per poi cadere poco aggraziatamente di schiena.

« AHIA! Mannaggia-la-miseria. Stupida foglia!» Commentai ancora stesa a terra mentre mi massaggiavo la testa, ignara del fatto che il barbone mi stesse fissando: ero caduta precisamente davanti a lui. Che figura.

Mi rialzai dolorante « Mi scusi! Non volevo quasi caderle addosso, ma la foglia... non l'ho vista e-»

« Il barattolo.» Puntò l'indice per indicarmelo: era finito qualche metro più avanti e sembrava proprio che lo dovessi andare a riprendere io.

« Hey, potevo rompermi un'osso! E se avessi un trauma cranico? -continuai mentre andavo a prendere il cilindro di latta- Potrei perdere conoscenza proprio qui davanti a lei e lei pensa al suo barattolo?! Tanto è vuoto, perché diciamocelo, se non ci fossi io col cavolo che ci sarebbe mai qualcosa.» Sbottai porgendoglielo e mettendoci qualche spicciolo dentro -tanto per continuare la tradizione-.

Lui rise sonoramente a quel mio gesto, mostrandomi un sorriso un po' malcurato ma stranamente familiare... Si bloccò subito notando che lo guardavo più del dovuto, tornando serio.

« Beh grazie. E comunque lei sembra tutta intera: nessun trauma, può star tranquilla, quindi non vedo perché tante storie per andare a riprendere il barattolo che lei ha fatto rotolare via.» Mi sorrise divertito

« Ah, quindi lei è un barbone solo per hobby, poi la notte si trasforma in un dottore specializzato, giusto?» Stavo esagerando, non avrei dovuto toccare quel punto. Insomma, chi mai andrebbe a rinfacciare ad un barbone di esserlo?!

Fece un ghigno un po' abbattuto « Come, non lo sa? Ormai tutti hanno una doppia vita.» Esclamò con leggerezza, cercando di nascondere l’offesa

« Ok, mi scusi. Battuta infelice, non volevo...» Abbassai lo sguardo per fissarmi i piedi decisamente pentita, ma si posò invece su un particolare alquanto diverso: un tre, tatuato sulla mano sinistra dell'uomo.

Il mio neurone si accese improvvisamente come una lampadina, e i miei occhi si spostarono velocemente dal tatuaggio al sorriso, poi di nuovo alla sua mano, poi ancora al sorriso.

Spalancai gli occhi incredula e l'uomo, dopo aver ritratto la mano e aver smesso di sorridere, indietreggiò.

« Ehm... Che c'è?» Chiese, sicuramente spaventato dalla mia espressione da maniaca

« Ommioddio anche la voce!» Sussurrai più a me stessa che a lui, che però mi sentì lo stesso e fece per serrare le labbra: cosa che aumentò di molto il mio strano presentimento.

L'uomo iniziò ad innervosirsi sotto il mio sguardo fisso, e per cercare di calmarsi si grattò la testa e subito dopo passò a sistemarsi i baffi con l'indice e il pollice.

Come faceva sempre, pensai. Ossantamadonna è lui.

Ok Audrey, smettila di fissarlo, smettila di fissarlo, smettila di fissarlo!

« E va bene, come mi hai scoperto?» Ovviamente aveva capito di essere stato smascherato, e senza troppe cerimonie iniziò a darmi del tu. E così feci anch’io.

Scossi piano la testa, credendo di sognare « Non lo so, penso sia stato il tatuaggio sulla mano a farmi salire il dubbio, anche se quando hai sorriso avevo già notato qualcosa di familiare... sapevo di averlo già visto quel sorriso, ma non sapevo dove. E poi quel modo di "accarezzarti" i baffi, con quello ho capito tutto. Lo facevi sempre, magari quando ti consegnavano un premio ed eri nervoso perché non ci credevi, allora ti sfioravi i baffi in quel modo...»

Ho gli occhi lucidi, vero?

Ero sconvolta, non ci potevo credere, avevo davanti a me l'uomo che mai nella vita mi sarei sognata di incontrare, il mio idolo, l'Adone più bello di sempre e l'attore più bravo del mondo -per me-: Johnny Depp. Vestito da barbone, ma pur sempre Johnny Depp.

Perché poi fosse conciato in quel modo non lo sapevo, ma avrei scoperto tutto a tempo debito, ne ero certa. Intanto però che fare?

Dovevo parlarci. No, ci avevo già parlato, più o meno. Dovevo rapirlo.

Sì, lo metto in un sacco di patate e lo rinchiudo in cantina. Nessuno saprà niente. No, no, rapirlo no. Gli salto addosso. Okay, no, magari saltargli addosso non è una cosa da fare subito, forse più tardi... chissà.

Un caffè. Potrei offrirgli un caffè così mi spiega anche perché diamine fa il barbone sotto la mia azienda...

Macché Audrey, non sa manco chi sei. Presentati razza di idiota!

« E' assurdo. Mi hai riconosciuto da un gesto?!» L’attore, che solo allora si decise a dir qualcosa, sembrava più scioccato di me.

Ma perché, è così strano che l'abbia riconosciuto da quello? Sono forse una fan maniaca e fissata?! Oddio.

« Ehm... si.»

« Eri una mia fan?» Chiese stranito, anche se credo sapesse già la risposta

« Lo sono ancora... Piacere io sono Audrey Morel, molto felice, imbarazzata e incredula di conoscerti!» Partii in quarta, senza pensarci troppo e gli feci sfuggire un sorriso.

« Piacere mio, Audrey.» Disse stringendomi la mano « Immagino non ci sia bisogno che mi presenti anche io»

Risi « No infatti... Senti, giusto perché forse non mi capiterà più nella vita: vorrei davvero sapere che ci fai qui.

In cambio ti offro un caffè o qualsiasi altra cosa tu voglia, ci stai?» Feci lo sguardo più ammaliante che mi uscì per cercare di convincerlo.

« Ti capita spesso di offrire caffè agli sconosciuti?»

« Ma tu non sei uno sconosciuto! Tu sei Johnny Depp!!! Non so se ti è ben chiara la cosa, e poi come ho già detto, non credo mi ricapiterà più nella vita.» Mi giustificai tutto d’un fiato

« Va bene, va bene, non lo urlare ai quattro venti però. Andiamo.» Sorrise mentre iniziò a camminare senza una meta.

Non so perché pensai che mi stesse solo dando il contentino, ma dopotutto stavo andando a prendere un caffè con Johnny Depp, cosa che mai nella vita mi sarei sognata di fare, quindi ignorai quella vocina nella testa che mi diceva che lo stavo praticamente costringendo e mi decisi a raggiungerlo iniziando a camminare al suo fianco

« Allora signorina Morel, dove andiamo?»

« Cafè de Flore. Ti va?» Chiesi timidamente. Non volevo aspettare decenni per sapere tutto, quindi scelsi il più vicino: proprio dietro l'angolo.

Ci passavo spesso a quel Cafè, era piccolo ma molto accogliente.

« Bella scelta, lì nessuno noterà che vai in giro con un barbone» Rise, anche se credo si vergognasse del suo aspetto così trascurato.

« Ma che dici, ho scelto questo perché voglio sapere tutto subito, ed è l'unico nei paraggi.» Risposi decisa mentre allungavo la mano per aprire la porta del piccolo Cafè, ma lui mi precedette mettendosi davanti e aprendo la porta, facendo passare me per prima.

Gli sorrisi calorosamente ed entrai, prendendo posto ad un tavolino vicino alla vetrata colorata con diversi fiori disegnati.

Lui prese posto davanti a me, e dopo esserci tolti i cappotti sapevo che dovevo iniziare io la conversazione, almeno per metterlo a suo agio.

« Non ce n'era bisogno» Dissi riferendomi al gesto di poco prima

« Le buone maniere non le ho ancora perse, è il minimo» Rispose mentre si toglieva gli occhiali neri, permettendomi finalmente di osservare i suoi occhi scuri, anche se un po' spenti.

Ordinammo e inizammo a parlare, prima del più e del meno, poi del tempo, poi volle sapere qualcosa su di me. Così gli raccontai del mio lavoro, di quella pazza di Kate, dell'altra mia migliore amica Charlotte e del mio ex fidanzato Andrew, con il quale ero stata per due anni.

Ci eravamo lasciati da poco, neanche due settimane, ma Andrew era il tipo di ragazzo testardo che non capisce quando una cosa arriva al termine.

E credetemi, era finita molto prima di quelle due settimane. Ma di certo non volevo annoiare il mio idolo con questa storia, solo che non sapevo più che dirgli sul mio conto.

Che si può dire su Audrey Morel? Fa una vita abbastanza monotona, e dalle cinque del pomeriggio in poi non ha assolutamente niente da fare.

A meno che una delle sue strampalate amiche non decida di trascinarla in qualche locale Parigino a far baldoria, senza una motivazione di solito, ma in questo periodo la motivazione era la rottura con And. Ecco, di nuovo a parlare di lui, che diamine.

Devo trovarmi qualcosa da fare dopo questi due anni di "prigionia dal mondo esterno".

« Ora scusami, ma basta parlare di me» Dovevo assolutamente arrivare all'argomento principale, cioè lui.

« Oh ti prego, speravo non arrivasse mai questo momento...» Si mise le due mani sulla faccia sbirciandomi attraverso le dita. Io istintivamente alzai il sopracciglio per incitarlo a parlare

« Devo proprio?» Mugugnò, e io risposi con un « Assolutamente».

E così, dopo uno sbuffo iniziò.

Mi raccontò di come fosse caduto sempre più in basso dopo l'uscita di Dark Shadow, di come tutti i giornali, le riviste e i paparazzi l'avessero messo in cattiva luce e di conseguenza nessuno aveva più voluto lavorare con lui. Neanche Tim, che dopo la lunga assenza dal mondo del cinema aveva rinunciato alla sua presenza sui suoi set.

« ... Litigammo, io e Tim. Forse mi arrabbiai troppo con lui, gli diedi le colpe di tutto, dissi che alla fine ci stavo rimettendo io solo per averlo assecondato in quello stupido film.

E da quel giorno non lo sentii più. Per quanto riguarda Vanessa, litigai anche con lei, ma so che aveva ragione: dopo il casino con il lavoro... beh, diciamo che tornai il Johnny quindicenne di molto tempo fa.

Mi creai anche un sacco di debiti e nel tentativo di eliminarli persi tutto. Da qui la sua decisione di andarsene, almeno fino a quando non avrei messo di nuovo tutto a posto.

E ora, eccomi qui a prendere un caffè con te, Audrey. Fine della mia tragica storia.» Si mise a ridere, ma per quanto fosse un attore favoloso non riusciva proprio a darmela a bere.

Era triste, sempre. Più lo osservavo e più lo notavo, nei suoi occhi non si vedeva più la profondità di una volta, quella scintilla che da più piccola mi faceva stare ore incollata a guardare chissà quale sua intervista.

Quando parlava di Vanessa poi, glielo si poteva leggere in faccia che le mancava, e tanto.

Dei figli non aveva parlato, e io non mi ero azzardata a chiedere, forse sarebbe stato troppo.

« Mi dispiace davvero tanto, è terribile tutto questo. Ma com'è possibile che tu sia finito per strada? Tutti i tuoi amici? La tua famiglia? Dove sono, perché nessuno ti ha aiutato?» Era davvero assurdo: con tutta la gente che conosceva possibile che non ce ne sia stato uno, dico uno, pronto a dargli una mano?

« Sai Audrey, se c'è una cosa che ho imparato da tutto questo è che la frase "Gli amici si vedono nel momento del bisogno" è tremendamente vera.

Infatti, li puoi vedere tutti benissimo. La mia famiglia invece... beh, è stato un po' come con Vanessa.»

La conversazione stava peggiorando, mi rendevo conto che le mie domande e la mia curiosità non facevano altro che aumentare i suoi brutti ricordi,

quindi decisi di non chiedergli più niente, mi limitai solo ad un « E' assurdo».

E lo era davvero, perché nonostante tutto a me dispiaceva per lui, eppure non lo conoscevo. Quindi il solo pensiero che la sua famiglia e i suoi amici se ne fossero sul serio fregati mi infastidiva più di quanto potessi immaginare.

« Non prenderla male, ma tu non hai qualcosa da fare stasera? Insomma, si è già fatto tardi...» Quella domanda mi fece riatterrare sul pianeta terra e mi costrinse a guardare l'ora. Erano già le otto. Avevamo passato tre ore dentro ad un Cafè -che tra l'altro stava per chiudere- a parlare delle nostre vite.

Però si, io qualcosa da fare in realtà l'avevo, dovevo andare ad una stupidissima cena tra amici dove ci sarebbe stato anche Andrew.

Fantastico.

« Veramente sì, ho una cena a cui sfortunatamente non posso mancare, cosa che in realtà farei volentieri.» Sbuffai lasciandomi cadere sullo schienale della sedia.

« Beh, allora la smetto di annoiarti e ti lascio andare, non vorrei facessi tardi per colpa mia» Ma sentitelo, annoiarmi, lui... Che assurdità!

Però ripeto, dovevo assolutamente andare.

« Mi ha davvero fatto piacere Johnny, non sai quanto!» Dissi infine, rassegnata all’idea di doverlo abbandonare

« Anche a me, e grazie di tutto.»

Ci alzammo, ognuno prese i suoi effetti e dopo aver pagato uscimmo dal Cafè, con gran sollievo del proprietario aggiungerei; credo ci volesse aggiungere alla mobilia ormai.

« Allora... ci si vede» Disse sorridendo mentre si infilava il giubbotto

« Già...» Ero talmente presa ad osservarlo andar via che stavo dimenticando un particolare essenziale.

Ma dove cavolo stai andando, Audrey?! Lo lasci così? Ti sei forse dimenticata dove l'hai incontrato? No perché, come minimo starà tornando lì.

« Hey aspetta! –gridai per fermarlo- Ma... si insomma, tu un posto per dormire ce l'hai, vero?» Si voltò e attese un attimo prima di rispondermi

« Certo, non ti preoccupare...» Inizio a pensare che forse hanno fatto bene a non volerlo più sui set...

In conclusione, non ci credetti nemmeno per un secondo. Mi precipitai a prenderlo per un braccio. Per portalo dove, non lo sapevo.

« Andiamo.»

Rise di gusto « Faccio davvero schifo come attore.»

Sì Johnny, me ne sto accorgendo.

Qualche mezz'ora più tardi -caso strano- eravamo di nuovo nei paraggi del cafè.

« Ma non ci siamo già passati qui? Stiamo girando in tondo...» Se non ci fossi tu a dirmelo guarda...

Esatto, non avevo ancora la minima idea di dove portarlo, e si stava veramente facendo tardi. Due cose erano sicure: non l'avrei abbandonato di nuovo per strada, ma non l'avrei neanche portato a casa, non mi sembrava il caso... e poi ho solo un letto.

Va bene Audrey, pensa...

« Ci sono!» Esclamai bloccandomi di colpo e costringendo lui a fare altrettanto, visto che non avevo ancora mollato la presa dal suo braccio.

Mi guardò con aria interrogativa e lo trascinai su una panchina poco distante, avevo come la sensazione che quello che dovevo fare avrebbe richiesto un po' di tempo.

« Mi hai trovato un alloggio? E' comodo...» Scherzò sedendosi, e io lo fulminai mentre prendevo il telefono dalla borsa e componevo il numero dell'unica -ahimè- persona che ci avrebbe potuto aiutare: Leo.

Un mio carissimo amico, estremamente gay, snob all'inverosimile e guardate un po': direttore di una locanda.

« Sul serio Audrey, non disturbarti per me, me la so cavare» Ed ecco di nuovo la frase che non smetteva di dire da almeno un'ora, lo ignorai e premetti il tasto verde del cellulare.

Leo rispose subito.

« Zucchevo!» Non era mai riuscito a pronunciare la “r”, e dopo un periodo di risate mi ci ero abituata.

« Leeeo... Come stai tesoro?»

« E va bene, cosa ti sevve stavolta? Una bavca? Un' elica? Un piccolo pezzo di legno che poi incollevai ad un muvo e chiamevai: Avte?»

« Ehm, no. Diciamo qualcosa di più impegnativo... Però mi devi assolutamente aiutare, Leo. Ti prego, ti prego, ti prego!»

« Spava.»

« Un posto alla locanda. Giuro che troverò modo di pagarti prima o poi!» Bugia. Perché la locanda di Leo, si da il caso fosse una delle più care a Parigi.

A meno che non avessi vinto alla lotteria, non avrei mai potuto permettermi due notti là dentro.

« Stai schevzando?! No.» Rispose deciso, sapendo già che me l’avrebbe dovuto dare gratis.

« Ma Leo... è davvero, davvero importante, lo sai che se no non ti avrei chiesto niente...» Cercai di convincerlo parlando con la voce più tenera che riuscii a fare

« No. E poi siamo al completo!»

« Non ti credo. Sei pessimo quando menti.» Lo fulminai, mentre Johnny se ne stava seduto sulla panchina a cercare di capire cosa stesse accadendo.

« Gvazie.»

« Leo... Lo sai che ti voglio un mondo di bene, vero?» Ok, questa è sempre stata la mia ultima carta da giocare, e fin ora ha sempre funzionato.

« Quanto sei vuffiana Audvey. Ci vediamo qua tva un'ova, e non povtavmi cani vandagi o cose simili. Te ne pvego!» Mi riattaccò il telefono in faccia, ma Leo è fatto così: totalmente privo di affetto "o cose simili", come dice lui.

Io intando mi spalmai il palmo della mano sul viso. Leo non avrebbe mai accettato Johnny in quelle condizioni, forse a stento l'avrebbe riconosciuto, figuriamoci.

« Allora?» Mi domandò con aria curiosa, facendomi spuntare un sorriso spontaneo

« Fra un'ora avrai un alloggio tutto tuo! - risposi con un po' troppa enfasi- Prima però, dobbiamo fare una piccola tappa a casa mia.» Già. Dovevo almeno cercare di rimetterlo un po' apposto, barba, capelli... E poi io ero in un ritardo assurdo per la cena, dovevo prepararmi.

L'avrei accompagnato alla locanda e poi sarei andata, sì. Un piano perfetto.

Tranne per il fatto che non avrei mai avuto il coraggio di dirgli che avrebbe dovuto rendersi presentabile per Leo. Lui ancora non sapeva neanche chi fosse Leo, e non sapeva neanche del suo carattere snob, acido e –per chi non lo conosce- insopportabile.

Insomma, lo stavo conducendo nella tana del lupo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Primo capitolo! *Ma va?*

Lo so, lo so, il modo in cui si sono incontrati è banale e per niente originale.

Ma dovete sapere che io quando camino per strada immagino sempre di incontrare persone improbabili, in modi improbabili.

Praticamente è così che è nata questa cosa xD *Ci ho fatto un’intera storia... Ora potete rinchiudermi seriamente!*

Son davvero curiosa di sapere cosa ne pensate però, quindi sbizzarritevi!

Anche critiche eh, non mi offendo u.u

Dal prossimo capitolo in poi ci saranno anche i Johnny’s Pov, contente?

Spero di sì.

Ah, il personaggio di Leo, lo devo dire, è totalmente ispirato a Michelle di “Gilmore Girls” o brutalmente tradotto in “Una mamma per amica”.

Quindi boh, immaginatelo così se volete xD

Bene, lascio spazio a voi e mi dileguo.

Un bacione e grazie ancora a tutte quelle che recensiscono/seguono, ci vediamo al prossimo!

June.

 

 

 

 

 

  
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