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Autore: postergirl84    15/12/2012    18 recensioni
La Push un posto come tanti ma che per qualcuno significa casa.
La Push un posto come tanti e forse l’unico per ritrovarsi.
La Push un posto come tanti e forse l’unico per ricominciare.
La Push un posto come tanti e forse quello giusto per innamorarsi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Embry Call, Jacob Black, Nuovo personaggio, Quileute
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Capitolo 1
Come un modello di Abercrombie

 

È da quando sono scesa dall’aereo che non fa altro che piovere. Non sopporto la pioggia, fa diventare tutto grigio, freddo e soprattutto mi arriccia i capelli e ci ho impiegato tre ore a pettinarli stamattina. Che poi, a pensarci bene, che cavolo li ho pettinati a fare? Sto per finire nel terzo mondo, o forse quarto e quinto.
La Push. Non l’avevo neanche mai sentita nominare fino a due settimane fa e adesso ci devo andare in esilio. È lì che vive la migliore amica di mia madre, mai sentita nominare neanche lei, proprio una grande amicizia la loro. E lì che i miei hanno deciso di mandarmi dopo che… dopo quello che è successo.
Sbuffo e l’autobus inizia a decelerare. Controllo sul cellulare, a quanto pare è questa la mia fermata.
Forks.
Chiudo la zip della giacca di pelle e scendo. Mi guardo intorno, se questa è la cittadina non oso immaginare come sarà il resto. Do' un'altra occhiata al cellulare, forse mi sono sbagliata… sì, sicuramente, magari è la fermata dopo.
“Rose?” Mi volto e un ragazzo alto e moro mi sorride. “Sei Rose, giusto?” Chiede gentile.
Annuisco. Ma questo da dove spunta? Esiste una filiale di Abercrombie a Forks? Mi pare impossibile.
“Io sono Embry.” Mi allunga la mano.
Non che non sia contenta di conoscerlo ma “E tu chi diavolo sei?”
Ride. Non ho mai sentito nessuno ridere così di gusto. “È una gioia anche per me conoscerti, Rose. Io sono il figlio di Tiffany.”
“Non ti chiamavi Erold?”
“Erold? Ti sembro una con la faccia da Erold?”
Mi stringo nelle spalle e lo guardo. No, mi sembri solo uno che vedrei volentieri senza vestiti.
“Beh, vogliamo andare?”
“Le mie valigie”, affermo indicandogli il bagagliaio.
Mi guarda.
“Ti sembro una che si porta le valigie da sola?”  Sarai pure bello ma in quanto a buone maniere lasci a desiderare.
“Bene.” Sbuffa e mi passa accanto chinandosi sul bagagliaio. Sedere notevole non c’è che dire.
“Quali sono?”
“Quelle rosa.”
“Ovviamente”, esclama tirandole fuori e dirigendosi verso la macchina.
“Stai attento le rovini.”
Mi guarda male e apre la portiera facendomi segno con la testa di salire. Lo seguo dentro e sospiro.
“Sai la carrozza era in manutenzione”, dice ironico mettendo in moto.
Accende l’autoradio, canticchia sottovoce una canzone e ogni tanto si volta a guardarmi. Punto lo sguardo sul finestrino, non ho nessuna voglia di fare conversazione. Voglio solo tornarmene a casa mia e se mostrarmi stronza può aiutare la causa, allora sarò la regina delle stronze.
“Quindi, sei di Los Angeles.”
Annuisco continuando a fissare la strada.
“Com’è?”
“Migliore di qui, sicuro”, rispondo sbuffando e sfregandomi le mani. Si gela qua dentro. Lui non sembra scoraggiarsi alle mie laconiche risposte, accenna un sorriso e alza il riscaldamento. Come diamine fa ad indossare solo una maglietta?
“Mia madre ha detto che i tuoi nonni abitano nella riserva Makkah.”
Mi stringo nelle spalle. Cosa vuole la mia storia familiare?  “Mia madre ha vinto una borsa di studio per il college, ha conosciuto uno stronzo pieno di soldi, che poi sarebbe mio padre e se l’è sposato. Vuoi sapere pure il mio numero di sanità?”
“Volevo solo fare conversazione.”
“Evita, grazie.”
“Come vuoi.” Alza di più il volume dello stereo e picchietta le dita sul volante. Ha ancora quel sorriso sul volto. È talmente bello da essere irritante. E tanto per sapere, dove cavolo è questa riserva? In mezzo alla giungla? L’ultima volta che sono stata dai nonni avevo sei anni, mia madre a detto che La Push è simile ma…
“Ok, siamo arrivati.” Embry spegne il motore e apre la portiera. Sgrano gli occhi. Che vuol dire che siamo arrivati? Ormai piove talmente forte che non riesco neanche a capire dove siamo arrivati.
Scende dall’auto e lo sento aprire il portabagagli, probabilmente scarica le mie valigie e dopo un paio di minuti torna indietro, apre la portiere e sorride.
“È ora di scendere, principessa.”
“Sta diluviando.”
“Diluvia sempre qua. Meglio che ti ci abitui.”
“Se scendo mi bagno.”
Alza le spalle e sorride ancora. “Allora resta qua, ma se vieni attaccata da un orso non è colpa mia.”
“Come fa ad attaccarmi un orso se sono chiusa in macchina.”
“Potrebbe rovesciarla”, afferma tranquillamente infilando le mani in tasca.
“Stai bleffando.”
“Forse, ma sono sicuro che non vuoi scoprirlo, principessa.”
Non possono esserci orsi qua , o forse sì? Sono in mezza al nulla dopo tutto. Mi mordo le labbra  e scendo dall’auto. Lui mi sorride compiaciuto, allunga una mano e la stringe intorno al mio polso trascinandomi dietro di lui, finché non arriviamo al riparo sotto un portico. Scrolla la testa e si sposta un ciuffo di capelli fradici dagli occhi.
“Ma l’asfalto non è arrivato da voi?”  Dio, le mie scarpe.
Stavolta mi ignora ed entra dentro casa. Lo seguo.
“Ti faccio fare il giro, non ci vorrà molto.”
Mi levo la giacca bagnata, mentre lui indica con un dito il piccolo salotto dove siamo.
“Questa è la sala, la c’è la cucina – mi fa segno di seguirlo, attraversa un corridoio e indica una stanza chiusa – quella è la stanza di mia madre, lì a destra c’è il bagno, e questa è la mia stanza.” Apre una porta e allungo il collo guardando dietro di lui.
“E io dove dovrei dormire, scusa?”
“Ma nella mia stanza, mi pare ovvio.”
“Cosaaaa?” Urlo indignata, questo si è bevuto il cervello, dovrei…
“Non ti eccitare, principessa, io sto sul divano”,  dice avvicinandosi di un passo e posandomi le mani sulle spalle. Sento le guance colorarsi pericolosamente, ne mordo l’interno e lo spintono via.
Lui scoppia a ridere e si allontano per tornare poi con i miei bagagli che posiziona al centro del pavimento. “Ti ho liberato qualche cassetto”, afferma tranquillamente sedendosi sul letto.
“Quindi adesso questa è la mia stanza.”
“Già”, dice portandosi le mani dietro la testa ed osservandomi.
“E allora sparisci.” 
Scuote la testa e si alza in piedi. “Sarà proprio uno spasso averti qua in casa, principessa.”
“Non ho intenzione di restarci molto, tranquillo.” 
“Se lo dici tu.” Fa un altro passo ma poi sembra ripensarci e torna indietro. Mi fissa. “Sai la cosa degli orsi? Hai ragione bleffavo. È ai lupi che devi stare attenta.”
Sgrano gli occhi mentre lui scoppia a ridere ed esce di nuovo chiudendosi la porta alle spalle.
Mi butto sul letto e chiudo gli occhi. Sospiro, ora li riapro e sono di nuovo a casa mia, nel mio letto, nella mia camera, con la mia cabina armadio, ok proviamo, uno, due, tre… niente da fare. Ancora questa stanza con questi dannati poster. Col cavolo che dormirò con una donna nuda appesa sopra alla testa.
Mi alzo in piedi e salgo sulla scrivania, cercando di arrivare a quella stupida immagine di Megan Fox che sorride con solo indosso una maglietta bianca bagnata. Ma che razza di maniaco è quell’ Embry?  E perché diamine lo ha messo così in alto?
“Principessa, ho dimenticato di dirti… che stai facendo?”
Volto la testa e osservo Embry fermo sulla porta e non so perché mi sento incredibilmente idiota, qua in piedi sopra la sua scrivania. Incrocio le braccia al seno e lo guardo inviperita cercando di mascherare il mio imbarazzo.
“Perché diavolo non bussi?”
“È la mia stanza.”
“Non più, ora è mia.”
“E suicidarti è un modo per marcare il territorio?”
Alzo gli occhi al cielo e gli indico il poster appeso al muro.
“Bello, eh?”
“Sì, Embry, una vera opera d’arte. Ora levalo.”
“Non ci penso proprio.”
“Io non dormirò con quello in camera.”
“Allora resta sveglia… o prova a dire per favore.”
Cosa? Neanche morta.  “Bene faccio da sola.” Salgo sulle punte e provo ad allungarmi il più possibile, i tacchi alti non aiutano certo il mio equilibrio, barcollo e chiudo gli occhi per preparami all’ impatto ma due mani mi sorreggono per i fianchi.  Li riapro e Embry mi sorride tenendomi in braccio. Porca miseria, così vicino è ancora più bello.
“Mettimi giù subito, animale.” Sbotto mordendogli un braccio.
“Come vuoi, principessa.” Molla la presa ed io finisco a terra con un tonfo secco.
Apro la bocca per mandarlo al diavolo ma lui è più veloce. “Ho fatto solo quello che mi hai chiesto.”
Mi rimetto in piedi e lo guardo male. Dio vorrei poterlo bruciare con uno sguardo. Mi accontenterei anche di incenerirgli solo i vestiti … ma a che diavolo penso?  Gli do le spalle e mi piego sulle valigie aprendone una. “Beh, che volevi dirmi”, sbotto infine.
“Se devi farti la doccia il boiler per l’acqua calda ha un autonomia di mezz’ora.”
Spalanco la bocca incredula, mentre tiro fuori dalla valigia un paio di stivali dal tacco alto.
“E cerca di non consumarla tutta, serve anche a me.”
“Embry, stai scherzando, vero?”
Lui si avvicina e si inginocchia accanto a me dandomi un buffetto sulla guancia.
“Non scherzo mai sulle cose serie, principessa.”
Voglio, tornare a casa subito, ora, adesso.

 

Angolo dell’autrice che non ha resistito e torna a tediarvi con le sue storie

 E adesso lo so, vi starete chiedendo: ma questa che cosa ci fa ancora qua? Non ha già due long in corso?
Quindi come prima cosa  vorrei tranquillizzare chi segue le altre mie storie: gli appuntamenti con Lotte&Tay e Jake&Bells restano invariati il Lunedì e il Venerdì.
Ma a volte capita che la notte fai un sogno e questo ti rimane addosso tutto il giorno, ci pensi e ci ripensi, alla fine cedi e lo metti nero su bianco. Il risultato del mio sogno lo vedrete in queste pagine.
Di nuovo nell’universo di Twilight, di nuovo una storia di lupi ma stavolta senza vampiri. La Push dopo lo scontro con i volturi, quando la vita ha ripreso per tutti il suo normale corso. Embry, Jake, Quil, Kim, Jared e qualche nuovo arrivo. La scuola, ragazzi di diciassette anni come tanti o forse diversi da tutti.
Grazie e Sandra che come sempre si presta a betare ogni mio delirio.
Grazie a Angel per i suoi dubbi, le sue reazioni ad ogni capitolo che mi aiutano a vedere la strada giusta da prendere e poi per il bellissimo banner.
Grazie a Ellie perché il mio Embry è diventato suo (o forse è stato viceversa) e ormai lo è pure Rose.
Grazie a Ania, Vi, Maria e Erika che aspettavano questa storia già da troppo tempo.
E grazie a chiunque leggera queste righe o aprirà per caso questa storia.
Per ora non ci sarà un  giorno fisso in cui posterò ma gli aggiornamenti saranno abbastanza frequenti.
Con affetto
Noemi

   
 
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