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Autore: Vulcania    03/07/2007    6 recensioni

[Prima Classificata Al Concorso Su Writers Arena]
Quando si tratterà di salvare la nave che sta rapidamente affondando,
chi prenderà l’unica decisione sensata?
Ron, con il suo egoismo e la sua sconsideratezza, o…
Hermione, con la sua maschera d’angoscia
ed il suo confine superato ormai da tempo?
Potrà rinsavire la nave,
o sarà meglio spezzare le sue vele
e lasciarla affondare nell’oblio?
Genere: Romantico, Triste, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’autrice: Ci terrei a ringraziare tutti coloro che hanno letto ed apprezzato

Note dell’autrice: Ci terrei a ringraziare tutti coloro che hanno letto ed apprezzato. Questa è la seconda e ultima parte della storia. Ma un ringraziamento in particolare va a liu e a Eryp92, che mi hanno lasciato un loro commento. E per rispondere ad entrambe: No, vi assicuro che è una Ron/Hermione e questo capitolo conclusivo lo conferma. Leggete e non ne rimarrete deluse^__-!

EDIT: eventuali risposte ai vostri commenti le trovate a fine capitolo.

Green Is The Colour

 

She lay in the shadow of a wave  

hazy were the visions overplayed  

sunlight in her eyes, but moonshine

 made her cry every time[…]  

 

Green is the colour, Pink Floyd

 

 

E così, lavevo presa. La decisione sensata, intendo.

Ero ritornato indietro, a casa, perché non ne potevo più di fare il debole e di lasciare che gli altri gestissero la mia vita. Dovevo fare la cosa giusta, questa volta.

Avevo bussato, ma nessuno era venuto ad aprire. Forse Hermione stava accompagnando Ingrid allasilo. Meglio, pensai, così avrei avuto tutto il tempo per prepararle una sorpresa. E poi avremmo parlato, finalmente.

Salii su per le scale, il cuore che aveva preso a battere a suo piacimento, e una nuova determinazione nello sguardo. Infilai le chiavi nella toppa ed aprii.

Hermione! dissi con enfasi, quando la vidi stesa su quel divanetto mezzo sfasciato. Era sudata come se avesse corso chilometri, e non si stupì quando mi sentì entrare. Mi sentì, già. Perché non si degnò di alzare il suo sguardo altero e fiero verso me.

Che ci fai qui? chiese, ed avvertii una cadenza nervosa nella sua voce. Mi accorsi delle spalle tese; sarebbe bastato un solo dito per mandarle in frantumi. Le mani frenetiche giocherellavano con le pieghe della stoffa che lei soffocava col suo corpo. Era insolito trovarla distesa lì. Lei odiava quel divano. Ma non vi badai più di tanto, non in quel momento.

Io e te dobbiamo parlare. Nellistante in cui riuscii a pronunciare queste parole mi sentii pago di me stesso. Dopo quellimportante decisione tutto sarebbe andato sicuramente da sé. Dovevamo farlo molto tempo fa. Ma non labbiamo fatto, ed è tempo di recuperare.

Mi avvicinai a lei che guardava ad una parte del pavimento, con incredulità forse. Un cigolio ed ero accanto a lei. Hermione. Non lo dissi, il suo nome; glielo sussurrai accostandomi al suo orecchio, non troppo perché lei si potesse scostare. La fissai con uno sguardo colmo damore, di calore. Una cosa che avevo dimenticato da tempo come si facesse. Hermione… ti va di parlare con me? Ti va di mettere fine a tutto questo?

Poi accadde lassurdo.

Lei scosse il capo, e allinizio pensai si trattasse di un temibile diniego. Mi ci volle qualche secondo per realizzare che quel movimento della testa era dovuto a singulti, singhiozzi silenziosi.

La sua voce proruppe così, soffocata da gemiti che ferivano il petto, spine di una rosa bella e terribile. No, Ron, non capisci?! È troppo tardi! Troppo tardi… e le lacrime che traboccavano copiose da quegli occhi bruni e cupi, tristi. Guardami, diamine! strillò sullorlo della disperazione. Provai a farle una carezza per tranquillizzarla, e dirle che eravamo ancora in tempo, ma si scostò così bruscamente che fu come se mi avesse preso a pugni.

Nello sconforto, e nellincapacità di gestire quella situazione, presi inconsapevolmente ed ingenuamente in mano un paio docchiali abbandonati sul divano. Poi un guizzo, un ronzio nella mente.

Ma Hermione non porta gli occhiali…

E allora di chi erano quegli occhiali? Sembravano… sembravano quelli di… erano quelli di Harry. Ne ero sicuro. E cosa ci facevano gli occhiali di Harry su quel divano, tutto disfatto, inutilizzato… cosa ci faceva la mia Hermione tutta sudata coi capelli in ribelle disordine, come solo io in passato ero riuscito a scompigliarli…

Bella e così crudele.

Ecco come mi parve in quel momento Hermione. Ecco come mi parve la realtà dei fatti, sbattutami in faccia.

Mi alzai con una rabbia insaziabile che mi stringeva il petto e mi permetteva a fatica di respirare. Dov’è? Dimmi dov’è! urlai; il mio cuore piangeva sangue, inarrestabile, il mio animo graffiato e lacerato in mille frammenti.

Hermione non rispose; piangeva e piangeva, ed io piangevo e piangevo.

Cercai per tutta la casa, sbattendo porte ed ante, come un folle. Dovera quel maledetto bastardo? Quello che credevo un amico… colui che si era portato dietro di sé la nostra amicizia e mia moglie.

Era una morte a piccole dosi, una sofferenza insostenibile che strisciava nel silenzio, sotto la pelle. Volevo trovarlo e fargli più male possibile, o volevo farmi più male possibile, non lo sapevo.

Uno stridio di qualcosa che sbatacchiava richiamò la mia attenzione. Fissai impotente la porta sul retro: era socchiusa, e sbatacchiava, martellava sul suo asse, insoffribile.

Non ne aveva il diritto. No, non aveva nessun diritto Harry Potter di andarsene fuori dalla mia portata. Doveva rimanere, doveva farsi prendere a pugni, perché adesso non sapevo davvero su chi sfogare il mio dolore, la mia rabbia.

Ritornai nel salotto dove Hermione, imperterrita, continuava a gemere abbattuta. Mi parai davanti a lei, immobile e senza dir nulla.

Mi sentivo stranamente goffo: forse per le braccia pesanti come macigni, abbandonate lungo i fianchi, o forse per lincapacità di articolare un qualsiasi suono, o ancora per i miei occhi che dovevano sembrare scolpiti nel marmo tanto erano duri, ed impenetrabili.

Piangemmo. Fu lultima cosa che facemmo insieme.

 

 

 

Green is the colour of her kind  

quickness of the eye deceives the mind  

envy is the bond between the hopeful and the damned.

 

Green is the colour, Pink Floyd 

 

Tre settimane dopo…

 

Una sottile ed insistente pioggia tamburellava sul terriccio.

Nemmeno gli scrosci improvvisi che mi sferzavano il viso riuscivano a placare la mia sete insaziabile di lacrime. Corsi, corsi per un tempo infinito, i minuti si succedevano luno allaltro ed io correvo instancabile.

Avrei voluto che quella pioggia così linda che lavava le cortecce degli alberi spogli avesse lavato anche lorrenda macchia che minsudiciava da giorni ormai i pensieri. Mi fermai soltanto quando il respiro mi venne meno e, accasciatami sullerba diradata, rotolai disperato nella fanghiglia.

Gocce che non appartenevano a quel cielo cinereo scivolarono dai miei occhi inumidendomi gli zigomi e strisciarono sinuose e malvagie come serpi nei loro covili.

Grondante sudore, sporco, mi rialzai in piedi e ripresi la mia corsa, verso casa stavolta. Avevo lasciato molti metri a dividermi dalla Tana, perciò affrettai ancor di più il passo. Poche ore e la notte avrebbe avvolto quel paesaggio incolto, lo avrebbe cullato con le carezze del vento.

Qualche minuto dopo arrivai davanti casa, aprii ed entrai in silenzio, sperando invano di esser visto.

Ginny mi venne incontro sbucando dal bel nulla. Oh, eccoti! Mi stavo preoccupando…

Ginny. constatai con voce malferma ed affannata. Sono un po stanco.

Volevo solo darti questa. Disse fuggente, evitando accuratamente di guardarmi. Era una scatola più o meno grande- per lesile corpo di mia sorella- decorata fino al più piccolo spigolo. E… di Hermione.

Non la voglio. Gettala pure. Risposi sicuro, con un tono che suonava estraneo alle mie stesse orecchie.

Ginny esitò, mentre mi apprestavo a salire in camera mia. Sai, credo dovresti aprirla. Non è… non è quello che credi.

Non è quello che credo. Non era uno stupido regalo, per farmi credere quanto tenesse a me? Non era uno dei tanti che avrebbe solo arrecato una ferita in più nel mio cuore già estremamente dilaniato?

Tuttavia la curiosità prevalse. Buffo come in momenti come questi una cosa sciocca ed insulsa come la curiosità possa sovrastare ogni altro pensiero.

Me la porse ed io la presi. Sì, la presi. Beh, significa che ti arriverà dritta in faccia se è qualcosa che non mi piace. Sei stata tu a convincermi; te ne assumi tutte le responsabilità? dissi beffardo.

Ginny mi sorrise debolmente. Ti piacerà.

Aspettai di essermi sbarrato in camera e di aver chiuso le tendine alle finestre, per aprirla. Era una cosa molto personale e non volevo che nessuno notasse con quanta curiosità toccavo quella scatola. Quanto desiderio si accendeva nei miei occhi, quanta speranza mi addolciva lanimo.

La scatola recava scritti tutti i motti, le frasi, le lettere, le frecciatine… tutto ciò che ci eravamo detti di significativo, di frizzante, di spiritoso, di affettuoso, in quegli anni passati sotto lo stesso tetto, condividendo un amore ed una bimba meravigliosi. Sollevai il coperchio, e mi sorpresi della delicatezza con cui facevo tutto quanto, quando fino ad allora avevo strappato, squarciato, ogni cosa mi fosse capitata alle mani. Ma sentivo che fare del male a quella scatola, era fare del male a me stesso. Perché quella scatola mi conteneva. Conteneva me e lei.

Dentro cerano foto su foto, tutti i regali che le avevo fatto, biglietti di partite di Quidditch viste assieme, la sua fede, finanche il velo del nostro matrimonio, ed un fiore che le avevo raccolto in una gita di campagna.

Cera tutto di noi. Tutto.

E poi una lettera. Attesi non so quanto, forse secondi, minuti, o intere ore prima di leggerla.

 

 

Le scuse non bastano. Le parole non bastano. E non basta neanche dirti ti amo. Perché è tutto più grande, più immenso, ed insostituibile. Il mio cuore è legato al tuo. E se tu hai deciso di prendere questa decisione senza ascoltare ciò che voglio io, hai tutte le ragioni di questo mondo. Ma il nostro amore è più in alto del mondo, è al di fuori di esso. Perciò se provi ancora un piccolo minuscolo sentimento per me, ti prego, non gettarlo via. Nutriamolo insieme e forse un giorno ricrescerà, e sboccerà come era agli inizi, o anche di più. Puniscimi, se devi. Ma tra una punizione e laltra, tra un pensiero di vendetta ed un altro, concedimi il tuo perdono e accoglimi con un bacio, come una volta. Per sempre tua. Hermione.

 

 

Tenevo tra le mani tremanti una sigaretta.

Non avevo mai fumato in vita mia, ed avevo iniziato così. Perché era inaccettabile per me lidea di non poter muovere le mani per modificare quella situazione in cui mi ci ero gettata da sola, lo dovevo ammettere.

La stanza era ormai impregnata da quellolezzo e nonostante sul tavolino fosse poggiato un portacenere in marmo, non me ne curavo, spargendo la cenere sul pavimento freddo.

Non ricordo di essere mai stata così male.

Ero raggomitolata più che mai in un angolo di quel divanetto, gli occhi gonfi e rossi dal pianto, le unghie di solito ben curate erano mangiucchiate a sangue.

Ingrid dormiva placida nella sua stanzetta. Anche il salotto dormiva, ed il silenzio che avanzava come una coltre di velluto, comprimendomi in quellangolo.

Era polvere di assenzio quella che mi bruciava lanimo e mi provocava fitte al petto in un senso dimpotenza e di sconfitta.

Ron non entrava ormai da più di tre settimane in quella casa; aveva preso tutte le precauzioni per non incontrarmi, anche accidentalmente. Persino per vedere Ingrid, mandava Ginny a prenderla.

E gli avevo fatto quella scatola, glielavevo fatta ricevere proprio una di quelle volte in cui Ginny era venuta qui. Glielo avevo spiegato cosera, lavevo pregata dinsistere perché Ron la vedesse.

Ma non mi aveva fatto sapere nulla.

Mi alzai con difficoltà; avrei fatto quattro passi per calmarmi, se tutto ciò poteva realmente servire a qualcosa.

E fu quando aprii la porta di casa, che rimasi basita. La scatola era lì.

Mi ci gettai contro. Sollevai il coperchio, mentre unansia crescente dirompeva in me.

Non cera nulla delle cose che vi avevo messo dentro. Cera solo una lettera.

Chiusi gli occhi, li riaprii. Respirai profondamente, trattenei il respiro. La presi, la riposai.

Infine la lessi.

 

Mi sono arrogato il diritto di prendermi le cose che cerano dentro. Spero non ti dispiaccia. Ma che dico, spero ti dispiaccia da morire. E sai cosa ti dico? Se proprio le rivuoi indietro, mi sa che non c’è altra soluzione. Devi venire assolutamente a prendertele qui da me. Anche perché hai dimenticato unaltra cosa importante, una cosa che è solo tua. Ron.

 

Sorrisi al nulla. Forse cera ancora della speranza.

 

 

The End

E con questo, la storia è finita. Vi ringrazio per aver letto e commentato; e concedetemi un grazie in particolare a PiperHG, per il bellissimo commento. Per rispondere alle domande che mi sono state poste:
- Questa fanfiction non credo avrà un seguito, sia perché è esattamente così che ha vinto il concorso, sia perché non ne trovo il motivo di un seguito. Infatti il titolo "Green Is The Colour" si riferisce alla speranza, in quanto il verde è il colore della speranza, e l'ultima parola della storia è proprio questa. Mi piace lasciare i finali aperti, che si prestano all'immaginazione e all'interpretazione libera dei lettori. Avevo pensato che mancasse totalmente il POV di Harry, ma alla fine erano Hermione e Ron che m'interessavano realmente. Poi ognuno sarà libero d'immaginare che il perdono per lui ci potrà essere come potrebbe venire a mancare.
- OOC? No. Per un semplice fatto. Sono passati anni interi dai tempi di Hogwarts e le persone non rimangono sempre le stesse. Le situazioni le cambiano. Non per niente all'inizio Hermione dice di aver fatto una scelta sbagliata(anche se poi si ricrederà^_^). Comunque non mi pare di essere andata fuori carattere, né con Hermione né con Ron. Forse su Harry si poteva fare qualche appunto, ma non avendo io messo il suo punto di vista è ovvio che non si sa cosa sia successo in quegli anni, e che non si possa giustificare il suo gesto. Fatto sta che per me il tradimento ci sta. Anzi, se devo confessare, l'idea di base era quella ma "l'amante" non era Harry. Era Draco. Ma per una one- shot era difficile parlare di tutto questo(visto che si doveva tenere in conto l'inizio del rapporto tra Hermione e Draco), e voi stessi potete vedere quanto io sia logorroica. Quindi mi è sembrato più appropriato e più crudele, da una parte, metterci Harry.
- Non ho apprezzato molto il commento di Dira. Primo perché non mi ha detto granché della storia. Secondo perché non è che solo perché sono Hermione e Ron il tradimento non ci può stare, eh^^!
- PiperHG: spero di aver risposto ai tuoi dubbi. Per i tempi, è semplice: Ron corre e piange perché sta veramente male dentro(sai, quando vorresti che tutti i tuoi pensieri svanissero, e invece ti senti troppo pesante...); arriva a casa e Ginny gli dà la scatola. Poi decide di rimandarla ad Hermione con quella lettera. Capito? Per le lettere, il mio ego già di per sé vanitoso ringrazia XD

Ciao a tutti, e alla prossima storia^__-!

  
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