Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: pandamito    18/12/2012    5 recensioni
« Cazzo ti guardi? » grida.
« Mi piacciono i tuoi leggins! » urlo di risposta.
« Ma vaffanculo, frocio! » mi insulta, andandosene.
Ho trovato la mia preda.
[...]
« Tu devi essere Zanno, Zeta, Zorro… » [...] Ma vaffanculo! Tutti, sono tutti degli stronzi, a cominciare dalla signorina del colloquio che ha abbindolato mio padre, convincendolo ad iscrivermi qui, passando poi a quelle facce del cazzo degli studenti di questa scuola che mi osservavano mentre arrivavo manco fossi Gesù Cristo risorto. [...] 1. Ho sbagliato stanza? No, è la mia, ho controllato il numero, non sono ancora cieco, anche se questo spiegherebbe il perché la porta non si aprisse. 2. Se questa è la mia stanza, loro cosa ci fanno qui? 3. E perché giocano a carte? 4. Ma specialmente, perché mezzi nudi?

Fanfiction AU che vede come protagonisti sempre i soliti cinque ragazzi ango-irlandesi, ma stavolta non come band, ambientata in un college al tempo moderno. Una storia che si concentra principalmente sui temi della droga, del sesso e dell'alcool.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Triangolo
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Liam.

Non saranno manco le nove di mattina, ma io sono già sveglio e non perché voglio, ma perché devo, oramai la mia vita in questa stupida accademia... oh, scusate, ho sbagliato, volevo dire: in questo stupido carcere del cazzo è finita. Forse sono stato un coglione, come mi dicevano in molti, forse quello per Melanie Jae era la solita cotta adolescenziale, ma sinceramente io non me ne pento, o almeno non mi pento del periodo passato assieme a lei, perché dell'averla fatta licenziale per colpa mia ed ora essere cacciato via da scuola senza una meta dove andare... beh, di quello mi dispiace eccome.
Non ho una valigia vera e propria, mi accontento di una sacca, anche perché è più comoda; dentro ci metto un paio di ricambi, il mio spazzolino, non molto insomma, anche perché il mio skateboard me lo porterò sempre in mano o sotto i piedi, visto che sarà principalmente il mio mezzo di trasporto. Mi volto verso il comodino, per vedere se c'è qualcos'altro di mio, lo apro e guardo all'interno notando che è quasi vuoto, ma non posso fare a meno di sorridere vedendo che vi è semplicemente una scatola di pillole ed una pistola. Prendo la scatola, la apro e butto una pasticca in bocca, ingoiandola, poi rimetto la scatola dentro il cassetto e al suo posto prendo la pistola, rigirandola tra le mani.
Bah, che mi frega della droga, del fumo e di tutto il resto? E' il mio ultimo giorno qui, non potranno più farmi nulla dopo oggi, le minacce non hanno effetto, l'unica cosa che possono farmi è uccidermi, ma non possono a meno che non vogliano passare un bel po' di giorni in cella.
Che cazzoni. Questa è la pistola che Harry mi aveva praticamente costretto a rubare. Era una brunetta dagli occhi verdi quella che stavolta si voleva portare a letto e si dava il caso che era anche la figlia del proprietario di un negozio d'armi. Oh, un vero colpo di fortuna, certo, andarci a letto quando il padre non c'era, la coincidenza di avere l'appartamento proprio dietro il negozio. Non ti preoccupare Liam, vedrai che ci sarà da divertirsi, mi aveva detto. Certo, per lui sicuramente, io che dovevo rubare una pistola nel negozio del padre della ragazza che Harry si stava facendo, un po' meno. Però, alla fine, diciamo che è andata bene.
La controllo e noto che ci sono ancora un paio di proiettili, manco ricordavo, in effetti non so manco se l'abbiamo usata qualche volta, forse mentre eravamo fatti, perché l'unica cosa che so è che l'avevamo lasciata qui in caso ci fosse un'emergenza. Emergenza di che, poi? Non penso che ad un ladro, o non so chi, possa venire veramente in mente di rapinare un'accademia. Su, andiamo, a quale scopo? Cosa ci troverebbe di bello la gente qui dentro? Anche se, pensandoci, forse un po' di soldi nascosti da qualche parte quel bastardo di un preside ce li dovrebbe avere.
Improvvisamente sento lo scricchiolio della porta e getto immediatamente la pistola nella sacca, poi mi volto e sono sollevato nel vedere che si tratta semplicemente di Harry e Louis.
« Guarda che se eri nudo noi entravamo lo stesso. » mi avverte il ricciolino, buttandosi sul mio letto. « Ah, mi sentirò solo a dormire senza te! »
« Io sarò sollevato nel non dover sopportare più tutte le ragazze che ti porti a letto. » lo scherno.
Vedo la visibile occhiata che lui e Tomlinson si scambiano ed increspo le sopracciglia, richiamando i loro sguardi in cerca di una risposta. Louis ridacchia e si avvicina al riccio, che si mette seduto sopra al letto e si lascia baciare la fronte dall'altro. 
« E se ti dicessi che stiamo assieme? » chiede il maggiore.
Rimango a bocca aperta, probabilmente ho l'aspetto di un pesce lesso con gli occhi sgranati, visto che i due scoppiano a ridere e dopo un po' io mi unisco a loro.
« Oh Dio! E questo quand'è successo? » domando.
« Quando eri troppo impegnato ad immischiarti in questo pasticcio, bello! » risponde Harry.
Beh, in effetti non ha tutti i torti. « E pensare che fino a qualche settimana fa non vi sopportavate. » Scuoto la testa al solo pensiero, non riuscendomi a togliere un sorriso dalle labbra.
« Oh, di fatti era così, almeno per lui... » inizia Tomlinson.
« Non è vero! » protesta subito Harry. « Cioè sì, ma non ti sopportavo solo perché... » lascia la frase in sospeso.
« Perché...? » cerca di farlo continuare l'altro.
Sbuffa. « Oh, lascia perdere! »
« Comunque » cerca di proseguire il maggiore, « benché fra di noi sia tutto rose e fiori, diciamo che con Perry e Amélie la situazione non è proprio delle migliori. » spiega.
« Perché? Cos'è successo stavolta? » domando cercando di tenermi aggiornato. Mi volto verso il riccio. « Hai fatto il puttaniere? »
« Eh? » casca lui dalle nuvole. « Ma insomma, perché ve la prendete tutti con me? » domanda, imbronciato ed offeso. « Non ho fatto il puttaniere! Cioè sì... volevo dire no, insomma... »
« Sì, ha fatto il puttaniere. » conclude Lou, mentre l'altro si mette a braccia conserte e tira fuori il broncio.
Styles sospira e si butta di nuovo sul letto. « E quindi... te ne vai proprio, eh? » cambia discorso e la sua voce si abbassa di qualche tono, sembra quella di un bambino il primo giorno di scuola, quando ha paura di rimanere solo senza la propria madre.
« Pare proprio di sì. » commento, mentre mi diverto a giocare con qualche sua ciocca.
« Hey, date un party e non m'invitate? » la voce più acuta rispetto alle nostre e quella piccola chioma rossa che si poggia sulla porta, possono essere di una sola persona. Un sorriso mi esce spontaneo, mentre lei si avvicina cingendo la vita al cugino, che le circonda le spalle con un braccio. « Addio al celibato? » scherza.
« Oh, magari! » esclamo e vorrei veramente che lo fosse.
Mi alzo dal letto, prendendo la sacca e mettendomela in spalle, Styles si mette a mezzo busto, guardandomi con il labbro inferiore sporgente, ed io mi avvicino a Mia per abbracciarla; lei corrisponde, staccandosi dal cugino ed io le lascio un bacio sulla fronte.
« Penso sia ora che vada. » li informo, abbassandomi per prendere lo skate a terra, ai piedi del letto, ma non staccando la presa da Mia, che mi stringe forte per non farmi andare.
« Non voglio che tu vada, Liam. » piagnucola lei, mentre affonda la testa nel mio petto ed io le carezzo i capelli. Louis cerca di staccarla delicatamente da me, ma non ci riesce.
« Non lo vorrei neanch'io. » ammetto con l'amaro in bocca.
Sospiro e mi volto verso Harry, lui allunga un pugno ed io corrispondo il suo saluto. « Mi mancherai, Payne. Ora senza di te farò gli incubi. » il suo commento mi fa sorridere, anche se in realtà mi sta dicendo addio.
Poi mi giro verso Louis, che mi guarda preoccupato. « Liam. » mi chiama.
« Che c'è? » domando.
« Non fare pazzie. » mi avverte.
Gli angoli della mia bocca si piegano flebilmente all'insù, mentre scuoto la testa. « Non preoccuparti, ho chiuso. » cerco di tranquillizzarlo. 
Poso la testa su quella di Mia, siamo fronte a fronte e le accarezzo le guance con una mano, mentre la faccio allontanare da me. Con un gesto della mano saluto tutti e mi avvio verso la porta.
« Hey, vieni a trovarci qualche volta, stronzo. » la voce femminile ma rozza di Harris mi costringe a bloccarmi una volta oltrepassata la soglia della porta.
Mi volto, con calma e tenendo stretto lo skate sottobraccio. « Se è per scroccarmi qualcosa te lo puoi scordare, bella! »
E l'ultima cosa che vedo prima di continuare il mio cammino sono proprio i loro sorrisi un po' malinconici e più di un paio di occhi lucidi. 
Ma oramai è fatta, sto andando verso l'uscita e chi si è visto si è visto, costretto ad affrontare il mio destino. E come potrei fare altrimenti? Non ho manco pensato a dove andare, visto che tornare dai miei non ci penso proprio. Forse dovrei fare un corso per diventare pompiere, magari così riuscirei finalmente ad aiutare gli altri invece di metterli nei guai; ma penso proprio che un corso del genere si paghi e pure tanto. E chi me li dà i soldi? Devo pensare ad un lavoro che mi mantenga, devo trovare anche i soldi per il giornale, per vedere se ci sono offerte, devo trovarmi anche una casa in cui andare. Dove la passerò la prima notte? Magari potrò fare qualche incontro di boxe per scommessa, sono piuttosto bravo, magari vinco qualcosa. Per il momento queste sono le mie preoccupazioni, che non sono sciocchezze.
Camminando a passo lento per il corridoio, vedo la testolina bionda di Niall accovacciata vicino ad un distributore di merendine, intento a vedere se la sua mano riesce ad afferrare qualcosa.
« Tutto bene, amico? » chiedo.
Lui si volta di scatto, sorpreso di vedermi. « Quest'affare mi ha mangiato i soldi e mi si è bloccata l'aranciata mentre scendeva! » mi spiega. Lui si alza ed inizia a dare calci alla macchinetta, ma senza successo,
Lo faccio spostare ed inserisco qualche penny per prendere l'aranciata e farlo felice. Digito il numero della bevanda ed aspetto che scenda.
Si blocca.
Resto a fissare il distributore per qualche istante, incredulo che sia successo anche a me e che ora ci siano ben due bottigliette di aranciata bloccate che ostruiscono il passaggio, poi - preso dalla rabbia - mi metto anch'io a calciare imprecando verso la macchinetta.
« Fanculo! » sbotto, stringendo i pugni.
« Ora capisci come ci si sente? » domanda Niall ed io annuisco.
Prendo un bel respiro profondo, per calmarmi, poi apro gli occhi e mi rispecchio nei suoi azzurri. « C'è qualche novità che devi dirmi? Sei gay? »
« Sai che ho la ragazza, almeno? » domanda lui.
Annuisco, guardandolo un po' male. So che in fondo scherzava - o almeno spero - ma per chi mi ha preso? Vero che sono stato impegnato ultimamente, ma cazzo, è il mio migliore amico! « Sono offeso! » scherzo, mettendomi le mani sui fianchi ed atteggiandomi da diva. « Amélie Taylor, giusto sir? » fingo di lisciarmi i baffi.
Lui annuisce. « L'ho lasciata. »
Ecco una cosa che non mi aspettavo. Hey, wow Liam, oggi sono due notizie scioccanti ed è solo la mattinata! Vai avanti così e ti prende un infarto, attento. Sgrano gli occhi e spalanco la bocca, veramente... veramente... forse anche troppo sorpreso.
« Ma... » balbetto. « Ma non era la ragazza dei tuoi sogni? »
« Di fatti, forse anche troppo. »
« Che diavolo significa? » domando alquanto confuso.
Lui alza le spalle. « Ho parlato con Mia l'altra sera. » Ok, forse già inizio a capire. « Ed abbiamo litigato. Non ci siamo parlati più. »
« Dovresti dirglielo, sai. »
« Che cosa? » mi chiede, troppo ingenuamente.
« Che ti piace! » rispondo.
Lui abbassa la testa. « Sai, un tempo lo pensavo anch'io. Ora è... è un po' cambiata la situazione. »
Alzo un sopracciglio, in cerca di spiegazioni.
« Zayn. » risponde semplicemente.
« Beh, un tempo pensavi anche che non ci fosse altra ragazza oltre Amélie Taylor, quindi... » rispondo a tono. 
Lui però non fiata più, così gli metto una mano sulla spalla e finalmente alza il il viso squadrandomi con i suoi occhi azzurro cielo. « Te ne vai? E' definitivo? »
Annuisco. « Non ti preoccupare, Niall, staremo ancora in contatto. »
« Promettimi che tornerai. » dice serio.
« Presto, vedrai. » gli prometto, mentre ci abbracciamo. 
E mi sento sporco, come se avessi mentito ad un bambino, consapevole di quanto starà male quando verrà a sapere la verità, un po' come la storia di Babbo Natale, se vogliamo fare un esempio.
Uscire dall'accademia e stare anche solo nel giardino mi fa un effetto strano, è come se una parte di me se ne fosse andata per sempre, non riesco manco a voltarmi per vedere come sia fatta la struttura, eppure non sono manco uscito definitivamente da scuola, sono solo nel giardino, sarò bandito per sempre solo quando varcherò la recinzione. Tocco i muri esterni coi polpastrelli, mentre percorro il perimetro per andare nel retro, come ogni volta che finivano le lezioni e ci ritrovavamo sempre tutti nello stesso posto.
Stavolta però il rumore dei singhiozzi repressi proviene dalla biondina con i grandi occhi azzurri, accucciata a terra con le ginocchia al petto e le unghie smaltate di rosa.
« Amélie? » la chiamo, sorpreso nel vederla qui da sola.
Non ci ho parlato molto, lo ammetto, mi è sembrata sempre una di quelle snob che si credono superiori a tutti, ma vederla ora, così fragile, sembra totalmente un'altra persona, quasi da farmi sentire in colpa per tutte le cose che ho pensato su di lei. Vedo la sua chioma muoversi e i suoi occhioni che puntano su di me, mentre le guance rosee vengono solcate dalle lacrime. Mi avvicino piano piano a lei e mi siedo accanto, ricordandomi che è stata mollata da Niall.
« E' per lui? » domando.
« Te l'ha detto, quindi. »
« Beh, sì. »
Rimaniamo qualche istante in silenzio, l'uno accanto all'altro. Sento i suoi singhiozzi, quando tira su col naso per paura che lasciandosi andare possa rovinare la sua bella immagine da principessina, asciugandosi gli occhi coi dorsi delle mani; sicuramente starà pensando che aspetto abbia e di quanto orribile dev'essere. La verità, però, è che questa che sto vedendo ora è la vera Amélie Taylor. Ed è bella, forse anche più del solito.
« Nessuno mi ama. Nessuno mi vuole. » si lascia scappare tra un singhiozzo e l'altro, come se accettasse il mio conforto.
Sento dei passi leggeri sull'erba, ma non ci faccio caso, tanto non si sentono più, in compenso però l'odore di fumo raggiunge le mie narici e quando mi volto nella direzione dove portano i miei sensi, vedo due occhi azzurri impregnati di mascara ed una coda alta bionda ossigenata; subito dopo anche l'altra biondina si volta nella direzione in cui sto guardando e la sento irrigidirsi. Mi volto di nuovo verso di lei, prendendole una mano.
« Non é vero.» la contraddico. « Forse devi solo accettare la persona che ami e quella che ti ama, a volte, può essere la più vicina e la più impensabile. » le parole mi escono dalla bocca, non so cosa mi prende oggi ma mi sento... diverso, forse sarà il senso di tristezza che si è insediato in me, la nostalgia che man mano aumenta, non ne ho idea ma qualsiasi cosa sia sembra proprio una cosa potente ed altamente figa. Oppure sono i bigliettini dei Baci Perugina che Niall scarta e li dà a me quando li mangia.
Seguo gli occhi della bionda che si spostano dai miei e vanno a finire in quelli di Perry, per poi distoglierli un'altra volta. « Perché sei così gentile con me? » mi chiede, mentre l'altra fa giusto un paio di passi verso di noi, staccandosi leggermente dal muretto.
Sorrido, facendo leva ed alzandomi da terra. « Consideralo un regalo d'addio. » dico mentre Perry si avvicina e fa per sedersi al mio posto. Io continuo a camminare, finalmente esco da questa stupida prigione, ma per la prima volta - non l'avrei mai immaginato - ho voglia di ritornarci.
 
E non so il perché, per quale motivo io l'abbia fatto, ma il cuore mi diceva che dovevo andare in biblioteca, anche se non sono un tipo che legge eccessivamente, però mi servirebbe proprio un libro da leggere nei ritagli di tempo visto che d'ora in poi ne avrò molti, ma penso di essermi perso la tessera della biblioteca, quindi di libri per ora non se ne parla.
Cammino a passo lento, sfiorando ogni scaffale che incrocio, desideroso di perdermi qui dentro e di immergermi nei libri. Magari potrei provare ad infiltrarmi e dormire qui, sperando che nessuno mi becchi.Ad un tratto, però, verso gli scaffali in fondo a tutta la sala, nascosto e accucciato fra di essi c'è un musulmano decisamente troppo familiare, per di più sommerso nella lettura di un libro.
« Aspetta, tu che leggi? Mi sa che mi sono perso veramente un po' troppe cose. » dico esterrefatto, avvicinandomi e sedendomi accanto a lui, posando sacca e skate ai miei piedi. 
« Decisamente, troppe cose. » conferma.
Lo tasto con le mani aperte, come farebbe un cieco. « Oddio, ma sei proprio tu? Siamo sicuri che sei Zayn Malik, eh? Che cosa ne hai fatto del mio amico? E' stato rapito dagli alieni? » scherzo, prendendolo un po' in giro.
Lui ride, cercando di scansare le mie mani dal suo viso. « E' Romeo e Giulietta, lo leggeva Mia l'altro giorno e così... » dice una volta che ci siamo entrambi ricomposti.
Improvvisamente mi faccio serio, forse anche eccessivamente, ma oramai ho imparato che non bisogna mai sottovalutare le cose, giusto per esperienza. « Mi stai prendendo per il culo? » ed il mio tono non è dei migliori, non è come quello scherzoso di prima, è più duro, forse anche un po' protettivo. « Non dirmi che ci stai talmente sotto da.... Oddio, ma ti piace sul serio? » domando.
Lui abbozza un sorriso, poi scuote la testa. « No, Liam, ti sbagli, non mi piace. »
Tiro un sospiro di sollievo, anche se mi sento un po' stronzo a fare così, ma non ho mai visto Zayn comportarsi in questo modo, avere tutta questa cura, l'attenzione nei particolari. No, il Malik che conosco io è stupido, rude, solitario e a volte pensa anche poco. Però, riflettendo sulla sua frase, mi viene naturale assumere un'espressione confusa perché ora la domanda sorge spontanea: se non gli piace, che diavolo ci sta a fare ancora assieme?
Lui se ne accorge e tiene ancora il suo sorriso, un po' dispregiativo nei suoi confronti, sulle labbra, come a beffarsi di lui. « Sai, forse penso... »
Lo interrompo immediatamente. « No! No, fratello, tu non pensi proprio un bel niente! » ma mi accorgo troppo tardi che ho alzato la voce e così mi becco qualche rimprovero da parte della bibliotecaria. Abbasso la voce. « Tu quando pensi fai solo danni. »
Lui sbuffa, poi prende il segnalibro che aveva poggiato a terra e lo mette fra due pagine del libro, per poi chiuderlo ed accarezzarlo con estrema cura. 
« Io penso di amarla. »
« Pensi. » marco la sua parola, quasi fosse una minaccia.
« Sì, penso. » risponde in difensiva. « Perché con lei ho finalmente imparato a farlo. »
E non ci sono parole più vere perché mi rendo conto che tutti i cambiamenti che ho notato in Zayn sono grazie - devo ancora dedurre se sono una cosa positiva, in realtà - a Mia, quella piccola testa rossa che qualche ora fa non voleva staccarsi da me. Poi però mi ricordo di Niall e non so che fare, non so manco se augurare qualcosa a Zayn sia come tradire il mio migliore amico, ma sono combattuto, io tengo a tutti e due. Mi passo le mani nei capelli e poi lo guardo, vedo i suoi occhi marroni che mi fissano.
Sorrido. « Lo immaginavo. »
E lui corrisponde, felice, come se questa fosse la mia benedizione.
 
Non facciamo mai nulla quando andiamo al piccolo negozio di musica, ma ci divertiamo semplicemente a sfogliare la collezione di dischi in vinile che ha, commentando i vecchi artisti, le canzoni in radio, osservare gli strumenti musicali esposti, di tutto e di più, a volte quando non c'è nessuno ci mettiamo anche a provare il karaoke, ma in realtà ci vergognamo da morire. 
Improvvisamente Zayn si blocca, si scruta attorno, fissando gli occhi al cielo e cercando qualche cassa, poi alza l'indice verso l'alto. 
« Questa è la canzone che ho fatto sentire l'altro giorno a Mia. » afferma.
Mi metto ad ascoltare anch'io, per sentire che canzone è e riconoscerla. E' facile: Paradise dei Coldplay; però solo ora mi accorgo di quanto sia... perfetta. Il testo intenso e significativo, il ritmo che prende e ti mette la voglia di ballarlo, la musica frizzante, per niente pesante, che sembra darti allegria e freschezza. Come una cura, il rimedio ad ogni cosa è la musica e questa canzone per ora è la mia, mi perfora l'anima e raggiunge le mie ossa, si mischia a loro, scorre dentro le vene come una droga. La miglior droga, quella più bella. 
Sento la pacca di Zayn colpirmi sul braccio e mi risveglio dal mio trance. 
« Io non vengo alla pista da skate oggi, sai.... ho un po' di cosa da fare. » mi annuncia.
Capisco che è ora di salutarci e lo abbraccio con una pacca sulla schiena, poi ci diamo il pugno. 
« Addio. » lo saluto, mentre lui alza la mano in un cenno ed esce dal negozio, allontanandosi.
Esco anch'io, ma poggio il mio skate a terra ed inizio a spingere, dirigendomi dritto alla pista da skate. 
 
E' meglio di una purificazione spirituale con sacerdoti, o esorcisti, o dipende da che religione segui. Io e lo skate siamo meglio di quello, siamo tutt'uno, ci completiamo, ci facciamo compagnia, fin'ora non ci siamo mai traditi, quindi a parer mio è persino meglio di una ragazza o di una famiglia, visto che la mia è andata a puttane, mentre lo skate è ancora qui con me. Mi rilasso anche solo stando in piedi sulla tavola, spingo a volte, faccio qualche rampa, salto i gradini, niente di che, giusto per passare il tempo e scacciare via tutti i brutti pensieri. Fino a quando però non mi accorgo che ho passato quasi tutto l'intero pomeriggio qui.
Mi avvicino al muretto che ridà su tutta la città, il confine della pista, se ti sporgi per guardare dall'altra parte vedi il vuoto, la dolce collinetta che scende quasi a strapiombo e i tetti delle case sottostanti. Mi volto verso la figura che vi è seduta, intenta a guardare il tramonto ed ho come un deja vu. Prendo anch'io a fissare le sfumature del sole che cala sulla città, restando in piedi accanto a lei.
« Voglio iniziare da capo. Da qualche parte dove nessuno conosce il mio nome. Dove nessuno conosce la mia storia. » annuncia continuando a guardare di fronte a sé. « Mi basta anche solamente questo per trovare il mio paradiso. »
Si volta verso di me ed io faccio lo stesso, puntando dritto nei suoi occhi, mi avvicino ancor di più e le accarezzo la testa.
« Forse questo si può fare. » dico dandole delle speranze. « Scappa via, magari ci trasferiamo assieme da qualche parte che solo noi conosciamo. »
Lei ride, lo trova buffo. « Io e te? » chiede, prendendosi in giro. « Magari andremo nel Regno dei Pancakes. »
« Oh, dove vogliamo! » esclamo.
Lei ridacchia ed io le accarezzo una guancia. « Ieri avevi detto che forse non avresti avuto il tempo di salutarmi. Guarda, ci siamo incontrati due volte oggi. » le faccio notare,
« E' che voglio avere sempre l'ultima parola. » risponde. « Volevo essere l'ultima. »
Mi avvicino le lascio un bacio sulla guancia. « Per dirmi addio? »
« Per farti capire quanto sei importante. » afferma seria.
Il silenzio cala fra noi, io le cingo le spalle con un braccio e lei si stringe a me, guardiamo il tramonto assieme e ci va bene così.
Mia è complicata da capire, ma basta ascoltarla per comprendere che non è una delle solite oche, lei è unica e basta, ecco perché mi piace, perché é più fragile di quanto si possa pensare, lei non è l'apparenza, non ti serve la vera sé stessa su un piatto da condire e mangiare, tu la devi scoprire pian piano, sei un cuoco che vuole inventare un nuovo piatto. Poi però, se ci riesci, ti accorgi che quello è il miglior piatto che possa esistere sulla faccia della terra, ti senti soddisfatto, rinato e ti accorgi che tu per primo hai imparato qualcosa, è quel piatto che ti ha creato, non viceversa, tu gli devi tutto e sei cambiato in meglio grazie a lui. Non ho mai pensato a lei come una mia possibile ragazza, già sapevo che non avrei avuto speranze, io e lei non siamo tipo da fidanzati, siamo più come fratelli, o magari lei è la madre che ora è troppo lontana da me. Scende dal muretto e mi abbraccia dolcemente e percepisco tutti i suoi sentimenti sulla mia pelle, così non posso fare a meno di corrisponderla e stringerla forte, con la paura però di poterle fare del male. Perché molte persone ci hanno fatto del male e noi, inconsapevolmente, l'abbiamo fatto a loro.
Non è giusto, continuo a ripetermi, non è giusto che debba finire così, mi sembra tutto così sbagliato.
Le accarezzo piano i capelli troppo corti e così prendo a giocare col suo dred, mentre il sorrisetto che compare sull'angolo della mia bocca assomiglia più ad una smorfia.
« Dovresti andare. » sussurro al suo orecchio e lei si stringe di più, non volendo ascoltarmi. « Sul serio, Mia, oggi è un giorno di scelte. »
Lei sospira e si stacca da me, facendo qualche passo indietro. « La tua non è una scelta » mi fa notare, « è un'ingiustizia. »
Trattengo una risata, divertito dalla sfumatura di ripudio verso la società che posso percepire nelle sue parole.
« Oh, ti sbagli, anche io devo prendere delle decisioni oggi! » la contraddico, in tono scherzoso. « Per esempio devo ancora scegliere se andare a dormire sotto i ponti con qualche barbone oppure fare l'auto-stop a qualche sottospecie di camionista grasso con le foto dei santini ed i calendari porno. »
Lei ride, di gusto. Mi piace la sua risata. « Meglio se trovi qualche barbona, magari è gnocca. »
Alzo le spalle, dandole ragione. Ci diamo il cinque e poi il pugno, restando per qualche istante con le mani strette l'una all'altra, poi sento la sua che scivola pian piano dalla mia e mi abbandona. Mi sento vuoto, la guardo un po' dispiaciuto ma rassegnato e lei sospira, cercando di accettare la realtà.
« Addio, Payne, mi mancherai. »
Le sue parole mi colpiscono duramente, come se già sapesse che non ci rivedremo mai più.
« Lo so. » dico, comprensivo e malinconico. « Anche tu. »
La vedo allontanarsi a testa bassa, senza voltarsi perché comprendo pienamente che sarebbe ancora più duro dirci addio; però qualcosa si stringe attorno al mio cuore, mi avverte che la mia missione non è ancora terminata e mi viene quasi istintivo: mi abbasso, posando la tavola da skate a terra, poi col piede cerco di darle una bella spinta.
« Hey, rossa! » la chiamo, cercando di avere un tono strafottente, so che odia i maniaci che passano per strada. Lei si volta e vede la tavola che le viene incontro fino ai piedi. « Per te, tienimela bene. »
Veo chiaramente il suo sguardo confuso ed interrogativo. « Ma diavolo stai dicendo, Liam? Sei impazzito? »
Alzo le spalle. « Forse un po'. »
« Lo vedo! » esclama. « Come pensi di fare senza? »
« Tanto nel posto dove sto andando non mi serve. » la rassicuro.
Lei inclina la testa, mettendo un piede sopra lo skate. « E dove staresti andando? »
Sorrido. « A cercare il mio paradiso. » ed è pienamente vero, ho intenzione di farlo costi quel che costi, che sia l'ultima cosa che faccio!
« E non ci sono skateboard nel tuo paradiso? » domanda, incrociando le braccia.
Rido, mettendo a fuoco quel posto intrappolato nella mia mente. « Mi stupisco, Harries, dovresti saperlo! » esclamo, fingendomi deluso. « Nel mio paradiso ci sono skateboard gratis per tutti. » spiego, facendole l'occhiolino.
Lei scuote la testa. « Coglione. » dice ad un tono abbastanza alto da farsi sentire, per poi girare e darsi una spinta sulla tavola per tornare alla grigia prigione.
In effetti sono nella merda, se proprio lo vogliamo dire, perché oramai non mi ricordo più com'è camminare realmente, senza un qualcosa che ti trasporta sotto i piedi ed è difficile, stancante, ma non me ne pento pienamente, gliel'avevo detto che avrei avuto anch'io delle scelte oggi. Cammino, cammino e cammino e dove mi ritrovo alla fine? Sorrido vedendo la piccola villetta dietro scuola che mi si presenta davanti. Alla fine torniamo tutti a casa, giusto? Non mi è mai piaciuto questo posto, devo ammetterlo, ma in effetti è la cosa più simile ad una cosa che ho e... sì, tutto quel branco di cognoni complessati era la mia famiglia e li accettavo anche così. 
Vado nel retro del giardino, accasciandomi lungo la parete, con l'erba bagnata sotto il sedere; apro la sacca e vedo cosa mi rimane: sono senza soldi e pretendo di andare avanti con un misero ricambio, non ho manco mangiato oggi, che illuso che sono. Estraggo la pistola, rigirandomela tra le mani. Non è pesante, non è grande, eppure un colpo e potrebbere mettere fine alla mia vita. Ma se lo facessi sarei veramente un vigliacco, perché io potrei finalmente essere libero e in pace, mntre tutti gli altri dovrebbero continuare a soffrire le pene su questo inutile pianeta che non si accorge di star andando verso l'oblio per colpa della società.  E' un gesto un po' ingiusto, in effetti. Ma mi dispiace perché mi rendo conto che ho fatto più buono oggi che in tutta la mia vita e che non vorrei rovinare tutto stupidamente, mi sento finalmente appagato, in una sensazione di benessere e soddisfazione che non avevo mai provato prima. E' così che ci si sente quando si fa del bene? Mi piace, mi piace da matti, è meglio di una droga, forse è proprio la migliore. 
Vorrei che tutti mi ricordassero come Liam Payne, quello che ha aiutato tutti nel momento del bisogno prima di andarsene. Sì, mi piace. 
Fisso la pistola che faccio penzolare di fronte la mia faccia e sorrido fissando nella mia mente ogni singolo momento di questa giornata, come se fossi nato solamente oggi, purificato da ogni cazzata fatta in precedenza. Io, in realtà, sono nato oggi, prima ero solo un'ombra scusa che vagava colpevole della sua pena, chiedendosi cosa diavolo ci facesse in un posto tanto osceno come il mondo, non avendo la minima idea di cosa gli riservasse il futuro, quale fosse il proprio destino, la missione che attendiamo da quando ci affacciamo a questa realtà, partoriti dall'essere materno che in teoria dovrebbe amarci più di qualsiasi altra cosa.
Sento il metallo premere sulla mia tempia, eppure sorrido perché, in effetti, non potrei essere più felice di così, nell'esser stato d'aiuto alle persone che più amo. Era questa la mia vera missione, finalmente l'ho capito.
Mi chiedo se Louis e Harry ce la faranno, se Amélie e Perry capiranno cos'è veramente l'amore e quanto vicino a loro può essere e chi sceglierà Mia alla fine. Ma forse mi chiedo troppe cose e non va bene perché sennò non riesco a vivermi l'attimo.
E' la paura ciò che condiziona veramente l'uomo, quella che lo blocca e che allo stesso tempo lo sprona ad andare avanti. Per me no, non più, ora ciò che mi fa continuare a vivere è il mio nuovo sogno, trovare il paradiso. Chissà com'è, io non me lo immagino con tutti i santi nei cieli splendenti, ma nemmeno come un harem tutto per te; forse è più una pista da skateboard, con alti e bassi anche lì che sarebbe l'altezza che raggiungi della tua rampa, gli altri skaters sono fratelli e a nessuno interessa del resto, ci sei solo tu e quella fottutissima compagna tavola che resta sempre con te. Ma così divento troppo sentimentalista e monotono, in fondo non penso solo a questo. E poi, in effetti, che cos'è veramente il paradiso? E' quel posto dove ti trovi bene e ti senti a tuo agio, ecco cos'è. Ma allora io l'ho già trovato.
Forse la paura più grande dell'umanità è il coraggio, perché pochi ce l'hanno, non vogliono ammettere che prima o poi ogni cosa finirà, anche loro, temono la morte perché non la conoscono, ma in fondo se temessimo ancora il fuoco non potremmo cucinare, invece l'abbiamo scoperto ed abbiamo imparato ad usarlo.
Ed allora io voglio dire quella parola che nessuno ha il coraggio di porre.
Boom!
« Fine. »








fuckin' panda's place. ♥

E' finito? E' veramente finito?
Sì, cari, è finito.
E chiedo venia perché sono cogliona e vi ho fatto aspettare mesi.
Mo piango.
Li amo e sono fiera di me, fanculo tutto il resto.
Avrei troppe cose da dirvi quindi mi limito a dire che.... non ho parole.
Datemele voi.
Addi- no, ok, spero di no ahahah ci rivediamo nelle prossime fanfiction. :')
Continuate a seguirmi sulla mia pagina facebook 'Pandamito EFP'.
E su twitter come @pandamito, i link vari ed anche per tumblr li trovare nel mio profilo, bao.
Baci e panda, Mito.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: pandamito