Capitolo
4
“…Just remember in the winter,
far beneath the bitter snow ,
lies a seed that with the sun's
love,
in the spring becomes the rose”
Si sentì
sfiorare il braccio
e, prima ancora di voltarsi, sapeva che era lei. Il suo profumo era
inconfondibile.
Era arrivato
alla festa da
circa un’ora e fino a quel momento si era sentito come sperduto in un
mare di
facce che conosceva, ma che non aveva voglia di vedere.
Non aveva
fatto altro che
pensare a lei.
Mancava poco
più di un’ora
alla mezzanotte e stava cominciando a temere che non arrivasse neppure,
trattenuta dall’uomo che avrebbe dovuto accompagnarla. Come biasimarlo,
del
resto? Anche lui avrebbe faticato ad uscire di casa, se fosse stato il
suo
cavaliere. Dopo diverse chiacchierate con se stesso, era giunto alla
conclusione che avrebbe preferito vederla accanto ad un altro,
piuttosto che
non vederla affatto. Per lo meno avrebbe potuto darle un bacio di buon
anno,
anche se molto fraterno.
“Ciao…”
La sua voce
lo fece decidere,
finalmente, di voltarsi.
“Mac…”
Quando la
vide, la frase che
stava per dirle gli morì sulle labbra e nella sua mente transitarono
solo tre
parole: Merletto di Mezzanotte.
Era il titolo
di un film
degli anni d’oro di Hollywood. Se non ricordava male si trattava di un
film
giallo, che aveva visto assieme ad una ragazza dei tempi
dell’Accademia, grande
appassionata di Doris Day; la trama gli si confondeva in testa (una
donna
perseguitata? Forse dal marito… lei era una ricca ereditiera, lui la
voleva
morta…) e soprattutto, in quel momento, gli sfuggiva perché mai
s’intitolasse
proprio in quel modo… non capiva neppure perché la mente umana facesse
certe
associazioni… ma non appena la vide fu quello che pensò: merletto di
mezzanotte.
Era
meravigliosa… al punto da
togliergli il fiato.
Il gioco di
trasparenze che
il pizzo dell’abito si divertiva a fare sul suo corpo sembrava quasi un
insulto… come poteva renderla ancora più bella e misteriosa?
La vide
sorridere alla sua espressione
sorpresa; probabilmente era soddisfatta dell’effetto che aveva avuto su
di lui.
Non le
avrebbe dato
soddisfazione.
“Mac…”
riprese a dire, anche
se la voce, se ne rese conto troppo tardi, sembrava faticare ancora ad
uscirgli
“… credevo... credevo che non arrivassi più. La festa è già iniziata da
un
po’…”.
“Hai ragione,
sono in
ritardo, ma conto di rifarmi e divertirmi molto… E tu? Ti stai
divertendo? Non
vedo nessuna donna al tuo fianco…”
Non le
avrebbe dato neppure quella,
di soddisfazione.
“E il tuo
cavaliere? Lo hai
già abbandonato?”
Lei lo
guardò, l’espressione
dei suoi occhi improvvisamente più intensa.
“Il mio
cavaliere… sì, giusto.
No, non l’ho abbandonato… è proprio qui, di fronte a me…”.
Registrò il
senso della sua
frase con un attimo di ritardo, perché fece in tempo a vederla
sorridere di
nuovo, alla sua espressione ancora una volta sorpresa.
“Credevo
avessi un
appuntamento…”
“Infatti. Con
te. In ufficio
non mi hai dato il tempo di dirtelo, o meglio, di domandartelo.”.
“Ti sei
divertita, vero?” le chiese,
più rilassato.
“A dire la
verità non proprio.
Ho temuto, per tutta sera, di trovarti abbracciato ad una bionda oppure
ad una
rossa…”.
“Cosa avresti
fatto, in quel
caso?” domandò provocante, avvicinandosi impercettibilmente. Lei fece
altrettanto,
e si sfiorarono.
“L’avrei
uccisa…” rispose in
un sussurro al suo orecchio, mentre lui la prendeva tra le braccia per
danzare.
Aveva atteso per tutta la sera di poterla stringere.
Era strano
come averla
semplicemente così, vicina, facesse cambiare prospettiva alle cose:
fino a
pochi minuti prima non desiderava altro che andarsene, mentre in quel
momento
non voleva trovarsi da nessun’altra parte.
“Mhm…
l’avresti uccisa… e
solo per ballare con un vecchio amico?”
“Tu non sei
vecchio… e non
stai ballando come ballerebbe un amico…” disse lei, sorridendogli,
mentre si
sentiva stringere più forte.
“Cosa sarei,
allora?”
Lo divertiva
flirtare con
lei.
“Mhm…
vediamo… un
affascinante sconosciuto?”.
Si stava
divertendo anche
lei, a quanto sembrava.
“Uno
sconosciuto… mi piace molto,
come idea…” disse, alludendo al loro primo incontro.
“Un
affascinante
sconosciuto”, sottolineò lei.
“Ah… e così
sarei
affascinante?”
“Sai bene di
esserlo”
“Quella
affascinante sei tu…”
“Ti piace il
mio vestito?”
domandò lei, sorridendo.
“Cosa te lo
fa pensare?”,
chiese a sua volta lui, scherzando con la sua abitudine di rispondere
ad una
domanda con un’altra domanda.
“Forse la tua
espressione
quando mi hai vista?”
“O forse il
fatto che ho
voglia di baciarti, da quando ti ho vista...” ammise lui,
sussurrandoglielo
all’orecchio. Poi aggiunse: “Mi piace moltissimo il tuo abito… Sei
bellissima,
Sarah…”.
Le
stesse parole che le aveva detto allora.
Lei
posò il capo sul suo petto e ballarono così, ignari di tutto e di
tutti, persi
in un mondo di vecchi ricordi e nuove sensazioni.
Ad
una decina di minuti dalla mezzanotte, la musica cambiò, per adeguarsi
allo
spirito festaiolo dei saluti al nuovo anno. I camerieri già da un po’
stavano
circolando con vassoi di flute per
il
brindisi.
Si
unirono al coro dell’immancabile conto alla rovescia, ma al momento
degli
auguri, furono separati da numerosi colleghi e amici che volevano
salutarli e
brindare. Infastidito dall’invadenza delle persone, rispose a tutti, ma
era
come frastornato, lo sguardo continuamente rivolto a cercarla. Lei
faceva
altrettanto con lui.
Finalmente
l’orda di barbari terminò l’assalto e si ritrovarono nuovamente vicini
e più o
meno soli.
Voleva
disperatamente baciarla, ma non lì, non davanti a tutti.
Si
avvicinò.
“Vieni
con me…” le disse, prendendole una mano.
“Dove?”
domandò lei, sorpresa.
Non
rispose, si limitò a trascinarla via, verso l’uscita. Lei lo seguì,
senza
aggiungere altro. Uscirono dal salone in cui si teneva la festa e si
diressero
verso il guardaroba; recuperò il cappotto e la sua mantella e poi l’aiutò ad
indossarla.
“Dove
vuoi andare?” chiese Mac.
“Via
da qui…” rispose, mentre la sospingeva dolcemente dentro l’ascensore.
Quando
le porte si furono chiuse, le si avvicinò.
“Ma
prima questo…”.
Cercò
le sue labbra e la baciò per tutto il percorso fino a terra.
“Buon
anno, Sarah… “ disse finalmente, quando furono arrivati.
“Buon
anno, Harm” rispose lei, ancora stordita dalla sua irruenza, prima di
seguirlo
all’uscita del palazzo che ospitava, all’ultimo piano, la festa ancora
in
corso.
“Dove
hai l’auto?” domandò lui, pronto a scortarla fino alla macchina. Non
voleva
lasciarla neppure un attimo.
“Non
è qui. Sono venuta in taxi”.
Sorrise,
comprendendo, senza più alcun dubbio, quale fosse stato il suo
obiettivo fin
dall’inizio: aveva deciso. Finalmente aveva deciso di dargli una
possibilità.
***
Guardò
dalla finestra: la neve aveva iniziato a cadere, probabilmente da
qualche ora,
perché le strade, gli alberi, i tetti delle case, tutto era già bianco.
L’alba
del primo giorno dell’anno era sorta da poco.
“…
Just
remember in the winter, far beneath the bitter snow…”
Ancora
quella canzone. Possibile che gli fosse rimasta così impressa, tanto da
ricordarne i versi a distanza di anni? Doveva averla sentita altre
volte, senza
rendersene conto, altrimenti non se lo spiegava; o forse tutto si
spiegava
perché tornando in macchina dalla festa aveva acceso la radio e scelto
un
canale di musica soft dove, guarda caso, pochi minuti dopo avevano
trasmesso
proprio quel brano.
S’incantò
ad osservare i fiocchi che scendevano lenti. Sembravano quasi petali di
rose
bianche.
“…
Lies
a seed that with the sun's love, in the spring becomes the rose.”
Stava
diventando troppo sentimentale.
Si
voltò verso il letto. Lei dormiva.
Era
così bella… ed era così bello starla a guardare.
Se
non fosse stato inverno, l’avrebbe portata sulla loro spiaggia, anziché
nel suo
appartamento. Avrebbe guidato per tutta la notte, come già una volta
aveva
fatto, pur di far l’amore con lei sulla sabbia, all’alba. Prima o poi
avrebbe
realizzato quel sogno che custodiva da anni.
Invece
aveva guidato per poche miglia, la testa di Mac appoggiata alla sua
spalla, ed
erano entrati in casa neanche mezz’ora dopo aver lasciato la festa.
Chissà
cos’avevano pensato colleghi e amici non trovandoli più.
Non
era riuscito neppure a chiudere la porta; l’aveva spinta col piede,
facendola
sbattere, mentre l’attirava a sé e la baciava di nuovo: sulle labbra,
sulle
spalle nude, lungo le braccia, percorrendo dolcemente il punto in cui
il
tessuto dell’abito incontrava la pelle morbida appena sopra il seno.
Era
eccitante con quel vestito in pizzo nero.
“Tu
mi togli il respiro...” aveva mormorato, sopraffatto dall’emozione.
Si
era preso tutto il tempo per guardarla, dopo averla immaginata troppe
volte
così, tra le sue braccia, fremente del suo stesso desiderio.
L’aveva
spogliata lentamente solo dopo averla baciata a lungo.
Lei,
invece, era stata più impaziente e gli aveva tolto giacca e camicia
prima
ancora che lui avesse deciso di abbassarle la cerniera dell’abito.
Nove
anni erano misteriosamente svaniti nel nulla, mentre si abbandonavano
ad una
passione incontenibile, la stessa che li aveva uniti fin dalla loro
prima notte
insieme.
Avevano
fatto l’amore per ore, mentre l’alba del nuovo anno portava con sé la
promessa
racchiusa nelle parole di una canzone, sulle note della quale il
destino aveva
voluto che ballassero in quella lontana sera di molti anni prima.
Quando la
notte si è fatta
troppo solitaria
E la strada
troppo lunga
E pensi che
l’amore sia
solamente
Per chi è
fortunato e forte
Ricorda che
in inverno
In
profondità, sotto la
rigida neve,
Riposa il
seme che, con
l’amore del sole,
In primavera
diventa una rosa
fine