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Autore: Alexandra_ph    31/12/2012    5 recensioni
Questa FF (scritta nell'ormai lontano dicembre 2007) è un piccolo regalo per il nuovo anno...
Questo racconto parte da un "E se...". Una storia che sa "di vecchio", ma anche "di nuovo".
Il mio personalissimo augurio a tutti voi di BUON ANNO!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

 

“…Just remember in the winter,

far beneath the bitter snow ,

lies a seed that with the sun's love,

in the spring becomes the rose”

 

 

 

Si sentì sfiorare il braccio e, prima ancora di voltarsi, sapeva che era lei. Il suo profumo era inconfondibile.

Era arrivato alla festa da circa un’ora e fino a quel momento si era sentito come sperduto in un mare di facce che conosceva, ma che non aveva voglia di vedere.

Non aveva fatto altro che pensare a lei.

Mancava poco più di un’ora alla mezzanotte e stava cominciando a temere che non arrivasse neppure, trattenuta dall’uomo che avrebbe dovuto accompagnarla. Come biasimarlo, del resto? Anche lui avrebbe faticato ad uscire di casa, se fosse stato il suo cavaliere. Dopo diverse chiacchierate con se stesso, era giunto alla conclusione che avrebbe preferito vederla accanto ad un altro, piuttosto che non vederla affatto. Per lo meno avrebbe potuto darle un bacio di buon anno, anche se molto fraterno.

“Ciao…”

La sua voce lo fece decidere, finalmente, di voltarsi.

“Mac…”

Quando la vide, la frase che stava per dirle gli morì sulle labbra e nella sua mente transitarono solo tre parole: Merletto di Mezzanotte.

Era il titolo di un film degli anni d’oro di Hollywood. Se non ricordava male si trattava di un film giallo, che aveva visto assieme ad una ragazza dei tempi dell’Accademia, grande appassionata di Doris Day; la trama gli si confondeva in testa (una donna perseguitata? Forse dal marito… lei era una ricca ereditiera, lui la voleva morta…) e soprattutto, in quel momento, gli sfuggiva perché mai s’intitolasse proprio in quel modo… non capiva neppure perché la mente umana facesse certe associazioni… ma non appena la vide fu quello che pensò: merletto di mezzanotte.

Era meravigliosa… al punto da togliergli il fiato.

Il gioco di trasparenze che il pizzo dell’abito si divertiva a fare sul suo corpo sembrava quasi un insulto… come poteva renderla ancora più bella e misteriosa?

La vide sorridere alla sua espressione sorpresa; probabilmente era soddisfatta dell’effetto che aveva avuto su di lui.

Non le avrebbe dato soddisfazione.

“Mac…” riprese a dire, anche se la voce, se ne rese conto troppo tardi, sembrava faticare ancora ad uscirgli “… credevo... credevo che non arrivassi più. La festa è già iniziata da un po’…”.

“Hai ragione, sono in ritardo, ma conto di rifarmi e divertirmi molto… E tu? Ti stai divertendo? Non vedo nessuna donna al tuo fianco…”

Non le avrebbe dato neppure quella, di soddisfazione.

“E il tuo cavaliere? Lo hai già abbandonato?”

Lei lo guardò, l’espressione dei suoi occhi improvvisamente più intensa.

“Il mio cavaliere… sì, giusto. No, non l’ho abbandonato… è proprio qui, di fronte a me…”.

Registrò il senso della sua frase con un attimo di ritardo, perché fece in tempo a vederla sorridere di nuovo, alla sua espressione ancora una volta sorpresa.  

“Credevo avessi un appuntamento…”

“Infatti. Con te. In ufficio non mi hai dato il tempo di dirtelo, o meglio, di domandartelo.”.

“Ti sei divertita, vero?” le chiese, più rilassato.

“A dire la verità non proprio. Ho temuto, per tutta sera, di trovarti abbracciato ad una bionda oppure ad una rossa…”.

“Cosa avresti fatto, in quel caso?” domandò provocante, avvicinandosi impercettibilmente. Lei fece altrettanto, e si sfiorarono.

“L’avrei uccisa…” rispose in un sussurro al suo orecchio, mentre lui la prendeva tra le braccia per danzare. Aveva atteso per tutta la sera di poterla stringere.

Era strano come averla semplicemente così, vicina, facesse cambiare prospettiva alle cose: fino a pochi minuti prima non desiderava altro che andarsene, mentre in quel momento non voleva trovarsi da nessun’altra parte.

“Mhm… l’avresti uccisa… e solo per ballare con un vecchio amico?”

“Tu non sei vecchio… e non stai ballando come ballerebbe un amico…” disse lei, sorridendogli, mentre si sentiva stringere più forte.

“Cosa sarei, allora?”

Lo divertiva flirtare con lei.

“Mhm… vediamo… un affascinante sconosciuto?”.

Si stava divertendo anche lei, a quanto sembrava.

“Uno sconosciuto… mi piace molto, come idea…” disse, alludendo al loro primo incontro.

“Un affascinante sconosciuto”, sottolineò lei.

“Ah… e così sarei affascinante?”

“Sai bene di esserlo”

“Quella affascinante sei tu…”

“Ti piace il mio vestito?” domandò lei, sorridendo.

“Cosa te lo fa pensare?”, chiese a sua volta lui, scherzando con la sua abitudine di rispondere ad una domanda con un’altra domanda.

“Forse la tua espressione quando mi hai vista?”

“O forse il fatto che ho voglia di baciarti, da quando ti ho vista...” ammise lui, sussurrandoglielo all’orecchio. Poi aggiunse: “Mi piace moltissimo il tuo abito… Sei bellissima, Sarah…”.

Le stesse parole che le aveva detto allora.

Lei posò il capo sul suo petto e ballarono così, ignari di tutto e di tutti, persi in un mondo di vecchi ricordi e nuove sensazioni.

Ad una decina di minuti dalla mezzanotte, la musica cambiò, per adeguarsi allo spirito festaiolo dei saluti al nuovo anno. I camerieri già da un po’ stavano circolando con vassoi di flute per il brindisi.

Si unirono al coro dell’immancabile conto alla rovescia, ma al momento degli auguri, furono separati da numerosi colleghi e amici che volevano salutarli e brindare. Infastidito dall’invadenza delle persone, rispose a tutti, ma era come frastornato, lo sguardo continuamente rivolto a cercarla. Lei faceva altrettanto con lui.

Finalmente l’orda di barbari terminò l’assalto e si ritrovarono nuovamente vicini e più o meno soli.

Voleva disperatamente baciarla, ma non lì, non davanti a tutti.

Si avvicinò.

“Vieni con me…” le disse, prendendole una mano.

“Dove?” domandò lei, sorpresa.

Non rispose, si limitò a trascinarla via, verso l’uscita. Lei lo seguì, senza aggiungere altro. Uscirono dal salone in cui si teneva la festa e si diressero verso il guardaroba; recuperò il cappotto e la sua mantella  e poi l’aiutò ad indossarla.

“Dove vuoi andare?” chiese Mac.

“Via da qui…” rispose, mentre la sospingeva dolcemente dentro l’ascensore.

Quando le porte si furono chiuse, le si avvicinò.

“Ma prima questo…”.

Cercò le sue labbra e la baciò per tutto il percorso fino a terra.

“Buon anno, Sarah… “ disse finalmente, quando furono arrivati.

“Buon anno, Harm” rispose lei, ancora stordita dalla sua irruenza, prima di seguirlo all’uscita del palazzo che ospitava, all’ultimo piano, la festa ancora in corso.

“Dove hai l’auto?” domandò lui, pronto a scortarla fino alla macchina. Non voleva lasciarla neppure un attimo.

“Non è qui. Sono venuta in taxi”.

Sorrise, comprendendo, senza più alcun dubbio, quale fosse stato il suo obiettivo fin dall’inizio: aveva deciso. Finalmente aveva deciso di dargli una possibilità.

 

***

 

Guardò dalla finestra: la neve aveva iniziato a cadere, probabilmente da qualche ora, perché le strade, gli alberi, i tetti delle case, tutto era già bianco.

L’alba del primo giorno dell’anno era sorta da poco.

“… Just remember in the winter, far beneath the bitter snow…”

Ancora quella canzone. Possibile che gli fosse rimasta così impressa, tanto da ricordarne i versi a distanza di anni? Doveva averla sentita altre volte, senza rendersene conto, altrimenti non se lo spiegava; o forse tutto si spiegava perché tornando in macchina dalla festa aveva acceso la radio e scelto un canale di musica soft dove, guarda caso, pochi minuti dopo avevano trasmesso proprio quel brano.

S’incantò ad osservare i fiocchi che scendevano lenti. Sembravano quasi petali di rose bianche.

“… Lies a seed that with the sun's love, in the spring becomes the rose.

Stava diventando troppo sentimentale.

Si voltò verso il letto. Lei dormiva.  

Era così bella… ed era così bello starla a guardare.

Se non fosse stato inverno, l’avrebbe portata sulla loro spiaggia, anziché nel suo appartamento. Avrebbe guidato per tutta la notte, come già una volta aveva fatto, pur di far l’amore con lei sulla sabbia, all’alba. Prima o poi avrebbe realizzato quel sogno che custodiva da anni.

Invece aveva guidato per poche miglia, la testa di Mac appoggiata alla sua spalla, ed erano entrati in casa neanche mezz’ora dopo aver lasciato la festa.

Chissà cos’avevano pensato colleghi e amici non trovandoli più.

Non era riuscito neppure a chiudere la porta; l’aveva spinta col piede, facendola sbattere, mentre l’attirava a sé e la baciava di nuovo: sulle labbra, sulle spalle nude, lungo le braccia, percorrendo dolcemente il punto in cui il tessuto dell’abito incontrava la pelle morbida appena sopra il seno.

Era eccitante con quel vestito in pizzo nero.

“Tu mi togli il respiro...” aveva mormorato, sopraffatto dall’emozione.

Si era preso tutto il tempo per guardarla, dopo averla immaginata troppe volte così, tra le sue braccia, fremente del suo stesso desiderio.

L’aveva spogliata lentamente solo dopo averla baciata a lungo.

Lei, invece, era stata più impaziente e gli aveva tolto giacca e camicia prima ancora che lui avesse deciso di abbassarle la cerniera dell’abito.

Nove anni erano misteriosamente svaniti nel nulla, mentre si abbandonavano ad una passione incontenibile, la stessa che li aveva uniti fin dalla loro prima notte insieme.

Avevano fatto l’amore per ore, mentre l’alba del nuovo anno portava con sé la promessa racchiusa nelle parole di una canzone, sulle note della quale il destino aveva voluto che ballassero in quella lontana sera di molti anni prima.

 

 

 

 

 

Quando la notte si è fatta troppo solitaria

E la strada troppo lunga

E pensi che l’amore sia solamente

Per chi è fortunato e forte

Ricorda che in inverno

In profondità, sotto la rigida neve,

Riposa il seme che, con l’amore del sole,

In primavera diventa una rosa

 

 

 

 

fine

 

 

 

 

 

 

 

  
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