“Li chiamavano Mangiamorte”
Nell'aria aleggiava quel caratteristico odore che normalmente annuncia il passaggio della bistecca dallo stadio di bistecca davvero ben cotta a quello di uh, guarda, carbone. Lui non aveva mai avuto una particolare predilezione per i barbecue, e non sarebbe stata questa esperienza quella che l'avrebbe spinto a cambiare opinione in proposito.
“Gira il mondo, diceva mamma. Incontrerai persone interessanti, diceva mamma. Ti farai un sacco di nuovi amici, diceva mamma.”
SUPPONGO PENSASSE CHE SARESTI STATO CAPACE DI BADARE A TE STESSO.
“Ti darò il potere, diceva lui. Cadranno tutti ai tuoi piedi, diceva lui.”
Ai suoi piedi, più che altro, c'era soltanto il suo stesso cadavere. La faccia non era precisamente in buone condizioni: avete presente la bistecca di cui sopra? Ecco.
“Nessuno potrà opporsi a te, diceva lui.”
Il ragazzino pareva dormisse, così carino, così innocente, tutto raggomitolato con le manine attorno alla testa. L'avrebbe preso volentieri a calci, il maledetto, molesto quattrocchi ficcanaso.
“Usa il ragazzo, diceva lui. Afferralo, diceva. Eh, non erano mica sue le mani!”
Quirinus Raptor lanciò un'ultima, depressa occhiata a quell'ammasso di vesciche e bruciature che era stata la sua faccia. La sua povera faccia. Poteva non essere stata la faccia più bella del mondo, ma, per Merlino, a lui era piaciuta. Era stata la sua faccia.
Scosse il capo con aria sconsolata e Morte gli posò una mano sulla spalla.
* * *
Di Gibbon non si poteva dire che fosse mai stato l'uomo di punta di qualche organizzazione; il suo ruolo naturale era più il gregario di seconda linea. Quella sera non era compito suo uccidere Silente: la sua parte nel piano prevedeva solo salire le scale, sbucare in cima alla torre, lanciare il Marchio Nero, ridiscendere le scale, riunirsi agli altri Mangiamorte.
Evitare un Avada Kedavra lanciato da quell'invasato di Thorfinn Rowle, invece, non faceva parte del piano.
“Dannazione, Rowle! L'ho schivato per un soffio, l'ho schivato, mi ha mancato di tanto così, idiota! Che cos'è, volevi uccidermi?”
E la figura incappucciata accanto a lui – che non era stata lì fino ad un momento prima, non c'era stata – si girò, lo guardò e disse:
SONO CERTO CHE NON L'ABBIA FATTO APPOSTA.
* * *
Cinque minuti più tardi erano ancora tutti lì, tranne Lucius Malfoy e Bellatrix Lestrange, che almeno un talento in più di altri lo avevano: sapevano scappare meglio. C'era chi piagnucolava deluso, chi protestava, sentendosi tradito, chi, prendendola tutto sommato con filosofia, si ripeteva che sarebbe potuta andare peggio, chi ancora non aveva afferrato bene tutta la dinamica dell'evento e si guardava intorno un po' spaesato ma ancora speranzoso. William Magpie stava battendo piccole pacche confortanti sulla schiena di Jeremiah Grumbler, ripetendogli con tono gentile:
“Ma lo sai com'è fatto... Non ce l'aveva proprio con te... No, non è qualcosa che hai fatto tu... E' capitato, eravamo solo nel posto sbagliato al momento sbagliatissimo.”
Nel mezzo della stanza, un folletto dall'aria avvilitissima stava considerando che il vecchio detto “mal comune, mezzo gaudio” si stava rivelando un'emerita corbelleria. L'abbondante compagnia nella quale si trovava non lo confortava minimamente; leggermente più confortante poteva essere il pensiero che, in fondo, tutto considerato, in tanti anni di onorato servizio come responsabile delle Pubbliche Relazioni della Banca con gli Umani, questa era solo la prima rogna seria: a rovinare la sensazione di conforto era la certezza che sarebbe stata anche l'ultima.
Beatamente ignaro di questa piccola folla di ombre, della cui creazione era interamente responsabile, Lord Voldemort si aggirava avanti e indietro per la stanza male illuminata, scavalcando occasionalmente un cadavere e bofonchiando di coppe, anelli, Horcrux e altre amenità. Di tanto in tanto passava, inconsapevolmente, attraverso una delle ombre in questione, che in genere si ritraeva offesa.
Perfettamente a suo agio in mezzo a questa congrega di Mangiamorte neo-deceduti, Morte fece sentire la propria voce:
SIGNORI, SE CORTESEMENTE VOLESTE SEGUIRMI, SAREBBE ORA DI ANDARE.
Una delle ombre più vicine alzò verso Morte due occhi lacrimevoli e disse, con voce tremula:
“Non ci posso credere. Dopo tanti anni di fedele servizio, di duro lavoro... mi ha ucciso!”
BE', disse Morte, chinandosi verso di lui, PROVI A CONSIDERARLA SOLTANTO UNA FORMA MOLTO DEFINITIVA DI LICENZIAMENTO.
Note degli AutorI: Buon anno!
Riemergiamo dal coma post-festeggiamenti apposta per pubblicare questo nostro piccolo, modesto omaggio a quegli umili e dimenticati lavoratori del lato oscuro, anonimi operai del male sulle cui schiene poggia il dominio dei Cattivi con la 'C' maiuscola.
Diciamoci la verità: chi di voi ha pianto una sola lacrima per il Professor Raptor? Eppure ha l'indubbio onore di essere il primo Morto In Diretta di una saga che ne produrrà parecchi...
E che dire del povero Gibbon! Chi di voi ha anche solo notato la morte del povero Gibbon?
Due righe, ventiquattro parole. Questo è il suo spazio nella saga. HP6, pag 553, righe dalla 19 alla 21. Giusto per dire che è morto per niente, ucciso da fuoco amico. E il suo nome lo veniamo a sapere solo dopo, per caso, giusto perché Remus Lupin ha una buona memoria per i dettagli.
Quanto all'ultimo pezzo: chi di voi almeno si ricordava che c'era stata questa piccola allegra strage?
Avrete pensato: “L'unico Mangiamorte buono è un Mangiamorte morto, e torniamo a occuparci di cose serie”, eh?
Ne approfittiamo per festeggiare con voi un anno dalla stesura del primo capitolo di questa raccolta. Se vi è avanzato un po' di spumante da ieri, questo è il momento di usarlo. Ringraziando, come sempre, tutti coloro - tuuuuuuuuutti coloooooooooro - che si fermeranno a lasciarci un'opinione, vi rinnoviamo i nostri più sentiti auguri per un felice 2013.
AUGURI.