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Autore: PerfectToMe    06/01/2013    3 recensioni
«“ Tantissimi auguri, siete la coppia migliore di sempre. Buon primo anniversario! “ Mi sembra ieri che mi raccontava freneticamente del loro primo bacio, ma forse è meglio cominciare tutto dal principio.»
Avvincente storia di amici, o forse qualcosa di più.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: Bondage
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Da lontano si intravedeva, tra la folla di gente, il cancello della scuola alto e imponente. La giovane El improvvisò una corsetta per il ritardo, lasciando sobbalzare i suoi boccoli, arrivando dalla sua amica che, impaziente, la stava aspettando a braccia conserte. A qualche centimetro da Eva, la ragazza mise in scena il balzo finale della corsa. Ma non andò come El si aspettava. Il secco blocco fece finire la sua collana a forma di acchiappa sogni dritta sulla sua fronte.
Dopo un attimo di pausa, si riprese dalla botta iniziando a urlare:
“Oddio che male!” facendo scatenare una grossa risata che rimbombò per tutto il cortile.
“Mi serve aria, non respiro più. La tua faccia era stupenda!” disse Eva in modo incomprensibile per le troppe risa. “Basta mi fanno male le guance.”
“Adesso basta, ho fatto più figure di merda in due giorni che in tutta la mia vita!” bisbigliò El prendendola per mano cercando di fuggire dalle risate della gente. Ma il tornado El non era ancora terminato, altri danni la aspettavano. A due metri dalla porta d’ingresso iniziarono a rallentare, Eva rideva ancora mentre El si girò verso di lei lanciandole un’occhiata gelida lasciando finire questa entrata con una nuova botta. Questa volta addosso ad un ragazzo. Finirono entrambi schiacciati sulla porta che, grazie ai maniglioni antipanico, si aprì facendoli rotolare e deridere ancora di più. In realtà anche Eva rischiò di finire ammassata su di loro ma lasciò la mano di El in tempo senza finire appallottolata nel corridoio di scuola.
Ormai El era un semaforo che segnava rosso. Aveva i capelli scompigliati, il viso che sembrava scoppiare di vergogna ma senza farlo notare si alzò in qualche millesimo di secondo, facendo strabuzzare gli occhi di Eva sorpresa dalla sua inumana velocità.
“Andiamo.” Disse ferma El.
“Ma…”
“Niente ma. Andiamo.”
Tutta quella serietà spaventava Eva, che rimase in silenzio trascinata nel corridoio dalla sua amica che cercava di schivare tutte quelle risate e quegli indici puntati verso di lei. Finito il corridoio spinse Eva nel bagno lasciandola scivolare sulla porta.
“Ma non gli hai nemmeno chiesto scusa.” Arrivò sottovoce Eva.
“A chi?” chiese El ad alta voce facendo eco tra le mura dei bagni.
“Come a chi? A quel ragazzo!”
“Ah era un ragazzo? Nemmeno l’ho guardato in faccia. È lui che si è messo in mezzo, è colpa sua se tutti mi ridevano a dietro!” rispose una El quasi con tono arrogante e arrabbiato.
“Non è colpa sua, è stato un incidente e credo che sarebbe stato più carino chiedergli scusa. Tu non lo avrai degnato di uno sguardo, ma io sì. È lo stesso ragazzo che ieri ti ha fatto i compimenti per l’otto in matematica.”
“Senti, non è stata colpa mia e non è un mio problema.”

Suonò la campanella che terminò la loro discussione. El salutò la sua amica con un cenno della mano uscendo dal bagno sparendo tra il rumore di passi e chiacchiere. Eva si sbrigò a correrle a dietro, la cercò con lo sguardo con scarsi risultati. Così abbassando lo sguardo arrivò in classe dove la filosofia l’attendeva.
Con sguardo fisso si sedette al suo banco e la sua mente divenne un nodo di pensieri. Era demoralizzata, forse triste.
“Ci si dovrebbe comportare con i propri amici come noi vorremmo che si comportassero con noi.” La voce profonda della professoressa spaccò i suoi pensieri lasciandola sorpresa a fissare la frase scritta sulla lavagna. “Questa è la frase di oggi. Sapete dirmi chi è l’autore?”
Dal fondo della classe qualcuno sparò dei nomi:
“Elvis Presley.”
“Shakespeare?”
“Oh no, ragazzi! Molto prima. Aristotele.” Rispose la prof Hocken come una mamma.
Quella frase scombussolò ancor di più i pensieri di Eva.
‘siamo state così prese da altro che nemmeno le ho raccontato di Harry. Oggi è strana. Cos’ha? Boh. Ho paura di perderla. Non è una giornata delle migliori, all’intervallo provo a tirarla sù. Perché è questo che vorrei facessero con me.’ Pensò Eva.

Le due ore di filosofia passarono come niente, la Hocken è considerata una grande maestra di vita. Eva la adora, ama il suo modo di pensare e di insegnare; perché oltre a spiegare la filosofia ti spiega la vita.
Al suono della campana Eva si fiondò nel corridoio per cercare la sua amica sempre senza risultati. La cercò nella sua classe di storia e fu lì che la trovò, seduta al proprio banco. Le si avvicinò senza fare rumore coprendole gli occhi con le mani.
“Chi è?” El scostò subito le sue mani e si girò. Eva l’aspettava con un enorme sorriso sedendosi al banco a fianco. “Cos’hai oggi? E non dire niente. So che non è una delle giornate migliori, ma non fare la cagnolina bastonata. Ora vieni fuori e andiamo a prenderci due mele alle macchinette.” La prese per mano e l’alzò di forza dal banco facendole il solletico, finalmente vide il sorriso apparire sulle sue labbra che sputarono qualche parola:
“Sei la migliore.” Ma Eva troppo presa dalla fuga dalla classe da non sentire, si rigirò verso di lei e l’abbracciò forte aggiungendo:
“Devo raccontarti una cosa.”
“Oh, che aspetti? Dimmi!” continuarono camminando per il corridoio.
“Ieri al lavoro ho conosciuto un ragazzo, si chiama Harry e mi ha chiesto di andare con lui alla mostra di moto d’epoca questo sabato.”
“Uuh, un appuntamento!” disse El sgomitando l’amica.
“Ma smettila. Te l’ho detto solo perché volevo venissi anche tu!”
“Ma io non so niente di moto, farei solo la figura della stupida. Così ti lascio sola col tuo nuovo fidanzato.”
“Smettila, non lo conosco nemmeno. Ci vado perché amo le moto!”
“Sì dai la solita scusa. Me lo presenterai!” rispose felice El.
“Finalmente un sorriso.” Eva abbracciò ancora la sua cara amica stampandole un bacio sulla guancia sbarrando gli occhi appena vide il biondino di quella mattina arrivare alle spalle di El, un dito leggero le punzecchiò la spalla e subito esclamò:
“Eva, questo è il gioco più vecchio del mondo.”
“Quale gioco?” spuntò la voce del ragazzo da dietro. El si girò con un’espressione sorpresa ad occhi spalancati e sopracciglia alzate. Rimase così per secondi interminabili finché il biondo parlò.
“Scusami per stamattina, ero nel posto sbagliato al momento sbagliato.” El abbassò lo sguardo guardando le sue Nike bianche.
“Ehm, scusa me per prima. Nemmeno ti ho guardato né chiesto scusa.”
“Mh, dai il peggio è passato.” Disse con una risatina. “Come ti chiami?”
“Eleanor, ma tutti mi chiamano El. Lei invece è Eva!” si sbrigò a rispondere. La sua amica, ormai estranea dalla conversazione, a quella frase si sentì inconsapevolmente ancora più estranea.
“Io son…” Non finì nemmeno la frase, o forse la finì ma il suono della campanella coprì le sue parole. E velocemente le due ragazze salutarono il ragazzo misterioso con un sorriso tornando alle loro noiose classi.

Oggi El era al centro del mondo. E pure la sua spalla che venne bloccata da una mano dalle unghie rosso fuoco. Si girò di scatto sorpresa nel rivedere Gemma, aveva cambiato piercing. Ne aveva uno nero, sempre a cerchio incastonato nel suo piccolo naso. Aveva un’espressione aggrottata, sembrava arrabbiata così la castana non esitò a chiederle:
“Gemma tutto a posto?”
“No, per niente. Credo di essermi innamorata. E l’amore fa male.” Svelò, e i suoi occhi lucidi confermarono.
El non aveva idea di quel che stesse succedendo, ma senza problemi aprì le braccia e la strinse in un caldo abbraccio bisbigliandole: “Chi è il fortunato?”
“È questo il punto. Non lo so, non lo conosco. Non so nemmeno il suo nome, non conosco niente di lui. Questo mi frega, il cuore non sente ragioni. Mai.” staccatesi dall’abbraccio, le lacrime tagliavano le guance di Gemma come dei coltelli affilati.
“Smettila subito di piangere, devi avere coraggio e farti avanti. Meglio una delusione che un rimpianto!” disse asciugandole le guance con le sue mani. “e preparati psicologicamente a una lezione di biologia.” Gemma sorrise e asciugandosi le lacrime si sedette al banco.

Gli studenti in massa uscivano da quelle mura grigie. C’era una leggera nebbia e tutto era più spento e rallentato. Le due amiche sempre a braccetto camminavano allegre, finché lo sguardo di Eva si fermò. Pietrificata. Il cuore iniziò a battere come un metronomo impazzito. Il motivo non esisteva, nemmeno lei sapeva giustificare questo comportamento. Due occhi azzurri la guardavano tra le sbarre del cancello. Seguirono il viale che portava all’uscita, ed Eva cercava con lo sguardo quegli occhioni in modo sperduto girandosi e rigirandosi più volte finché un esplosione di farfalle scoppiò dentro di lei. Naso a naso, petto a petto, labbra a labbra. Il riccio la stava baciando, Harry la stava baciando!

Suonò la campanella e gli occhi addormentati di Eva si aprirono socchiudendosi per la troppa luce. ‘Era tutto un sogno.’ pensò. ‘Peccato.’ concluse.
  
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