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Autore: Nat_Matryoshka    07/01/2013    3 recensioni
10 - There is a lady sweet and kind [Loki/Sigyn]
"Era iniziato tutto da un sorriso e dalla più semplice delle domande. Per quanto potesse pensarci e ripensarci, Sigyn lo vedeva sempre allo stesso modo: quello con Loki non poteva essere stato un incontro casuale. Se c’era un fato –e in qualche modo sentiva che esisteva- li aveva voluti insieme fin dall’inizio."
[Raccolta di one-shot, centric! e pairing centric!]
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jane Foster, Loki, Sif, Thor, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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L’emblema del gelo

 

Il corpo del Padre degli Dei, colui che governava su Asgard dall’alto della sua magnifica grandezza, giaceva a terra in stato comatoso, gli occhi chiusi, il volto solo ad una prima occhiata rilassato. Chiunque lo avesse visto in quel momento, lo avrebbe creduto immerso nel suo sonno periodico, il sonno che lo aiutava a ridare forza al suo potere… nessuno avrebbe pensato che Loki, uno dei principi ereditari, era in parte causa di ciò che era successo. Nessuno lo avrebbe visto allontanarsi a grandi passi dopo aver chiamato le guardie – la camminata nervosa di chi è spaventato e vuole mettere più distanza possibile tra sé e ciò che ha appena visto – né si sarebbe curato di consolarlo, di rassicurarlo sul fatto che suo padre non aveva nulla di grave, e si sarebbe rimesso presto: a nessuno importava nulla del Dio degli Inganni, per quanto si fosse trattato di un membro della famiglia reale. C’erano cose che non cambiavano durante gli anni, e la diffidenza degli Asgardiani nei confronti di chi era così diverso da loro (figuriamoci uno Jotun) era tra quelle.

L’eco delle sue grida ancora gli risuonava nelle orecchie, mascherava il rumore dell’ incedere per i corridoi, ma non riusciva a camuffare quello dei pensieri, che lo assordavano come se duemila trombe impazzite stessero suonando tutte assieme nella sua mente. Aveva finalmente ottenuto la verità che desiderava, che gli spettava, ma tutto ciò che gli restava era una confusione enorme, più grande di quella che aveva provato nell’essere toccato da un gigante a Jotunheim e vedere il proprio braccio diventare blu, come il ghiaccio.

Più del ghiaccio stesso.

Continuò a camminare, senza meta, come se il solo fermarsi lo avesse potuto condannare a rivivere la stessa scena infinite volte, un capriccio del Fato che, a quanto pareva, non aveva intenzione di rendere la sua vita più semplice… fortunatamente, in giro non sembrava esserci nessuno: la notizia che Odino era caduto nel suo sonno senza preavviso doveva aver allertato tutta la corte e gran parte del corpo delle guardie.
Fermò il flusso impazzito dei pensieri solo dopo essere entrato nella sua stanza, con la porta chiusa alle spalle a sigillare il segreto che gli rendeva il cuore pesante. Quanto ci sarebbe voluto, prima di riuscire ad accettare la situazione per quella che era?
Odino, il Padre Universale, non era il suo vero padre. Frigga, la donna che aveva chiamato madre per lunghi anni, che lo aveva cullato e allattato quando era solo un neonato, non era sua madre: il loro unico figlio era Thor, e così sarebbe sempre stato, per quanto il Padre continuasse a giurare di amare Loki come un figlio suo…
Tutte bugie? Non lo sapeva, non riusciva a capirlo. Era ironico che proprio il Dio degli Inganni non fosse capace di distinguere tra le bugie e la realtà, dopo aver vissuto una menzogna durata per troppo tempo.
Si prese il viso tra le mani, chiudendo gli occhi, come a volersi isolare in una realtà in cui tutto era rimasto al tempo della sua infanzia.

 

Era sempre stato diverso dagli altri bambini, diverso anche da Thor, col quale aveva condiviso giochi e risate, bisticci ma anche momenti di complicità, come quando sgattaiolavano senza farsi scoprire nella sala dei trofei del Padre per giocare coi cimeli riportati dalle battaglie, o quando facevano disperare le bambinaie e la Madre andandosi a nascondere nella foresta che circondava il palazzo e ne costituiva una parte dei giardini. Thor era forte e pieno di energia – che con l’adolescenza sarebbe diventata spavalderia imprudente – Loki era calmo, studioso e stranamente versato nella magia per essere un Asgardiano, ma il fratello non ci aveva fatto caso: per lui, ogni incantesimo era un piccolo miracolo, e vederlo trasformare una foglia in un sasso e viceversa soltanto toccandola costituiva un motivo di meraviglia e orgoglio. Nella sua ingenuità pura, non aveva mai sospettato che quella diversità avrebbe potuto rappresentare un pericolo.

Erano Hogun, Volstagg e Fandrall, assieme a Sif, a fare i sostenuti.

Forse per invidia, forse per la cattiveria misteriosa dei bambini, non erano mai stati amichevoli nei suoi confronti: Hogun si limitava a fingere che non esistesse, Volstagg era più impegnato a giocare e mangiare che ad inventare dispetti, ma Sif e Fandrall sembravano provare uno strano piacere nel maltrattarlo, escludendolo dai loro giochi o, semplicemente, non facendolo sentire parte del gruppetto perché diverso da loro. in qualche modo avevano intuito la verità senza conoscerla, rifletté amareggiato il giovane. Nonostante Thor lo avesse sempre difeso e avesse cercato di rimediare alle loro cattiverie, un seme di vendetta si era impiantato nel suo cuore, e germogliando aveva dato vita ad azioni che dovevano rappresentare una punizione per chi cercava continuamente di schiacciarlo: quando, da adolescente, aveva tagliato ciocca per ciocca i bei riccioli biondi di Sif, non aveva provato il minimo dispiacere. Né gli dispiaceva ora che era adulto, e che la vedeva ogni giorno correre per Asgard con le armi in mano e la coda di cavallo nera che le sfiorava la schiena.

Se non possono amarti, allora dovranno temerti.

 
Eppure, qualcosa doveva essere andato storto, perché il disprezzo negli occhi di quelli che erano stati per qualche tempo i loro compagni di scorribande non era mai calato, né col timore era subentrato il rispetto. Ancora se ne stupiva? Non si erano mai fidati di lui, e non si sarebbero fidati mai, finché avessero vissuto. Anche se fosse diventato re. Il timore non era sinonimo di rispetto. Odino poteva pensarla come preferiva: gli Asgardiani non avrebbero mai voluto un gigante di ghiaccio come erede al trono.
Si alzò in piedi di scatto e prese a passeggiare per la stanza, irrequieto.

Il dubbio era un tarlo piccolo, ma potente. Una creatura che entrava attraverso le orecchie, camuffata da frase pronunciata a mezza bocca, diceria, malalingua, e da lì si faceva strada nel cervello, andando a rodere, strato dopo strato, ogni consapevolezza, ogni barlume di sicurezza raccolto durante gli anni. E, piano piano, quando non trovava più barriere a fermare la sua azione, prendeva il controllo dell’ospite, contaminando ogni suo pensiero, spingendolo a mettere in pericolo la propria sanità mentale nel tentativo di cercare qualcosa.
Cosa sperava di trovare, tornando nella sala del Tesseract? Quale tarlo della follia, della disperazione lo aveva spinto a toccarlo?
Le sue dita si erano poggiate sulla superficie del cubo cosmico, esitanti: le aveva viste cambiare il loro colore in blu, ma questa volta lo spettacolo non lo aveva colto impreparato come su Jotunheim. Né aveva provato spavento a vedere i suoi occhi, riflessi dalla superficie bluastra, diventare rossi come due braci scappate dal caminetto. Una maschera luminosa gli rivolgeva un sorriso rassegnato, di chi ormai è pronto a tutto e sa di doversi arrendere a ciò che vede… il principe di Asgard, uno Jotun dal volto segnato da una lacrima.

Era stato lui stesso a scegliere di interrompere quell’inganno: da ogni sogno, prima o poi, ci si deve svegliare. E per quanto brutta potesse essere la realtà, l’avrebbe dovuta affrontare. Ma mai si sarebbe aspettato che l’inganno sarebbe venuto da chi, diversamente da lui, non era riconosciuto come ingannatore.  

 

Nel suo vagabondare avanti e indietro per la stanza, non si era accorto di essere di fronte alla finestra: le luci continuavano a brillare, Asgard proseguiva la sua giornata, la vita andava avanti, nonostante Odino si trovasse disteso sul suo letto, preda di un sonno naturale ma incalzato da una causa che nessuno conosceva, né doveva conoscere…
Aveva amato suo padre, anche la sua severità. Si era fidato di Thor, di sua madre, dei domestici, di tutti coloro che sembravano gentili e premurosi, ma che alla fine lo avevano nutrito di falsità, negandogli il diritto di scegliere se portare con consapevolezza il suo ruolo di estraneo accolto nella famiglia reale e destinato, un giorno, al regno, o rifiutarlo e cercarsi un’altra strada, un’alternativa. Come potevano pretendere di porre fine alle bugie, se loro erano i primi a crearne?

“Cosa sono, allora?”
“Sei mio figlio.”

Senza volerlo, i suoi occhi incrociarono quelli della sua immagine riflessa, incisa nel cielo notturno di Asgard come un ritratto sospeso nell’aria. Il viso era tornato chiaro, gli occhi da rossi erano verdi, ma ciò che si nascondeva nella sua anima fuori non si vedeva.
In fondo, aveva sempre pensato di essere diverso da chi lo circondava, solo che la sua parte più fragile non aveva mai voluto saperne di accettarlo.
Increspò appena le labbra, imitato dal suo riflesso, ma non si trattava di un vero sorriso: era piuttosto una reazione spontanea dei suoi pensieri, che prendevano forma senza che se ne accorgesse.

"Eri un bambino innocente…."

 
Non era più quello di una volta, il bambino che dipendeva dagli altri, che cercava senza tregua un po’ di sicurezza nelle braccia dei suoi familiari. Aveva dimenticato ciò che era. Ricreato un nuovo sé che, per quanto gli fosse in qualche modo estraneo, per quanto lo spaventasse, rappresentava il vero volto del suo cuore.
Alzò una mano, ricordandone il colore bluastro. Cos’altro era, se non un emblema del gelo?
Il ghiaccio era fuori, e dentro. Blu, scuro come i giorni senza luce di Jotunheim, blu come la luce calma (solo in apparenza) del cubo cosmico. Blu, senza sole. Il sole che non gli spettava.

Guardò di fronte a sé e sorrise, stavolta con la consapevolezza di farlo. Ma a sorridere, ora, non era Loki Odinson.

 
Era Loki Laufeyson.

*****

Angolo (dei pensieri sparsi) dell’autrice
Chi mi conosce e segue le mie storie sa che sono di una indecisione che rasenta il patologico, per cui, dopo aver abbozzato una fanfiction, passano dalle due settimane ai mesi prima che decida finalmente di pubblicarla… e così è stato anche per questa, che avevo in mente già da un po’ – così come l’intera raccolta – ma a cui ho deciso di dare una forma “definitiva” solo ora. Diciamo che anche la sessione invernale di esami non mi ha aiutata!
Anyway, questa fiction è il risultato di una serie di idee che ho abbozzato per una raccolta di one-shot dedicata a pairing e personaggi singoli di Thor, tutte ovviamente movieverse. Il primo capitolo sarebbe dovuto essere una ThorJane, ma per varie ragioni ho preferito iniziare con una shot dedicata ad un personaggio singolo, Loki appunto. Ho già due capitoli pronti e un terzo in cantiere, per cui, per una volta tanto, studio permettendo, non lascerò a secco con aggiornamenti millenari i miei (eventuali) lettori.
Per quanto riguarda questo capitolo, spero di non essere andata OOC e di aver trasmesso almeno una parte dell’amore che provo per Loki, personaggio nel quale fin troppo spesso mi riconosco e che trovo caratterizzato molto bene, sia nel film che nel fumetto. Le parti in corsivo tra virgolette si riferiscono al discorso tra lui e Odino all’interno del film. Il titolo invece mi frullava in testa già da un po’, sollecitato anche da varie fanart che trattano l’accostamento Loki/gelo.

Ringrazio la solita pazienza degli amici che mi leggono e mi supportano, e TsunadeShirahime per aver betato instancabilmente il capitolo che gli ho sottoposto, e per i vari consigli richiesti dal caso <3
Che dire… chiudo qui questo primo papiro! Come sempre, critiche, consigli, pomodori in testa e reclami/recensioni sono sempre benaccetti :)

Nat

   
 
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