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Autore: LH2    07/01/2013    9 recensioni
Alzai la testa leggendo l'ora.
Venti minuti e sarebbe tutto finito: l'anno passato, le persone incontrate, i posti visitati.
Con lo schiocco delle dita, tutto quello che avevo vissuto sarebbe stato solo un vecchio ricordo. Forse un sogno, visto che quasi non mi capacitavo del fatto che mi trovavo da sola, a Capodanno, a bere dell'alcool di orribile qualità in un posto di cui non conoscevo neanche il nome.
Anzi non ero da sola, c'erano i mille "se" a farmi compagnia.
Se non avessi la tendenza a prendere tutto alla lettera.
Se pensassi di meno.
Se vivessi di più.
Se non rovinassi tutto con le parole.
Se non lasciassi andare via.
Se non lo avessi lasciato andare via.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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31 Ottobre 2012, Milano.

Quando misi piede a Malpensa, mi sentii ancora peggio di quanto non lo fossi stata per tutto il viaggio. Le cuffiette alle orecchie o la quantità di cioccolata che avevo nello zaino non avevano comunque alleviato la mia agitazione.
Quante ore avevo passato in quel treno?
Okay non avevo più cognizione del tempo, e con esso la batteria del telefono.
Sbuffai riponendolo in tasca, in una posizione strategica e comoda da prendere, qualora mi fosse servito. Con la borsa in spalla, mi guardai intorno in cerca di un bagno.
Erano le 2:17 di notte e il mio viso, oltre ad essere sconvolto per la stanchezza, mostrava leggere rughe di tensione su tutta la superficie della fronte.
Entrai titubante se specchiarmi o meno, e più spinta dalle gambe che dall'inconscio, lo feci, decisa a passarmi un filo di rossetto sulle labbra e magari anche a schiarirmi un attimo le idee.
Possibile che a diciannove anni ancora non ero in grado di comportarmi da persona matura e, soprattutto, realizzare quanto non fosse possibile che partire nel bel mezzo della notte per arrivare a Milano dove le ragioni della mia vita stavano per atterrare, non avrebbe portato a nulla?
Maggiore delusione, forse giusto quella.
Che cosa stai facendo?
Sei pazza, e non c'e' da vantarsi in giro.
Mi sporsi verso il lavandino, soffermandomi su tutte quelle imperfezioni che agli altri potevano sembrare irrilevanti ma che io vedevo fin troppo bene. -non e' il momento Claire..- esclamai decisa, cercando nella pochette il rossetto Chanel nuovo di zecca alias il regalo che mi ero fatta prima di partire.
Ovviamente, visto che le probabilità che avevo di raggiungere il mio obiettivo erano così scarse da risultare quasi impossibili, avevo già preventivato un dono di consolazione.
Lo aprii, e presi a passarlo accuratamente sulle labbra senza rischiare di sbafare; ma lo sbattere della porta dietro di me mi fece uscire proprio fuori rotta, disegnando una gigantesca riga irregolare lunga fino all'estremità della guancia destra.
-perfetto- esclamai puntando gli occhi verso la colpevole del mio trucco da clown.
Gia' ero pronta a maledirla, ma i lineamenti delicati del viso attirarono subito la mia attenzione, tanto che mi ritrovai a fissarla come un ebete mentre si avvicinava.
I capelli biondi le arrivavano poco più in basso delle spalle, ed erano legati da una lunga treccia improvvisata; gli occhi invece erano contornati da un filo di matita nera che evidenziava ancora di più il loro blu intenso. Si appoggio' con le mani sul lavabo e sospiro', nello stesso identico modo in cui l'avevo fatto io pochi secondi prima. Mi morsi il labbro inferiore e facendo finta di niente, aprii il rubinetto cercando di sciacquarmi bene il viso ed eliminando ogni traccia di rossetto.
Si volto', inarcando la testa e prendendo a fissarmi, prima di rispostare l'attenzione sulla se stessa di fronte allo specchio.
-quando sei arrivata?- esclamo' schietta, prendendo a passarsi il rimmel sulle ciglia, a mio avviso, già perfette.
La guardai confusa, senza capire a cosa alludesse. Avra' avuto circa la mia eta', eppure sembrava decisamente più grande.
Possibile era li per lo stesso mio motivo?
Poteva rincuorarmi: una pazza in più nel mondo.
-come scusa?- accennai prendendo un pezzo di carta e massaggiandomi la zona di pelle bagnata d'acqua.
-dico, da quanto sei arrivata qui all'aeroporto?- ripete' più precisa. Mi passo' il tubetto nero che aveva in mano come se fosse la cosa più normale al mondo e continuo' ad armeggiare con i trucchi.
Neanche la conoscevo, con che coraggio riusciva a parlarmi in quel modo? Quasi la invidiavo.
-sono arrivata adesso- risposi titubante, prendendo il rimmel tra le mani.
-tranquilla ancora non sono arrivati- disse lei, smorzando un sorriso. -sono qui da circa tre ore e tutto quello che sono riuscita a scoprire e' che atterrano qui a Malpensa- e mentre lucidava le labbra, la manica della maglietta le scopri' il polso, lasciando intravedere un sottile braccialetto con una minuscola "H" che pendeva.
Decisamente un'altra pazza in più nel mondo.
Sorrisi tra me e me, tornando a guardarmi allo specchio. -ti piace?- mi chiese notando ciò che avevo visto; sembrava non sfuggirle niente.
-e' molto carino- risposi, prendendo ad allungarmi le ciglia di nero.
Dava proprio l'idea di quelle persone che sono sicure di tutto, che non esitano neanche quando c'e' da scegliere il colore dello smalto da mettersi o del film da vedere al cinema. Di quelle che hanno la risposta pronta, che non si vergognano di nulla, anzi sono spudoratamente spavalde.
Di quelle che potrebero raggiungere qualsiasi obiettivo, che se c'e' una sfida, loro la vincono.
-comunque sono Leigh- appoggio' il lucidalabbra sul bancone e sporse la mano, facendomi sussultare, per la seconda volta, dai miei pensieri.
Era alquanto particolare, ma già iniziava a piacermi, il che era quasi sorprendente.
-Claire- esclamai io di risposta, stringendogliela. -non sei italiana?- dissi alzando un sopracciglio.
Scosse la testa, storcendo il naso -no e a quanto pare neanche tu- ridacchio' facendomi l'occhiolino.
-vivo a Roma ma sono di Salt Lake City. Studio qua da un anno- e alle mie orecchie sembro' davvero irreale come situazione. Ma d'altronde, se dodici mesi prima mi ero alzata dal letto e avevo deciso che mi ero rotta di vivere in quella città isolata dal mondo, un motivo ci doveva pur essere. Roma era stata la prima città su cui avevo puntato il dito nel momento in cui mio cugino Sam di cinque anni aveva fatto girare il mappamondo. A quel tempo tutto ciò che mi venne in mente fu che ringraziavo il cielo non fossi capitata in Botswana.
-dall'altra parte del mondo insomma..- ironizzo' divertita, sciogliendosi la treccia e pettinandosi i capelli biondi con le dita della mani. Pochi attimi e il loro volume aumento' di dismisura.
-io comunque vengo dalla Scozia, Glasgow per l'esattezza. E che tu ci creda o no ero qui in vacanza- sospiro' prendendo fiato. -dovrei tornare domani mattina a casa infatti- e con una smorfia di risentimento, prese a sistemarsi la maglia beige che indossava.
Sgranai gli occhi sorpresa -e sei qui perché..- -per lo stesso tuo identico motivo- mi interruppe perspicacemente.
Le sorrisi, riponendo tutti i trucchi nella pochette e continuando ad osservarla, non so se più affascinata o intimorita da quella personalità così spiccata. Aprii la bocca per pronunciare qualcosa di ironico, o tanto meno sensato, ma il vibrare del suo telefono interruppe la mia "possibile" figuraccia.
Vidi l'espressione del viso cambiare radicalmente: se prima era rilassata e serena, adesso un velo di preoccupazione si fece spazio su tutta la superficie del viso. Scosse la testa -sono atterrati- e non mi fu difficile notare anche il tremolio delle mani, che non tenevano più tanto in pugno il cellulare. Per la seconda volta, provai a mormorare almeno una sillaba ma Leigh più svelta di me, mi prese per mano e con un "andiamo" soffocato dall'agitazione mi guido' verso l'uscita del bagno.

NIALL'S POV

-vi prego fatemi scendere- esclamai, lasciandomi cadere sul sedile del jet. La testa mi pulsava e l'unica cosa che desideravo in quel momento era stendermi su un letto comodo con trecento strati di coperte sopra. Louis mi guardo' divertito, ancora intento a truccare gli occhi di Zayn -nel caso non te ne fossi accorto siamo già atterrati- rise, colpendo il moro di tanto in tanto per farlo rimanere fermo. -mi fai male!- esclamo' di risposta mentre si massaggiava l'occhio. -mettitela da solo la matita allora Malik- e lasciandogliela tra le mani, si infilo' la giacca di jeans appoggiata sul sedile.
-noi usciamo, voi che fate?- esclamo' voltandosi verso di me. -io passo- dissi, rigirandomi su me stesso. -ho fame e voglio andare a dormire- continuai sistemandomi la visiera del cappello che indossavo.
La questione "ogni giorno in uno Stato diverso" non mi era sembrata poi così stressante quando me l'avevano detto. Avevo esultato eccitato, a dire il vero. Eppure adesso, mentre lo stomaco brontolava e le palpebre mi si chiudevano, non la vedevo più come una grande idea.
Halloween passato in aereo. Interessante.
-vabbe' noi andiamo a ballare- esordi' Zayn, modellandosi la ciocca di capelli con il jel. Feci un cenno con la testa di consenso e mi girai dall'altra parte, godendomi quei cinque minuti in più di sonno. La voce di Paul tuttavia risuono' acuta nell'aereo invitandoci ad alzarci e a svegliare Harry che sembrava essere in coma.
Quando il portellone si apri', un soffio di vento fresco ci colpi' in viso, svegliandoci maggiormente; mi nascosi nella felpa che portavo e con lo zaino in spalla, scesi le scalette cautamente, senza rischiare di scivolare giù e distruggere ciò che rimaneva del mio ginocchio infortunato. Il silenzio tombale che ci diede il benvenuto, quasi mi infastidì e senza voltarmi neanche, iniziai a camminare dietro Andy che sembrava avere più fretta di me. Dall'auricolare che teneva nell'orecchio, mi fece cenno con la mano di fermarmi; alzai gli occhi al cielo, sperando che
questa piccola gita a Malpensa non si prolungasse troppo, e aspettai li dov'ero.
-c'e' troppa gente. Dobbiamo passare dall'uscita laterale- spiego' a Paul che aveva allontanato con il palmo il cellulare, intento a seguire le istruzioni di Andy. -ci sono due uscite li, credo vadano bene- continuo' indicandole. Mi avvicinai per sentire la conversazione e aggiunsi, con la mia solita inopportunità -non e' che c'e' qualcosa da mangiare? Sto morendo di fame-. Liam e Louis mi guardarono divertiti -e dai aspetta venti minuti che arriviamo- si aggiunse Zayn, ancora alle prese con la matita che gli irritava l'occhio.
Annuii sfiduciato e aspettai che qualcuno ci dicesse cosa fare, o minimo dove andare.
Non che facesse freddo, ma la stanchezza era alle stelle e ognuno aveva piani diversi per la serata. Mi bagnai le labbra screpolate per ammorbidirle e mi guardai intorno, studiando il luogo. Non c'era segno di presenze umane nell'arco di cinquanta metri, togliendo noi cinque, Andy, Paul e il nuovo bodyguard di cui non ricordavo il nome. L'edificio che si prospettava di fronte invece era circondato da vetrate trasparenti, molto originali ma poco utili, pensai. Chiunque poteva vederci da li; e tralasciando il fatto che eravamo troppo lontani e di conseguenza piccoli, per essere riconosciuti, a quell'ora saremmo dovuti correre via, e anche velocemente, se non volevamo essere assaliti dai paparazzi.
E a giudicare dalle facce di Liam, Louis, Zayn ed Harry nessuno ne sarebbe stato in grado.
Un autobus bianco distolse la mia attenzione dal viso sconvolto del riccio che a stento riusciva a tenere gli occhi aperti; salimmo, guidati dalla voce di Paul e ci dirigemmo verso quella che doveva essere l'uscita laterale. Osservai attentamente le immense finestre trasparenti e quasi non mi spaventai quando notai una cinquantina di ragazze all'interno dell'aeroporto. Inconsapevolmente mi coprii la testa e mi voltai dalla parte opposta, fino a quando Andy non mi tranquillizzo', dandomi una pacca sulla spalla.
-sono vetri opacizzati. Tu vedi loro, ma loro non vedono te- esclamo' soddisfatto. Annuii con sempre meno forza di parlare e mi preparai a scendere. Il bus si era fermato perfettamente davanti ad una porta dai manici rossi che dava tutta l'idea di essere d'emergenza; Paul la spinse, superando tutti, e vi ci inoltro' affrettandoci con le parole. Neanche nei polizieschi, il protagonista sotto protezione, veniva difeso così bene, pensai. Quando mi voltai per cercare gli sguardi complici dei ragazzi mi accorsi di quante più persone erano in realtà attorno a noi; e improvvisamente ebbi una fottuta paura. Paura di andare incontro a qualcosa più grande di me, perché dopo due anni ancora non ero in grado di gestire quella situazione.
Mi fermavo per foto o autografi quanto più possibile, ma la tensione era sempre stata presente.
Perché vorresti fare di più, e ti sembra di non soddisfarle neanche un quarto di quanto potresti. Ti senti stanco, ma non vuoi deluderle. Vorresti ringraziare, perché sai che in verità il tuo non e' un lavoro, ma pura passione, ed e' solo grazie a loro e invece non hai mai le parole adatte.
Percio' ogni santa volta, per quei dieci minuti al massimo, ti senti la persona più impotente al mondo; fragile, insicura, debitrice di qualcosa che senti non essere tuo. Trecento sensazioni in sessanta secondi di camminata verso l'uscita dell'aeroporto: piu' o meno era cosi'.
Il respiro mi si mozzo' in gola, insieme alle gambe che non ne volevano sapere di muoversi; appoggiai le mani sulla parete lucida alla mia destra e mi fermai, cercando di riprendere il ritmo regolare del mio cuore. Il freddo gelido del vetro, si proietto' su tutta la superficie del mio corpo, provocandomi un minimo di forze. Alzai gli occhi, e mentre tutti intorno a me mi accerchiavano chiedendo come stessi o per quale motivo mi fossi fermato, io puntai gli occhi sulla prima cosa che mi capito' davanti.
E se non fosse stato per lei, che mi guardava senza neanche sapere che ero dall'altra parte della parete, non so come avrei fatto.
Le voci ovattate dei presenti si spensero come il tasto del volume della radio; deglutii, concentrandomi sulla ragazza che avevo di fronte, a pochi metri di distanza. Immobile come una statua, poggiava il gomito sulla ringhiera di ferro che la separava dall'uscita del gate. Tamburellava le dita snelle su di essa, mentre teneva gli occhi fissi davanti a me. Com'era possibile che non mi vedeva?
Sembrava mi stesse fissando, giurerei che mi stava fissando.
Invece era più assente di quello che credevo, perché qualcuno accanto a lei la strattono' come per svegliarla da un trans. Si volto' di scatto, lasciandomi ammirare il nasino alla francese e la bocca rosea, non troppo carnosa. Disse qualcosa all'amica accennando ad un sorriso e torno' a posare gli occhi su di me, o quello che immaginavo io.
-Niall?- mi scosse Harry preoccupato. Scossi la testa confuso, e mi voltai verso il riccio -mmh?- okay, forse non erano le parole adatte da dire a chi sta assistendo ad un tuo attacco claustrofobico, ma quello fu il meglio che potei fare. -Horan cazzo tutto bene?- continuo' affollandomi la testa della sua voce. Annuii, lasciando scivolare via le mani dal vetro, senza pero' staccare gli occhi dalla bionda.
Dio se era bella. Si sporse leggermente come se avesse visto qualcosa, ed istintivamente battei un pugno sulla parete come se volessi farmi sentire. Sono qui, davvero.
Ma la speranza le si spense in viso, così come il sorriso che ormai era serrato. Questo e' tutto ciò che riuscii a studiare di lei, prima che qualcuno mi volto' prendendomi la testa tra le mani.
-ma che ha?!- esclamo' Harry rivolgendosi a Paul accanto a lui. -fategli spazio diamine!- urlo' Lou agli omoni in nero che ci circondavano -non lo vedete che si e' sentito male?- mi prese per il polso e mi diede uno schiaffetto sulla guancia.
Sbattei gli occhi più volte, fissandoli in quelli azzurri di Louis. -sto bene- sussurrai respirando affannato. -usciamo da qui dai- rispose, smorzando un sorriso e prendendomi sotto braccio.
-Louis?- lo chiamai titubante, mentre già' sentivo l'aria fresca inoltrarsi nelle mie narici.
-dimmi- rispose, aprendo la porta davanti a noi.
-ho visto una ragazza- continuai timidamente, ancora incerto se farlo partecipe dei miei pensieri o meno.
Mi voltai indietro un ultima volta, consapevole del fatto che poteva essere stato un sogno, perché nessuno aveva la prova che ciò che avevo visto era davvero reale. Gli strinsi forte il braccio, quasi bisognoso del suo appoggio.
-una fan?- chiese curioso, entrando all'interno del van che ci avevano appena aperto. -le valigie arrivano direttamente in albergo- esclamo' Andy interrompendoci. Chiudemmo le portiere e mi sistemai sul sedile, togliendomi il cappello dalla testa e prendendo a rigirarmelo tra le mani.
-non lo so, forse- risposi, schioccando la lingua sul palato, e imponendomi di imprimere nella mente il suo viso.
-Niall siamo in Italia- esordi' serio -
e domani andiamo via- con l'espressione compassionevole, di chi sa perfettamente quanto quello che hai appena detto non abbia assolutamente senso, continuo' -lascia perdere-
Smorzai un sorriso, consapevole della verita' delle sue parole.
-buon Halloween Louis- fu tutto quello che riuscii a rispondere.









Okey, ho continuato. Sia per me, che per voi ovvio.
8 recensioni allo scorso capitolo?! Ero davvero contentissima!
Ringrazio TUTTE, e rispondero' a breve alle vostre bellissime recensioni c:

Non si sono ancora incontrati, diciamo che il destino non e' proprio dalla loro parte. Ma succedera' prima o poi..

un bacio, Ludovica

   
 
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