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Autore: goldenfish    09/01/2013    1 recensioni
"Se un giorno dovessi morire, tutto ciò che mi appartiene sarà tuo David, tutto, tranne il mio cuore."
Un pacco arriva nella dimora di David, è un pacco fatto di carta da giornale, è piccolo e morbido.
Ma David sa bene a chi appartengono quei pochi vestiti e quella collana di topazio, appartengono a lei, l'unica donna che avrebbe mai amato, così crudele da spezzargli il cuore.
Il pacchetto contiene un foglio scritto a mano: una firma "Dita di cristallo".
L'ossessione per la misteriosa figura che gli ha annunciato la morte della sua amata, lo perseguiterà costringendolo ad una frenetica caccia all'uomo. O in questo caso, alla Morte.
Genere: Malinconico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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3. Morte





Elèonore ed io divenimmo subito amici, tutti i pomeriggi ci vedevamo su quella panchina dove l'avevo incontrata la priva volta, e su quella panchina ci lasciavamo, quando il sole cominciava a calare.

Quando le chiedevo chi fosse “Dita di cristallo” lei si limitava a ridere e rispondeva sempre la stessa cosa “E' l'altra me stessa”, così dopo tanti tentativi per estrapolarle qualcosa su questa Dita di cristallo, che si rivelarono inutili decisi di seppellirla nei meandri dei miei ricordi e di godermi ogni minuto con lei.

Sapevo la sua condizione di vita e a volte le regalavo dei vestiti nuovi, che lei non metteva quasi mai perché quegli abiti da bambola, come diceva lei, la facevano sembrare più pura di quel che era.

Mi confessai un pomeriggio d'inverno, ma lei si limitò a sorridermi triste, dicendo che il nostro amore non era possibile. Non poteva donarmi il suo cuore. Né a me né a nessun altro.

 

Non era più suo, l'aveva regalato a Dita di cristallo.

 

Per il resto della sua vita, mi limitai a godere di quei momenti solo nostri, in giro per la Parigi che conoscevamo solo noi. Elèonore mi raccontava dell'alta società in cui insegnava ai bambini a suonare il violino e a qualche bambina il lavoro di cucito. Mi spiegò anche che la maggior parte della sua paga la regalava al bordello in cui abitava. Non per carità, diceva, ma perché lei non se ne faceva nulla.

“Presto David raggiungerò il mio più vecchio amico, sono cresciuta, ma non l'ho dimenticato sai? Un giorno tornerò completa e allora, forse, potrò amarti.”

 

Sapevo cosa intendeva dire. Una profonda malinconia mi pervase il corpo.

 

Elèonore aveva un'immaginazione unica e quello di cui parlava era solo la sua ombra - che aveva denominato Dita di cristallo- che negli anni della sua infanzia aveva trasformato nella parte “buona” di se. Lì teneva rinchiusi tutti i suoi sentimenti e il suo cuore, inaccessibile a tutti, persino a se stessa.

 

Certe esperienze ti portano a rinunciare alla tua umanità per non impazzire.

 

Io sapevo che lei, in fondo, mi amava. Solo che lo faceva a modo suo.

 

Dopo due anni di intensa amicizia lei non si fece più vedere alla panchina.

 

Avevo 21 anni, quando mi arrivò quel pacchetto avvolto in carta di giornale e non mi stupii più di tanto quando vidi i pochi vestiti che le avevo regalato e la collana di topazio.

Lei mi aveva sempre avvisato e io ero preparato.

Nessuna tomba sarebbe mai stata scavata per la mia amica, me lo aveva detto. Il suo corpo sarebbe stato buttato in una fossa comune in mezzo a tanti sconosciuti come lei.

Il dolore però era più forte della mia preparazione psicologica, e l'idea di non vederla più mi portò ad una crisi di pianto poco degna da descrivere.

Mi aveva spezzato il cuore. Una seconda volta.

Se ne era andata troppo veloce.

Ero li con quei vestiti stretti al petto, quando vidi scivolare ai miei piedi un foglietto. Lo presi con le mani tremanti e le lacrime che scendevano. Pensai che fosse una confessione in ritardo, che magari non aveva mai avuto il coraggio di darmi, ma ovviamente erano solo illusioni.

Lo lessi.

 

Una firma tremolante color azzurro.

 

Dita di cristallo.

 

Quella figura che per tanto tempo aveva ossessionato la mia mente e i miei sogni era tornata a galla, e per di più per comunicarmi la morte della mia amica.

Elèonore non era stupida, non era un caso. Per tanto tempo le avevo chiesto di Dita di cristallo e lei aveva sempre evaso il discorso.

Era come se, ora che era morta, mi permettesse di conoscere quel segreto.

 

E' l'altra me stessa, diceva.

 

Non poteva essere vero, se fosse stata una creatura della sua mente o, come credevo, la sua ombra non l'avrebbe mai scritto, ma se lo sarebbe portato nella tomba.

 

Dita di cristallo era una persona in carne ed ossa che probabilmente doveva centrare con la morte di Elèonore.

Si. Doveva essere così.

Fu come un fulmine a ciel sereno.

Rapidamente mi passarono davanti agli occhi migliaia di fatti e scene che formarono la mia ipotesi.

 

Dita di ghiaccio doveva essere il nome del suo assassino, probabilmente la collana era solo un sadico avvertimento da parte del misterioso uomo. Ecco perché mi dava l'impressione che lo sapesse da sempre che sarebbe morta presto.

Per quanto riguardava il foglio: prima di morire Elèonore doveva aver scribacchiato quel nome e lo aveva infilato nel pacco che mi avrebbe poi spedito.

 

Si stava preparando a morire.

 

Corsi al bordello in cui alloggiava sperando di trovare il suo assassino con le mani nel sacco. Erano le due di notte.

Arrivai trafelato davanti al fatiscente edificio.

All'entrata c'erano solo uomini ubriachi e fanciulle mezze nude. Solo un uomo attirò la mia attenzione: biondo, faccia insipida e sguardo senza emozione.

  
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