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Autore: Sakura_no_Hana    12/01/2013    1 recensioni
DAL TESTO:
"Si, sono… Te l'ho detto… Un po'
frenetici…" Dice lui, scavalcandomi e dirigendosi verso la
porta di quell'obbrobrio. Bussa due volte alla porta, e però
non apre nessuno. Poi bussa di nuovo, e dà un calcio. Solo
adesso ci aprono. Apre un ragazzo con i capelli biondi e molto strani, la faccia lunatica e gli occhi semi aperti, che si spalancano quando vedono me... (Estratto dal capitolo 3)
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Life is too short to wake up with regrets.
So love people who treat you in the right way, and forget who don't.
And believe that everything happens for a reason: if you have a chance, harvest it.
If it changes your life, do it.
Nobody said that it would be easy.
They promise only that it's worth it.




Chapter 1: the past.
L'estate è venuta ed è passata. Si, perché adesso siamo a fine agosto, e per me è ora di mettermi a studiare per quella scuola del cazzo che per me non vale nulla. Ma vabbè. Del resto non c'è nulla da dire, ha smesso di avere valore per me nel momento in cui la mia vita è morta, in senso metaforico. Ma ricordo ancora il giorno. Ma comincio almeno con il dire chi sono, perché chissà, magari questo diario va a finire nelle mani di qualcuno di intelligente che ne fa un'opera. E poi, chi lo sa, mi vengono a trovare quando ho novant'anni e mi vengono a chiedere di più. A novant'anni, quando non ricordi manco in che cazzo di posto ti trovi e non ricordi manco come cazzo ti chiami, e quindi sicuramente ti ricordi del tuo fottuto passato. Ma è così che è successo ai sopravvissuti del Titanic, è così che accadrà a me. Sono una ragazzina di diciassette anni, tutti mi immaginano come una emo masochista nullatenente, come i poveri cristi dell'antica Roma. Si, va bene, devo dire la verità. Ho amato studiare, amo studiare. Non sono una secchiona, ma sono molto curiosa, perciò decisamente non sono una tipa moscia e lunatica, come magari si deduce dalle mie borse sotto gli occhi causate dalle notti insonni, oppure dai miei discorsi da menefreghista o "da che cazzo me ne frega di che pensi tu tanto fra poco muoio". Dicevo no, la mia vita ha smesso di esistere, ma non io. La mia anima è ancora girovagare in cerca del corpo di qualcuno nel quale andarsi a mettere. Per rifugiarsi, per dimenticare il freddo che il mio corpo gli ha donato negli ultimi due anni. Posso descrivermi? Sono brutta, sono rinsecchita come un fagiolino nel mese di agosto, quando lo lasci all'aria per ore e senza acqua e niente, e lui muore. L'unica cosa che mi distingue da uno specchio, è il mio seno. Almeno quello si vede. Comunque, ho dei capelli da fare paura, lisci e mosci, neri come la pece, e non c'è che dire, rappresento lo stereotipo della ragazza del Sud Italia. Si, perché la mia carnagione non è scura, ma non è pallida, e i miei occhi sono l'unica cosa che mi distingue dal mio popolo. Mai vista una con gli occhi azzurri, ma proprio blu? Io nel Sud Italia non ne ho vista neanche una! Anzi no, una si. Io. Umorismo delle patate, lo so. Mi hanno sempre detto che il mio sarcasmo uccide tutti i comici. Ma se è per questo, loro uccidono me quando fanno le battutacce su cose sconce. Dirò pure un sacco di parolacce, ma certe cose mi fanno senso. Sono alta un metro e uno sputo, uno sputo come il paese in cui vivo. Un paese di nevrotici che non sanno manco loro dove si trovano, un paese che non conosce nessuno. Solo mezzo mondo, che però conosce l'arte che vi è intrisa nelle vene, non la gente che vi abita. Siamo come tante mosche, viviamo in una zona sismica, e ricordo che la prof di Italiano ci disse che saremmo morti tutti come topi se fosse successo un terremoto, perché la scuola non era organizzata. Cazzo che incoraggiamento. Se adesso penso al fatto che sarei potuta morire come un topo senza colpe, mi pento quasi di non aver pregato chissacchì per un bel terremoto riassestante. E già, perché il pensiero della morte non mi ha mai sfiorata, neanche un po'. Fino a quel maledetto giorno, si intende. Cinque agosto, lo ricordo. Avevo un fratello, fino a quel giorno, avevo anche un padre, una madre. Avevo una famigliola felice. Andavo bene a scuola, studiavo volontariamente, e adoravo la mia vita. Ma i miei compagni di scuola mi prendevano per il culo, mi dicevano che ero brutta, grassa, mal curata. Si, perché non sono mai stata una bella ragazza. Forse l'unica cosa bella di me sono gli occhi. Ma forse sono narcisista a dirlo. Comunque, la mia vena creativa c'è sempre stata. Una volta mi piaceva disegnare, ora non più. Una volta mi piaceva cantare e ascoltavo il pop adesso non più. Una volta avevo una specie di femminilità. Adesso è andata a farsi fottere. Credo che adesso la mia vita non sia un completo disastro, perché i miei amici mi rispettano e mi stimano, sto sempre con loro, condivido tutto con loro, non mi innamoro perché non ne sono più capace e ho smesso di soffrire quando la mia anima è svolazzata via. Sono un essere quasi totalmente inanimato di nome Jade o Christie, che sono i miei due altri nomi. Cioè il mio primo nome sarebbe italiano, un nome comune tra l'altro, Denise, ma non mi piace, perciò mi faccio chiamare così. A volte mi chiamano JJ, altre volte mi chiamano Giada, cioè l'equivalente italiano del mio soprannome, a volte mi chiamano Den, senza pensare che quel nome è morto, e quindi neanche rispondo se mi chiamano così. Lo sputo di paese nel quale vivo, si chiama ******, nel Sud Italia, una città decisamente disabitata, nonostante conti sessanta mila persone, ma è inanimata come la fossa di un morto. Certo, è poco dire che la mia vita sia stata distrutta, anche perché ho divagato troppo. Nella mia famiglia non c'è mai stato il senso del 'condividere'. Mia madre spesso era in conflitto con mia zia, o meglio le mie zie. E perciò non vedevo mai i miei cugini. Adesso li vedo, e se c'è una cosa che mi rimpiango, è che loro ora hanno il doppio dei mie anni e io li conosco appena. Perché dico questo? Perché la mia distruzione è cominciata dal problema di qualcun altro. Ritorno a quello che ho già detto. Cinque agosto, si, cinque agosto 1987. Che bell'anno, eh? Si, due anni fa, con l'esattezza. Ma che me ne frega? Ritorniamo al mio discorso. Mia madre era malata di una grave malattia, doveva spesso viaggiare perché nella città in cui vivo non ci sono mai state attrezzature adeguate. Insomma, viaggiava con mio padre, e io avevo quindici anni. Andavo a scuola, come è normale che sia, e frequento il liceo scientifico. Ma era estate, e perciò andavo ad una specie di scuola estiva. A dire la verità, quel giorno sarei dovuta restare a casa, perché non stavo troppo bene, e con me sarebbe rimasto mio fratello, perché era troppo piccolo per restare solo a casa. Ma io andai lì, e lui andò con loro. Per farla breve, quel giorno, ci fu un incidente. Lo sentii alla televisione. Tornai a casa all'ora di pranzo, a piedi, perché nessuno poteva venirmi a prendere. Ovvio, non c'era nessuno a casa. Se ci fosse stato mio fratello, mi avrebbe dato un passaggio con il suo triciclo, e ci avrebbe messo tre ore per arrivare. Gli avrei risparmiato la fatica. Tornai a casa che erano le due e trenta, dopo un quarto d'ora di tragitto. Aprii la porta, e non c'era nessuno. La mia casa desolata. Lasciai il mio zaino in camera, accesi la tv, mi misi a tavola apparecchiando per uno, e mangiai una fetta di pane con il pomodoro. Nessuno aveva cucinato e i miei al ritorno avrebbero portato qualcosa da mettere sotto i denti. Ma visto che non c'erano, non c'era niente da mangiare, tranne che un po' di pane, e dei pomodori, e perciò mangiai quello. La televisione locale trasmesse una notizia dell'ultimo minuto. Un auto, con tre passeggeri a bordo si era schiantata contro un tir, mentre si dirigeva da *********** a ******. Quando fecero intravedere l'immagine, ebbi come una fitta al ventre, e poi al cuore. Intravidi un viso familiare, schiacciato contro il finestrino, la macchina appallottolata contro quel tir, e poi non si vedeva più niente. Cominciai ad avere la pelle d'oca, un istinto mi spinse a prendere il telefono e chiamare una mia zia. Non so perché, mi scoppiarono le lacrime, avevo bisogno di qualcuno, e quel qualcuno era mia zia. Una donna non molto grande, circa trenta anni, mai avuto un figlio, professione da insegnante di scuole medie e infine, non mi apparteneva di sangue, ma era la moglie di mio zio, fratello di mio padre. Chiamai lei, non sapevo a chi rivolgermi, eravamo in lite con tutti nella mia famiglia, ma solo lei non era troppo lontana da noi.
"Tu… Tu… Tu… Si?"
"Z-zia… So-no i-io…"
"Denise, che è successo tesoro, perché piangi?"
"No-non hai vi-visto il tele-giornale?"
"No, tesoro, perché?"
"Vien-imi a prender-e…"
"Mamma e papà non ci sono?"
"Vieni-mi a pren-dere…"
"Corro subito!"
Se c'era una cosa che amavo di mia zia, era che non ti faceva la stessa domanda troppe volte, oppure non si impuntava che voleva sapere tutto. Arrivò a casa dopo qualche minuto, salì sopra a casa e bussò freneticamente alla porta. Appena aprii, mi gettai tra le sue braccia e piansi, volevo solo liberarmi. Volevo solo piangere, perché la mia vita non poteva finire così. Ma che cazzo c'entravo io? Perché proprio a me?
"Ehi!! Mi spieghi tutto?"
"Aspettami qui, per piacere. Preparo tutto e vengo…" Lei annuì e mi sorrise. Poi entrai nella mia camera e presi il mio zaino. Tolsi tutti i libri dal suo interno, e misi delle magliette, due pantaloni, dei calzini, lo spazzolino, il caricatore del cellulare, il computer e basta. Tutto l'occorrente no? Tornai da mia zia con lo zaino stracolmo di cose, e lei mi guardò con un aria divertita.
"Mi dici che stai facendo?"
"Posso spiegarti tutto strada facendo?"
"Certo, come vuoi, ma questa dalla a me, perché è troppo pesante."
"Grazie…" Sorrisi. Aprii la porta di casa, e uscimmo assieme, richiudendola poco dopo. Mia zia mi teneva come una figlia, quando andavo da lei non c'era una volta in cui mi facesse mancare una bibita o una cosa da sgranocchiare. Ma in quel momento non andavo a casa sua per quello. Io non avevo più una famiglia.

A.a. :
Buonasera a tutti!! Allora, questa ff è nuova, come sempre realizzata con l'immancabile 'bella bionda' e l'ispirazione di un mio 'amico' e una canzone dei Green Day, Holiday. Allora, lasciando stare come è nata, passo subito ai particolari. Come già saprete, adoro i Green Day, perciò ho scritto questa ff solo per divertimento, quindi, non prendete sul serio quello che c'è scritto. Alcuni posti sono veri, come la scuola, la casa, anche se la posizione non lo è, e i personaggi ovviamente sono reali, tranne la voce principale e la sua famiglia... Vabbè questo si era capito. Passando agli aggiornamenti, se ritardo, non mi uccidete, perchè sarà una settimana un po' faticosa... E ringrazio, in fine, chiunque avrà recensito, o solo letto, e vi prego di lasciare qualche minuscola recensione. Ne sarei felice.
Rage & Love
Jade Shenanigans
  
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