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Autore: Pulciosa    01/08/2007    3 recensioni
Ma il profumo era grande: tutta la stanza già n'era piena. Io ti veggo ancora, quando afferrasti con le due mani il mazzo e dentro ci affondasti tutta la faccia, aspirando. [...] Io ti ricoprivo il petto, le braccia, la faccia, con i fiori, opprimendoti. Tu risorgevi continuamente, porgendo la bocca, la gola, le palpebre socchiuse. Fra la tua pelle e le mie labbra sentivo le foglie fredde e molli. Se io ti baciavo il collo, tu rabbrividivi in tutto il corpo, e tendevi le mani per tenermi lontano.
Gabriele D'Annunzio - Il piacere
ATTENZIONE! Spolier HPDH
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Attenzione, spoiler del settimo libro.
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Disclaimer: i diritti di Harry Potter & Co. fortunatamente non mi appartengono, non voglio rivendicare niente di tutto ciò, e questa è comunque una irritante perdita di tempo, perché sono contro il copyright.


Titolo: Con gli occhi chiusi.


Autore: Pulciosa.

Betareader: la mia personalità più critica. (attenzione, sono sotto influenze pirandelliane.)

Genere: Angst.

Personaggi: Severus Piton, centrale, unico, catalizzatore.

Rating: R

Note: Non scrivo fanfiction da ben quattro anni, credevo che questo mondo si fosse chiuso per me: non è stato così. Dopo un pianto liberatore che ha accompagnato la fine di una saga che mi accompagna da ben dieci anni ho sentito il bisogno, quasi fisico, di riprendere la penna in mano.
Potrà apparire scontato ai più, e forse, lo è davvero. Fioriranno le Snape/Lily. Tuttavia spero di aver fatto un lavoro, non dico buono, ma perlomeno decente, ed è per questo che vi invito a darmi i vostri pareri. Immagino che la mia scrittura potrà apparire un po’ pesante, me ne sono accorta io stessa, ma sono in piena fase decadente, e un libro come Controcorrente lascia, volenti o nolenti, le sue belle tracce.
Tra i credits dovrei anche inserire il titolo, che è il nome di un romanzo di Federigo Tozzi, uno degli scritti più emblematici ed intensi di tutto il Novecento. Forse l’iniziale brutalità è una sua influenza, molto remota e rielaborata, dopotutto. Ora non mi resta che augurarvi buona lettura.


Dediche: A tutti e a Nessuno.


Con gli Occhi Chiusi




Colpa dove sei?
Vedo la spina
e il dolore che vibrano
Tacere sai, dopo trent’anni è la cosa
più semplice
Eppure sono ordito, trama e stoffa: seta!
(Bruciate i fili!) Seta!
Seta!


Con un ultimo spasimo, suo malgrado di piacere, Severus alzò lo sguardo dal groviglio di carne e lenzuola che giaceva lì vicino.
 Uno scatto di reni ed era a sedere, il mezzo busto emaciato che contrastava con la testata verde del letto, e i lunghi capelli neri sulle spalle curve. Afferrò la bacchetta, un gesto che lo fece trasalire, qualcosa di già visto, già sentito, già provato, e nell’oscurità soffocante della camera caddero a terra tre mosche, morte. Il soffitto bianco sporco a cassettoni rifletteva ampiamente il suo umore, qualcosa di più, se stesso intero: il nulla, il vuoto. La donna gemette, senza nome e senza volto, e l’alone rossastro dei suoi capelli lo attraeva, un devastante richiamo, più che distruttivo. Lo sguardo corse alla finestra priva di vetri, allo scorcio di buia campagna, quasi morta. Il pendio obliquo constava di un’alternanza di macchie oro e verdi, secco e umido unito, dove giaceva il grande tronco ritorto, un legno grezzo, vecchio e ruvido, dalla forma contorta e spaventosa, che esplodeva infine in una chioma cascante e morbida, frondosa. Sotto, una palizzata mezza marcia arginava la proprietà, con i suoi cipressi nani, lugubri, circondati da ciuffi di lavanda, ornamento odoroso e insinuante.
Sbatté le ciglia, un attimo. Lei sospirava in modo impercettibile e quasi soffice, gli occhi sbiaditi umidi di languore, quel languore che avvolgeva lei tutta. Il lenzuolo umido e sporco era ben labile schermo paragonato all’improvvisa rabbia di Severus: con voluttuosa voracità era deciso a sovrastarla, a vincere la noia e il dolore, e no, non poteva, non voleva conforto, magari desiderava solo annegare tra le profondità di quelle cosce fredde, voleva succhiare via una vita inutile, magari voleva farlo a partire da quel capezzolo turgido, sì, anche lui sapeva essere brutale, sapeva farsi amare come una Venere in pelliccia, e amava sentire le sue vertebre leccate ad una ad una, e in quei momenti era così debole, vulnerabile, che quasi avrebbe pianto ripensando a tutto, ed era lì che voleva urlare, e allora le spingeva la testa in basso, e le strattonava i capelli e voleva sentirla lambire, leccare, voleva sentirla bere, e poi doveva umettarsi le labbra, maledetta sgualdrina; allora si consumava, si struggeva, perso nel buio impertinente della stanza, e si scioglieva al pensiero, morbida pelle di fiamma, per quello che riusciva a suscitare, evocava misteriosi sbattimenti di ciglia ammiccanti, profumi aspri e coinvolgenti, vividi sprazzi di dolore, e si odiava di più, e la odiava e odiava: era allora, massimamente coinvolto, che le socchiudeva le gambe, che la faceva gemere, e veramente godeva, mordendo la sua clavicola sporgente ed era libero e lieve, perso dentro di sé…
- Severus, Severus!-
Severus scivolò via, mentre la donna si copriva vergognosa, e sciocca, con un lembo di lenzuolo. Alzò lo sguardo e verso l’altra che si torceva le mani, quasi mordendo le belle labbra rosee, le ciglia umide di lacrime. Narcissa Malfoy sembrava aver dimenticato le buone maniere e insieme, fortunatamente, la sua consueta pudicizia: sembrava anche latrice di disperazione, lì ferma nella camera odorosa di umori e sesso.
- Severus, il Signore Oscuro è caduto… E’ caduto a causa di quel bambino, lo chiamano il Bambino Sopravvissuto… il figlio dei Potter.-
E fu allora, solo allora, che un’ombra solcò gli occhi tetri dell’uomo. E Narcissa abbassò lo sguardo.
- Che ne sarà adesso di noi?-
Ma Severus era andato, scattato in piedi senza imbarazzo per la nudità, rivestitosi in fretta, la bacchetta alla mano, una corsa inutile contro il tempo.

Pioveva quella mattina, Severus se ne era accorto solo dopo un po’. Era corso fuori dalla casa, noncurante dei sussurri e delle ipotesi alle sue spalle, noncurante delle urla, delle lotte, delle fiamme: scivolava via nel buio che precedeva l’alba. Sdrucciolava sul sentiero irregolare di pietrisco, la bacchetta levata in alto e gli occhi dilatati in un’espressione di folle rabbia bestiale. Ad ogni passo corrispondeva un battito del cuore, straziato dalla corsa e dagli eventi, ad ogni respiro un pensiero.
Arrivato in una radura protetta, si smaterializzò, per ritrovarsi là, a Godric’s Hollow, dove mai aveva osato recarsi. Alla fine si accorse della pioggia, ormai fradicio e tremante, mentre stazionava, nascosto nell’ombra, davanti alle macerie della villetta. Pochi curiosi rimanevano ormai, attirati dal sangue e dalla speranza; erano rimasti solo alcuni maghi, il mantello violaceo sferzato dalla pioggia, ad occuparsi delle ultime macabre incombenze. Un gatto sgusciò fuori dal cancello della villetta, coperto di polvere e un po’ sbilenco, privo di un occhio; zampettò fino a Severus, dapprima diffidente, poi sempre meno cauto. Carezzò il pelo ruvido, rabbrividendo, e fu allora che la sentì: fresca, giovane, vivida come non mai, conturbante ed avvilente nella sua indomita ingenuità, il suo profumo di fiori, dolorosamente bella, mentre si schiudeva in un sorriso pensoso, e il suo tocco, soave e gentile, malvagio negli effetti, seduttore ed ammaliante, perverso, equivoco, sporco, così denso, così suo, così male.
E mentre la pioggia lo graffiava, Severus Snape pianse in silenzio carezzando un gatto, mentre gli occhi verde mare di Lily Evans venivano chiusi dall’impiegato in mantello viola.  

  
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