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Autore: Aletheia229    15/01/2013    3 recensioni
SEQUEL DI ALL TOO WELL
SPOILER DALLA SECONDA STAGIONE
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Chi non ha mai letto una favola? Nessuno. Quando il viaggio a Storybrooke è iniziato abbiamo scoperto nuove sfacettature di storie a noi già note. Ma il libro non ne racconta una.
La Regina Cattiva è colma di odio per Biancaneve. Ormai sappiamo che non ha nulla da fare con la loro bellezza. Ma un motivo ancora più profondo è rimasto nascosto. Fino ad ora.
Katherine è tornata a casa, strappata via da Killian. Ma la ragazza arriva a Storybrooke pochi giorni prima del pirata. Ed è in quel momento che l'ultima storia viene svelata.
Vecchi segreti verranno alla luce, mescolando tutte le carte in tavola, creando alleanze e contrasti che sembravano impensabili e i due innamorati dovranno affrontare un nuovo ostacolo: il loro passato.
Ma loro non sono gli unici protagonisti di questa storia. Più destini s'intreccerano tra loro e nulla sarà più come prima.
Perché finalmente anche loro potevano avere il loro lieto fine, essere felici e tutto grazie agli errori da loro commessi: la promessa non mantenuta di lui e il sortilegio di lei.
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Nulla che tu possa dire o fare cambierà ciò che provo per te
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Story Of Us'
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Prologo

Disclaimer: Nulla mi appartiene. Once Upon A Time appartiene a ABC mentre Peter Pan e tutto ciò che è collegato a esso appartiene a J.M.Barrie.


No one knows how you fell

No one there you'd like to see

The day was dark and full of pain


Odiava gli ascensori. Odiava il silenzio e la sensazione d’essere sempre osservata. Ogni volta che entrava in uno di quegli aggeggi aveva l’impressione che l’attenzione generale fosse indirizzata su di lei: neanche gli fosse cresciuta un'altra testa!

Odiava vedersi sempre in prima pagina, odiava tutti i rumor sul suo conto.

Odiava i bisbigli che la circondavano ed odiava le occhiate che le erano rivolte.

Odiava essere passata da “ragazza prodigio” a “ragazza miracolo”.

Odiava essere additata ogni volta che usciva per strada.

Odiava dover mantenere quel sorriso falso ventiquattro ore su ventiquattro, mentre dentro di lei stava urlando.

Odiava dover essere forte per amore di suo padre mentre tutto ciò che desiderava era sfogarsi, almeno per una volta.

Odiava se stessa per non essere riuscita a ricominciare, a lasciarsi il passato alle spalle.

Ma soprattutto odiava il fatto che nulla fosse cambiato mentre invece era cambiato tutto.


Per fortuna suo padre aveva avuto la brillante idea d’inserire un ascensore privato nella loro nuova casa. Beh, più che casa sembrava un quartier generale con tutti quei laboratori.

Quando le porte si aprirono Katherine si ritrovò a faccia con la novità più irritante: Abigail Stewart, la nuova compagna di suo padre.

<< Katherine >>

<< Abigail >>

Adorava metterla in soggezione. Quella donna faceva di tutto pur di accapparrarsi il suo favore: dal coprirla con suo padre al farle trovare il pranzo nel suo ufficio.

C’era un solo piccolissimo dettaglio che non sopportava: cercava di sostituire sua madre.

E se c’era una cosa che Katherine non aveva mai sopportato era un presenza femminile estranea nella sua vita. Si era sempre rifiutata di avere un medico donna, una parrucchiera donna, una cuoca donna, una donna delle pulizie ed altre donne intorno. Semplicemente riteneva che quei ruoli dovessero venire ricoperti da una persona soltanto: sua madre.

Non l’aveva mai conosciuta e sapeva che molto probabilmente l’aveva abbandonata davanti alla casa di suo padre per non doversi occupare di lei eppure non poteva fare a meno di voler bene a quella donna senza volto.

Aveva provato ad odiarla, con tutte le sue forze, ma non c’era mai riuscita.

Immaginava il suo sorriso, a quanto dovesse essere stato dolce, e i suoi occhi, diversi dai suoi. Immaginava come sarebbe stato averla nella sua vita, avere qualcuno con cui confidarsi, che sarebbe stato sempre presente e che l’avrebbe rassicurata che non era pazza. Che era davvero stata a Neverland e che tutto era reale. Che Killian era reale.

Infondo era stato il suo fermaglio a farla addormentare.

E guarda caso, l’ultima conversazione che aveva avuto con suo padre era stata appunto su di lei.




Londra, nove anni fa

La casa era piena di scatoloni. Ancora non riusciva a credere che stavano per trasferirsi. Di nuovo.

Ormai abitavano a Londra da anni, sei per la precisione. Passare dalla soleggiata Malibù alla piovigginosa capitale londinese era stato un trauma.

Suo padre aveva ritenuto fosse la scelta più saggia. All’epoca non era più una bambina e presto sarebbe diventata il bersaglio preferito dei giornalisti. Aveva sperato di evitarle tale tortura portandola all’estero.

Ma dopo tutto quel tempo aveva incominciato a sentire la mancanza della sua terra natia e quindi eccoli lì ad impacchettare tutto per poi partire verso la Grande Mela.

<< Che cosa manca? >> chiese Katherine a suo padre a colazione.

<< Il mio laboratorio e… la mansarda >> le rispose, l’ultima parte con voce titubante

<< Perfetto tu ti occupi del laboratorio ed io della mansarda >>

<< Non penso sia una buona idea >> la contraddì

<< E perché? >>

Lui respirò a fondo prima di risponderle << Alcuni degli oggetti, ecco, appartenevano a… tua madre >>.

Katherine chiuse gli occhi cercando di scacciare l’ondata di dolore che minacciava di travolgerla ogni volta che veniva menzionata la donna che l’aveva data alla luce. Dopo vent’anni non riusciva ancora ad accettare che l’avesse abbandonata. Era come se una parte di lei fosse convinta che da qualche parte anche sua madre si sentisse sola e sperduta come lei.

<< Parlami di lei >>

<< Katherine… >> incominciò suo padre ma lo interruppe << Ti prego >>.

<< Era una donna fantastica. Le assomigli molto, sai. Stesso colore di capelli, stessi lineamenti, stesso portamento. Avete anche la stessa espressione fiera. L’unica differenza sono gli occhi, quelli li hai presi da me.

<< Rivedo molto di lei in te. Avete la stessa bontà d’animo, la stessa gentilezza e la stessa comprensione verso gli altri. Purtroppo hai preso anche la sua testardaggine >>

<< Da che pulpito arrivano certe frasi >> scherzò lei.

<< Molto divertente. Vuoi che ti parli di lei sì o no? >>

Katherine fece segno di cucirsi le labbra.

<< Bene. Aveva un modo di rapportarsi con gli altri molto…particolare. Le piaceva avere il controllo su tutto, come qualcuno di mia conoscenza –questa frase gli procurò una linguaccia da parte della figlia-, ed odiava mostrarsi debole. All’apparenza era una donna forte ma in realtà era un uccellino in gabbia. Proprio come te. Delle volte ho paura di rivedere la sua sofferenza riflessa nei tuoi occhi >>.


New York City, presente

<< Se stai cercando tuo padre è nel suo laboratorio >> disse Abigail, capendo il motivo della sua visita.

<< Ti ringrazio >>

Aveva incominciato a dirigersi verso le scale che portavano al laboratorio di suo padre quando fu fermata sui suoi passi dalla voce della sua “futura matrigna”.

<< Katherine, io… >>

<< Abigail, non devi preoccuparti di me. Tu rendi mio padre felice. E se lui è felice, anch’io sono felice >> le rispose prima di lasciarsela alle spalle.

Era vero, non sopportava l’idea della sua presenza costante nella sua vita me non era così egoista da negare a suo padre la felicità che gli era mancata per vent’anni, o forse più.

Lui si era dedicato completamente a lei. Certo, non era un padre modello ma aveva sempre cercato di fare il massimo.


Quando gli era stata affidata era poco più che maggiorenne. Fino a quel momento la sua vita era incentrata esclusivamente sullo studio, spinto dalla voglia di rendere fiero quel colosso di suo padre, e all’improvviso si ritrovava con una neonata tra capo e collo.

Poi, con la morte dei suoi genitori, anche il peso dell’azienda era caduto sulle sue spalle e lui si era lasciato andare, passando il suo tempo tra alcol e donne.

Solo quando la possibilità di perdere Katherine gli era stata sbattuta davanti agli occhi aveva deciso di darsi una regolata. Per amore di sua figlia.

Ma questo non cambiava il fatto che dovesse occuparsi di una bambina piccola e di una compagnia da milioni di dollari nello stesso tempo.

Cercava di esserci il più possibile ma tra riunioni, progetti da presentare, concorrenza con altre società, viaggi internazionali ed eventi mondani il tempo era poco.

Per questo aveva deciso di inviare Katherine in un collegio privato a Parigi. Non voleva sbarazzarsi di lei, anzi, voleva darle la possibilità di una vita più felice, senza stress.

Infondo aveva solo sette anni.

Eppure nonostante la distanza, il poco tempo a disposizione e la mancanza di uno nella vita dell’altro il rapporto tra padre e figlia non si era mai indebolito.

Katherine amava suo padre e metteva la sua felicità dopo quella di lui.

Col tempo era diventato sempre più difficile cercare di rimanere al passo con lui ma lei cercava di fare del suo meglio.

Sentiva addosso il peso di dover camminare sulle sue orme, di avere una vita già scritta ma stringeva i denti e andava avanti. Per lui.

Per questo abituarsi a quella nuova vita le sembrava impossibile. Dopo aver rigato dritto per tutta una vita si era ritrovata improvvisamente a rompere tutte le regole in una volta. Ed ora si sentiva soffocare.


<< Non ti sembra di passare troppo tempo rinchiuso qui dentro? >> fu la prima cosa che Katherine disse una volta messo piede nella stanza. Suo padre era intento ad osservare degli schermi con almeno una decina di tazze di caffè intorno a lui.

<< Deduco che tu non sia neanche andato a letto. Ti ci vorrebbe una bella dormita. E già che ci siamo anche una lunga doccia rilassante >> disse sedendosi sul tavolo davanti a lui nella speranza di ottenere la sua attenzione.

<< Sì, sì. Hai ragione >>

<< Che bello essere presi in così tanta considerazione dal proprio genitore >>

<< Oh. Ciao tesoro! >> disse suo padre una volta accortasi della sua presenza

<< Come non detto >>

<< Scusami tesoro ma Richard mi ha inviato dei dati su cui è insicuro da controllare. È una cosa talmente strana >>


Richard era il migliore amico di suo padre. Era cresciuti insieme fin dall’asilo e nessuno era rimasto sorpreso dalla collaborazione tra i due.

Mentre suo padre era un genio dell’informatica Richard non aveva rivali nel campo della fisica e della chimica.

E nessuno era rimasto sorpreso quando entrambi avevano avuto dei figli in giovane età.

Richard Black era un donnaiolo fin dai tempi del liceo. Già a diciassette anni era stato con tutte le ragazze che frequentavano la sua scuola.

Quindi un figlio non era per niente una sorpresa. Ciò che aveva sorpreso era il fatto che fosse riuscito ad arrivare a vent’anni senza mettere incinta nessuna.

Thomas Reed invece era sempre stato un bambino prodigio. Sempre educato e composto tutti si aspettavano che mettesse su famiglia appena finito il college. Quando si era diffusa la notizia dell’arrivo di Katherine in casa Reed la sorpresa più grande era l’assenza di sua madre.

Entrambi provenivano da famiglie umili eppure rientravano tra i venti uomini più importanti e spesso le riviste si divertivano a dire che il loro successo era stato decretato dal destino.

Richard portava il nome di uno dei re inglesi più conosciuti mentre Thomas quello di una delle figure più importanti per la letteratura inglese. E come Thomas Becket anche lui non aveva esitato a prendere una direzione diversa rispetto a quella del padre. Se quest’ultimo era stato un pilastro della letteratura moderna, Thomas aveva intrapreso la via della tecnologia.


Katherine si sporse da dietro alla sua spalla per osservare i dati sugli schermi.

<< Da qualche giorno Richard ha incominciato a rilevare queste onde in una zona del Maine, vicino alla cittadina di Storybrooke per la precisione. L’unico problema è che non si sono mai viste ed ogni volta che cerco di analizzare i dati la mia strumentalizzazione impazzisce >>

<< Lo sapevo >> Katherine mormorò.

Sapeva che qualcosa stava cambiando. E che non era impazzita. Ed ora aveva quelle onde sconosciute come prova.

<< Cosa? >> le domandò

<< Nulla, tranquillo. Quindi che si fa?”

<< Tu non farai nulla. Probabilmente Richard ed io andremo sul luogo per approfondire le ricerche >>

Se è  ciò che penso io non troverete nulla penso Katherine.

<< Ma papà… >>

<< Niente ma, principessa. Questa questione non ti riguarda >> disse suo padre alzandosi dalla sedia.

<< Invece sì. Posso andarci io. Tu e Richard lavorate meglio quando siete circondati da tutti i vostri aggeggi... che non sono trasportabili >>

<< Non se ne parla nemmeno >> ribatté lui

<< Ma… >>

<< Non accetto discussioni su questo argomento. Hai dorm… sei rimasta in coma per otto anni >>

A Katherine non sfuggì la correzione. Lei diceva sempre di aver dormito perché sapeva di non essere entrata in coma. E lo sapeva anche suo padre. Non era a conoscenza di come facesse ma lo sapeva. Per questo continuava a correggersi.

<< Appunto! È ora che io faccia qualcosa. E poi un cambiamento d’aria mi farà bene >>

<< Non ti è bastato il cambiamento di look? >>

Lei scosse la testa muovendo così i suoi nuovi ricci biondi.


Un mese dopo essersi svegliata aveva deciso di cambiare immagine.

Da liscia era diventata riccia e da mora bionda. Aveva buttato tutti i vestiti da giovane donna in carriera, ossia camicie, polo e gonne, e li aveva sostituiti con jeans, felpe e magliette.

L’unica cosa che non era cambiata era la sua passione per le scarpe.

Quando suo padre la aveva vista per la prima volta lei aveva liquidato il tutto con un Vita Nuova, Look Nuovo.

La verità era che non sopportava la sua immagine riflessa nello specchio. Non riusciva più a riconoscersi.

Per questo aveva deciso di cambiare esteriormente, così come era cambiata all’interno.

Era troppo difficile guardarsi e ricordare tutte le volte che Killian le accarezzava i capelli.

Forse era a causa sua se si era fatta bionda invece che rossa o altro. Il suo capitano le aveva sempre detto di quanto le bionde non fossero il suo tipo (però una biondina quasi non li aveva fatti lasciare. No, ci era riuscita). Quindi forse inconsciamente aveva deciso di metterlo alla prova, se avrebbe potuto amarla anche se bionda.


Suo padre si limitò a sbuffare prima di alzare le mane in segno di sconfitta.

Katherine era già pronta a saltare per la gioia quando il suo entusiasmo fu smorzato da una semplice frase di suo padre: << Ha chiamato Alex >>

<< Lo sapevo che doveva esserci sotto qualcosa >>

Tom fece finta di non sentirla e riprese: << Dovresti richiamarlo. Non merita il comportamento che tu stai tenendo nei suoi confronti >>

<< Lo so ma… >>

<< Quel ragazzo ti ha aspettato per otto anni, lo sai? >>

Katherine abbassò lo sguardo a terra. Sì, lo sapeva. E sapeva che erano stati otto anni gettati al vento perché ormai lei non era più la stessa.

La faceva sentire in colpa pensare a ciò che lui aveva passato e ciò che lei gli avrebbe inflitto.

Alexander era il figlio di Richard e già alla loro nascita i loro genitori aveva pianificato il loro matrimonio. Erano cresciuti insieme e quindi per loro era stato normale scambiarsi il primo bacio e quando avevano deciso di mettersi insieme sembrava l’inizio di un finale da sogno.

Non si era presa gioco di lui, questo no. Era davvero stata convinta di amarlo.

Ma poi aveva aperto gli occhi e si era resa conto che il vero amore era tutta un'altra cosa.

Sapeva che avrebbe dovuto affrontarlo prima o poi ma non ne aveva le forze. Come poteva spiegare al suo fidanzato che era innamorata di un altro?



Parigi, nove anni fa

Quante ragazze sognavano di passeggiare per le strade di Parigi col loro principe azzurro e Katherine era una di loro. 

Con la piccola differenza che il suo sogno era divenuto realtà.

Passeggiare mano nella mano con Alexander la faceva sentire la ragazza più fortunata sulla faccia della terra. Era la prova esistente che il principe azzurro esisteva:  dolce, romantico, protettivo e comprensivo. In poche parole il ragazzo perfetto.

Sapeva che i loro genitori desideravano vederli insieme per unire finalmente le due famiglie ma non le importava. Per la prima volta era contenta di una decisione presa da suo padre.

Gli lasciò la mano e avanzò di qualche a passo prendendo in mano la macchina fotografica. Sapeva che odiava essere fotografato e lei adorava stuzzicarlo.

<< Katherine >>  l’ammonì.

<< Cheese >> e flash

<< Non cambierai mai. Ti fidi di me? >>

Lei annuì. Le chiese di chiudere gli occhi e lo sentì chiamare un taxi. La aiutò a salire e partirono per una destinazione sconosciuta.

<< Puoi aprire gli occhi >>

Obbedì e davanti a lei si estendeva Parigi al tramonto: una visione da togliere il fiato. Erano in cima alla Tour Eiffel all’ultimo piano.

Si girò alla ricerca di Alex e lo trovò poco distante da lei, in ginocchio con una scatola in mano.

Lei portò entrambe le mani davanti alla bocca: non poteva crederci.

<< Katherine Reed, ti amo, ti ho sempre amata e sempre ti amerò. Vuoi sposarmi? >> le chiese aprendo la scatola rivelando un bellissimo anello di fidanzamento.

<< Sì, sì, sì >> rispose offrendogli la mano sinistra.

Lui la prese, le infilò l’anello al dito e la baciò mentre intorno a loro gli altri visitatori si congratulavano.

Era perfetto.


<< Come hai potuto? >>

<< Alex? >>

<< Ti amo Katherine eppure tu ora sei insieme a quel pirata. Non significava nulla per te? >>

<< Tu sei stato il mio primo amore ma le cose sono cambiate. Io sono cambiata. Mi dispiace >>



Neverland, trent’anni fa

 << Cos’è tutta questa confusione? >> Wendy chiese a Killian.

Erano appena sbarcati dopo aver attraccato nell’ennesimo porto (e lei che pensava che non ci fossero villaggi a Neverland!) e la prima cosa che aveva notato era stato l’andirivieni della gente.

Tutti sembravano andare di fretta ed erano carichi di cesti.

<< Si sta avvicinando la Phileia >> le spiegò mettendole un braccio intono alle spalle

<< La che? >>

<< La festa degli innamorati >>

Si guardò intono ed in effetti si accorse della presenza di più coppie nelle vie del solito. Non che non ci fossero ma in quel mondo non si usava esternare in pubblico i propri sentimenti apertamente.

A meno che non si fosse un pirata.

<< E cosa si fa durante questa festa? >> gli domandò ancora

<< Si sta con la persona amata, la si coccola ed altre cose del genere >>

<< Non si dovrebbe farlo sempre? >> chiese retoricamente

Killian rise e si fermò per guardarla. Le alzò il viso e lo avvicinò al suo

<< Infatti io non mi tiro certo indietro, love >> disse.

E la baciò. Per la prima volta la baciò davanti alla sua ciurma, in pubblico. Lei non gli aveva mai messo pressione, sapeva che doveva mantenere l’immagine da pirata.

Ma adesso sentiva il cuore scoppiare di gioia. Era ufficiale, erano una coppia.

<< Ti amo, Killian >>


New York City, presente

<< Signore, c’è la signorina Watson in visita >> li avvisò il loro maggiordomo, Robert.

Grazie al cielo pensò Katherine. Incominciò ad avviarsi verso le scale quando la voce di suo padre la fece voltare indietro.

<< È un bravo ragazzo >>

<< Lo so >>



<< Tempismo perfetto >> disse abbracciando Elizabeth.

<< Fammi indovinare: l’ennesimo discorso di tuo padre sul “tuo comportamento deplorevole nei confronti di Alexander” >>

Katherine si limitò ad annuire prima di fare segno a Lizzie di seguirla al piano di sopra. Una volta giunta nella sua vecchia camera si sedette sul letto.

<< Vuoi parlarne? >> le chiese appoggiandole una mano sul braccio.

Lei aveva bisogno di parlarle ma poteva fidarsi?

<< Kat, ci conosciamo da anni. Lo sai che ti voglio bene e puoi fidarti di me >>

Elizabeth Watson era la nipote di Robert e quando era ancora piccola Katherine era solita prendersi cura di lei. Adorava quella bambina più piccola e per lei era come la sorellina che non aveva mai avuto.




Londra, undici anni fa

<< Katherine! >> urlò la bambina correndole incontro.

Lei s’abbassò appena in tempo per poi essere travolta da quel uragano con i ricci. La abbracciò e quasi non si sentì soffocare a causa della forza usata dalla piccola.

<< La perdoni, signorina >> disse Robert imbarazzato dal comportamento della nipotina

<< Non ti preoccupare, Robert. Mi fa piacere vederla >> rispose al maggiordomo.

Prese la piccola per mano e la condusse alla sua camera, dove si stava preparando per l’ennesimo evento con le ennesime persone. La bambina andò direttamente a sedersi al centro del letto mentre Katherine andava a finire di prepararsi.

Raccolse i suoi lunghi capelli scuri in una coda alta lasciando cadere libere solo alcune ciocche.

Si truccò e finì il tutto con un rossetto rosso scuro che prontamente le venne rubato da una manina.

Guardò divertita la piccola che cercava di usarlo prima di toglierlo dalle mani e di metterglielo lei stessa.

<< Ecco fatto! >> esclamò.

Elizabeth si guardò allo specchio prima di rivolgere un sorriso smagliante alla ragazza di fianco a lei.

<< Grazie mille! >> e l’abbracciò.

La Reed le scompigliò i capelli prima di prendere il vestito per quella sera dall’armadio e di vestirsi. Era un abito bianco senza spalline, stretto fino in vita si allargava poi leggermente fino al pavimento su cui poi continuava lasciando uno strascico dietro di sé.

<< Sei bellissima Katherine >> esclamò la bambina per poi aggiungere << Da grande voglio essere come te >>

La ragazza sorrise e disse << Da grande sarai mille volte migliore di me >> 


New York City, presente


Poi quando si era svegliata dopo otto anni la piccola che ricordava aveva ormai la sua stessa età. Era stata una delle prime persone che aveva visto ed era rimasta sorpresa nel constatare che l’affetto che provavano l’una verso l’altra non verso cambiato per nulla.



New York City, otto mesi fa

 

Finalmente si era decisa a lasciare la sua camera. Non poteva rimanere rinchiusa tra quelle quattro mura per sempre. Sapeva che non serviva a nulla, non l’avrebbe di certo riportata indietro o riportato lui da lei.

Scese lentamente le scale, cercando di trovare in qualche modo la cucina. 

Man mano che avanzava sentiva delle voci provenire da una stanza. 

Si affacciò alla porta e vide suo padre parlare con due persone, un uomo e una ragazza della sua età.

Decisa ad annunciarsi uscì dal suo nascondiglio e si schiarì la gola.

In un attimo si ritrovò in un abbraccio stritolatore.

<< Non hai la più pallida idea di quanto tu mi sia mancata Katherine! >> disse la ragazza.

Lei spalancò gli occhi: quella voce l’aveva già sentita ma nei suoi ricordi aveva un non so che di infantile

<< Elizabeth? >>


New York City, presente

Inoltre era diventata il suo punto di riferimento, il suo porto sicuro quando voleva scappare dalle pressioni della nuova vita.

<< Non so cosa o come ma sono sicura che in questi otto anni hai fatto tutt’altro che dormire >> continuò Elizabeth.

Katherine la guardò curiosa non capendo dove volesse arrivare.

<< Da quando ti sei svegliata sei completamente diversa. Esempio banale: non hai più toccato una mela, che era il tuo frutto preferito. Hai sempre gli occhi spenti e un sorriso sforzato, che non dovrebbero esserci. Ed ora Alex. Normalmente per prima cosa avresti dovuto voler vedere il tuo fidanzato. Invece lo stai evitando. Quindi deve essere successo qualcosa >>

Dirglielo o no? Poteva rischiare di essere presa per pazza?

<< Non sono ancora pronta per parlarne. Ma quando lo sarò sarai la prima persona a saperlo >>

Elizabeth le sorrise e prese qualcosa dalla borsa. Un giornale. Katherine alzò gli occhi al cielo, preparandosi mentalmente a chissà quale storia su di lei. Ormai ci aveva fatto l’abitudine.

<< Questa volta non parlano di te >> le disse Lizze passandole il giornale.

<< Sarebbe anche ora che la smettessero >>

Rimase sorpresa nell’apprendere che in prima pagina non c’era una sua foto ma quella di suo nonno.


Terminato l’edificio ispirato ai racconti di William Reed, l’uomo che ha cambiato l’infanzia di milioni di bambini. 

Ormai è ufficiale: tra poco i nostri bambini saranno in grado di tuffarsi in un’esperienza magica. Finalmente avranno la possibilità di entrare in contatto col quel mondo fatato di cui tutti sognano. Se ciò è possibile è grazie alla famiglia Reed che si è impegnata nella costruzione di questo paradiso per bambini. 

William Reed è l’uomo che ha cambiato profondamente l’immaginazione collettiva. Con le sue versioni di favole celebri ha ispirato molti scrittori e cambiato radicalmente l’universo fantastico dei nostri figli.




Los Angeles, ottant’anni fa

 

Il tredicenne si guardò intorno. Il luogo in cui si trovava era così diverso da casa sua. C’erano strane carrozze senza cavalli e strani palazzi più alti che larghi.

<< Ti sei perso, giovanotto? >> disse una voce alle sue spalle.

Il ragazzo si voltò e vide davanti a lui una signora anziana, con un abito verde, una borsa rossa ed uno strano cappello in testa.

Annuì semplicemente.

<< Come ti chiami? >>

Il ragazzo fece vagare lo sguardo intorno a sé, in cerca di una via di fuga o di qualcosa che potesse aiutarlo. Un cartello catturò la sua attenzione: William Shakespeare’s Romeo & Juliet.

Tornò a rivolgersi alla donna e rispose << William >>

<< Ed hai anche un cognome? >>

Lo sguardo del ragazzo cadde sull’enorme borsa che la signora portava al braccio.

<< Red >>

<< Reed, vorrai dire >> lo corresse lei.

<< Sì sì, Reed. William Reed >>


Eccomi qui! Di nuovo.

Ho deciso di rimboccarmi le maniche e di scrivere una storia a più capitoli su Hook e Katherine/Wendy.

Questo prologo è principalmente incentrato sulla figura della nostra protagonista e sul suo passato. Nell’idea originale Killian doveva venire solo nominato ma non ho saputo resistere ed ho inserito un flashback riguardante alla prima volta in cui Wendy gli ha detto di amarlo. Farà un’altra apparizione nel prossimo capitolo, nel quale scopriremo che cosa sta accadendo a Storybrooke.

In questo capitolo fanno la comparsa alcuni personaggi che era necessario introdurre. Infatti volevo dare più corpo al personaggio di Katherine, darle una storia. Non volevo che fosse un personaggio "campato per aria". Per il resto già dal prossimo capitolo verranno messi "in terzo piano" (nel secondo ci sono i personaggi secondari di OUAT).

Per coloro a cui la comparsa del personaggio di Alexander ha scaturito una serie di insulti verso la sottoscritta per aver posto un problema in più alla già complicata storia di Katherine e Killian dico questo: il suo ruolo era fondamentale affinchè anche Katherine avesse un passato amoroso abbastanza importante alle spalle ma la coppia principale rimane sempre la stessa: Killian/Wendy-Katherine

Ecco come li immagino io:

Thomas Reed: Robert Downey Jr.

Abigail Stewart: Nicole Kidman (Moulin Rouge)

Richard Black: Johnny Depp

Alexander Black: Tom Hiddleston

Robert Watson: Jim Broadbent 

Elizabeth Watson: Emma Watson

Donna Anziana: Maggie Smith

Inoltre (probabilmente a causa del continuo ascolto delle sue canzoni) ogni volta che mi metto a pensare a delle scene per la storia Taylor Swift mi appare prepotentemente nella testa ma voi potete continuare a far finta che Katherine abbia ancora il volto di Vanessa Hessler.

Per quanto riguarda il cambiamento fisico: mi è sembrato un qualcosa di naturale. Quando mancano delle certezze si ha il desiderio di cambiare, cosa che Katherine ha fatto.

Generalmente la storia sarà suddivisa in quattro parti:

La prima è composta da tre capitoli (di cui questo prologo è il primo), che servono per dare un sostegno alla storia: non voglio che sia solo una raccolta di capitoli messi insieme.

All'inizio di ogni capitolo riporterò dei versi di una canzone che mi ha ispirato. Per il prologo la canzone scelta è "By Your Side" dei Tokio Hotel: penso rispecchi lo stato d'animo di Katherine.

Nel capitolo appaiono alcuni personaggi appartenenti al mondo delle fiabe. Penso che siano abbastanza scontati (forse è perché so chi sono) ma vorrei sapere cosa ne pensate voi.

Durante la stesura del capitolo mi sono accorta che l'inserimento di spiegazioni all'interno del contesto rischiava di appesantire/confondere la storia per questo ho usato le linee per separare le spiegazioni dai dialoghi/dallo svolgimento della storia. fatemi sapere se vi sono servite o meno.

Mi scuso per eventuali errori e spero che questo capitolo sia stato all’altezza delle aspettative.

Sneak Peek dal prossimo capitolo: Begin Again

L’unica cosa a cui riusciva a pensare era l’ultima volta in cui era stato in una taverna come questa ed al suo fianco c’era Wendy.

Ricordava di come non riuscisse a toglierle gli occhi di dosso tanto era bella, di quanto fosse geloso ogni qual volta un qualche uomo cercava di avvicinarsi o la guardava oppure lei rideva a qualche battuta dei suoi compari.

Ricordava come era rimasto in un angolo a guardarla ammaliato mentre gesticolava con enfasi presa dal racconto.

E non poteva fare a meno di pensare a cosa avesse fatto per meritare il suo amore.

Lui era un pirata, un bugiardo, un assassino, un uomo senza scrupoli eppure era stato così fortunato da averla al suo fianco.    

Ed ora era di nuovo in una taverna, per la prima volta senza di lei.

xxAletheia

   
 
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