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Autore: _Des    19/01/2013    20 recensioni
- “ Se lo credi, scommettiamo. Ti piace giocare? “ – sul mio volto si stampò un enorme punto interrogativo che lo indusse a sorridere ancora.
M’imbestialiva il fatto che lui fosse così calmo, così pacato e non si scomponesse mai, qualità che mi avrebbe fatto perdere qualsiasi scommessa già in partenza.
- “ Si? “ –
- “ Allora facciamo un gioco: parliamo al telefono, usciamo insieme, ridiamo e scherziamo..” – si fermò proprio sul più bello, lo guardai ancora perplessa per poi chiedergli:
- “ E poi? “ – lui sorrise quasi con dolcezza, una dolcezza differente dalle altre. Posò una mano sopra una delle mie guancie e rispose, quasi fosse la risposta più logica al mondo:
- “ E poi niente, il primo che s’innamora perde. “ – sbarrai gli occhi, fissandolo.
Era serio. 

**
- “ Prepara le cento sterline. “ – il moro batté una mano sul petto del riccio che lo osservava, convinto che il piano del suo amico sarebbe andato a puttane.
- “ Tu prepara a rimanerci scottato. “ – 
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Scommettiamo. Ti piace giocare? '
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“Veramente, pazzamente, profondamente io sono
stupidamente, completamente innamorato
e in qualche modo hai abbattuto tutti i miei muri.”

One Direction-Truly,Madly,Deeply

“Stringo i libri al petto e, a capo chino, esco di fretta dalla scuola.
Ho un solo ed esclusivo obbiettivo: lui.
Non lo vedo dalla mattina precedente e so che tra meno di un paio d’ore, partirà per chissà quanto tempo. Uscirà dalla mia vita, se ne avrà voglia. E devo dirgli addio, con un immenso magone stretto alla gola.
Subito dopo aver lasciato zaino e libri vari in camera, supero altri tre corridoi presenti sul mio stesso piano e giungo davanti la porta della stanza in cui soggiornano Liam, Niall e Zayn.
I ricordi mi assillano, rendono la mia anima vulnerabile.
Busso con poca enfasi, prima di essere accolta. I tre ragazzi sono in camera ed il moro è seduto sul suo letto con una pila di vestiti da dover riporre in una valigia.
Sorrido a colui che mi ha invitata ad entrare, Liam.
- “ Chi si vede. “ – ride il biondo.
- “ Taci, cugino. “ – lo rimprovero, ridacchiando, prima di stampargli un triplo bacio sulla guancia. Okay, devo ammetterlo. Ho una passione nascosta per le sue guance così morbide e lisce.. sì, le amo.
- “ Niall, puzzone. “ – lo saluto.
- “ Sam, scassa palle. “ – ricambia.
- “ Vedo che sei di buon umore. E’ per questo che hai svaligiato la mensa? “ – ironizzo, vedendo l’ammasso di cibo sul suo letto. Cedendolo alla caritas, potrebbe sfamarci una popolazione.
- “ Hai fatto scorta di yogurt scaduti. E’ per questo che sei acida come sempre? Oh, ma questa non è una novità. “ – una semplice linguaccia fa da risposta.
Poi porto lo sguardo sul moro che, seduto sul suo letto, non ha smesso d’osservarmi fin da quando ho messo piede nella stanza. Ma non appena i nostri sguardi s’incontrano, cambia attrazione e lascia che quegli occhi che tanto amo, guardino altrove.
Sembra non provar piacere nel farsi vedere in questo stato e lo comprendo.
- “ Hey Niall.. non avevi detto di volermi far vedere un esperimento..” – improvvisa Liam che è davvero negato per le bugie.
- “ Esperimento? “ – Niall lo guarda inebetito, mentre assapora un muffin con tanto di scaglie di cioccolata. Evidentemente, non sa di cosa Liam stia parlando.
- “ Sì, quell’esperimento sul.. sul teletrasporto. Mi sembra l’avessi chiamato “Teletrasportiamoci fuori di qui.”  “ – trattengo una risata, guardandomi bene dal non farmi vedere dai due, pur di dare qualche soddisfazione a Liam.
- “ Ah.. sì, il teletrasporto. Subito. “ – Niall afferra dapprima una banana, poi una scatola di cioccolatini.. una barretta di cioccolata al latte, una brioche, un cornetto confezionato, una bottiglietta di succo, una lattina di coca cola e..
- “ Dannazione Niall, muovi il culo. “ – sbotta Liam. E’ inevitabile la mia risata, seguita dal ridacchiare di Zayn che sembra non riuscire a fare di meglio. E la tenerezza sconfinata che provoca in me, fa sì che le mie risa cessino di punto in bianco.
Liam trascina letteralmente Niall fuori dalla stanza, sbattendo poi la porta con rabbia. Quei due, insieme, sono uno spasso.
- “ Hey. “ – dico, avvicinandomi al ragazzo che prende a sistemare i suoi capi.
- “ Ciao. “ – mormora, senza però alzare lo sguardo.
- “ Come ti senti? “ – gli chiedo, sedendomi al suo fianco. Non ci troviamo così vicini per una semplice chiacchierata da mesi. Se mi sia mancato? Da morire, sebbene io lo neghi costantemente.
- “ Uno schifo. “ – risponde lui, dopo attimi di esitazione. Getta da parte la maglia che ha tentato di piegare per minuti e pare arrestarsi per qualche attimo.
- “ Sono sicura che in quella clinica ti rimetterai. “ – gli sorrido.
- “ Nella clinica per matti.. “ – sogghigna.
- “ Se fosse una clinica per matti ci spedirebbero tutti in quel posto. “ – ancora, ridacchia. Ma valuto quei pochi versi da lui emesse come vere e proprie risate, perché so esserle.
- “ Starai bene. “ – lo rassicuro. Lui annuisce, tornando a torturare quella povera maglia. Rimane in silenzio qualche istante. Dalla faccia assunta, potrei scommettere che stia meditando.
- “ Ieri sera hanno avvisato i miei genitori. “ – sospira. – “ Credo di averli delusi. “ –
- “ Perché avresti dovuto? “ – domando, sedendomi per bene sul suo letto ed aiutandolo con gli indumenti.
- “ Sveglia? Mi sono drogato e non avevo intenzione di fermarmi. “ – incomincio a fissarlo, smettendo di compiere ogni azione. All’improvviso, riconosco quel suo tono saccente, misto ad una simpatia poco evidente. Riconosco quel suo essere playboy, al contempo romantico.
Ma è questione di attimi, prima che la bellezza emanata dal suo viso, pure in quelle condizioni, mi attragga in modo fatale.
- “ Sei bello anche da drogato. “ – mi sfugge, senza che neppure me ne accorga. E lui sente, sente il tutto a perfezione. Ed un sorrisino lontano dall’essere modesto si posa sulle sue labbra, quasi sappia di esserlo, ma non si aspetti che sia io a ricordarglielo.
- “ Grazie. “ – mormora, mentre il mio viso s’infiamma.
- “ L’ho detto solo per non scoraggiarti. “ – mi giustifico.
- “ Davvero, Wilson? Dici sul serio? “ – sembra di esser tornati a mesi fa, quando stuzzicarsi era il nostro hobby preferito.
- “ Assolutamente Malik. “ – le risate che seguono, ci lasciano piacevolmente sorpresi. Amo la melodia che come per magia viene a crearsi non appena le nostre risate diventano un tutt’uno.
- “ Perché sei qui? “ – chiede infine, sorridendo. Punta i miei occhi per la prima volta da quando ho messo piede nella stanza.
- “ Perché ti ho perdonato, Zayn. Non importa ciò che è accaduto. Voglio solo che tu ti rimetta. “ – confesso.
- “ Quindi mi darai una possibilità..? “ –
- “ Sono qui. Questo ti dovrebbe dimostrare che te la sto già dando. Potremo essere.. amici. “ – parola che risuona in malo modo alle mie orecchie, come  alle sue. Ma entrambi l’accettiamo, entrambi ci assecondiamo, convinti che reprimere un sentimento sia facile. Un sentimento che credo essere solo mio.
Sono convinta che non lo rivedrò tanto di frequente, non lo rivedrò affatto fin quando non sarà riabilitato. E in questo lasso di tempo lo dimenticherò, farò scorta di coraggio e metterò su un bel muro, capace di non essere abbattuto. Al suo ritorno, rimarrà uno dei miei amici, forse uno dei più fidati, il mio primo vero amore, per così dire. La mia prima volta, ma nulla di più.
- “ Promettimi che verrai a trovarmi. “ – scoccata la freccia.
- “ Ma certo. “ – colpita in pieno.
Lo farò? Riuscirò mai ad andarlo a trovare?
- “ L’hai promesso, Wilson. “ – mi punta un dito contro, ridendosela.
- “ Sì, certo. “ – ancora, vengo trascinata dalle sue risate così dolci al mio udito. Risate interrotte soltanto dal battere di nocche sul legno della porta. Lo guardo frastornata, prima di alzarmi ed andare ad aprire. Una signora ci appare, assomiglia ad un’infermiera.
- “ Zayn Malik? “ – questo annuisce, prestandole attenzione. – “ Sono la Signora Martin. Sono qui per portarti nella clinica specializzata per tossici. “ – le scocco un’occhiata, infastidita per quel suo infierire, ma probabilmente non sa di farlo. - “ Sei pronto? “ –
- “ Un attimo. “ – risponde Zayn, chiudendo la valigia e raccogliendo le sue cose. Non riuscirebbe a trasportare le valige se i suoi amici non accorressero, pur di non stancarlo. Il moro è debole, visibilmente debole.
Ci trasciniamo tutti all’esterno, passando per un’uscita secondaria poco frequentata. Questione di discrezione.
Posano ogni effetto personale del ragazzo in un auto nera, al cui interno siede solo un autista fin quando la dottoressa non lo imita, accennando un saluto a noi ragazzi a cui interessa solo quello di Zayn.
Ci siamo tutti: Louis, Harry, Niall, Liam, Francesca, Hayley, Juliette ed io.
Partendo da Niall, Zayn da inizio al giro dei saluti.
- “ Nialler, fai il bravo e non abbuffarti. Voglio che al mio ritorno il tuo peso sia lo stesso. “ – ridendo, si stringono in un caloroso abbraccio. Sento gli occhi pizzicare, ma poco ci bado. – “ E tu Liam, non lasciarti sfuggire la rossa. So che la ami, quindi non perdere il vero amore. Non fare il mio stesso sbaglio. “ – un’occhiata. E’ una sua occhiata a me riservata a spronare le mie lacrime. Mi sbarazzo subito di queste, pulendomi per mezzo di una manica della felpa. – “ Hayley, controlla tu il gruppo perché già so che si ficcheranno nei guai. E fatti più rossa, amo i tuoi capelli. “ – ammette, abbracciandola appena. E’ sfinito. – “ Juliette, promettimi che Niall non ingrasserà, te lo chiedo per favore. “ – al che, tutti esordiscono in risate. Giunge poi a Francesca. – “ Occhi belli.. “- solo il soprannome scaturisce il mio ridere come una dannata.. – “ ..stammi a sentire. Inutile separare due cuori uniti. Finisce solo che questi soffrano. Ci siamo intesi? “ – lei annuisce, ma a mio parere non ha colto la doppia sfumatura. Zayn non si riferisce solo a me e Louis che, arrossito, fissa il marciapiede. Ho la certezza che si riferisca anche a lui stesso, a me, a noi. – “ Boobear, torna ad essere il solito fancazzista, al contempo salva culi della situazione. So che muori dalla voglia di metterci nei guai per poi salvarci dalle grinfie della Brown. “ – noto una capacità rara in Zayn, quella di sdrammatizzare a perfezione. Il turno di Harry credo sia uno dei più decisivi, tra di loro esiste un’intesa unica. – “ Riccio, tu devi promettermi una cosa in particolare. “ – il clacson dell’auto nero che lo attende suona e Zayn, con sguardo brutale, si volta e grida di attendere. – “ Tornando a noi, devi promettermi che terrai sotto controllo una certa persona. L’ho fatta soffrire da morire, ma oggi è ancora qui al mio fianco, nonostante tutto. Io la amo, quindi..” – il sangue nelle vene mi si gela, ma al contrario il mio cuore prende a palpitare brutalmente. Non ha occhi che per me, proferendo quelle poche parole con un’intensità che mai prima avevo scorto in altri.
Quando infine si posiziona davanti la sottoscritta, sento gli occhi riempirsi di lacrime, senza che però queste scendano in caduta libera.
- “ Stammi bene, Wilson. “ – dice ridendo. – “ E ricorda, hai promesso. “ – rido, anch’io. Spero in un suo abbraccio, forse qualche parola di conforto. Mi aspetto un finale da film, in cui il protagonista maschile scrolla dalle proprie spalle il peso del pensiero comune e si concede alla protagonista femminile. Ma non siamo in un film, Zayn non è una specie di protagonista bello, buono e innocente. Zayn non si sbilancia, si limita a porgermi una mano che stringo, esitante.
Molla la presa con cautela e si dirige verso l’auto di cui apre lo sportello posteriore, prima di voltarsi e guardarci un’ultima volta.
- “ Allora.. Ciao. “ – mormora, fingendo un sorriso. Sta per mettere piede in auto, sta per salire in quella dannata macchina. Sta per andarsene dal college, dal centro di Londra. Sta per andarsene da me.
Ma sono pronta a lasciarlo andare?
- “ Zayn. “ –urlo il suo nome. E stavolta, sì. Piango.
Lui si volta, quasi ci sperasse.
Gli corro in contro e lo abbraccio, inspirando un po’ del profumo rimastogli. Feccio aderire la mia bocca al suo collo, sentendo per un attimo i muscoli del suo corpo irrigidirsi, poi rilassarsi. E lì stampo un semplice bacio, senza alcuno schiocco per impedire che gli altri sentano.
- “ Verrò, Zayn. Verrò a trovarti sempre. “ – gongolo, singhiozzante. – “ E mi mancherai da impazzire, cielo! “ – dichiaro, in preda ad una crisi. Gli rivolgo una rapida occhiata per intravedere un sorriso illuminare il suo viso.
E non so come,lo stringo maggiormente a me e lo bacio, mentre le lacrime infuriano sul mio viso. Sono io a farlo, ma lui risponde con affetto, impedendomi di distaccarmi per secondi che paiono un’eternità.
- “ Non dimenticarmi, piccola. “ – sussurra a fior di labbra.
- “ Hai dimenticato il mio nome. “ – lo sfotto.
- “ Come potrei, Sam. “ – e ancora sorride, prima che le sue labbra si stampino leggermente sulle mie, senza fare chissà quale pressione. Mi ha baciata nuovamente e seppure non si tratti di un bacio di grande consistenza, è da considerarsi il più bello della mia vita. Per finire, viene risucchiato all’interno dell’auto nera che l’attende e che lo porta via da lì, da quel college, dal centro di Londra e da me.”
 
Sobbalzai, in lacrime.
Portai una mano al cuore, percependo i battiti eccessivamente accelerati, mentre tentavo di ricompormi invano.
Due ragazze, al mio fianco, mi scuotevano appena, chiamavano il mio nome. Ma io non stavo ad ascoltarle, dovevo ancora assemblare i pezzi e comprendere cosa mi stava prendendo.
L’avevo sognato. Avevo sognato la sua partenza. Per l’appunto, era stato tutto un sogno e prenderne conoscenza faceva male.
Con occhi sofferenti, colmi di lacrime, mi guardai attorno per poi notare la luce della camera accesa, Hayley e Juliette sedute sul mio stesso letto, fissarmi sconvolte. L’avevo rifatto per la centesima volta nel giro di un mese.
- “ Sam, cosa..” – senza prestare attenzione a Juliette, mi lasciai cadere lungo il materasso, abbracciando il guanciale, macchiato del trucco che avevo dimenticato di pulire dal mio viso la sera precedente. Singhiozzavo in maniera violenta, il ché spaventava non solo loro, ma anche me.
- “ L’hai sognato ancora? “ – domandò allora Juliette, avvicinandosi appena. Ma con un gesto scaltro, anch’esso violento, le feci segno d’indietreggiare. Nessuno doveva starmi tra i piedi in quegli istanti.
- “ Si. “ – mormorai.
- “ E’ passato un mese, Sam. Devi fartene una ragione. Zayn non tornerà tanto presto, probabilmente non tornerà affatto quest’anno. “ – se Hayley pensava che, per mezzo di quelle parole tanto semplici per lei da proferire, ma difficili per me da udire ed assimilare, sarebbe riuscita a fornirmi un contegno, si sbagliava di brutto.
Scattai in piedi, correndo verso la porta, scaltra. Continuavo ad urlare di dover andare da lui, di doverlo vedere, di dovergli chiedere spiegazioni, ma le due ragazze mi fermarono e costrinsero al riposo. Correre dall’altra parte della città, per poi finire in periferia, in piena notte, non sarebbe servito a nulla. Non avrei rivisto Zayn Malik.
 
La verità era che la sua partenza era stata ben differente da come io l’avevo sognata.
Zayn se n’era andato ed io non l’avevo saputo.
Zayn se n’era andato ed io non l’avevo salutato.
Zayn se n’era andato ed io non ero più venuta a conoscenza di nulla riguardante lui, dopo averlo visto per l’ultima cruciale volta negli spogliatoi della squadra di football.
Inutile dirvi che sorsero nuove discussioni nel gruppo, poiché non ero stata messa al corrente della sua partenza imminente. E la scusante, quella volta, fu che Zayn stesso aveva fatto giurare loro di non far parola, con me e con le mie coinquiline, del fatto.
Non sapevo e non volevo neppure più capirne il perché, ma continuavo a soffrire la sua mancanza.
Quando chiedemmo di lui, fummo trattati come dementi.
Ci fu chiesto di lasciargli il suo tempo, di non cercarlo se e fin quando lui non l’avesse richiesto. Ci fu detto che il ‘loro paziente’ desiderava dedicarsi del tempo, che preferiva non avere contatti con nessuno, all’infuori della sua famiglia.
Ci fu imposto di lasciarlo in pace, poi ci rassicurarono che lui si sarebbe fatto vivo.
L’attesa era straziante.
Giorno per giorno attendevo impaziente una sua telefonata, una lettera, notizie. Mi sarebbe bastato uno ‘sta bene.’, ma neppure i suoi genitori erano propensi a farsi quattro chiacchiere con gli amici del figlio.
Spesso seguivo le partite dei ragazzi, come da rituale e non vedere un tizio con un crestone enorme muoversi in campo, con calzoncini bianchi e felpa blu sul cui retro era stampato il cognome ‘Malik’, torturava me, i giocatori, gli spettatori.
Mi mancava come mai prima avevo potuto sperimentare.
La notte lo sognavo. Sognavo d’intrufolarmi di nascosto nella sua camera, poi baciarlo nel sonno ed infine svegliarlo, per poi amarlo. Immaginavo il suo profumo avidamente. E di tanto in tanto andavo a trovare Liam e Niall con una scusa qualsiasi, pur di distendermi sul suo letto ed immaginare di averlo al mio fianco.
Che mi mancasse era ben visibile a tutti. Ma nessuno era capace di consolarmi come lui avrebbe saputo fare. E nel mentre, il tempo trascorreva veloce, portando via con sé marzo, lasciando spazio ad aprile.
 
- “ Sai che non puoi lasciarti abbattere. “ – disse ad un tratto il riccio.
Posai la matita, con la quale ero intenta a trascrivere note varie su un foglio di pentagramma, sulla scrivania prima di voltarmi verso Harry che, disteso sul mio letto, mi osservava studiare, quando lui avrebbe dovuto fare ugualmente.
- “ Di cosa stiamo parlando? “ – domandai con tono non proprio socievole.
- “ Di te.. di Zayn. “ -  sbuffai, ritornando al mio pentagramma. Sapeva che, per me, l’argomento ZM, così ribattezzato poiché non volevo neppure più nominarlo, era offlimits.
- “ Avanti Sam. E’ il mio migliore amico e ha sbagliato, come ho sbagliato io. Ma tu non puoi continuare ad esserne innamorata. “ – sbarrai gli occhi esterrefatta. Aveva osato intavolare ancora quel discorso e, pur conoscendo l’effetto che mi faceva, mi aveva schiaffato la verità in faccia.
- “ Harry, sta’ in silenzio per piacere. “ – lo zittì.
- “ Svegliati! S’è scopato un’altra chissà quante volte a tua insaputa e..” – s’interruppe all’improvviso. Notò i miei pugni stretti, le mie spalle tremanti, la mia schiena diritta e impassibile. Ciò che non poteva notare, però, poiché le scrivania era rivolta verso il muro, erano i miei occhi arrossati e colmi di lacrime.
- “..Sam, io.. “ – mi alzai, veloce e afferrata la giacca, che infilai tremando e con la vista sfocata a causa di quel pianto trattenuto, corsi fuori dalla mia stessa stanza, abitata solo da me e da Harry a quell’ora del pomeriggio.
Il riccio m’inseguì, dimenticandosi probabilmente di chiudere la porta a chiave, ma poco m’importava. Non volevo starlo a sentire.
Riuscii ad uscire dal dormitorio e a catapultarmi in strada, correndo in una direzione ben precisa. Andavo da lui.
- “ Lasciami. “ – urlai, all’improvviso, come una forsennata.
- “ Dove stai andando? “ – mormorò Harry con il fiatone.
- “ Ti ho detto di lasciarmi. “ – e mi agitai fin quando non riuscii a liberare parte del mio corpo dalle sue grinfie che, comunque, mantenne con facilità la presa sulla parte ancora intrappolata.
- “ Perché scappi? “ – chiese, senza capire.
- “ Devo andare in un posto. “ – fui schiva. Non potevo ammettere di voler andare dall’unica persone che volevo e dovevo evitare.
- “ Tipo? “ –
- “ Tipo fatti i fatti tuoi, Harry. “ – sbottai. E, grazie ad uno strattone, sganciai anche l’ultima parte intrappolata e ripresi la corsa per un tratto talmente breve, da non riuscir neppure a sentire il brivido del vento che s’infrangeva sulle guance bianche.
- “ Non andrai da lui. “ – la sua fu un’imposizione, dovuta forse al fatto che preferiva evitarmi un ennesimo strazio. Ma non capiva che tenendomi lontana dal pakistano dalla pelle ambrata subivo le vera e propria pena.
- “ Io..” – lo spintonai. – “ ..ne ho..” – lo spinsi ancora con più forza. – “ ..bisogno. “ – e con un colpo secco, ritrovai nuovamente facoltà di movimento. Non scappai, pur avendone l’opportunità. Rimasi impalata, davanti ai suoi occhi impressionati, con viso coperto da mani tremanti.
- “ Devo vederlo Harry, perché lo sogno tutte le notti, perché non sorrido neppure più all’idea di non averlo salutato quando se n’è andato. “ – sintetizzai, singhiozzando.
- “ E perché..” – ma lo fermai, anticipandolo.
- “ E perché ne sono innamorata. Sì, lo ammetto. Sono veramente, pazzamente e profondamente innamorata di lui, nonostante mi abbia fatta soffrire come mai mi è capitato. “ –
Poi accadde che, sfinita, trovai pace tra le sue braccia così comprensive, così equilibrate, così stranamente a me familiari.
 
-Narratore Esterno.
Avevano pensato ad un’uscita e lui non si era tirato indietro, venendo a conoscenza della motivazione: lei.
C’era uno strano fattore che si azionava nel momento in cui si parlava della ragazza, non solo perché era migliore amica comune, ma perché congiungeva l’intero gruppo, in un modo o nell’altro. Mentre in lui scattava una molla che fingeva di non conoscere, per convenienza personale, ma di cui in realtà era al corrente di ogni singolo dettaglio.
Tra l’altro Juliette e Liam lo avevano messo alle strette: venire o sparire dalla loro vista per minimo una settimana, insieme a quella che definivano la sua ragazza talmente di rado e con tale riluttanza, da fargli intendere quanto poco l’avessero in simpatia.
E, com’era logico pensare, Francesca non era stata invitata a quella serata tra “amici” proprio per non creare discussioni.
Come se la discussione possa causarla solo lei, pensò sbuffando.
Louis camminava nei corridoi del dormitorio, alla ricerca della stanza in cui la sua ragazza trascorreva la maggior parte delle sue giornate. Le provocava una strana tenerezza: era rimasta senza amiche per aver semplicemente espresso al ragazzo che amava, l’inferiorità che provava in confronto a Samantha, sempre al centro delle sue attenzioni.
Era stato lui a distaccarsi da quella che aveva da sempre reputato la sua migliore amica, ma non appena aveva intravisto un minimo guizzo di speranza e di gioia negli occhi della ragazza per quel suo gesto, a cui Francesca inconsapevolmente l’aveva indotto, non ci ripensò e dimenticò il mondo, tant’era preso dalla ragazza.
Non trascorreva più un singolo momento con i ragazzi, se non per un allenamento, le chiacchierate con Harry andavano via via scemando e c’era di peggio: Sam aveva smesso di cercarlo.
Credeva che fin quando lei si fosse interessata a lui, la loro amicizia sarebbe esistita e prima o poi sarebbero potuti tornare ad essere i due bambini che, il sabato pomeriggio, correvano in parrocchia per una partita a calcio alla quale Sam prendeva parte pur di non distaccarsi dal suo migliore amico.
Sorrise, ricordando, prima di bussare alla porta della camera davanti la quale di trovava ed entrare senza attendere risposta. Francesca era seduta sul suo letto, intenta a studiare pagine di un libro, mentre la sua coinquilina, Amanda, si preparava ad un’uscita. Bastarono pochi secondi perché questa si volatilizzasse fuori dalla porta dalla quale lui stesso era entrato.
- “ Ciao piccola. “ – le sussurrò, stampandole un tenero bacio sulle labbra.
- “ Hey. “ – nella sua voce erano presenti tracce di tristezza, ancora.
- “ Cos’hai? “ – le chiese, sedendosi al suo fianco. Prese ad accarezzarle i capelli, mentre la bionda si poggiava comodamente sul petto del ragazzo.
- “ Mi mancano. “ – disse soltanto.
- “ Dimenticale. “ – tentò, consapevole che neppure lui c’era ancora riuscito con i suoi amici.
- “ Non posso. Ho perso quelle che da sempre considero le migliori amiche al mondo e ho sbagliato, Lou. Ero.. gelosa di Sam, perché avevo paura di perderti. Ma le volevo bene come fosse mia sorella. Capisci? “ – il ragazzo annuì, sovrappensiero. Si sentiva responsabile di quella situazione, poiché comprendeva quanto il suo comportamento fosse stato errato. Avrebbe dovuto rassicurare Francesca, facendole notare quanto lui e Sam fossero amici, ma amici per la pelle. Amici che discutono per un nonnulla e tornano a ridere al contempo dopo una manciata di minuti. Che mai avrebbero preferito qualcosa di più all’amicizia perfetta e stupenda che avevano instaurato
Ma no, aveva voluto esagerare, come al suo solito.
- “ Ce ne faremo una ragione. “ – sospirò.
- “ Non ce ne faremo proprio niente. “ – s’inalberò lei. – “ Non fingere con me, Louis. So che Sam ti manca. Non sei più così “matto da legare” come qualche mese fa. “ – Louis non poté far a meno di ridacchiare. Effettivamente, aveva ragione.
- “ Qualche mese fa non stavamo insieme, qualche mese fa ero in pace con il mondo, qualche mese fa Sam non ha rischiato di morire e qualche mese fa Zayn non faceva uso di droghe per poi finire in una clinica apposita. “ – riflessioni che zittirono la ragazza che osservava Louis. Aveva ben scorto l’espressione sconsolata che il ragazzo aveva assunto. Se doveva soffrire fino a qual punto, tanto valeva lasciarlo andare. Sarebbe rimasta sola, pur di non veder soffrire l’unico ragazzo per il quale mai avesse provato un sentimento comparabile e che, in quegli attimi, la rendeva felice.
- “ Ti sei pentito? “ – gli chiese.
- “ Di cosa? “ – domandò, tornando a sorriderle.
- “ Di.. di aver rinunciato a loro per me. “ – il castano divenne serio, cosa che accadeva di rado, solitamente.
- “ Non mi sono pentito di aver rinunciato a loro per te. Ma se potessi, tornerei indietro nel tempo, per gestire meglio la situazione senza doverli perdere. “ – Francesca affondò il viso nel petto del ragazzo, inspirando un po’ del suo profumo. Lo amava persino per il modo in cui, con dolcezza, le faceva intendere che in un altro mondo, avrebbe optato per una conquista più difficoltosa, ma meno sofferente per entrambi.
- “ Sai, stasera mi hanno invitato ad una specie di rimpatriata. “ – disse all’improvviso Louis. Aveva tentato di trovare il modo più garbato per riferirle l’accaduto, ma non ne aveva selezionato neppure uno.
- “ Rimpatriata, eh? “ – gli domandò, mettendosi a sedere. Il suo ragazzo era stato invitato, lei non sapeva neppure fosse stata organizzata una serata tra amici o, come amavano chiamarla loro, una rimpatriata. In pratica, avvertiva di non essere la benvenuta.
- “ Sì, ma se tu non vuoi io..” – Louis si fermò all’istante. Non doveva commettere lo stesso errore che, mesi prima, lo avevano diviso da lei. – “ In realtà io vorrei andarci. Non passò del tempo con i miei amici da una vita e ho bisogno di loro. Non devi preoccuparti. Devi solo che fidarti di me. “ – ma Francesca gli sorrideva già da minuti. Non lo avrebbe fermato neppure se le avrebbero offerto dell’oro in cambio.
- “ Ma io mi fido di te. “ –
- “ Quindi è un sì? “ – alzando un sopracciglio, lo squadrò fin dove le fu possibile.
- “ C’è bisogno di chiederlo? “ –
- “ Sai che ti amo? “ -  le bisbigliò, catapultandosi sulle sue labbra che prese a baciare, fin quando non si ritrovarono sotto le coperte, bramando ogni centimetro l’uno della pelle dell’altro. Si amavano come il primo giorno, sempre di più.
 
Louis le stampò un ultimo bacio, prima di allacciare i jeans, infilare la maglia e sorriderle, allontanandosi in direzione della porta.
- “ Lou..” – lo richiamò, accostando appena il lenzuolo al petto. – “ Divertiti. “ – si raccomandò.
Un semplice sorriso, carico di gioia, funse da risposta.
 
Spalancò la porta della camera con un sorriso divertente sul viso.
Quella ragazza lo rendeva giorno per giorno più stupido.
Poi, guardando proprio dinanzi a sé, vide il suo migliore amico disteso sul letto, con lo sguardo perso nel vuoto.
- “ Styles. “ – lo salutò, cimentandosi verso di lui.
Se doveva recuperare un rapporto, quello con Harry era di sicuro il primo.
- “ Tomlinson. “ – rispose, senza enfasi il riccio che continuò a non prestargli attenzione. Louis lo fissò per un breve lasso di tempo, prima di cercare di seguire la traiettoria dello sguardo del suo amico, senza trovare però qualcosa di accattivante.
- “ Cosa guardi? “ – domandò, tentando ancora di scovare ciò che Harry osservava con tanta concentrazione.
- “ Il soffitto. “ – gli rispose soltanto.
- “ Oh..” – il castano si grattò la testa, confuso. Ed il soffitto cos’ha di divertente? continuava a ripetersi. Sono più divertente io. e si riferiva costanti complimenti e lusinghe mentali che lo indussero a riprodurre facce alquanto bizzarre che catturarono l’interesse del riccio, senza che però Louis se ne accorgesse.
Potrei stupirlo con una mia performance di ‘I’m a barbie girl, in a barbie girl.’
O potrei recitare un breve passo tratto da Robin Hood, sono FA VO LO SO in quelle vesti.
Chissà se quest’anno si farà uno spettacolo per la fine dei corsi, potrei propormi nel ruolo di protagonista.
Ovviamente mi accetteranno perché io sono FA VO LO SO.
Ed il monologo interiore ebbe luogo ancora a lungo, trovando fine solo quando Harry, al limite della sopportazioni, scoppiò in risate. Grasse risate. Da quanto non se ne faceva in compagnia del suo migliore amico? E da quanto Louis non percepiva il rumore della sua risata? L’adorava. Era così piena di vita.
- “ Scommetto che ti stavi elogiando da solo. “ – lo colse in flagrante il riccio.
- “ Può darsi. “ – non negò il castano, dopotutto il suo migliore amico lo conosceva proprio come una donna conosce il contenuto della propria borsa.
- “ Cosa vuoi da me, Louis. “ – cedette il riccio.
- “ Niente. “ – rispose a sua volta il castano. I due si guardarono per qualche istante, esaminando l’uno l’espressione dell’altro, attribuendo poi a questa un significato. Ed Harry intravedeva una punta del vecchio Louis, un pizzico di quel bambino mai cresciuto, di quel Peter pan che era in lui. Il suo migliore amico, ecco tutto.
- “ Mi dispiace. “ – mormorò alla fine il più grande tra i due.
- “ Cioè? “ – lo incalzò Harry.
- “ Cioè ho fatto una cazzata. Non volevo allontanarmi da te, da Sam, dai ragazzi. Credevo fosse l’unico modo per tranquillizzare Francesca, ma sbagliavo. “ – Nonostante le scuse dirette che Louis gli porse, Harry rimase impassibile. Non comprendeva la situazione. Perché solo allora aveva capito d’aver commesso un errore? E come era stato capace di abbandonare persino il suo migliore amico?
- “ Sinceramente, non capisco perché tu mi abbia evitato. “ – Louis sbuffò, lasciando andare il corpo lungo il letto del suo amico che l’osservava curioso, seduto al suo fianco.
- “ Credevo che foste tutti arrabbiati con te. “ – il ragazzo non cercava scuse, né definiva quella una scusante. Stava semplicemente riferendo ciò che l’aveva indotto ad allontanare da sé persino il suo migliore amico.
- “ Se fossimo stati arrabbiati con te, credi che te lo avremmo nascosto, Tomlinson? “ – ridacchiando, annuì. Pur avendo un paio di anni in meno, il riccio era in grado di farlo sentire un bambino al suo pari.
- “ Touché. “ – lo accontentò.
Fremeva per porgli una domanda, una di quelle letali. Una di quelle che avrebbero saputo far scoppiare una guerra interiore in lui, senza principio né fine.
E, cosciente delle reazioni a cui sarebbe potuto andare incontro, prese un respiro, quanto più profondamente possibile, e pronunciò quelle due parole, ad occhi chiusi.
- “ E lei? “ –
- “ Intendi dire Sam? “ – domandò il riccio, intuitivo. Quello mosse la testa, quasi impercettibilmente, ad indicare un sì poco deciso. – “ Perché non lo chiedi direttamente a lei? “ – Louis spalancò di colpo gli occhi azzurri, in cui sapeva Sam amava specchiarsi, li puntò in quelli altrettanto chiari, ma di colore tendente all’acqua marina, di Harry e lo scrutò, con un espressione addolorata dipinta sul viso intero.
Parlare di lei, lo rendeva insostenibile. Parlare con lei, lo avrebbe distrutto.
- “ Mi sfotti, riccio? “ – sdrammatizzò.
- “ Ma giusto un po’. “ – rise, l’altro che beccò una cuscinata in pieno viso. Entrambi si concessero alle risate, ritrovandosi distesi l’uno affianco all’altro, scrutanti il soffitto. Ora anche Louis scovava del divertente in questo, proprio come Harry minuti a precedere.
- “ Vuoi che ti aggiorni, non è così? “ – il castano annuì, sorridendo ancora.
- “ Allooora.. “ – e quando Louis venne informato riguardo la vita della sua migliore amica, non esitò a prendere una decisione, pur cosciente di poter ferire e perdere qualcuno che, purtroppo, per lui non era un semplice qualcuno.
 
Asciugò per l’ennesima volta le mani lungo i jeans stretti alle caviglie che tanto amava, prima di tornare ad osservarle. Tremolavano, divenendo nuovamente sudate.
L’ansia era capace persino di quello.
Finse un sorriso, mentre i suoi amici ridevano per una battuta che, a giudicare la situazione, doveva essere stata fonte della creatività di Liam.
Attendevano le ragazze in un bar nelle vicinanze del dormitorio. L’ultima volta che avevano messo piede in quel posto, era stata una sera di dicembre e con loro era presente Zayn che sembrava avere confidenza con il locale.
Gli mancava.
Gli mancavano gli allenamenti in sua compagnia, le risate negli spogliatoi, le serate passate ad inviarsi messaggi o a fare scherzi di ogni genere. Tra loro esisteva un’intesa reciproca, un’amicizia particolare e tutta da ridere.
Saperlo lontano, lo rattristava.
- “ Lou. “ – con una gomitata, Harry risvegliò il ragazzo che, a braccia conserte, rifletteva con sguardo perso nel vuoto. Questo venne scosso e subito si destò. Frastornato, si guardò attorno e quando le vide, un sorriso si posò sulle sue labbra, deciso a salutarle, una ad una.
- “ Heilà. “ – esordì, facendo sì che una serie di risate avessero inizio. Risate che provenivano da tutti, fuorché da Samantha. E costatandolo, il cuore prese a palpitargli.
Schioccò un bacio sulla guancia della rossa che, nell’esatto istante che seguì il suo bacio, venne intrappolata dalle braccia possenti di Liam.
- “ E’ di mia proprietà, intesi? “ – alle parole del suo ragazzo, Hayley non poté fare a meno che ridere di gioia. A vista d’occhio, Louis poteva ammettere che quei due si amavano come pochi sapevano fare.
Il castano alzò le mani, in segno di arresa, prima di avvicinarsi a Juliette ed abbracciarla. Questa ricambiò l’abbraccio, estasiata all’idea di poter godere della sua compagnia quella sera.
- “ Grazie, Lou. “ – sussurrò la bionda.
- “ Grazie a te. “ – fu tutto quello che le rispose. Sospirò e fece per avvicinarsi all’unica mora del gruppo. L’unica a poter vantare ricci lunghi e definiti, oltre ad Harry.
- “ Ciao. “ – mormorò, accennandole un sorriso. Ma quella non si scompose, rimase inerme, con occhi di ghiaccio, pur essendo di un marrone profondo ed intenso.
Gli riservò un’occhiata impenetrabile, prima di superarlo, spalleggiandolo.
Dimenticavo, è un osso duro. pensò il ragazzo, sorridendo. Non avrebbe gettato la spugna.
 
-Sam.
Fu sufficiente un passo all’interno di quel locale, perché sentissi il fiato venire meno ed un carico di ricordi assalirmi. Fui tentata di uscire, cosa che avrei fatto volentieri, se solo Niall non mi avesse trascinata di peso al mio posto, su richiesta di Juliette.
- “ E’ per il tuo bene, piccola. “ – mi disse il biondo. Ma non sapeva che, con quell’ultima parola, era riuscito a far crollare per un terzo il muro emotivo che ero stata in grado di costruire, giorno per giorno, fin da quando avevo subito la più grande delusione della mia vita.
Mangiai poco e niente, non perché avessi poca fame, ma poiché tentai di tenere tutto il tempo la mente occupata, chiacchierando, prestando attenzione agli altri, alle loro risate, ai loro visi così sereni per una sera.
Con certezza, non volevo essere io, nuovamente, la causa delle loro preoccupazioni.
Capivo dai discorsi a cui davano inizio, che la mancanza di Zayn era insostenibile per ognuno di loro, ma nessuno come me pativa la sua assenza.
Presi ad osservare Louis, inaspettatamente.
Gli occhi azzurri, il sorriso perenne, i capelli lisci scompigliati, le dita affusolate che si muovevano, mentre chiacchierava allegramente.
Sembrava avesse ritrovato quella spensieratezza che da sempre lo caratterizzava. Sembrava di esser tornati a quando, mesi prima, trascorrevano almeno una serata a settimana insieme, sebbene non tra tutti i componenti della combriccola scorresse buon sangue.
Il caldo divenne insostenibile, non ne potevo sinceramente più.
- “ Vado fuori qualche minuto. “ – sussurrai a Niall e Juliette che mi affiancavano.
- “ Sam..” – tentò di frenarmi il biondo. – “ Resisti. “ – e scuotendo la testa, forzai un sorriso. Non ne ero capace, non in quel caso.
Con uno scatto, fui in piedi e mi catapultai fuori dal bar, passando davanti al bancone, dietro il quale si trovava la proprietaria che, riconoscendomi, mi regalò un sorriso a cui risposi con davvero poca esaltazione.
Spalancai la porta d’uscita e presi ad inspirare ed espirare convulsamente, quasi fosse l’unica cosa di cui necessitassi. Solo quando riacquisii pieno controllo di me, mi sistemai su un muretto adiacente all’entrata.
Riflessioni su Riflessioni mi rendevano vulnerabile.
Continuare con quella vita, la cui unica aspirazione era sopravvivere giorno dopo giorno, attendendo il suo ritorno, non era esattamente il massimo.
Pensieri che vennero interrotti dal cigolio della porta che si apriva. Puntai lo sguardo su questa, prima di veder comparire una capigliatura castana ed un paio di occhi azzurri che mi lasciarono senza fiato.
- “ Wilson.”  - Louis si avvicinò, velocemente, per poi sedersi al mio fianco con nonchalance.
- “ Tomm- Tomlinson. “ – mi corressi all’istante. Stavo per salutarlo con il soprannome affibbiatogli, non che fosse quello il reale problema. Il punto era che in sua compagnia tornavo ad essere la stessa ragazza che mesi prima amava ridere delle risse e dimenticare ogni genere di problema.  
- “ Qualcuno qui, gioca a fare la dura. “ – ridacchiò.
- “ Dura stasera? Non credo proprio. “ – sospirai. La sua vicinanza non m’infastidiva, il ché mi mandava in bestia.
- “ Manca anche a me. “ –
- “ Come..” – non mi lasciò terminare.
- “ Come so a chi stai pensando? “ – annuii, appena. – “ Perché ti vedo strana da quando se n’è andato. “ – lacrime. Sì, le sentivo pungere tra le pareti oculari, eppure continuavo a frenare la loro caduta, per orgoglio come per imposizione personale.
- “ E da quando t’interessi di me? “ – sbottai, in preda al nervosismo.
- “ Fossi in te, mi chiederei, piuttosto, da quando non m’interessi. “ – ridacchiai.
- “ Non è serata, Louis. “ – borbottai, incominciando ad osservare il cielo stellato. Non desideravo nient’altro che una manciata di silenzio che mi aiutasse a riflettere. Che mi guidasse verso la corretta via. E Louis se ne stava lì, al mio fianco, con la bocca serrata, osservandomi, comprendendo la mia sofferenza. Forse era stato l’unico a comprenderla sul serio in me.
Trascorsero i minuti.
Qualcosa in me si ricompose, permettendomi di tornare ad essere posseditrice di una calma che solo nell’ultimo periodo si addiceva alla mia persona. Però, solo quando avvertii di essere del tutto munita di tranquillità, mi decisi a rivolgergli parola:
- “ Perché sei qui? “ –
-“ Che domanda idiota! Le stelle.. “ – e le indicò con un indice. – “ ..dovevo assolutamente osservarle. “ – si giustificò, continuando a buttare un occhio qua e là, fingendo di ammirarle realmente.
- “ Perché ora ti intenderesti anche di stelle? “ – lo sfottei, divertita.
- “ Assolutamente. “ – disse, dandosi un tono. – “ Quella è l’orsa maggiore. “ – e puntò una serie di stelle, disposte in ordine casuale. Tentai di attribuire un significato di quel nome, ma a dire il vero non ero proprio un genio nella scienza dei pianeti.
- “ E perché viene chiamata in questo modo? “ – domandai, curiosa.
- “ Ma perché assomiglia ad una mamma orsa, ovvio! “ – lo guardai seria, prima di rendermi conto dell’ennesima cretinata da lui detta e a cui avevo persino prestato attenzione. Risi, trovandolo buffo.
- “ E quindi quella sarebbe la costellazione dei pesci perché assomiglia a dei pesci? “ – azzardai.
- “ Non dire frottole! “ – sputò, con tono poco amichevole. – “ Quella è la costellazione dei Leoni. “ – compresi d’essere io la vera idiota della situazione, poiché sì, lui inventava ed esponeva stupidaggini, eppure ero io a starlo ad ascoltare con attenzione stupefacente.
Gli concessi una serie di risate che lo lasciarono dapprima perplesso, ma che poi lo costrinsero a seguirmi, in preda al momento.
Ed in seguito, lo convinsi a raccontarmi altre delle sue supposizioni riguardanti le stelle e le forme che queste prendevano a loro insaputa.
Lo osservavo, divertita quanto scioccata, ridendo di tanto in tanto, ma non lo ascoltavo realmente. La mia mente vagava nel tempo, ripensando a quando momenti come quello erano all’ordine del giorno, per me e Louis. A quando non esisteva nessun altro, se non noi ed i guai in cui puntualmente ci ficcavamo, per poi essere tratti in salvo dall’altro.
Potevo fingere di non interessarmi più a lui, ma in cuor mio sapevo con certezza quanta mancanza patissi a causa sua.
- “ ..e quindi quella è la costellazione dei gem..” – lo interruppi all’improvviso.
- “ Quando hai intenzione di dirmi perché mi hai abbandonata? “ – chiesi, senza alcun preavviso. Louis parve bloccarsi, preso in contropiede dalla domanda impertinente.
-  “ Quando tu ne hai voglia. “ – cedette infine, alzando le mani in segno di resa.
-  “ Rimani solo tu, sai? “ – domandai con un certo cinismo. – “ Tutti, chi prima chi dopo, si sono fatti vivi pur di farsi perdonare. E l’unica persona da cui aspettavo delle reali scuse o una, seppur minima, giustificazione, è scomparsa per mesi. “ –
- “ Conosci quel detto, mai giudicare un libro dalla copertina? “ – cominciò, sorridendo appena. Prese a raccontare di lui, di Francesca, di attimi loro che avrei preferito non conoscere. Mi portò a conoscenza del loro primo appuntamento, come del primo bacio. Sentendolo parlare e notando un certo luccichio nei suoi occhi, compresi il bisogno che Louis provava di dover sfogare i suoi sentimenti con qualcuno. Qualcuno con cui potesse dialogare senza problemi e se anche, in quel momento, non mi reputavo la persona più adatta per quel suo sfogo, ero certa che lui mi ritenesse la migliore.
- “ Francesca non era gelosa di noi, ma temeva che io provassi qualcosa per te, qualcosa di forte. Non ha mai osato tentare di dividermi da te, l’ho fatto io di mia spontanea volontà. So che probabilmente mi starai definendo ancora più idiota per questo, ma mi conosci: non trovavo altra via d’uscita. Credevo che fingendo per un po’ di starti alla larga, lei avrebbe compreso che tu sei praticamente una sorella per me e beh.. speravo che nel frattempo tu continuassi a cercarmi per sapere in un modo o nell’altro come te la cavavi, come procedeva la tua vita. Per sentirti più vicina. “ – prese fiato. Per un attimo credei che gliene servisse sul serio, che quelle parole fossero un mucchio di menzogne derivate dalla mancanza d’ossigeno circolante nelle vie respiratorie. Quando poi udii il respiro accelerato e il suo continuo sbuffare, portando lo sguardo al cielo della notte, reso chiaro dalle sue amate stelle, mi accorsi dei disperati tentativi che Louis adoperava pur di mostrarsi debole ai miei occhi.
Come se non l’avessi già visto piangere. pensai.
Rimanevo lì, al suo fianco, immobile. Mi chiedevo perché chiunque si giustificasse con me, finisse poi per restare in lacrime. Era come se non riuscissero più a reprimere tutte le sensazioni che occupavano ogni angolo del loro corpo e consumavano le loro energie. Era come se trovassero sfogo soltanto con pianti e singhiozzi, come se volessero mostrare il loro dolore, quasi inconsapevolmente causato da me medesima.
Inerme, lo stavo a guardare.
- “ Ho chiesto ad Harry di starti vicino, di riportarmi quante più informazioni possibili sul tuo conto, di non farmi sentire una merda, almeno non più di quanto io già mi senta. Gli ho offerto la possibilità di esserti amico, visto e considerato che mi ripeteva continuamente di trovarti simpatica. E Harry ha colto la palla al balzo, ma alla fine è diventato più di un semplice amico per te. E’ diventato il tuo migliore amico. E per me non c’è più spazio nella tua vita. “ –
- “ Per te ci sarà sempre posto nella mia vita. “ – ammisi di getto, lasciando piacevolmente sconvolti entrambi. Rivelarlo, non era nei piani. Eppure era accaduto, segno che non sostenevo più la situazione, che necessitavo la vicinanza di persone a me care, che dovevo rinchiudere in un cassetto i ricordi e dedicarmi a qualcosa di più salutare per le mia vita, per me stessa.
- “ Quindi sono ancora il tuo Tommo? “ – domandò, trattenendo una risata. Chinando il capo per non mostrare il sorrisetto compiaciuto, stampato sul mio viso, annuii.
- “ Ma guai a te se osi distaccarti da me una seconda volta, Louis William Tomlinson. Non lo accetterò, sappilo. “ -
- “ Vieni qui, patata. “ – ed in un baleno le sue braccia mi travolsero, lasciando che quelle risate trattenute pochi attimi prima, prendessero vita in noi e nell’aria.
 
Era il mio migliore amico, il migliore che avessi mai avuto. Quello con il quale si gioca l’estate, quello con il quale si affronta ogni primo giorno di scuola, quello con il quale si fanno i compiti al pomeriggio, prima di cimentarsi in strada per giocare insieme a chissà quale gruppo di bambini. Era il vicino di casa peggiore, al contempo il migliore. Era il bambino più vivace, al contempo il più calmo. Era la persona meno capace di dispensare consigli, la più indicata per confortare.
Lui era Louis, il migliore/peggiore migliore amico esistente al mondo ed era il mio. 

my space: 
DAAAAAAAAAI, AMMETTETELO CHE 
ATTENDEVATE ANCHE VOI LA PACE TRA 
LOUIS E SAM. PERSONALMENTE, 
LI ADORO INSIEME. E DA QUESTO 
MOMENTO IN POI SCRIVERO' TAAAAAANTI 
MOMENTI CON LOUIS, SAM E HARRY 
ESSENDO MIGLIORI AMICI. 
POI CREDO, MA NON NE SONO CERTA, 
CHE TRA QUALCHE CAPITOLO 
TERMINERA' QUESTA PARTE DELLA STORIA.
MA E' ANCORA TUTTO DA DECIDERE. lol

BEH, OLTRE CHE A RINGRAZIARVI ANCORA
NON SO COSA DIRE QUINDI, 
VI LASCIO ALLA GIF. 

BYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYYE


Desi. xx






è tutto okay, louis. tutto okay.                                                                                                                    #larry
AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHAHA LO AMO. 

  
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